22-LA CONTEMPLAZIONE - LO STUDIO1 *Avete già avuto abbondanza di parola di Dio, stamattina. E allora, un po' più breve.
Ieri sera abbiam parlato del progresso nell'Istituto, progresso nel personale e progresso nello spirito. Un accenno a questo del progresso nello spirito, senza che abbiate molti meriti. Il Signore ha lavorato molto nella vostra anima, nell'anima di parecchie di voi. Ora, non voglio essere frainteso, ma nello stesso tempo penso di dovervelo dire, in qualche maniera.
Si viene a un certo punto in cui il Signore vuole stabilire fra di lui e l'anima, una certa intimità di amicizia. Che cosa è l'amicizia? L'amicizia è l'unione di due persone che si scambiano dei beni. Il Signore Gesù dice: iam non dicam vos servos, sed amicos2 agli Apostoli e porta la ragione. Perché vi chiamo amici? Perché tutto quel che avevo ve l'ho rivelato, ve l'ho dato, quel che avevo dal Padre, da Dio. E viceversa, gli Apostoli a loro volta, si erano donati a Gesù, consegnati a lui, affidati alle sue cure, l'avevano seguito, e si mostravano generosi, pronti a fare quello che sarebbe stata la loro missione. Ecco l'amicizia. Gesù che manifesta quello che ha preso dal Padre, a loro, e dà a loro una grande missione. Ed essi che credono al suo amore e corrispondono e lo seguono; ecco. Iam non dicam vos servos, sed amicos, quia omnia quae audivi a Patre meo ostendi vobis3; ecco.
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Quando il Signore ha potuto purificare un'anima è arrivato a lavorarla così, da renderla pronta alla vera pietà, allora entra in comunicazione con quest'anima più intimamente. E occorre che la Discepola entri nell'intimità di Gesù, allora Gesù parla di più all'anima, fa capire molte cose e se l'anima corrisponde con una offerta sempre più sentita a lui, allora si stabilisce come un'unione: sono due carni, ma in un solo spirito, non due «in carne una», ma due «in un solo spirito»1. Allora il Signore fa passar l'anima attraverso a vari stati: il primo, in generale, è la contemplazione. E non è anche difficile arrivare lì, per molte di voi, perché la meditazione può essere discorsiva e può essere, invece, contemplazione. La meditazione discorsiva è quella che fate nel vostro modo solito; discorsiva vuol dire che si procede avanti. Discorrere ha due significati: il parlare e poi ancora, il camminare; ha due... quindi si cammina da una cosa all'altra. E per esempio: credo al paradiso; poi, che cosa si gode in paradiso; poi, cosa si deve fare per arrivare al paradiso. Si passa, si discorre da una cosa all'altra e se ne discorre col Signore. Discorsiva.
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Invece, può essere che l'anima arrivi a veder subito, contemplare il cielo, non perché lo veda, ma perché ne ha una immaginazione così viva che ne resta come presa e vede che quello è il suo destino eterno. E San Pietro: Bonum est nos hic esse1, quando ha veduto quel saggio di paradiso. Se vuoi facciamo qui tre tabernacoli, cioè tre tende erigiamo: una a te, Gesù, una a Mosé, l'altra ad Elia e staremo sempre qui. Optime stabimus2. Oh, la contemplazione! L'anima poi, in quella visione conosce subito quel che deve fare e come deve desiderare quel paradiso, pregare per arrivare al paradiso e ancorché dica niente, tuttavia ne resta con una impressione così profonda che poi tutta la giornata vive sotto quell'impressione, e quello che ha da fare, fosse pure, qualche volta, la sofferenza, l'umiliazione, vede tutto in quell'ordine, in quel fine: paradiso. «Beati quei che soffrono, ad esempio; beati i poveri; beati quei che patiscono persecuzione; beati quei che han fame e sete della giustizia di Dio, ecc.3. Parecchie di voi devono passare a questa contemplazione.
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Poi, giunte a questa contemplazione che in generale ci mette sulla strada di contemplare meglio i misteri della vita del Maestro, si sentirà facilmente quella amicizia di intimità con Gesù. Allora nella Visita è facile contemplare il presepio, contemplare Gesù quando era fanciulletto e la Madonna lo comandava, vedere com'è la vita privata. Come Maria era la pia discepola, una discepola che ha esercitato questo ufficio così altamente che non è possibile per noi: noi la imitiamo, cerchiamo di imitarla, almeno.
Contemplare Gesù in qualche tratto della sua predicazione. Per esempio, quando ascolta la cananea e l'esaudisce; quando è al pozzo di Sichem dove converte la samaritana; quando annunzia le beatitudini; quando si trasfigura; quando istituisce l'Ultima Cena; quando istituisce lo stato religioso. E poi contemplare Gesù nei misteri della sua passione e morte. Allora resta facile.
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E l'anima gradatamente fa a Gesù una rinuncia, può esser che una che non rifletta, che non sia ancora giunta a questo punto: «Ma già abbiamo rinunziato a tutto, già ci siam donate». Ma quando l'anima diviene intima con Gesù e raggiunge questa amicizia, questo stato di amicizia, allora l'anima trova ancor sempre delle cose che non ha donato a Gesù, delle rinunzie che non ha ancor fatto.
«Ma allora trova più difetti?». E sì, uno dei segnali di progresso è di trovarsi con più difetti; segno che ci son più difetti, è segno che prima non li conosceva, ma c'erano.
Allora volevo dir questo: se ad alcune di voi, il Signore ha dato tanto di grazia da poter arrivare qui e se vi lavora in questa maniera, pensate: Gesù è in noi, ma non è ozioso, non sta ozioso, opera, vive ed opera in noi. Opera sulla mente, opera sul cuore, opera sulla volontà, opera anche nel corpo, perché la comunione, ad esempio, è un seme di risurrezione.
Non avete bisogno, poi, di una direzione minuta, ma di essere indirizzate in modo generale; poi il Signore lavorerà l'anima e lavorando l'anima, non son mica tutte dolcezze quelle che comunica, la conduce fino al calvario. Prima la conduce bene nella vita ordinaria, privata: far bene la vita religiosa: povertà, castità e obbedienza nella vita comune, osservanza dei propri obblighi e pratica dell'apostolato, sì. Poi incomincerà, a suo tempo, la vita dolorosa. E il Signore quando prende possesso di un'anima che corrisponde, che gli si consegna nelle mani e tutti i giorni un po' di più, il Signore lavorerà con la lima a togliere le asprezze e lavorerà anche con lo scalpello a togliere i pezzi più grossi finché si arriverà alla perfezione della Pia Discepola sul calvario: tuam ipsius animam pertransibit gladius1. Di lì in là, il gaudio eterno, poi. Non si viva di fantasie, ma se una si accorge, col consiglio del confessore, che è arrivata a questo punto, oppure col consiglio di chi la guida, allora non resista alle attrattive di Dio, non disgusti lo Spirito Santo.
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Ieri sera poi, siamo stati al punto di dover parlare dello studio. La formazione spirituale, poi la formazione intellettuale. Oh, in questi dieci anni, l'avviamento allo studio è stato faticoso, un avviamento faticoso, per le Pie Discepole, sia perché c'era il passaggio da una vita più attiva ad una vita quale adesso si vive e quale dovrà ancora meglio viversi, non è vero? e sia perché vi siete trovate in parte anziane e in parte principianti, e si è venuto fino alla sciocca (vorrei dire una parola ancora più brutta) divisione che era formata dal Primo Maestro e che era formata dal Maestro Giaccardo, quasi ci fossero stati due spiriti, due tendenze, due formazioni; e quali suore erano dell'uno e quali suore erano dell'altro... Siete di Gesù Cristo; oh! Non abbassatevi così. Tutte di Gesù! Forse che il Primo Maestro o il Maestro Giaccardo si siano lasciati crocifiggere?1 Togliete da in mezzo a voi espressioni così, che se anche son dette per scherzo, poi non fan bene. E siete le Pie Discepole di Gesù Maestro, cosa dite «del Primo Maestro» o «del Maestro Giaccardo». «Di Gesù Maestro!». E non c'erano due forme di... due maniere di preparazione, di formazione, no. Si è proceduto secondo lo sviluppo della Congregazione. E non c'erano mica tanti studi. E in principio la Famiglia Paolina non aveva mica i sacerdoti che andassero all'università e facessero gli studi più alti. Ma ogni anno si è progredito gradatamente secondo si sviluppano gli Istituti.
Oh, lo studio. Lo studio, da un secolo a questa parte, è tanto progredito nei seminari e in tutti gli Istituti religiosi, anche quelli più distinti. Ugualmente nella Congregazione vostra. Bisogna arrivare certamente a studi teologici, perché il vostro apostolato è anche alto, in certe parti. D'altra parte, le persone che sono più difficili a fare obbedire sono le persone ignoranti, perché le persone che sono illuminate da Dio, che sanno, si sottomettono, o perché vedono, in chi comanda, l'autorità di Dio e obbediscono per fine altissimo, (obbediscono i cardinali!...) o perché capiscono le ragioni del comando; quando non capiscono né l'una né l'altra cosa, no... e allora vedete che vi sono proprio figliuole che non capiranno mai il voto di obbedienza perché sono ignoranti e non sono virtuose. Sono ignoranti e non capiscono la bellezza, la nobiltà della vocazione e come si ascolta Dio; e non sono virtuose da sottomettersi anche quando non capiscono. Allora vigilare molto perché più facilmente si capisce il voto di castità, meno quel di povertà e più difficile il voto di obbedienza. Credono di dover fare il meglio secondo che la loro testa dice che è il meglio. Il meglio è sempre l'obbedienza, perché guadagna più meriti. Quel che è fatto con la nostra testa è fatto proprio con la nostra testa e rimane così, finisce lì, non va nell'eternità, al premio, anche se è un'opera buona.
«E, ma riuscirei meglio».
Se riuscirai meglio o meno bene, lo sa il Signore, perché alle volte sembra che una cosa riesca davvero meglio. Nel complesso non sarà mai meglio, perché si priverà sempre l'Istituto di una nuova grazia, quelle grazie che ottiene sempre l'obbedienza. Se si è obbedienti, nell'Istituto verranno più grazie. Studiare. Quindi l'organizzazione delle scuole che adesso va quasi perfezionandosi. E sì. Il consiglio avrà da occuparsi bene di questo, perché si progredisca sempre.
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D'altra parte, l'apostolato liturgico si può fare quasi senza senso: e comprano delle immagini e vendono delle immagini. Basterebbe essere commercianti per far così. Ma voler portare, invece, il senso dell'apostolato e cioè, portare le anime alla preghiera, al culto e dare alle persone i mezzi, e al culto vero, non a delle divozioncelle, delle cose da donnicciuole solamente, da così dette «anime pie», che alle volte, di pietà hanno ben poco. Bisogna che noi dirigiamo.
«Eh, ma mi chiedono questo». Dirigiamo, facciam l'apostolato. E ci vuole certamente la pietà, ma ci vuole la cognizione completa, ci vuole la mente liturgica, ci vuole il cuore liturgico, ci vuole l'attività e l'azione liturgica, insieme di gusto artistico.
Ora, se non c'è chi abbia fatto corsi teologici, non si arriverà bene a questo, perché possono essere anche dei pittori, dei pittori i quali abbiano la loro arte; ma l'arte per noi è una cosa materiale messa a servizio dell'apostolato, come la carta del periodico che stampate, la «Vita», è carta comune, ma messa a servizio dell'apostolato liturgico. Si prenda un poco di spirito, ecco, qui sopra. La Congregazione deve fare i suoi passi per essere condotta al compimento del volere di Dio, per compiere quello che la Chiesa vi ha affidato con l'approvazione.
E basta stamattina; sì. Studiare. Ma. non solo i corsi, eh! Sempre istruirsi, sempre andare avanti, sempre un po' di più; sì. Oh, allora, vigiliamo in questo. Avete ora anche compreso un poco dalle esortazioni del padre Larraona, quello che è il pensiero della Santa Sede.
Sia lodato Gesù Cristo.
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1 Esercizi Spirituali (25 marzo-1° aprile 1957) alle «Capitolari» Pie Discepole del Divin Maestro in preparazione al 1° Capitolo Generale
Roma, Via Portuense 739, 31 marzo 1957 *
* Nastro 13/d (=cassetta 32/b). - Per la datazione, cf PM: «Ieri sera abbiam parlato del progresso dell'Istituto. «E basta stamattina...» (cf PM in c193). - dAS 31/3/1957: «Alle 7,30 va [il PM] dalle PD di via Portuense e rimane fino alle ore 10 con padre Larraona».
2 Gv 15,15.
3 Gv 15,15.
1 1Cor 6,17.
1 Mt 17,4.
2 L'espressione riecheggia la classica battuta di un centurione a Camillo dopo l'incendio di Roma: hic manebimus optime (cf Livio, Hist. 5,55) e che anche Quintino Sella ripeté dopo il trasferimento della capitale italiana da Firenze a Roma.
3 Mt 5,3ss.
1 Cf Lc 2,35.
1 Cf 1Cor 1,13.