39-LA COMUNIONE, MEZZO DI UNIONE CON GESU'1 Abbiamo considerato, ieri sera, la nostra vita unita a Gesù Cristo per Maria, la quale ha dato all'umanità, e quindi a noi, il frutto benedetto del suo seno. E questa unione con Gesù, particolarmente si stabilisce nella santa comunione. Nella santa comunione si ha con Gesù un'unione fisica e si ha con Gesù un'unione spirituale, trasformatrice. L'anima si unisce anche alla Santissima Trinità, alle Tre divine Persone, perché il Figlio di Dio è sempre unito al Padre e allo Spirito Santo. Il Padre continuamente genera il suo Figlio e lo Spirito Santo procede dall'amore del Padre col Figlio. Quest'azione si compie in noi quando Gesù si trova in noi e perciò la Santissima Trinità stabilisce in noi una sua dimora: «se uno mi ama, veniamo a lui e dimoriamo con lui»2, dice il Signore.
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Ora, perché la comunione abbia frutti più abbondanti, come bisogna prepararci? e come bisogna fare il ringraziamento? Occorre pensare che la comunione è unione dell'anima con Dio, con Gesù Cristo. Allora la preparazione è diretta a stabilire quest'unione e il ringraziamento è diretto a perpetuare questa unione, continuarla, renderla stabile. Unione con Gesù. Si fanno, presso a poco, gli stessi atti prima e dopo la comunione, ma gli atti prima della comunione sono diretti a Gesù che verrà, a Gesù che noi guardiamo nel tabernacolo e che crediamo con la nostra fede e, dopo che abbiamo ricevuto la comunione, sono diretti a Gesù che abita in noi come in un suo nuovo tabernacolo, come in una sua nuova pisside. Ma sostanzialmente occorre mirare qui: di trasformare l'anima nostra in Gesù Cristo, lasciarci, cioè, trasformare: mente, cuore, volontà. Lasciarci prendere da Gesù. Egli vuole stabilire questa unione e viene appositamente in noi per stabilire quest'unione e renderla costante. Noi, arrenderci ai suoi desideri, disporre il nostro cuore alla sua azione.
Allora il primo atto da farsi, per prepararci alla comunione, è sempre questo di una grande fede: che cosa stiam per ricevere? Non riceviamo del pane comune, riceviamo sotto le specie di pane, veramente Gesù Cristo: corpo, sangue, anima e divinità. E allora, il nostro atto di umiliazione: noi, povere creature, deboli e imperfette, cariche, forse, di difetti, ecco, il Signore si degna di venire a noi. Il Figlio di Dio si è incarnato e si è degnato di nascere nella grotta di Betlemme; il Figlio di Dio incarnato viene ancora ad abitare nel nostro cuore. Allora: conversatus est cum hominibus1: venne a dimorare con gli uomini. Ora, viene a dimorare nel cuore nostro. Quanto sarà, allora, spontaneo il dire: «Signore, non son degno che entri nell'anima mia, ma tu dì una sola parola e l'anima mia sarà salvata»2, cioè, sarà trasformata in te. Questi atti di fede e di umiltà sono come preamboli.
Poi vengono i tre atti che son diretti più specialmente a stabilire e desiderare questa unione, cioè, l'atto con cui noi domandiamo al Signore di prendere i suoi pensieri, di ravvivar la nostra fede. Chiediamo al Signore di venire a pensare come egli pensava, Gesù pensava, come pensa; e, secondo: trasformare [la] nostra volontà, ad operare come lui opera e come opera egli che ha operato così santamente nella sua vita terrena, egli che opera dal tabernacolo, egli che vuole operare in noi; e trasformare il nostro cuore in lui in modo che noi possediamo il cuore di Gesù con i suoi affetti, i suoi desideri, il suo amore al Padre celeste e il suo amore agli uomini. Questi sono i tre atti con cui noi domandiamo al Signore che venga a stabilire questa unione e, in maniera tale, che sia lui che vive in noi.
Ecco, San Paolo porta il paragone: se vi è una pianta selvatica, anche una pianta da frutto, ma selvatica, questa pianta darà pochi frutti e poco buoni, forse insipidi. Ma se si prende un innesto di una pianta buona e la si mette sopra la pianta che era selvatica, questa pianta allora, produrrà frutti più abbondanti e più saporiti: tum cum olivaster esses, insertus es in bonam olivam3: tu, essendo un olivastro, un'oliva cioè selvatica, sei stato innestato con buon innesto, un innesto di un'oliva santa. E' l'Ostia, questo innesto. E allora, per questo innesto, la nostra vita sarà trasformata e produrrà fiori e frutti ben diversi: pensieri sempre conformati a Gesù; e sentimenti sempre conformati a Gesù; e vita sempre conformata a Gesù. Ecco il gran beneficio della comunione.
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Poi, dopo, segue il ringraziamento. Nel vostro libro di preghiere è già indicato tutto questo, sono già suggeriti gli atti. Però, quando un'anima fa bene la Visita al Santissimo Sacramento, è preparata e ha tante cose da dire già a Gesù, cose proprie, e allora viene a stabilirsi fra l'anima e Gesù una santa conversazione; loquere, Domine, quia audit servus tuus1: parla, o Signore, perché il tuo servo ti ascolta. L'amico che riceve l'amico, cioè, l'anima che ama Iddio, che riceve il suo amato. E allora, se si fanno bene le adorazioni, non mancheranno, certo, le parole da dire al Signore, le confidenze da fare al Signore, le grazie da chiedere al Signore e si presterà orecchio alle parole che farà sentire il Signore al nostro cuore e si accetteranno queste parole e si faranno, quindi, proteste di amore, proteste di volere eseguire il santo volere di Dio. Questo è l'atto di fede. L'atto di fede che arriva ad una conversazione familiare con l'ospite divino.
Inoltre, si viene alle domande, alle preghiere. Ma queste preghiere sono, primo: l'offerta di noi stessi. Come Gesù si è donato a noi, noi ci doniamo a Gesù: «Tu sei tutto mio, io sono tutto tuo. Prendimi intieramente, fammi tuo, non lasciarmi sfuggire dalle tue mani. Dammi tanta luce e tanta grazia che io viva sempre in te e tu possa sempre vivere in me, e che questa amicizia fra te e me si stabilisca sempre più fortemente e duri per la vita e in morte e nell'eternità, sempre». L'offerta. Qui è tanto utile che, chi ha i voti, li rinnovi e, chi non li ha, li desideri o almeno possa fare dei voti privati, oppure, anche soltanto in generale, l'offerta di noi stessi al Signore. Il donarsia a Dio. Donarci totalmente: vuol dire rinunziare ai nostri pensieri, ai nostri desideri, alla nostra volontà. Siamo suoi. Che egli possa sempre e in tutto e in ogni atto, in ogni cosa, disporre di noi liberamente. Che non trovi resistenze, questo Gesù, in noi, nei nostri capricci, nelle nostre vedute, nelle nostre tendenze, affinché siamo con i superiori e, essendo coi superiori, siamo con lui, Gesù: «chi ascolta voi, ascolta me»2. Tante volte abbiam da fare l'esame di coscienza, se siamo veramente di Gesù.
Dopo si possono recitare gli atti di fede, di speranza, di carità o con le parole precise che ci son date dal catechismo o con parole che son equivalenti. E qualche volta giova anche arrivare a questo punto di parlare a Gesù di una sua parola, una sua espressione del Vangelo, un versetto, e domandargli la grazia di capirlo. Per esempio: «Beati quei che soffrono, perché saranno consolati»3. Capire questa verità e poterla gustare e poterla vivere e praticare. Qualche altra volta si parlerà a Gesù del primo comandamento e qualche volta si parlerà a Gesù di quei punti particolari, di quei tratti, di quegli episodi della Via Crucis, della Passione del Salvatore e noi ci metteremo ad accompagnare il Salvatore e intanto cercheremo di prendere i pensieri suoi nell'andare a patire e morire e desiderare anche noi di accompagnarlo nella sua passione e morte e, quindi, nella sua risurrezione, nella sua glorificazione alla destra del Padre.
Poi, essendo noi nel corpo mistico della Chiesa, chiediamo grazie per tutte le persone care. Ma questa è l'ultima parte, diciamo, del ringraziamento, perché se noi siamo intieramente di Gesù, le nostre domande vengono ascoltate. Se noi ci doniamo totalmente a lui, egli dona i suoi beni, i suoi tesori a noi, e allora pregare per la Chiesa, per il Papa, per i vescovi, per i religiosi, per i sacerdoti, per tutti i cristiani, per tutto il mondo. Pregare perché si verifichi, si adempia quello che Gesù ha fatto annunziare a Betlemme: «Gloria a Dio e pace agli uomini di buona volontà»4. Che il programma che egli si è stabilito venga realizzato, quindi. E quindi possiamo poi fare anche le domande che ci stanno più a cuore, per le persone più care, più vicine, e per i defunti.
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Due cose ancora abbiamo qui da ricordare: che la comunione ha da portarci la vittoria sull'impedimento all'unione con Gesù. La comunione ha da portarci a toglier l'impedimento alla grazia di Gesù, allo stabilirsi della vita di Gesù in noi: la passione predominante. Togliere l'impedimento. Ogni comunione deve portare questa grazia: un colpo contro la passione predominante, cambiare pensieri e sentimenti e voleri sopra quel punto determinato, perché ogni comunione ha da portare un frutto particolare e quindi, in riguardo ai propositi, sempre insistere, chiedere al Signore una nuova forza. Molte anime, appena ricevuto Gesù, subito pensano a domandare i favori. Prima l'atto di fede, l'intimità dei colloqui con lui e l'atto di amore e l'offerta di noi stessi; poi le domande, ma fra le domande, particolarmente quella dei propositi.
Pensiamo un momentino alla parabola del seme gettato nel campo: Semen est verbum Dei.1. Questa semente è il verbo di Dio, la parola di Dio, ma può anche essere il Verbo, cioè, il Figlio di Dio. Questa semente è destinata a portare il 30, il 60, il 100 per uno, secondo son le comunioni. Gesù è sempre uguale. Ma se Gesù trova un terrreno preparato, eh, porterà frutti; e se il terreno è, come dice il Vangelo, buono ed ottimo, i frutti saranno buoni ed ottimi, non solo il 30 per uno, ma il 60, ma il 100 per uno. Allora si dice: la comunione basterebbe a fare un santo. Una comunione. Se veramente questa comunione riesce a trasformarci, a unirci perpetuamente con Gesù, se noi siamo un terreno così preparato che Gesù possa operare in noi tutto quello che vuole operare, cioè, vivere lui in noi, o possiamo esprimerci anche diversamente: noi in lui.
Qualche volta, invece, la semente, cioè l'Ostia santa, cade in un terreno arido, ghiaioso, freddo; qualche volta il terreno è coperto di spine: tante passioncelle ci sono, tante vedute proprie, e l'azione di Gesù nell'anima, allora, resta soffocata. E qualche volta il terreno è duro: cuori in cui l'Ostia santa sta, presso a poco, soltanto come nella pisside. La pisside non si trasforma, per quanti anni possa portare e contenere le ostie. Ci vogliono altre disposizioni: disposizioni di mente, disposizioni di cuore, disposizioni di volontà. A colui che tutto si dona a noi, noi dobbiamo donare tutto, intieramente. Quindi la comunione dev'esser comunione, cioè, unione con Gesù.
Per questo giova anche far la preparazione remota. Alla sera prima, pensare già alla comunione e, da mezzogiorno a sera, operare bene per prepararci alla comunione e preparare qualche ossequio, qualche fioretto, per ricevere più degnamente Gesù.
E poi il ringraziamento potrebbe essere anche mediato o remoto. Dopo usciti di chiesa, ogni tanto ritornare col pensiero su Gesù che portiamo nel cuore, Gesù che dimora nell'anima, cioè la Santissima Trinità: ad eum veniemus, mansionem apud eum faciemus, si quis diligit me2.
Sia lodato Gesù Cristo.
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1 Ritiro mensile alla Comunità delle Pie Discepole del Divin Maestro
Roma, Via Portuense 739, 2 dicembre 1957*
* Nastro 17/d (=cassetta 41a). -Per la datazione, cf PM «abbiamo considerato ieri sera la nostra vita unita a gesù Cristo per Maria»(cf c 338)
2 Cf Gv 14,23.
1 Bar 3,38.
2 Cf Mt 8,8. Cf anche Messale Romano, Ordinario della Messa,Comunione
3 Rm 11,17.
1 1Sam 3,10.
2 Lc 10,16.
3 Cf Mt 5,5.
4 Cf Lc 2,14.
1 Lc 8,11.
2 Gv 14,23.