Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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4-IL PARADISO1*1
Abbiamo ricordato nella meditazione antecedente quale sia il fine della Pia Discepola sulla terra, e cioè: conoscere meglio Gesù, amarlo di più e servirlo più fedelmente. Ma questo fine è ordinato a un altro fine e cioè, è ordinato ad una felicità più bella, più grande in paradiso.
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Allora, questa sera, consideriamo, invece, il paradiso. Che cosa sia il paradiso voi lo sapete. Il paradiso è il godimento della visione di Dio e di ogni bene senza alcuna sorta di male. Possiamo definirlo anche diversamente: il paradiso è la vera nostra vita. Sulla terra si vive, e si passa sulla terra un certo numero di anni (a parte quelli che muoiono bambini), si passa sulla terra un certo numero di anni. Ma questo è un esordio di vita, è un principio di vita, la nostra vera vita è la vita eterna, come diciamo nell'ultimo articolo del Credo: «credo la vita eterna».
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La vita presente è un esordio di vita, un esordio sotto vari aspetti. Il primo aspetto è questo: che noi abbiamo, sulla terra, da acquistare la vita soprannaturale, la grazia e aumentare la grazia: «Son venuto perchè abbiano vita e l'abbiano più abbondante, la vita», diceva il Maestro Divino1. E' un esordio. E cioè sulla terra dobbiamo vivere la vita soprannaturale che è la vita di Dio in noi o la vita di Gesù Cristo in noi o, che ci esprimiamo diversamente, l'inabitazione di Dio in noi, l'inabitazione della Trinità in noi, l'inabitazione dello Spirito Santo in noi, sono, in fondo, la medesima vita espressa in modo diverso. Dobbiamo acquistare questa vita soprannaturale per avere la vita eterna, cioè per il paradiso, che è la nostra vera vita. Chi, sulla terra, non vive la vita soprannaturale e passa all'eternità senza la grazia di Dio, cioè senza la vita soprannaturale, è perduto eternamente. Ora, questa vita divina, questa unione della nostra anima con Dio, sulla terra viene stabilita, viene vissuta, ma senza che possiamo avere il gaudio che questa vita divina in noi deve portare, può portare e porterà dopo la vita presente. La vita soprannaturale, che è fede, è speranza, è carità, con le altre virtù connesse. Vivere di fede, vivere di speranza, vivere in carità, vivere in grazia di Dio.
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La vita eterna, poi, è ancora questa stessa vita di unione con Dio, ma porta il gaudio, perché all'anima che è passata all'eternità in grazia di Dio, il Signore concede la visione di Dio. Il paradiso è visione di Dio. E l'anima arriva al possesso di Dio, possiede il maggior bene che è Dio e, in questo, ha il godimento, ha il gaudio: «Entra nel gaudio del tuo Signore»1. Perciò il paradiso soddisfa totalmente la nostra mente, il desiderio di sapere. Conosceremo Dio e, in Dio, tutto, secondo i meriti. Noi amiamo di posseder e possederemo Iddio che è la massima ricchezza: «Vi amo con tutto il cuore, Voi, Sommo Bene, eterna felicità». L'uomo tende alla felicità, alla gioia, al gaudio. E non avrà solamente il gaudio terreno, la contentezza terrena e quella consolazione che si può avere quando si è fatto bene o quando si è uniti a Gesù nella santa comunione; avrà, l'anima, un'unione beatificante: intra in gaudium Domini tui (1), la stessa beatitudine che è in Dio sarà partecipata a noi. Quella è la vera vita.
Oh, e questa vita si dice, propriamente, vita eterna. Perché? Perché il tempo presente è breve. Ah, mettete pure che vi sia una persona che viva 100 anni e, se volete, anche di più. Ma che cosa sarebbero 100 anni di fronte a 100 miliardi di anni? (Chi è capace a scriverlo?). Ora, quando siano passati questi 100 miliardi di anni, supponiamo, l'eternità beata è come da capo, come da principio; poiché l'eternità felice ha principio quando Gesù invita l'anima: «Entra nel gaudio del tuo Signore», ma non ha fine. Ecco la vera vita: chiamati lassù alla visione, al possesso, al gaudio in Dio.
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Ora, che cosa ne viene di conseguenza? Per poco che noi ragioniamo, però sotto la luce della fede, comprendiamo subito che vale la spesa, è un sacrificio ben fatto, è un negozio che ci conviene questo: passar bene, anche con sacrificio, pochi anni, fossero pur 100 anni, portar la nostra croce anche quotidiana, pure di avere una eternità di là. Perciò la frase di San Paolo: non vi è proporzione fra i sacrifici e il lavoro che si fa quaggiù, non vi è proporzione col merito lassù1, perché, mettiamo pure che oggi una debba combattere contro una tentazione insistente, insistente, e avrà combattuto una buona battaglia, ma quel premio è eterno, supposto pure che la tentazione abbia durato delle ore, il premio è eterno, non di poche ore o di pochi minuti. Quindi, questa è la proprietà del paradiso: è eterno. Oh, considerare i martiri che han dato il loro sangue per Gesù, la loro morte è stata violenta, per lo più hanno sofferto poco tempo, tutti poco tempo, ma alcuni qualche momento solo; per esempio, quando San Paolo fu decapitato; qualcheduno più a lungo e purtroppo è stato costretto a gemere nelle carceri e a consumarsi la vita al freddo o nel fetore oppure nelle privazioni, negli stenti della fame. Ma un'eternità beata, un'eternità beata, senza fine. Mettiamo gli apostoli: hanno lavorato, e San Giovanni è morto l'ultimo degli apostoli, e tutti hanno speso i loro giorni nel predicare la Parola del Vangelo e esercitando, praticando le virtù che avevano appreso da Gesù. Ma i loro anni son poi stati pochi, adesso son due mila anni che sono in cielo e la loro beatitudine non finirà mai. Se Abele fu salvo, come è certo, il suo martirio, diciamo, la sua morte, i dolori per cui egli è passato all'eternità, furono di pochi istanti. Ma sono migliaia di anni che è in cielo, che gode, primo, nel Limbo, poi successivamente introdotto da Gesù, risuscitato da morte, in paradiso. Così i vergini. Mettete pure tutte quelle vergini di cui leggiamo, almeno delle quali, qualche vita, qualche biografia, noi leggiamo. E il lavoro e il sacrificio e l'orazione e la vigilanza per star lontani dal peccato è durato poco tempo, fosse pure una vita lunga.
Quando si celebrano le feste di nozze d'oro di suore che hanno già per tanti anni conservata la loro purezza, intemerato il loro giglio, è una festa. Ma sono 50 anni! E mettete pure che siano 60 o magari 70 o 80. Oh, il gaudio eterno! eterno! in paradiso. Così prendere i confessori; così prendere tutti i santi, tutte le sante, non vi è proporzione fra il gaudio terreno e il gaudio eterno; e non vi è proporzione tra il sacrificio della terra e il premio del cielo. Alla sera possiamo sempre dire: noi abbiam fatto, oggi, dei meriti e abbiamo guadagnato, oggi, gaudi che non finiranno mai più in eterno. Oh, allora, la vita presente è ordinata all'eternità, al paradiso.
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Perchè, dunque, vi siete consacrate a Dio? per assicurarvi questo paradiso eterno e per assicurarvelo molto bello. Infatti il premio in cielo è proporzionato ai meriti, perché, chi avrà lavorato di più, godrà di più; chi avrà sofferto di più per Gesù, godrà di più in paradiso, eternamente. Oh, è qui che dobbiamo tendere: assicurarci il paradiso e un paradiso bello, un posto distinto in cielo. La diversità di meriti, è chiaro, ha di conseguenza la diversità di posto in cielo, poiché una stella differisce in splendore dall'altra stella1 e ciascheduno riceve la ricompensa secondo il suo merito, secondo il suo lavoro, come se si prende un operaio che vi fa un piccolo lavoro, date una piccola mercede, e se prendete un operaio che vi fa un grande lavoro, voi date una grande mercede. Ora, ecco la prudenza dei santi e la prudenza delle vergini, le cinque vergini prudenti. Ordinare tutto al paradiso, raccogliere, nei nostri giorni, il maggior numero di meriti per il paradiso.
Vi sta l'errore che, alle volte, siamo un po' scansafatiche o, alle volte, siamo così, un po' distratti e non curanti delle belle occasioni di farci meriti. Ma se in paradiso si potesse piangere si piangerebbe di ogni occasione che abbiamo lasciato sfuggire inutilmente, se si potesse piangere; ma ancorché non si possa piangere, l'anima che ha trascurato di far certi meriti, certi premi non li avrà; sarà felice, ma non avrà certi premi, non avrà una beatitudine così profonda, così estesa come altre anime che son state molto diligenti.Il paragone è questo: che, se voi riempite di acqua un bicchiere, è pieno e non può contenerne di più; ma è una piccola quantità; se riempite di acqua un secchio, un grosso secchio, è pieno, non può contenerne di più; ma quale quantità maggiore di un bicchiere! Così è in cielo. Il gaudio è proporzionato ai meriti e le anime che ne hanno pochi non sono infelici perché ne hanno pochi, quindi non possono piangere. E la loro anima è dilatata soltanto (esprimiamoci così) fino a quel grado di gloria, come un bicchiere che per esser pieno ha bisogno di una quantità di acqua limitata; ma l'anima che avrà diligentemente tenuto conto di tutti i momenti della vita per amare di più il Signore, servirlo meglio, ecc., oh, quale quantità maggiore! Non vi sarà invidia lassù, in paradiso, ma chi possiederà maggiori meriti godrà infallibilmente molto di più, in proporzione dei meriti.
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Se noi sapessimo bene e approfondissimo questa meditazione: tutto sta da me; io mi fabbrico la mia felicità, mi fabbrico la felicità tanto grande quanto ci metto d'impegno, ci metto di volontà; e mi fabbrico una felicità minore se le mie attenzioni, se il mio impegno è minore. Ciascheduno per sé, deve pensare a sé. Non verrebbe mai l'invidia: «Oh, questo non tocca a me; oh, perché tutte le cose che son pesanti vengono a darle a me? oh, perché questo ufficio, così difficile, mi è cascato sulla testa?» No, noi prenderemmo tutto dalle mani di Dio, pur sentendo il sacrificio, eh? perché sta, da una parte ciascheduno riceverà il premio secondo la sua fatica, secondo l'impegno che ha avuto, ma dall'altra sta l'invito di Gesù: «Chi vuole venire dietro di me, prenda la sua croce, rinneghi se stesso, mi segua»1; ecco. Il paradiso che ci attende. Oh, sarai felice se lo vuoi; sarai molto felice se lo vuoi; sarai poco felice, pur essendo felice, se trascuri; ecco. La salvezza nostra dipende da noi, dipende anche il grado di gaudio che noi avremo in paradiso. Sì, alle religiose, è chiaro: «Voi che avete lasciato tutto e mi avete seguito, riceverete il centuplo e possederete la vita eterna»2, il paradiso. Ma quale diversità tra beatitudine e beatitudine! Allora il paradiso è eterno, allora il grado di gloria in paradiso è determinato, voluto da noi, secondo il nostro impegno.
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Oh, abbiamo poi da considerare una terza cosa ed è questa: che ogni Istituto ha i suoi mezzi per arrivare all'eterna beatitudine e perché le persone (parlando delle suore) perché le suore possano arrivare alla santità. Ma voi avete mezzi così belli, avete mezzi così preziosi, così abbondanti che pensare alla vostra vocazione e riflettere bene sopra i fini della vocazione, sopra i mezzi che ha la Congregazione per santificare e non esser pieni di gioia, sarebbe un controsenso. Solo al pensar la vocazione, e la vocazione a Pie Discepole, deve riempirvi di grande gaudio, farvi cantare dei bellissimi Magnificat, devotissimi Magnificat e farvi dire: «Mi ha dato grandi grazie colui che è potente, colui che mi ha amato»1.
Pensate alle ricchezze della Congregazione.
Primo: di essere di Gesù; ecco. Si può dire, in qualche senso, ciò che scrive San Paolo? Bisogna prenderlo nel giusto senso, però, eh? Voi dite: «Io son di Pietro, io sono di Apollo, io son di Paolo. Ma voi siete di Cristo! Si è forse fatto crocifiggere per voi, Paolo?»2. Siete di Gesù Maestro. Che ricchezza! anche nel nome, nel titolo: Discepole di Gesù Maestro!
Secondo: tre apostolati magnifici, che sorgono tutti e tre da un solo amore, l'amore a Gesù. Perché siete di Gesù e non volete mica operare diversamente che così, che come discepole di Gesù e cioè: l'amore a Gesù che vive nell'Eucaristia, l'amore a Gesù che vive nel sacerdozio, l'amore a Gesù che vive nella Chiesa. Mica operare diversamente. Ecco, allora pensiamo alle ricchezze che sono nell'ufficio, negli apostolati vostri. Poi pensare ancora al valore dei tre voti, al valore del voto di povertà, castità, obbedienza ben vissuti; pensare al valore della vita comune, ai meriti continuati che si fanno nella vita comune.
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Nella Pia Società San Paolo sempre si è teso, fin dal principio, a voler fare il voto di fedeltà al Papa. Quel desiderio è stato esaudito soltanto poco tempo fa1 e l'anno scorso, sia i Discepoli come i Sacerdoti, nel corso degli Esercizi, hanno emesso il voto di fedeltà al Papa, quanto all'apostolato. E io ho espresso il desiderio che venga concesso anche alle Famiglie femminili, questo voto. Però bisognerà che lo spieghiamo bene, poi, eh? e non farlo prima che sia ben spiegato, perché le cose bisogna sempre che siano chiare e più le cose si fan con coscienza, cioè sapendo ciò che si fa, e il merito è più grande. Ma voglio dire che dovete esser tanto riconoscenti a Gesù, per questa grazia dei santi voti e della vita comune. E poi se potete meritarvi questa grazia, di fedeltà, quanto all'apostolato, fedeltà al Papa. Il che importa di non considerarlo solo Superiore, ma considerarlo come Padre. La differenza sta in questo, la considerazione nostra. E allora considerandolo come Padre, non solo ascoltarlo nei comandi, ma nei consigli ancora, cioè negli indirizzi che egli dà. E quindi il voto di fedeltà al Papa è un poco come un consiglio. Vi sono i comandamenti e vi sono i consigli. E voi avete preso i comandamenti e i consigli, che sono i voti, non è vero? che praticate nell'esercizio dei voti. Così verso il Papa si deve obbedienza e poi, chi ha più amore al Papa, lo segue anche nei consigli. Fedeltà quanto all'apostolato, vuol dir seguirlo anche nei consigli, nell'indirizzo che egli dà. Ma non con parole o con lettere, che quelle contano quanto la carta che le porta; contano quanto ce n'è nel cuore. Vivere nello spirito suo e praticar l'apostolato nello spirito che dà. Ad esempio: le cose liturgiche secondo la Mediator Dei2, cioè, secondo l'enciclica sulla liturgia, ecco, mica guardare altri indirizzi, altri consigli; noi abbiamo da seguire precisamente quello spirito liturgico che il santo Padre desidera vissuto da tutti i cristiani, ma particolarmente da quei che sono più distinti fra i cristiani e i cristiani più distinti sono appunto i religiosi e le religiose.
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Vedete, dunque, quale ricchezza! E poi questi studi che si son fatti ultimamente, che si van facendo; questo progresso nello stabilirsi delle varie Case e, adesso, presto, in una Casa nuova; poi essere arrivati a più nazioni, in ogni nazione dover pensare al vocazionario e al periodico La Vita1 e al Centro liturgico nazionale. Tutto questo lavoro che si fa nella silenziosità, giorno per giorno, senza molte parole, ma con molto amore e che lo fate, questo lavoro, che lo fanno specialmente quelle che parlano poco ma che operano molto. Ricchezza di meriti.
Perché voi avete anche abbondanza di silenzio, del resto, e nella silenziosità, nel raccoglimento potete trovare un mezzo per una maggior santificazione. Avete il Vangelo, avete l'Eucaristia, avete i voti, avete l'apostolato che è tutto un'espressione di amore a Gesù; avete una formazione, giorno per giorno, sempre più elevata. Dite un po': non vi vien la voglia di dire: «Basta, o Signore, perché poi non corrispondiamo e abbiam poi la responsabilità, basta, come diceva San Filippo a un certo punto, o come diceva San Francesco Saverio quando non poteva più contenere la piena del suo cuore, del suo amore per Gesù: «Basta, il mio cuore non può sopportare di più». Oh, le ricchezze ed i mezzi per la gloria eterna in paradiso! E allora cantare spesso la lode del Paradiso2 e sempre la mira lassù. Che cosa ho ancor da cercare io sulla terra? Il Signore solo che è il mio tutto, che mi basta, che è il Sommo Bene, che è l'eterna felicità. Preghiamo per questo, eh? che siamo sapienti, eh? che non facciamo, sulla terra, delle perdite di tempo; di mente: quando son pensieri inutili son perdite di tempo con la mente; o di sentimenti: quando son sentimenti, desideri inutili che son perdita di sentimento; o di attività, di vita, che sono perdite di tempo in rispetto alle nostre forze, alle nostre energie che possiamo adoperare per il Signore.
Sia lodato Gesù Cristo.
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1 Esercizi Spirituali (15-23 gennaio 1957) alle Pie Discepole del Divin Maestro
Roma, Via Portuense 739, 15 gennaio 1957*
* Nastro 10/b (= cassetta 24/a). - Per la datazione, cf PM: «Abbiamo ricordato nella meditazione antecedente quale sia il fine della Pia Discepola sulla terra, e cioè: conoscere meglio Gesù, amarlo di più, e servirlo più fedelmente...» (cf PM in c16). «Allora questa sera, consideriamo, invece, il paradiso». - dAS (cf c16 e c58). - VV (cf c16).

1 Cf Gv 10,10.

1 Mt 25,21.23.

1 Cf Rm 8,18.

1 Cf 1Cor 15,41.

1 Cf Mt 16,24.

2 Cf Mt 19,29.

1 Cf Lc 1,49.

2 Cf 1Cor 1,12-13.

1 Venne concesso, infatti, col rescritto della S. Congregazione dei Religiosi del 19 marzo 1956.

2 Enc. di PIO XII, emanata il 20 novembre 1947.

1 «La vita in Cristo e nella Chiesa», periodico mensile di liturgia redatto dalle Pie Discepole dal 1952.

2 Cf Le Preghiere della Famiglia Paolina, EP, Ostia 1965, p. 327.