Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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31. LE CASE E IL LORO GOVERNO*
Articoli: 484-506

Il Consiglio locale

Per il miglioramento delle case è tanto importante quello che viene detto in seguito, e cioè che nella casa vi sia un Consiglio nel quale le consigliere possono dire il loro pensiero. Il Consiglio sia radunato a tempo opportuno, secondo che prescrivono le Costituzioni.

Art. 484. La Superiora generale col parere del suo Consiglio deve assegnare alla Superiora locale delle case formate, due suore di voti perpetui come consigliere. La Superiora locale convocherà le sue consigliere almeno una volta al mese per trattare assieme delle cose principali che riguardano il governo della casa. Tutto quello di una certa importanza che viene fatto o deciso in tale adunanza, si deve fedelmente riferire alla Superiora maggiore, anche per averne se occorresse, le facoltà necessarie.

Questo è lo spirito della vita religiosa: mettere insieme tutte le forze, il che vuol dire non mettere solamente insieme il lavoro, ma mettere insieme le preghiere vicendevoli, i pareri, affinché si comprenda meglio quello che è utile, quello che è da farsi. E poi tutte collaborare con chi guida la casa; ma si collabora più facilmente quando la maestra ascolta anche i pensieri, i sentimenti, le osservazioni, i consigli. Ci vuole umiltà. Diversamente [la superiora] potrebbe essere lasciata come sola, e condurre poi una vita un po' amara e il progresso nella casa stessa sarà minore.
Quando è assente la superiora (cf art. 485) farà le veci colei che è designata [come] vicaria dal Consiglio generalizio; e quando la casa non è formata, [ci sia] almeno una consigliera che sia di aiuto e serva da vicaria (cf art. 486).
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L'economa

[L'articolo 487 dice che in ogni casa] ci deve essere l'economa. Se le case sono piccole, quest'ufficio può anche concentrarlo in sé la superiora; se le case sono un po' grandi, occorre che vi sia una economa.

Art. 488. Per le spese da farsi, la Superiora locale osservi quanto verrà prescritto dalla Superiora generale col suo Consiglio, oppure dal Capitolo generale, a norma dell'art. 368.

Di questo già abbiamo detto. Occorre che si osservi la povertà religiosa, sebbene sempre con decoro. L'economa provveda con semplicità e moderazione ai bisogni della casa. Ogni mese presenti i suoi conti e, se è necessario, anche quando deve fare le spese, domandi consiglio, per ogni cosa che importa un gravame alla casa. Ogni semestre, o più spesso se ne fosse richiesta, deve rendere conto della sua amministrazione alla Superiora maggiore, quindi alla Provinciale (cf art. 489).
Questo è necessario specialmente quando si fanno spese un po' eccezionali, un po' particolari. L'economa procuri di tenere sempre aggiornato l'inventario (cf art. 490). Al fondo del resoconto semestrale o annuale, sempre fare il confronto con l'anno antecedente e mettere una nota: Abbiamo progredito di tanto o abbiamo invece, regredito, cioè siamo andate indietro di tanto.
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Certamente in ogni casa si segue quello che viene detto agli articoli 492 e 493 e cioè la cura della cappella. Per la cappella vi può essere qualche [cosa] migliore e [si può provvedere con] più generosità nelle cose di Dio; tuttavia quando i paramentali sono già decorosi, vi è anche lì l'osservanza della moderazione. Questo è ragionevole.
D'altra parte, la cura della lampada, la cura della chiave del tabernacolo, e poi la cura che chi viene a celebrare sia conosciuto, sono tutte cose che si osservano. Per sacerdoti sconosciuti, sprovvisti della licenza dell'Ordinario, non si può permettere la celebrazione.
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Obblighi delle superiore

Quanto agli obblighi: provvedere al bene delle persone, alle opere, all'apostolato (cf art. 494). Quanto alle persone: ci sia l'osservanza, ci sia la pietà, ci sia la salute, per quanto è possibile, e cioè si abbia cura della salute. Scogli sarebbero la parzialità, e cioè ascoltare troppo qualcuna oppure considerare altre meno di quel che meritano di essere valutate (cf art. 495). Del resto le umiliazioni in gran parte non costruiscono. Invece si pensi che l'incoraggiamento giova sempre, anche se si devono fare delle osservazioni. E se c'è bisogno di umiliare la persona che può aver mancato, l'ultima parola sia di speranza, di fiducia: Preghi, s'impegni.
E quando si tratta di cose importanti, mai la durezza, ma la fermezza dolce (cf art. 496), sì. Bisogna considerare sempre che in primo luogo si è suore; [l'essere] superiora è un ufficio accessorio. Prima, quindi, ci sia l'amore di sorella. Prima ragione è di essere religiose, quindi sorelle.
Esigere troppo non giova. Ma anche il permettere troppo facilmente perdite di tempo, non solo è di danno per l'apostolato, ma anche per lo spirito, perché quando non si impegnano le forze, la mente, la volontà, il cuore nell'amore delle cose che riguardano la vita religiosa o che riguardano l'apostolato, entrano altre tentazioni. E quindi i pericoli si moltiplicano. È già stato detto, che la superiora sia presente agli atti comuni e compia «una vigilanza sincera e materna»: prevenire è impedire il male; in generale prevenirlo (cf art. 498).
Anche nel disporre delle suore per i vari uffici, ci vuole una libertà ragionevole così da sviluppare la personalità; libertà ragionevole specialmente quando si tratta di suore che sono già piuttosto anziane. Occorre però anche che non si abusi di quella libertà. Si concedano pure i sollievi giusti, ragionevoli; ma le ricreazioni siano sempre ricreazioni da suore. E che il sollievo giovi allo spirito e al corpo (cf art. 499).
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Se in una casa, dice l'articolo 500, vi sono suore di voti temporanei, a queste va la maggior cura. E siccome sono anche come in esperimento, [ossia] se osservano la vita religiosa, allora [c'è] l'obbligo di riferire alla Superiora generale perché sia al corrente delle cose, e possa col suo Consiglio decidere se si può concedere l'ammissione ai voti, ai voti perpetui, oppure non si può concedere. E qualche volta forse bisognerà anche che qualcuna sia fermata prima di emettere [la professione perpetua] o di rinnovare i voti temporanei.
Le conferenze mensili sono molto utili; però si presentino le cose sempre in maniera conveniente, in modo da non disgustare e nello stesso tempo dire le cose con chiarezza.
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Ci vuole sempre attenzione alle circostanze di tempo, di luogo, di ambiente, ecc., ma deve esserci la sostanza della vita religiosa. Non importa che una sia in una nazione o in un'altra, che in una nazione vi siano certi usi o altri usi; in sostanza, quello che è necessario dev'essere praticato ovunque; quello invece che è particolare del luogo, occorre che sia considerato. Tutti devono parlar bene, ma in un posto parlano francese, in un altro parlano giapponese e in un altro... E quindi, come andando in un posto, bisogna adattarsi al linguaggio, così bisognerà adattarsi a certi usi. La sostanza però sia sempre uguale, cioè: la vita paolina ben vissuta nelle «circostanze - dice [l'articolo 502] - di tempo, di luogo, di ambiente» e di persone.
E poi il libro delle Costituzioni, all'articolo 503, vuole «che la Superiora sia veramente pia, istruita, di idee larghe, e di mente aperta all'apostolato», «madre e maestra» insieme, «premurosa, comprensiva, attiva»; che sia l'anima di tutto, senza voler far tutto, e sia una «consigliera prudente e pia». E poi essa stessa sempre illumini, assista, incoraggi.
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Le suore considerino la maestra come colei che rappresenta il Signore per guidarle per la via della santità e nell'apostolato. E la superiora consideri il suo ufficio come quello di maestra, ma maestra completa, non insegnante. L'insegnare è una parte dell'ufficio di maestra, ma occorre insieme dare buon esempio e avviare per la via della santità e dell'apostolato e ottenere le grazie perché tutte abbiano forza, sostegno.
Poi vedere che non vi siano attaccamenti e preferenze, né attaccamenti da parte delle suore né da parte della superiora; e d'altra parte suore che siano rette. Non si introduca l'abitudine della spia, lo spionaggio non lo si permetta; si sia piuttosto rigorose con chi viene a parlare dei difetti altrui. Fermezza ci vuole in questo caso! Quando vi è mancanza di carità, è proprio il caso di adoperare la fermezza. Tanto più che spesso procede da invidia, oppure chi osserva le altre e le accusa, molte volte ha il difetto che accusa e rileva nelle altre.
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Vi è poi [all'articolo 505] un obbligo chiaro: la superiora stia a casa, cioè deve «dimorare nella casa a cui presiede». Quel facilmente allontanarsi produce lo slegamento delle persone che sono in casa.
L'ultimo articolo parla delle dispense.

Art. 506. La Superiora locale può dispensare le suore individualmente, e non l'intera comunità, da qualche prescrizione delle Costituzioni, in materia minore puramente disciplinare, per breve tempo tuttavia, e per ragioni serie. Ricordino però le Superiore che non hanno alcun potere di dispensare dall'osservanza di quegli articoli delle Costituzioni che riferiscono la legge ecclesiastica comune.

Per esempio, un giorno dispensa dalla lettura a tavola perché è venuta, supponiamo, una superiora maggiore a far visita.
Allora, tutte congiunte per il fine comune, cioè la santificazione e l'apostolato. Allora si sta bene. In certe case vi è proprio sempre come il sorriso; là si vede una serenità in tutte; si sente che c'è veramente un ambiente paolino, cordiale, di mutua intesa, compatimento, di aiuto vicendevole e costante. Lì abita il Signore e le suore abitano col Signore. Una casa veramente di vita religiosa è una grande grazia in un paese, in una diocesi, se si tratta di casa dove la vita religiosa è ben vissuta e molto si prega e si opera.
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* 31. Ariccia, 30 maggio 1961. Reg.: A6/an 121b = ac 191a. Il titolo della registrazione è: “Le case e il loro governo (seconda parte)”.