Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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13-LA VOCAZIONE RELIGIOSA1 *
Nel Prefazio della Messa si dice: Gratias agamus Domino Deo nostro. Vere dignum et justum est, equum et salutare nos tibi semper et ubique gratias agere. E' veramente cosa giusta e santa sempre ringraziare il Signore. Ringraziare il Signore e, specialmente, nell'intimo della suora, dell'anima consacrata a Dio. I motivi di letizia nella vita religiosa sono tanti e poi ve ne sono, dei motivi, che sono particolari per la vostra Congregazione.
La prima ragione per cui sempre dobbiamo ringraziare il Signore e vivere in santa, intima letizia, qual è? Questa: di essere chiamati da Dio. Non siete qui a caso, non avete scelto voi la strada della vostra vita: Ego elegi vos, non vos elegistis me2. Si può dire anche della suora: Io vi ho scelte - dice Gesù - Non siete voi che avete scelto me. Cioè, vi ho chiamato dal contesto degli uomini, dei cristiani: Exi de cognatione tua: esci dalla tua famiglia, et de finibus tuis3: e dal tuo paese, dalla tua zona e vieni nella terra, cioè, nel posto che io ti indicherò, che è preparato per te.
Allora la nostra vita non va avanti casualmente, è una vita predisposta da Dio, voluta da Dio. E che sia voluta da Dio è chiaro, quando, da una parte, interiormente, vi sentite portate a questa vita, vi siete sentite portate a questa vita e, dall'altra parte, sono intervenuti i due giudizi, il giudizio intimo del confessore che guidava il vostro spirito e il giudizio esteriore, cioè di chi guida la comunità, il quale giudizio è stato pronunciato più volte: nella vestizione, ammissione alla vestizione, nell'entrata al noviziato e particolarmente nell'ammissione ai voti, prima privati e definitivamente ai voti perpetui; cosicché non vi è più nessuna ragione di dubitare. Non si tratta più di scelta, ma si tratta di confermare la scelta e si tratta di dire...
La virtù non è costituita da un sentimento momentaneo, dal desiderio momentaneo di darsi a Dio o anche da un atto che si compie in un momento di euforia o di entusiasmo, no, la virtù è costituita dalla perseveranza.
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Ciò che rende virtù un atto buono è il perseverare in quell'atto buono e cioè, non basta obbedire una volta, è perseverare nell'obbedienza. Non basta dire una volta che amiamo Gesù, ma è perseverare in questo amore. Ecco, allora, non si può neppure dire: «Ma adesso mi sento difficoltà; adesso ho la tal tentazione; forse, adesso, se non avessi scelta questa strada non la sceglierei più». Sono tentazioni.
- «E ma se davvero io non ero chiamata?». Fac ut voceris, dice Sant' Agostino. Se non fossi anche stata chiamata, ti fossi anche sbagliata, si fossero sbagliati tutti, adesso domanda le grazie di possedere la vocazione. E cioè, l'affetto alla Congregazione, l'affetto a questa vita, il desiderio di perseverare. E' come una santa ostinazione di voler vivere ogni giorno nella Congregazione e morire nella Congregazione. In questa santa ostinazione sta l'amor di Dio e morendo in questa santa ostinazione tu muori nell'amore di Dio. E allora, all'amore di Dio nutrito sulla terra, corrisponde l'amore eterno di Dio in cielo. Charitas manet in aeternum1 .
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Perciò, chiamate da Dio, per essere sue, siete. Siete di Dio. Ecco, le persone del mondo possono dire: io appartengo alla tal famiglia; le figliuole che son passate a matrimonio, ecco, appartengono al loro marito, precisamente come si è espresso Adamo allorché s'incontrò con Eva1. Ma voi appartenete a Dio, al Padre celeste, al Maestro Divino, siete possedute dallo Spirito Santo. Veramente si può applicare la parola di San Paolo: Dei factura estis2: siete una creazione di Dio, siete oggetti di amore, è come una nuova creatura che, se la prima volta Iddio, posando la sua volontà sopra di voi, vi ha chiamate all'esistenza, vi ha create, ecco, persone umane. E poi ha creato in voi la vita soprannaturale, la vita divina, la vita cristiana. Ma nella professione, un'altra creazione, si cambia vita, è uno stato di vita nuova e cioè, la vita religiosa. Così il Signore, fra le tante figliuole che vi erano nel mondo, ha scelto voi. Appartenete a Dio. «Io sono di Dio, appartengo a Gesù Cristo», - deve dire ognuna.
E appartenendo a lui che cosa significa? Significa che egli vi ama in modo speciale; significa che è contento delle vostre comunicazioni intime con lui; significa che vuole possedervi, tutto, intieramente le vostre potenze vuol possedere: la mente, la volontà, il cuore; significa che se sulla terra vi è qualcheduno che deve osservare il comandamento della carità, il primo e massimo comandamento, siete proprio voi. Amare il Signore, con tutta la mente, con tutto il cuore, con tutto l'essere, con tutte le forze, ecco, proprio la suora che può dirlo, perché appartiene totalmente a Dio.
E appartenendo così a Dio, Dio ha cura di voi particolare, ha cura di voi particolare. Egli, l'amorosissimo Padre celeste, tutto dispone per la vostra santificazione, per una vita piena di meriti, una vita in cui la suora continuamente va raccogliendo perle preziose per il gran giorno dello sposalizio definitivo sulle porte del cielo, una vita in cui il Signore Gesù, giorno per giorno, comunica luce, ispirazioni, richiami, rimproveri, attrattive e intimità e, in sostanza, grazie speciali. Siete oggetto di speciale amore e di speciali premure dalla parte del Padre celeste, del Maestro Divino, dello Spirito Santo, della Vergine benedetta, nostra Madre.
Oh, se conoscessimo tutto quello che passa, diciamo così, in cielo e che si predispone in cielo per la vostra santificazione, la vostra perfezione, quanto più direste di cuore: «Vi ringrazio di avermi creata, fatta cristiana e condotta in questa Congregazione. Questo Signore Gesù vuole proprio condurvi alla santità e qui ha disposto i mezzi in modo tale, che non sia da fare altro che assecondare quello che il Signore, giorno per giorno, dispone e vuole. Non si ha da fare altro che seguire quello che è nel volere di Dio, dal mattino alla sera, dal primo svegliarsi al mattino, fino a quando si chiudono gli occhi addormentandosi sul cuore immacolato di Maria o sul cuore benedetto di Gesù, ecco. Tutto è disposto in numero, peso, misura. Adatto. Non parliamo mai di caso o di fortuna o di disgrazia, è tutto disposizione amorosissima di Gesù, tutta disposizione o permissione fatta nella sapienza e nell'amore del Padre celeste per ciascheduno, perché appartenete a lui.
Oh, certamente, poi, in questa posizione dovete sempre guardare su. Se siete così sulla terra circondate di tante premure divine è perché il Padre celeste vi ha preparato un bel posto. E Gesù andando in cielo: Vado parare vobis locumd3, lo ha egli disposto, questo luogo, lo ha preparato e lo ha preparato molto bello, perché appunto il Signore vi dà tante grazie per arrivare a quel posto molto bello. Quindi una vita di vicinanza e di intimità con Gesù sulla terra e una vita di bella gloria, di intimità con Dio, di visione eterna, in paradiso. Visione distinta in proporzione ai meriti perché ciascheduno riceverà la ricompensa secondo i meriti che ha fatto.
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In questa visione delle cose, occorre anche dire che sono disposte anche le mortificazioni, sono disposte anche o preparate o permesse le prove della vita, anche le stesse tentazioni hanno il loro ufficio nella vita della santificazione. Non parliamo così facilmente di disgrazie perché nella mente di Dio sono circostanze, occasioni e prove, occasioni di maggiori meriti. In punto di morte, non saranno tanto le giornate in cui tutto è passato sereno, ma quello che vi consolerà di più saranno le giornate in cui abbiamo combattuto e vinto, in cui abbiamo avuto qualche dispiacere e l'abbiam preso dalla mano di Dio, in cui noi siamo poco stati compresi, oppure non siamo stati soddisfatti nei nostri desideri e abbiamo accettato, in cui abbiam potuto offrire qualche cosa, qualche prova di amore a Gesù, come egli prove di amore ce ne ha date tante fino a immolarsi per noi sulla croce. E quando è che noi potremo fare altrettanto verso di lui? Gesù non è morto per sé, ma è morto per noi. E noi dobbiamo vivere mica per noi, ma vivere per Gesù e sacrificarci ogni giorno per Gesù1 .
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Letizia grande perché si vive nei santi voti. I voti e la vita comune sono sorgenti continue di meriti, di ricchezze spirituali. Thesaurizate vobis thesaurum in coelis1. La povertà qualche volta ripugna, vorremmo un po' disporre, fare qualche cosa secondo i nostri gusti, vorremmo, qualche volta almeno, potere noi medesimi scegliere qualche cosa, invece vien tutto scelto da altri; non c'è l'amministrazione e quel che riguarda il vestito, il cibo e l'abitazione viene scelto da altri, cosicché si vive nella povertà perfetta, si vive secondo è vissuta Maria, secondo è vissuto Gesù, secondo è vissuto San Giuseppe; ecco.
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La castità poi assicura che gli affetti van tutti a Dio anche quando il cuore, forse, è disturbato da qualche tentazione, da qualche tendenza. Ma se ogni volta noi ricorriamo a Maria, se noi osservando la clausura ci mettiamo in guardia dalle tentazioni, dai pericoli, ecco, tutti questi atti, queste precauzioni che usiamo, queste osservanze son tutti atti di delicatezza, son tutti segni che si vuole amare solo e sempre Gesù. E allora, la continuità dell'amore a Gesù.
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Così la sottomissione, l'obbedienza con la quale si dà al Signore il maggior dono che noi dal Signore abbiamo ricevuto, diamo a lui ciò che è già di lui: de tuis donis ac datis1. Diamo la libertà sottomettendoci in tutto all'obbedienza. L'obbedienza è, in fondo, un atto di amore; l'obbedienza sta non tanto nell'affetto e nel rispetto, quanto sta nella devozione che si ha verso Dio Padre, l'autorità divina che vive in chi guida. E l'obbedienza poi è perfezionata quando c'è la cooperazione coi superiori, allora noi arriviamo ad imitare più da vicino, quanto ci è possibile da vicino, l'obbedienza di Gesù: factus oboediens usque ad mortem2. E facciam morire veramente la nostra volontà in tante cose.
Oh, poi, da questa nostra obbedienza e dallo spirito di carità, nasce la vita comune, questa vita che ci porta ad uniformarci sempre nei pensieri, nei sentimenti, allo spirito della Congregazione, agli apostolati che vengono assegnati, agli uffici che vengono dati e alla convivenza quotidiana fino alla morte, con le persone che compongono la Congregazione stessa, cosicché è una continuità di meriti. E l'essere, poi, religiosi significa volere dare a Dio non solo i frutti della pianta, gli atti, come chi fa preghiera al mattino, alla sera, trattandosi di un buon cristiano, dà a Dio un po' dei frutti della sua pianta; ma il religioso, la religiosa, oltre i frutti della pianta, dà la pianta stessa, l'essere a Dio con tutti i frutti. Poi, parlando dell'obbedienza è una grande grazia perché, per mezzo delle confessioni, siam tranquillizzati, e ogni volta che il confessore dice: «non parlare più di queste cose», si è in pace con Dio; perché, per mezzo dell'obbedienza, noi sappiamo di camminare nella strada di Dio, che, se possono sbagliare i superiori a comandare, non sbaglia chi, invece, eseguisce fedelmente e avrà sicuramente il suo premio: per mezzo dell'obbedienza noi sappiamo che tutte le azioni son benedette e accolte da Dio, accolte dal Signore, piacciono al Signore.
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Poi, un'altra sorgente di consolazioni e un altro motivo di ringraziar sempre il Signore è proprio questo: di essere nella vostra Congregazione, la quale Congregazione ha tre apostolati oppure ha un apostolato in tre forme e tutti apostolati che si riferiscono e sono nello stesso tempo dimostrazione di amore a Gesù: Gesù, venerato nella Chiesa, quindi lo spirito liturgico; Gesù venerato nella persona dei sacerdoti, quindi il servizio sacerdotale; Gesù realmente presente nel tabernacolo, quindi l'apostolato eucaristico; ed essere in una Congregazione che è nuova, una Congregazione quindi in cui vive l'entusiasmo, il fervore della giovinezza; e Congregazione che va sempre più aumentando di numero e di opere e anche in questo aumento dimostra la sua vitalità da una parte, la benedizione di Dio sopra di essa dall'altra parte. Dunque molta letizia che accompagni sempre la vita. Nella letizia è più facile farsi santi, in un sano ottimismo è più facile farsi santi. Letizia.
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Secondo: confidenza, sicurezza di ottener tutte le grazie che vi son necessarie. Noi non sappiamo per quali strade precisamente ci voglia far passare il Signore, ma sappiamo questo: che dovunque egli ci conduce, quello è il meglio; non abbiam da far altro che lasciarci guidare come quando il papà dà la mano al suo bambino e lo conduce; è un papà buono e il bambino sarà condotto bene, per le strade buone. Ecco, il Padre nostro che è nei cieli ci conduce; lasciamoci guidare. E sappiamo che egli pensa a noi, quindi fiducia di ottenere le grazie di cui abbiamo bisogno. Preghiamo e rimettiamoci a lui in un perfetto abbandono.
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Adesso che siete alla fine degli Esercizi quasi, ringraziamo il Signore di queste giornate che sono veramente giornate piene di grazia. E poi, non preoccupiamoci di molte cose, noi dobbiamo fare tante cose e farle anche con diligenza, ma la preoccupazione, poi, può disturbare lo spirito; sappiamo che siamo nelle mani di Dio e che queste sono buone mani. E anche quando avessimo ricevuto un torto, noi sappiamo bene che accettando tutto dalla mano di Dio guadagniamo il merito; chi fa il torto, se lo fa in buona fede, può essere che abbia il merito anche lui, se lo fa in cattiva fede eh, il danno è suo. Noi sappiamo, invece, che prendendo dalle mani di Dio, l'anima si arricchisce e si ha un guadagno.
Ora, conchiuderete bene i vostri Esercizi con santi propositi e con molte preghiere per osservare, poi, i propositi stessi. Vediamo che, da questo corso di Esercizi a un altro corso futuro, possiamo dire di aver fatto un po' di progresso, perché è un anno di spiritualità. E come in un anno in cui si va a scuola bisogna che si avanzi un po' nel sapere, così in un anno di spiritualità bisogna avanzare un po' nella santità. Non si può ad un tratto arrivare alla perfezione, ma progredire un tantino ogni giorno. Questo è il grande programma e questo è possibile. Non avete bisogno di fare il voto che han fatto alcuni santi: progredire ogni giorno. Ma la promessa, sì: progredire un tantino ogni giorno.
Sia lodato Gesù Cristo.
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1 Esercizi Spirituali (28 febbraio-8 marzo 1957) al gruppo formazione Pie Discepole del Divin Maestro in preparazione alla prima professione religiosa e perpetua ed entrata in noviziato
Roma, Via Portuense 739, marzo 1957 *
*Nastro 11/d (=cassetta 28/a). - Per la datazione, cf PM: «Adesso che siete al fine degli Esercizi quasi, ringraziamo il Signore di queste giornate...» - dAS (cf c90 e anche VV).

2 Cf Gv 15,16.

3 Cf Gn 12,1.

1 Cf 1Cor 13,8.

1 Cf Gn 2,23.

2 Cf Ef 2,10.

3 Gv 14,2.

1 Cf 2Cor 5,15.

1 Mt 6,20.

1 Messale Romano, Canone Romano, Unde et memores.

2 Fil 2,8.