Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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5. PASTORALE VOCAZIONALE*
Articoli: 19 - 30

Importanza della riflessione negli Esercizi

Negli Esercizi spirituali che cosa é più necessario? Il sentire la predica oppure attendere alla preghiera, ai riflessi1? La cosa più necessaria si riferisce sempre ai riflessi-preghiera. Si possono fare gli Esercizi senza prediche, con letture, ma non senza i riflessi. Si possono fare gli Esercizi anche senza libri, ma non senza i riflessi e la preghiera. Anzi, alle volte è utile fare gli Esercizi propriamente da soli, usando anche poco i libri. Quanto dovrebbero durare i riflessi dopo la predica? Almeno tanto quanto è stata lunga la predica: se è stata di mezz'ora, mezz'ora di riflessi.
Ma riflessi in intimità, stando davanti a Gesù, o in chiesa, o meglio in camera, secondo le disposizioni attuali; sarebbe inutile avere una camera per ciascuna, se non si usasse la camera proprio per le cose dello spirito. Appositamente è data una camera per ogni persona. Perciò, almeno i riflessi della durata secondo la predica. Per mia parte non faccio prediche, faccio delle lezioni piuttosto, tuttavia anche queste richiedono dopo l'esame di coscienza. Sono istruzioni o conferenze che hanno bisogno delle applicazioni pratiche.
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Condizioni per l'ammissione

Capita qualche volta questo, non molto frequentemente però, che una suora, supponiamo, Figlia di San Paolo, domanda di passare tra le Pie Discepole o tra le Pastorelle, e viceversa. Il passaggio fra un Istituto paolino e l'altro pure paolino, non è ammesso. Quindi, se anche la suora insiste: Là mi troverei meglio e desidero essere religiosa, vada in altri Istituti che non appartengono alla Famiglia Paolina, per non aprire questa strada che dopo porterebbe ad inconvenienti notevoli.
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Siamo al reclutamento delle vocazioni, ora. Abbiate il libro in mano.

Art. 19. Nella Pia Società delle Figlie di San Paolo può essere ammessa qualunque cattolica, che sia idonea a compiere le osservanze della vita religiosa e le opere della Congregazione, che sia mossa da retta intenzione e libera da qualsiasi impedimento stabilito dal diritto comune o dalle presenti Costituzioni.

«Ammessa qualunque cattolica», la quale alle volte, potrebbe essere anche di un rito diverso, ma prima della professione dovrà regolare la sua posizione e abbracciare il rito romano. «Idonea a compiere le osservanze della vita religiosa»: può essere una persona santa e infermiccia, non è idonea alle opere della Congregazione. «Sia mossa da retta intenzione»: questo sì che importa. E bisogna scoprire se davvero si tende a quello che è l'essenziale della vita religiosa, cioè perfezionarsi, santificarsi mediante la perfetta castità, perfetta obbedienza, perfetta povertà.
Alle volte si mette più avanti l'apostolato. No, in primo luogo sei chiamata alla vita religiosa, poi all'apostolato. Quindi, in primo luogo si esige la retta intenzione di perfezionarsi. «Se vuoi essere perfetta lascia tutto, vieni e seguimi» (cf Mt 19,21). E scoprire queste intenzioni perché qualche volta sono queste intenzioni un poco coperte ed è difficile scoprire i sentimenti intimi di una persona. Qualche volta poi si vede chiaro che la intenzione non era retta, perché, fatta la professione, poco dopo mostrano ciò che in realtà pensavano e ciò che volevano. «Libera da qualsiasi impedimento», impedimento che viene dal Diritto canonico o dalle presenti Costituzioni.
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Art. 20. Non possono essere ammesse validamente al noviziato:
1. Quelle che, abbandonata la religione cattolica, aderirono ad una setta acattolica.

Perché si pensa che non abbiano poi stabilità.

2. Quelle che non hanno compiuto quindici anni di età.

Ma noi ne esigiamo di più. E sempre più la Santa Sede inculca di non anticipare; piuttosto un anno di più che non un anno di meno, di quanto dicono le circolari che avete ricevuto.

3. Quelle che entrano in religione indotte da violenza, da grave timore o da inganno; come pure quelle che la Superiora ricevesse indotta allo stesso modo.

Qualche volta può essere che nel reclutare le vocazioni si metta avanti qualche parola che lascia la persona un po' nell'incertezza; come pure quelle che la superiora ricevesse indotta dallo stesso modo.

4. Una coniugata durante il matrimonio.
5. Quelle che sono o furono legate dal vincolo della professione religiosa.

Non possono essere validamente ammesse al noviziato; ci vuole la dispensa.

6. Quelle cui sovrasta qualche pena per un grave delitto commesso, di cui furono o possono venire accusate.
È avvenuto anche un inganno su questo punto, non tra di voi.
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Prima [si] è detto di quelle che non possono essere ammesse validamente, ora quelle che non possono essere ammesse lecitamente.

Art. 21. Non possono essere ammesse lecitamente, sebbene validamente, al noviziato:
1. Quelle che hanno debiti a cui non possono soddisfare.
2. Quelle che devono rendere conto di amministrazioni, o sono implicate in affari secolareschi per cui la religione può temere liti o molestie.
3. Quelle che devono aiutare i parenti, cioè il padre o la madre, il nonno o la nonna che si trovano in grave necessità; così pure una madre la cui opera sia necessaria per sostentare o educare i propri figli.

Quindi molte volte bisogna usare attenzione quando sono figlie uniche.

4. Quelle che appartengono ad un rito orientale senza la licenza scritta della sacra Congregazione per la Chiesa Orientale.

Queste possono far domanda dopo il postulato o anche prima, e regolare la loro posizione.

Art. 22. Dagli impedimenti di cui nei due articoli precedenti, solo la Santa Sede può dispensare.

Riguardo poi alle Figlie, in particolare:

Art. 23. La Pia Società Figlie di San Paolo non accetta, restando pure fermo il prescritto dell'art. 20, n. 4 e 5:
1. Quelle che sono ancora legate dal vincolo matrimoniale.

Perché potrebbe succedere che lui volesse abbracciare anche la vita religiosa, farsi frate, e lei volesse abbracciare la vita religiosa e farsi suora; ma ad evitare confusioni e spiacevoli inconvenienti, si esclude.

2. Quelle che sono o furono professe in altro Istituto.
3. Le vedove.

E, sì, quando una persona non sa formarsi una vita, allora non è buona né per sé né per l'Istituto. Ci vogliono persone decise, ci vogliono persone che a casa [loro] lavoravano, pregavano, avevano una certa energia e hanno condotto una vita buona antecedentemente.

Art. 24. Possono essere ammesse, ma con dispensa data, per causa grave e dopo maturo esame, dalla Superiora generale col consenso del suo Consiglio:
1. Quelle che hanno oltrepassato i 23 anni di età.
2. Quelle che sono state postulanti o novizie in altro Istituto, restando però fermo quanto prescrive l'art. 26.
3. Le illegittime.

Sopra queste cose sono state date delle delucidazioni. Ci sono circostanze diverse nelle [varie] nazioni. E poi occorre anche dire che la Santa Sede sconsiglia in generale - vi sono casi particolari, si capisce - di domandare facilmente dispense, perché quando si comincia con le dispense, poi, fatte suore, si dispensano dall'obbedienza. Eccezioni, motivi, ecc.: perciò le dispense qualche volta si devono chiedere per ragionevole motivo, ma in generale la Santa Sede insiste su questo indirizzo: il meno possibile dispense.
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Informazioni necessarie

Allora per accettare bisogna prima provvedersi le informazioni.

Art. 25. Le postulanti, prima di essere ammesse al noviziato, devono presentare il certificato di Battesimo e di Cresima.

Per l'ammissione di quelle che furono già in altro Istituto in qualità di postulanti o novizie, si richiedono notizie particolari, quali sono scritte nell'art. 26 e 27.

Art. 26. Per l'ammissione di quelle che furono già in altro Istituto, in qualità di postulanti o novizie, si richiedono inoltre lettere testimoniali favorevoli, confermate con giuramento e rilasciate direttamente alle Superiore competenti della Congregazione, dalla Superiora maggiore di quell'Istituto, la quale dovrà dichiarare per quale motivo esse siano state dimesse o siano uscite spontaneamente.
Art. 27. La Superiora non ammetta al noviziato le postulanti se non dopo aver ricevuto informazioni soddisfacenti circa l'indole, i costumi, l'intenzione, lo stato di salute della postulante e dei parenti più prossimi, la condotta, e l'esenzione da ogni impedimento stabilito negli art. 20, 21, 23. A questo fine, restando fermo il prescritto dell'art. 26, può esigere altri attestati che sembrino necessari od opportuni.

L'art. 28 insiste sul segreto sulle informazioni ricevute. E quando si devono dare informazioni, perché richieste, di figliuole che furono già nell'Istituto delle Figlie di San Paolo, queste informazioni si cercherà di darle con precisione, perché anche altri Istituti non rimangano poi delusi.
L'art. 29 insiste che le superiore non ammettano al noviziato una candidata non idonea o senza le richieste testimoniali; e [ciò] è così grave che la superiora può essere punita, non esclusa la privazione dell'ufficio, se operasse contrariamente a quanto dice l'art. 29.

Art. 30. Nella Pia Società delle Figlie di San Paolo non si richiede la dote. Ma le Superiore, per il bene e il decoro della Congregazione, devono cercare che in compenso la postulante abbia tali doti morali, intellettuali e fisiche da far sperare che sarà una suora davvero utile alla Congregazione. Se in qualche caso particolare una postulante, col consenso della Superiora maggiore, volesse costituire la dote, si osservino le prescrizioni canoniche.

Ma, come consiglio, [le Figlie di San Paolo] non costituiscano la dote. E se hanno beni che vogliono lasciare all'Istituto, faranno questa donazione con atto regolare. Vi sono poi le norme che già conoscete. Voglio dire questo perché non si facciano distinzioni e ci siano pretese [in seguito] da chi portò una dote notevole e avesse poi certe esigenze. Esigenze, nessuna.
Ora qualche riflessione su questi articoli.
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Promuovere le vocazioni: impegno di tutte

Chi deve reclutare le vocazioni? Tutte, ognuna. Se c'è l'amore alla Congregazione, allora si ama anche che la Congregazione cresca di persone e di opere. Tutte! Perché quando si lavora per una vocazione, per più vocazioni, si ha più grazia per corrispondere alla propria vocazione. Dio benedice lo zelo per procurare altre vocazioni.
Ancora, perché è un dovere; è l'esempio di Gesù Maestro, il quale prima ancora di iniziare il suo apostolato, il ministero pubblico, si è cercato le vocazioni: e Giovanni, Giacomo, Pietro, Andrea, Bartolomeo (cf Lc 6,14), ecc. Perché le vocazioni sono per continuare l'opera nostra. Noi scompariremo e dobbiamo lasciare dietro di noi il seme, cioè dobbiamo lasciare che il campo produca sempre di più.
Tutte hanno un impegno per le vocazioni, sia con la preghiera: «Pregate il padrone della messe» (Lc 10,2), sia con l'azione, operando sopra figliuole che sono di conoscenza, oppure con l'esempio santo. Vi sono propagandiste così buone, umili, generose, zelanti che dove passano lasciano un ricordo felice. E quante volte avviene che figliuole che le hanno vedute, sono rimaste impressionate ed entra allora nel loro cuore un sentimento, un desiderio di seguirle. Alle volte il primo germe di vocazione viene proprio dall'esempio.
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Mezzi

I mezzi per la ricerca delle vocazioni sono particolarmente di tre specie.
1) In primo luogo le persone dell'Istituto. La suora chiami suore. La novizia chiami novizie. La postulante chiami postulanti. E vuol dire che quando la propaganda [vocazionale] viene fatta dalle suore stesse o dalle novizie o dalle postulanti, queste persone convincono di più, perché, se mostrano che si trovano contente nell'Istituto e contente dell'Istituto, allora facilmente persuadono altre che saranno forse della parentela, della medesima parrocchia o saranno conoscenze che si sono fatte qua e là, anche nella stessa propaganda.
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2) La vocazionista. Qualche volta sembra che sottrarre una suora alla propaganda sia un danno, ma se la si sottrae alla propaganda per attendere alla ricerca, al reclutamento delle vocazioni, non è perduta, anzi è utilizzata al massimo. E che cosa vuol dire questo? Che se ne troverà cinque, mentre essa è una, un giorno saranno cinque [in più] a lavorare. Quindi quell'impegno non è perduto per la propaganda.
Quando si tratta di case piccole, e nazioni che hanno varie case piccole, forse basterà una vocazionista per tutta la nazione. Invece, quando si tratta di case grandi, voglio dire quando la comunità è già numerosa è bene che ci sia una vocazionista per ogni casa. E tutte le altre accompagnino la vocazionista con la preghiera. Sì, dire bene la preghiera per le vocazioni. Veramente, negli Esercizi dei sacerdoti, prima della istruzione delle nove e mezzo al mattino, si diceva sempre la preghiera per le vocazioni.
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3) Servirci dei nostri mezzi. Gli Istituti che hanno le scuole conoscono i figliuoli, le figliuole nella scuola e scoprono quelli che hanno segni di vocazione. E adoperano quindi la scuola come luogo di reclutamento e ambiente di scelta; per noi [vale]: la stampa, il cinema, e dove si parlasse alla radio, la radio.
La stampa: [valorizzare] i periodici e abbondare nei libri vocazionari. Vi è una nostra casa che ha una biblioteca di libri vocazionari, tutti libri scelti sopra l'argomento della vocazione.
Oh, voi avete anche prodotto la pellicola2, che serve a illustrare la vita della Figlia di San Paolo. Ed è riuscita bene questa pellicola, anzi molto bene. E allora abbondantemente distribuirla e darla negli ambienti adatti, particolarmente tra la gioventù femminile dell'Azione Cattolica, nelle scuole e negli oratori femminili, ecc. Ma questo già lo sapete. Ogni Istituto ha dei mezzi propri; e siccome la propaganda per voi è cosa comune e si può dire cosa di ogni casa e di ogni nazione, allora mentre portate la Parola di Dio alle anime, avere sempre in mente di scoprire, se piacerà al Signore, qualche figliuola la quale mostri attitudini alla vita religiosa paolina. Usare i mezzi propri dell'Istituto.
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Attitudini e discernimento

Occorre poi la selezione, e cioè [scegliere] i soggetti migliori per qualità intellettuali, qualità morali, fisiche, carattere buono, e per generosità, pietà, amore al lavoro e alle attività.
Inoltre occorre dire che in questo tempo noi abbiamo l'eredità della guerra che è durata dal 1940 al 1945. E adesso si ha la gioventù che ha subìto molto le conseguenze della guerra: gli spaventi, la cattiva nutrizione, l'ambiente morale che era piuttosto di basso livello, ecc. E quindi restano i residui, le conseguenze della guerra per cui occorre fare una scelta molto diligente.
Sono più numerosi i casi di psicologia che dimostrano la non attitudine alla vita di comunità e alla vita religiosa3. Voi avete assistito a conferenze a questo riguardo, almeno una buona parte di voi; quindi tenere molto conto delle istruzioni che sono state date4.
La Santa Sede poi, per la parte maschile ha emanato delle disposizioni rigorose5: [fare attenzione ai] caratteri anormali, alle cattive eredità [che provengono] alle volte da parenti, non tanto dal padre, dalla madre, quanto piuttosto dai nonni o dalle zie, ecc. Occorre una maggior diligenza [nella scelta].
Poi vedere come stanno [di salute], come vivono in comunità, notando che, per lo più, con la professione non migliorano. Prima stanno un po' compresse, perché sono sottomesse, sorvegliate e perché hanno l'assillo, la preoccupazione di venire ammesse alla vestizione e alla professione, ma dopo, una volta che hanno fatto la professione, si mostrano quali erano dentro, e perciò molti difetti si manifestano in seguito. E allora vedete: professe che si devono trasferire di casa in casa e non trovano mai il loro posto, perché il carattere, le tendenze, i difetti psicologici, ecc. si portano [con sé]; sono ossa fuori posto che soffrono e fan soffrire. D'altra parte qualche volta la Santa Sede risponde: Le avete accettate... adesso sopportatele.
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Dice bene il libro delle Costituzioni: «Non la dote, ma le doti» (cf art. 30). Vedere di elevare la Congregazione; elevarla nello spirito, pietà, apostolato sempre migliore, studio, educazione, e vita umana, vita soprannaturale. Elevare!
Quindi cercare sempre di più coloro che hanno buone doti. E queste doti, si comprende, possono anche venir esaminate. Alle volte avviene che una non riesca gran che nello studio, e invece quanto a propaganda, quanto a bontà si distingue, quanto a pietà si distingue. Vi sono dei difetti per i quali bisogna sicuramente dimettere. Ma quando invece si verifica che quanto a studio meritano appena un sei, ma quanto a spirito meritano otto-nove-dieci; quanto all'apostolato meritano otto-nove-dieci; quanto a vita buona di comunità e di convivenza meritano otto-dieci, si fa la media. Tuttavia, se mancassero sulla castità notevolmente, no: quello è motivo per escludere. Ma quando, invece, c'è la bontà, c'è l'amore all'Istituto, c'è la pietà, c'è il buon carattere, c'è lo zelo per l'apostolato, si fa come una media, come si fa negli studi, perché uno può avere un bellissimo voto di aritmetica e avere un voto, invece, molto basso in altra materia, supponiamo, in latino: e si fa un po' di media. Se di latino non sapesse proprio niente, allora non si può arrivare alla media! Ma in sostanza: in primo luogo le qualità morali e la buona convivenza, il buon carattere, l'amore all'apostolato.
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Un segno di vocazione: amore all'Istituto

Qual è poi il segno ultimo per cui veramente si può pronunciare con tranquillità un giudizio ammettendo al noviziato, ammettendo alla professione prima e poi alla professione perpetua in seguito? Vi è un carattere che è determinante: l'amore all'Istituto. Questo è il carattere fondamentale perché vuol dire che quella persona si trova bene nell'Istituto e le persone dell'Istituto si trovano bene con lei. Ora, bisogna stare in un posto dove una si trovi bene. Non che stia proprio forzata perché, se dovrà sempre navigare contro corrente, alla fine non la dura: o farà una vita un po' infelice o renderà infelici coloro che le stanno attorno. Ma quando una si trova bene, e le persone che sono con lei si trovano bene, si sente che è disposta a far qualsiasi cosa per l'Istituto, lo ama fino al fondo dell'anima, questo è il segno più chiaro di vocazione; questo è determinante nell'ammettere o non ammettere alla professione. Si possono, infatti, avere qualità eccellenti, essere, supponiamo, laureate, essere molto distinte quanto a intelligenza, quanto a organizzare le cose e al modo [di fare] la propaganda; ma [occorre] vedere se amano così l'Istituto da utilizzare tutte le belle qualità per l'Istituto, e attraverso l'Istituto per il Signore.
Avere ottime doti e non utilizzarle per l'Istituto è solo una responsabilità. Perché? Perché peccano. Vivono non utilizzando i loro talenti, non danno all'Istituto quello che devono dare, quindi il dovere sociale non è compiuto. E quante volte poi l'orgoglio le acceca così che si sdegnano di stare con le altre, hanno sempre un comportamento, un trattare che non è gradito e fa soffrire. Non hanno poi chi le ama, ed esse non amano le sorelle. Perciò su questo punto si metta molta attenzione. È il segno determinante questo, se manca questo basta per escluderle.
La Chiesa si distingue perché è una, santa, cattolica, apostolica.6 <Queste sono le sue note che vengono però riassunte tutte in una: romana! Nella romanità è incluso tutto. Così è per le vocazioni: la nota distintiva, determinante è l'amore all'Istituto!
Amare vuol dire: amare le Costituzioni, amare la disciplina, amare l'apostolato, amare le superiore, amare le sorelle, amare le inferiori, amare quella pietà, quello spirito che s'inculca. L'amore all'Istituto comporta tutto questo>.
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* 5. Ariccia, 17 maggio 1961. Reg.: A6/an 109a = ac 178a. Il titolo della registrazione è: “Reclutamento delle vocazioni”.

1 Il termine “riflessi” usato in quel tempo corrisponde a meditazione, riflessione.

2 Si riferisce al cortometraggio: In cammino, iniziato nel 1960. Il lavoro fu affidato a sr. Luigina Borrano fsp che attesta: «Si organizzò una piccola troupe, costituita dal giovane regista Elio Piccon, un operatore, due tecnici. Sr. Luigina, coadiuvata da alcune sorelle, aveva la responsabilità dei contenuti e del lavoro. Uscì, per primo, un mediometraggio: In cammino, in “anscocolor”, nei formati 35/mm e 16/mm e doppiato nelle lingue spagnola e inglese. Poiché le riprese fatte per In cammino furono molto abbondanti, per utilizzare tutto il materiale rimasto si pensò a due altri cortometraggi: Sorelle Universali e Soffio di cielo» (Dalla testimonianza scritta di sr. Luigina Borrano, ArSt, FSP).

3 Cf G. Alberione, Problemi psicologici e neuro-psichiatrici nella formazione, in SP, 2-3 [1960] 1-5.

4 Con probabilità il Fondatore fa riferimento alle conferenze delle giornate di studio, tenute immediatamente dopo gli Esercizi spirituale alle Maestre nel maggio 1960 e in modo particolare alla conferenza di sr. Maria Cecilia Calabresi: Scelta e cura delle vocazioni, in Aiuti Fraterni, 1 [1960] 96-100.

5 Cf Statuti generali annessi alla costituzione apostolica Sedes Sapientiae (7 luglio 1956), art. 33: “Ammissione dei candidati al noviziato”, inAAS XLVIII [1956] 354-365. La normativa è ripresa e commentata in SP, 2-3 [1960] 2.

6 Interruzione della registrazione. La conclusione è ricuperata dalla prima edizione a stampa (cf SdC, p. 49).