Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

Effettua una ricerca

Ricerca Avanzata

15-IL «CREDO» (articoli 1-4)1 *
...sia per la nostra vita interiore che in generale nella vita religiosa esteriore e nell'apostolato, cerchiamo sempre di seguire il Maestro Divino Via, Verità e Vita. Quindi, parlando della vita spirituale: la meditazione, la Visita, gli esami di coscienza, i propositi, ecc., sempre nei tre punti e cioè: santificazione della mente, santificazione della volontà, santificazione del cuore. E gli Esercizi Spirituali pure sono divisi in tre parti: santificazione della mente, santificazione della volontà, santificazione del cuore.
Santificazione della mente. Negli Esercizi, in generale, fatti in comune, si hanno da meditare le grandi verità di orientamento; poi si hanno da meditare i comandamenti di Dio, i consigli evangelici; e, in terzo luogo, si ha da meditare l'amore che dobbiamo a Dio, l'unione con Dio per mezzo della grazia, dei sacramenti e di quel complesso di cose che ci portano a stabilire la nostra vita in Gesù Cristo: Vivit vero in me Christus2 .
141
Allora, stamattina1: le grandi verità. Dico così perché, naturalmente, se uno facesse gli Esercizi, supponiamo, da solo, per praticare, acquistare la carità, le meditazioni, le istruzioni andrebbero, in primo luogo, sopra la bellezza della carità, la necessità della carità, i mezzi, la pratica della carità, ecc., perché potrebbero essere indirizzati ad un punto. Ma in generale occorre, e non si sbaglia mai quando si considerano le grandi verità, se gli Esercizi sono indirizzati ad una comunità.
Le grandi verità son contenute nel Credo. Sempre meditare la base di tutta la dottrina cattolica, di tutto il catechismo, di tutta l'istruzione, la cultura religiosa. La base sta nei dodici articoli del Credo e la Chiesa ce lo fa ripetere, vuole che ogni cristiano al mattino faccia il suo atto di fede, che è il più necessario: «Colui che crederà sarà salvo»2, ecco. Vi sono persone le quali si concentrano quasi sempre sul cuore; altre sopra, invece, la pratica della vita, l'esercizio delle virtù. Queste due cose sono anch'esse necessarie, ma vengono dopo. Come gli atti di fede che diciamo nelle orazioni sono prestabiliti sulla fede che c'è Dio e c'è Gesù Cristo che è la Via e la Chiesa che dobbiamo assecondare. Poi viene la speranza. E la speranza ci impone di confidar nella grazia di Dio, ma «mediante le buone opere che io debbo e voglio fare», arrivare al cielo; quindi i comandamenti, i consigli evangelici. E poi viene, in terzo luogo, la carità, l'amor di Dio, l'amore del prossimo.
Primo le grandi verità. Vi sono persone che trovano aridità in questo. No. Se noi le meditiamo bene saranno le verità che ci commuovono di più e quelle che orientano nella vita.
142
I dodici articoli del Credo. Primo: «Io credo in Dio Padre onnipotente, creatore del cielo e della terra». Dunque, sopra di tutte queste vicende umane, queste sciocchezzuole della giornata, queste vicende pubbliche, gli avvenimenti della storia, su... chi regge tutto è Dio e tutto è uscito dalle sue mani, tutto: Omnia per ipsum facta sunt et sine ipso factum est nihil quod factum est1. Stabilirci bene: io sono di Dio, vengo da Dio, il quale Dio creandomi ha dato a me quel che mi ha dato e cioè: intelligenza, salute, giorni di vita, e, soprattutto, mi ha dato un ufficio da compiere sulla terra per arrivare al paradiso, quindi la vocazione.
Quindi Dio che è principio, è anche necessariamente fine, perché Dio non poteva creare per altri che per sé: Universa propter semetipsum operatus est Dominus2. E cioè per la sua gloria ha chiamato esseri a partecipare alla sua felicità eterna, esseri che siamo noi e che siamo nella libertà e di fare il bene ed il male, quindi di subire bene la prova o di subirla male. E gli angeli del cielo, liberi creati, e parte furono fedeli, subirono bene la prova, a capo San Michele, gloriosi eternamente in cielo, gli angeli fedeli, che, però, vengono anche destinati a curare noi uomini, aiutare noi uomini. E altri angeli non furono fedeli e sono diventati demoni i quali contrastano l'uomo nel suo cammino verso il cielo e cercano di rovinare l'uomo e di trascinarlo nella loro dannazione stessa, il quale inferno fu creato per il demonio, ecco, e quei suoi seguaci.
143
Noi siamo proprio lì in mezzo, la libertà, la quale libertà ha due frutti: il primo: senza libertà non c'è merito; quindi l'uomo ha la possibilità di fare il merito perché volontariamente sceglie Iddio; l'acqua che va al basso non ha merito perché va di sua necessità, di sua natura; e il cane che abbaia non ha merito, sebbene in quel momento allontana i ladri, perché lo fa per istinto. E' la libertà dell'uomo che permette di fare il merito, ma questa libertà può essere sempre abusata, come ne hanno abusato Adamo ed Eva, come ne hanno abusato gli angeli del cielo. Io sono in pericolo, quindi, di perdermi. Posso farmi santo appunto perché ho la libertà, guadagnando tanti, tanti meriti, operando il bene volontariamente, e posso perdermi, rovinarmi. Quindi son come sospeso fra cielo e terra o meglio, fra [il] cielo e l'inferno: Elige ergo vitam1: dunque scegli la via buona. E infatti ci sono due strade, il Signore l'ha detto chiaro, e una conduce a salvezza e l'altra conduce a perdizione.
E non è neppur detto: «Ma io ho già scelto [il] bene, mi son messa sulla buona strada, basta, sarò eternamente salva». Confidare in Dio e nella sua grazia, ma diffidare sempre di tre nemici: il diavolo, la nostra carne e il mondo, perché siam continuamente insidiati. Su dodici, eletti all'apostolato, da Nostro Signore, undici han fatto bene e uno si è perduto, ecco. E sul calvario, due ladroni crocifissi accanto al Salvatore, uno si è salvato, l'altro si è perduto. Ma classico è l'esempio di Giuda. Quali condizioni migliori poteva trovare un uomo per santificarsi che lui, coi suoi dodici compagni: sentire direttamente il Maestro Divino, vedere i suoi prodigi, i suoi miracoli, i suoi esempi, essere anche un po' preferito dal Maestro Divino, perché lo aveva fatto come economo del sacro collegio, come dice il Vangelo. Ebbene, alla fine, la conclusione nelle parole del Salvatore: «sarebbe stato meglio che non fosse nato quell'uomo», ecco: Melius erat si natus non fuisset homo ille2. Quindi, mai tenersi per sicuri perché può venire un giorno in cui traviamo per le idee che ci fissiamo in testa, per il cuore che va a traverso, per qualche persona che insidia, per la debolezza e fragilità che viene dai sette vizi capitali: l'orgoglio, gli attaccamenti, l'invidia, l'ira, la lussuria, la golosità, la pigrizia e molto, bisogna aggiungerla, la curiosità. Ecco dove stiamo. Il primo articolo del Credo dice così.
144
Poi viene il secondo articolo: crediamo in Nostro Signore Gesù Cristo, Figlio del Padre celeste, suo Figliuolo unico e Nostro Signore. Perché il Padre ci ha consegnati nelle mani di Gesù, il quale è Nostro Signore. E come è Nostro Signore? Noi non potevamo andare più in paradiso, perché c'era il peccato di origine e Gesù Cristo ci ha ricomperati col sangue, quindi siam suoi. Nostro Signore. Ci ha ricomperati dall'eterna dannazione e ci ha comunicato una vita la quale è soprannaturale, poiché morì sulla croce, ecco, e morendo ha acquistato a noi questa vita soprannaturale. Quindi destinati al cielo, [al] paradiso.
La via è Gesù Cristo. Credere a lui, come via, lui. Qualcheduno pensa solo ai suoi esempi. Gesù Cristo è via in quanto che noi dobbiam credere alla sua parola. E se crediamo, pensiamo così, ecco, la nostra mente resta ordinata al cielo. E' via in quanto ci ha dato i suoi esempi. Come egli ha fatto, così dobbiam far noi. Ed è via in quanto che lui ha trovato, ha riacquistato la grazia, e senza la grazia di Dio nessun va in paradiso. E più ci sarà grazia e più si andrà a un bel posto in paradiso.
Quindi, se il Padre celeste ci ha creati così, perché noi meritassimo il paradiso, ci ha dato la libertà, noi, quale strada abbiam da tenere per arrivare al paradiso, arrivare al Padre celeste? Gesù Cristo. La fede in lui, l'imitazione di lui, l'amore a lui. Questo. La nostra salvezza è in lui: Per ipsum et cum ipso et in ipso1, per la nostra salvezza. Ed ugualmente: Per ipsum et cum ipso et in ipso, per la gloria di Dio.
Oh, allora, dobbiamo volgere, praticamente, il nostro sguardo a Gesù. Credere a ogni parola del Vangelo; seguire Gesù almeno negli elementi più necessari, che sono: il distacco dai beni della terra, dalle ricchezze, il cuore distaccato e l'umiltà, la sottomissione al Signore, l'obbedienza, quindi, al Signore, l'osservanza dei comandamenti e seguirlo più da vicino coi consigli, se vogliamo, per ottenere un posto più bello in paradiso e se tale è la nostra vocazione. E guardare a Gesù Cristo, cioè all'Eucarestia, sorgente di vita; guardare al confessionale dove egli perdona i peccati; guardare prima al battistero dove l'anima nostra fu lavata dalla macchia originale ed acquistò la vita soprannaturale per la infusione dello Spirito Santo in noi; e guardare sempre Gesù Cristo per l'aumento di grazia: le Messe, le pratiche divote, il compimento della volontà di Dio. La via è Gesù Cristo.
E considerarlo come la via, Gesù Cristo. E allora abbiamo la descrizione di questa via. E quale? «Il quale fu concepito di Spirito Santo e nacque da Maria Vergine». Ogni nostra anima dev'essere concepita di Spirito Santo nel battesimo, alla vita soprannaturale. «Se uno non rinasce dall'acqua e dallo Spirito Santo, non può entrare nel regno di Dio»2. E le grazie vengono dalla Vergine, come mediatrice, non in una maniera che possiamo dire assolutamente necessaria, ma moralmente necessaria. Ogni anima che si santifica, si santifica per la grazia e la grazia è passata attraverso a Maria e la grazia continua a passare attraverso a Maria e cioè noi sappiamo che la mediatrice di ogni grazia è la Santissima Vergine. Da Maria. E pensiamo pure che la conversione del mondo e di ogni anima è la salvezza. Natus est de Spiritu Sancto ex Maria Virgine. La grazia e la Vergine. Come è nato il Cristo, il santo: quod nascetur ex te sanctum vocabitur Filius Dei3, così ogni anima nasce dallo Spirito Santo e dalla Vergine, perché anche noi siamo figli di Dio, in questo modo, diventiamo anche noi figli di Dio. Gesù Cristo è il Figlio di Dio naturale, noi diventiamo figli di Dio per adozione: dedit eis potestatem filios Dei fieri4. E allora, l'attaccamento a Gesù Cristo.
145
Vedete la bella vocazione che avete: in Cristo, la vostra vita. Pie Discepole del Divin Maestro. Se aveste sempre più luce, la vostra vita passerebbe in letizia: io sono stato straordinariamente graziato da Dio, graziato da Dio. Il Signore mi ha voluto bene. E questo bene che ci ha voluto a principio, Gesù ce lo vuole ancora adesso, anzi, ci vuole sempre più bene man mano che noi lo amiamo, che viviamo la vera vita religiosa, cioè viviamo la professione, il nostro dono a Dio: «tutto mi dono, offro e consacro»1. Quanti Magnificat, allora, si sentirebbero dalle bocche delle religiose, ma specialmente da voi che siete del Maestro Divino. La via è lui.
E la via, però, bisogna considerarla tutta: patì, fu crocifisso, morì, fu sepolto. Bisogna che teniamo questa via: patire, il che vuol dire rinnegarci: abneget semetipsum2. Rinnegarci: abneget semetipsum. Patì e morì. Facciamo morire tutto quel che è il nostro io viziato, perché il nostro io in Cristo dobbiamo sempre crescerlo: in virum perfectum3. Alla pienezza dell'età di Cristo dobbiamo portarlo; ma morire.
E molte volte avviene che si entra in convento e non si muore... Si porta l'io, lo si veste con altri abiti che è la formalità esterna dell'abito, della vita religiosa composta così, con determinati orari, con le tali persone che abitano in tal luogo, con i tali superiori, con i tali inferiori. Ma è la morte. Morì, morì. Lo si liscia sotto altri aspetti, c'è ancor la famiglia nel cuore, e c'è... E se avete rinunziato a formarvi una famiglia, per formare una famiglia di Dio! Come si concepiscono certe cose! Si vive ancora col cuore nella famiglia e non solamente col cuore, qualche volta; si va oltre. «Morì». L'orgoglio che bisogna che muoia, questo amor proprio, questa sottomissione. «Eh, ma c'è il tale torto, c'è il tale inconveniente». Tutti i santi ne hanno avuto. E chi non vuol farsi santo ne troverà sempre e avrà sempre delle ragioni, come dice, che sono pretesti. Per compiere il volere del Padre celeste, Gesù Cristo non ne ha trovato degli ostacoli? Morì, morì. Mortificare il corpo, mortificare l'orgoglio, mortificare il cuore, mortificare la gola, gli occhi, ecc. Morì. Ecco, bisogna morire. E quanto più moriamo, tanto più gloriosi resusciteremo.
146
E fu sepolto. Siamo abbastanza sepolti o vogliamo ancora metterci in mostra? Facciamo le nostre cose nel silenzio o vogliamo che il nostro io trionfi e vogliamo ancora che ci sia la soddisfazione umana nelle cose che si fanno? Sì, sepolti. Si dicono, certe suore, si chiamano «sepolte vive». Ma se si seppelliscono nel silenzio, si seppelliscono quanto che il mondo non le vede più, non vuol sempre dire che si seppelliscano spiritualmente e moralmente. Alle volte, allora, si attaccano a delle sciocchezze e l'io è coltivato, è accarezzato, è nutrito e cresce. Come diceva appunto, monsignor Traglia1, che è venuto, si attaccano perché la sedia è stata voltata di là, a delle schiocchezze per cui perdono il merito; la volevano voltata di qua, invece. Siamo fatti così. Può essere che andiamo anche sulla predella dell'altare e che intanto il cuore sia lontano, lontano. Seppellire il nostro io in quanto è viziato e che si chiama orgoglio, avarizia, invidia, collera; che si chiama sensualità, che si chiama golosità, che si chiama pigrizia, che si chiama curiosità. Può essere che... Seppellire, morire e seppellire. E beati noi se abbiamo un po' di tempo in cui viviamo come sepolti.
San Benedetto si è fatto aprire la tomba dove doveva venire messo la sua salma, dopo morte, cinque giorni prima della sua morte. E purtroppo questo io che non vuol neppur morire con la morte. E dispongono ancora delle belle tombe, vogliono i funerali fatti così, ecc. Orgoglio che non vuole tacere.
147
Oh, abbiamo da considerare dodici articoli, ma siamo solo lì. E possiamo lasciare perché è passato il tempo, continuiamo poi, a Dio piacendo. Certo, però, se non si stabiliscono bene le verità fondamentali, non hanno grande efficacia le prediche sulle virtù, sui comandamenti, sui consigli. Verità fondamentali: vengo da Dio, vado a Dio; la via è Cristo, e Cristo è asceso al cielo ed è via fino al cielo. Ma prima patì, morì. fu sepolto, discese all'inferno (sappiamo poi il senso dell'«inferno» cosa vuol dire) a liberare i Giusti dell'Antica Legge, sì.
Domandiamo fede, perché non è vero che manchi di più la virtù, manca di più la fede. Non si vede neppur più che il Signore si fa rappresentare dai Superiori e che Gesù Cristo ha stabilito nella Chiesa un governo al quale dobbiamo sottometterci in tutto e abbassare il nostro orgoglio. Dunque: Justus ex fide vivit1. E se non viviam di fede non siam giusti. Vuol dire che, come l'uomo vive di pane, così il cristiano, il religioso, vive degli articoli di fede, mangia di questo, si nutre, la sua mente, delle grandi verità cristiane.
Sia lodato Gesù Cristo.
148

1 Esercizi Spirituali (25 marzo-1° aprile 1957) alle «Capitolari» Pie Discepole del Divin Maestro in preparazione al 1° Capitolo Generale
Roma, Via Portuense 739, 26 marzo 1957 *
* Nastro 12/a (=cassetta 29/a). - Per la datazione, cf PM: «...allora, stamattina, le grandi verità ... Le grandi verità son contenute nel Credo...» Primo: "&Io credo in Dio Padre..."& (cf PM in c149). - dAS, 26/3/1957: «Verso le 16,30 va [il PM] in via Portuense per gli Esercizi SS. delle PD in preparazione al Capitolo Generale. Ritorna per l'ora di cena». dAC, 26/3/1957: «Ore 18. Iniziano i SS. Esercizi per le Capitolari, predicati dal PM». (Stando a quanto dicono il dAS e il dAC riguardo all'ora della meditazione, si pensa che il PM abbia potuto sbagliarsi nel dire stamattina anziché stasera. Ne dà conferma lo stesso PM nella meditazione seguente dicendo: «come ho detto ieri sera» (cf PM in c149).

2 Gal 2,20.

1 Forse è errato; meglio: stasera: cf c141.

2 Mc 16,16.

1 Gv 1,3.

2 Prv 16,4.

1 Dt 30,19.

2 Mt 26,24.

1 Missale Romanum, Ordo Missae, Dossologia finale della Preghiera eucaristica o canone.

2 Cf Gv 3,5.

3 Lc 1,35.

4 Gv 1,12.

1 Formula della Professione religiosa delle PD, Costituzioni (1948), art. 89.

2 Mt 16,24.

3 Ef 4,13.

1 L. CARD. TRAGLIA (1895-1977), allora Vicegerente di Roma.

1 Rm 1,17.