TEMI PARTICOLARI
38. I COOPERATORI.
VALORE DELL'OSSERVANZAPAOLINA*
IDENTITÀ DEL COOPERATORE
Vi è un punto da chiarire, e riguarda i cooperatori. Chi sono realmente i cooperatori? Sono coloro che compiono due uffici, due lavori realmente: 1) imitazione della vita religiosa secondo il loro stato, perciò essere i migliori cristiani; 2) dare aiuto alla Famiglia Paolina o con la preghiera, o con le opere, oppure con la beneficenza secondo i casi. Possono aiutare la Congregazione con le opere: ad esempio, il confessore è un grande cooperatore; chi aiuta le suore nella propaganda o le ospita o le accompagna, oppure fa altri servizi, supponiamo, le porta sul luogo con la macchina, è cooperatore.
Cooperatori principali [sono] i genitori che ci mandano le vocazioni, danno all'Istituto un po' del loro sangue; cooperatori [sono] i parroci che le avviano, le sostengono, le consigliano; cooperatore [è] chi presta un servizio gratuitamente o di consiglio o di azione, supponiamo, il medico che si presta gratuitamente a servire la comunità.
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Impegni del cooperatore
Il primo impegno è l'imitazione della vita paolina secondo il loro stato. Non hanno il voto di povertà, ma [devono] vivere col cuore distaccato dalle cose, secondo Gesù Cristo, secondo il Vangelo. Quindi, ad esempio, non peccati contro la giustizia; non una febbrile tensione verso gli averi così da essere disturbati, oppure lavoro di festa, ecc. La castità secondo il loro stato: osserveranno la castità non religiosa, ma la castità coniugale, ad esempio, e se non sono uniti in matrimonio la castità secondo la loro condizione. Imitare l'obbedienza: alle leggi della Chiesa, alle leggi del Vangelo, alle leggi varie che sono per il buon ordine della società.
Diventare quindi i migliori cristiani ed imitare la vita paolina. Non andranno alla comunione tutti i giorni, ma forse una volta alla settimana, la domenica, una volta al mese. Non faranno la meditazione in forma come in religione, ma [coltiveranno] dei buoni pensieri, buone letture, il ricordo dei novissimi, specialmente frequenteranno la predica nella parrocchia.
E non diranno il rosario intiero, e forse neppure tutti i giorni, ma solo una terza parte. E così riguardo a tutte le altre pratiche [di pietà]; faranno il loro esame di coscienza; poi cercheranno in famiglia di vivere cristianamente. E quindi anche l'osservanza della liturgia in famiglia: c'è una liturgia per la famiglia, praticarla. In sostanza, i cooperatori hanno come primo ufficio di imitare la vita religiosa secondo il loro stato. Può essere che possano solo offrire le sofferenze, i dispiaceri per ottenere le grazie alla vita religiosa paolina.
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Il secondo [impegno: dare un] contributo. Il contributo può essere di preghiera, può essere che certi malati offrano le loro sofferenze per il progresso dell'Istituto; [contributo] con le offerte nella maniera che già abbiamo ricordato; con la cooperazione di opere: supponiamo che tengano una biblioteca, aiutino per la raccolta degli abbonamenti, contribuiscano a rendere più devota la chiesa, la cappella che c'è in casa, facciano dei servizi vari secondo le necessità.
Si confonde talvolta1 il senso vero del cooperatore con l'offerta per aderire all'Opera delle Messe2. Tutti i cooperatori aderiscono all'Opera delle Messe, anche se non danno l'offerta delle mille lire: forse daranno le loro sofferenze, forse vi manderanno una vocazione, ecc., siano o non siano scritti nel registro. Certo, tutti quelli che hanno dato l'offerta per l'adesione alle Messe, questi bisogna che risultino nei registri, ma per gli altri, l'intenzione dipende sempre da chi è a capo e dirige l'Opera delle due mila quattrocento Messe, e l'intenzione è proprio questa: vera cooperazione, nel senso giusto.
Quale dev'essere lo spirito di un cooperatore salesiano? Quello di don Bosco: che ami la gioventù; e quindi cerchi di educare bene i figli se è un padre di famiglia e cerchi di promuovere i catechismi, di aiutare nelle parrocchie, ecc., e [tutte] le altre opere che sono in ordine all'educazione dei giovani. E così per noi che abbiano questo spirito, queste due cose: imitazione della vita paolina di pietà e di apostolato e contribuiscano con preghiere, offerte o attività.
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Organizzazione dei Cooperatori
Ora, nel resoconto che mi avete dato sui lavori, sui compiti3, [è detto]: Per l'organizzazione dei cooperatori:
1) «Scrivere alle nostre case dicendo loro di mandare [gli] indirizzi delle persone già interessate, precisando le categorie e le eventuali possibilità». Questo è facile, dato che vi muovete in molte direzioni, in propaganda.
2) «Preparare un raduno regionale per un primo accostamento personale, dividendoli per categorie», cioè secondo il modo con cui possono contribuire, ma non insistere sempre prima sopra la contribuzione di preghiere, di azione, di offerte, ma sullo spirito4. Perché c'è il cooperatore giuseppino, il cooperatore paolino, il cooperatore salesiano, i cooperatori sostituiscono i terz'ordini e hanno lo stesso spirito, com'è il terz'ordine di san Francesco d'Assisi, il terz'ordine domenicano e ve ne sono parecchi altri. Ora questi terz'ordini nei tempi presenti non portano più tale nome, ma hanno preso generalmente il titolo di cooperatori.
3) «Organizzare a Roma un ufficio centrale con una suora che li segua per corrispondenza, selezionandoli e aiutandoli nel loro lavoro». Primo, nello spirito!
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«Per formarli allo spirito paolino si potrebbe invitarli periodicamente a qualche giornata di ritiro e agli Esercizi, assistiti da un sacerdote». Un mese fa circa, abbiamo fatto qui il corso degli Esercizi per i cooperatori5; un altro corso si farà di nuovo in autunno, perché non tutti i cooperatori hanno sempre il tempo libero. Molti sono operai, sono maestri di scuola, e altri [hanno] impegni che non possono sempre lasciare da parte in certi tempi.
«Dare loro Il Manuale del Cooperatore Paolino6, e spedire loro il bollettino dei cooperatori che dovrebbe avere qualche pagina indirizzata particolarmente a loro». Quanto al Manuale del cooperatore Paolino è pronto da tempo, da anni; e quanto a lasciare qualche pagina [sul bollettino] indirizzata particolarmente a loro, questo già c'è e si fa continuamente; però è sempre utile mettere avanti e far loro considerare che cosa fa la Famiglia Paolina affinché sentano che possono contribuire in qualche maniera al bene che essa ha da compiere secondo la sua missione.
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VALORE DELL'OSSERVANZA PAOLINA
Quattro manifestazioni del volere di Dio
Abbiamo letto così, un po' superficialmente, le Costituzioni, data la brevità del tempo.
Venendo ora alla conclusione: nella Congregazione vi sono quattro elementi7 che ci immettono nella volontà di Dio, e quanto più questi sono osservati, tanto più si arriverà alla perfezione della vita religiosa.
1) Le Costituzioni. La loro obbligatorietà l'abbiamo considerata subito in principio, prendendo in esame l'ultimo capitolo.
2) Il Direttorio. Il Direttorio è l'interpretazione pratica degli articoli principali [delle Costituzioni], e l'applicazione pratica a articoli e disposizioni che occorre considerare nella loro realtà, e nelle circostanze di luogo e di tempo. Il Direttorio8 che adesso si sta poco per volta preparando, serve a meglio indirizzare e a far capire quale sia il fine principale dell'Istituto e come si persegue, e il secondo fine dell'Istituto e come si persegue. E queste adunate così importanti cui prendete parte adesso, servono anche per formulare definitivamente il Direttorio, che già aveva preparato in qualche maniera il Maestro Giaccardo9; però la Congregazione da allora si è sempre più sviluppata e quindi vi è bisogno di introdurre altre cose.
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3) I precetti che vengono dati dalle superiore. Una è mandata in una casa, supponiamo, a una è assegnato un ufficio, ad un'altra invece è affidato un compito di margine, secondo le necessità della Congregazione. Lì interviene l'impegno e il merito dell'obbedienza: l'obbedienza come dovere nei limiti che si sono letti, e l'obbedienza come merito-virtù, sempre.
4) I consigli che si danno o in generale per vivere meglio la vita paolina o in particolare per qualche ragione. Tuttavia consigli si devono sempre apprezzare e considerare con riverenza e rispetto, e applicarli in quanto si può, perché hanno sempre il fine di portarci all'osservanza religiosa.
Faccio un esempio che non so neppure se si debba mettere nell'elenco dei consigli o nell'elenco dei precetti, ma entra certamente in uno di questi punti: se a fare il catechismo viene un sacerdote, il catechismo si faccia in chiesa non in una sala mettendosi magari attorno alla tavola del refettorio, no. Il sacerdote entra in chiesa, le suore sono già in chiesa, sentono il catechismo e il sacerdote torna a casa sua, in modo che non si presti tanto facilmente occasione sia a incontrarsi e discorrere e sia anche a familiarizzare nel corso stesso della lezione. Ci vuole sempre una certa distanza morale, si capisce, non parliamo di distanza di luogo. E questo si osservi perché è utile. L'avete sentito questo consiglio?
Così consiglio di (anche qui non so se elencarlo precisamente soltanto nella categoria dei consigli o già nella categoria degli insegnamenti che sono segnati nel Direttorio) meditare cose nostre, non andare in cerca facilmente di libri rari, eccezionali, nuovi perché ne hanno fatto una grande reclame10. In primo luogo: cose nostre. In secondo luogo: libri che sono scritti da Santi, come sant'Alfonso11, san Francesco di Sales12, se volete, san Giuseppe Cafasso13, ecc.
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I novissimi
L'altro, che non è certamente da mettersi nell'elenco dei consigli, ma è da mettersi nella categoria delle norme del Direttorio e anche dei precetti: ogni anno fermarsi su tutti i novissimi e meditarli.
Siamo in un tempo in cui per togliere il soprannaturale, si comincia a togliere le ultime cose. Buono il libro che è uscito: Le ultime realtà14;parla della morte, del giudizio particolare, del giudizio universale, della risurrezione finale, del paradiso, del purgatorio, dell'inferno, dell'eternità, del premio, del castigo. Questi bisogna sempre meditarli, almeno un mese all'anno bisogna fermarsi lì sopra. E nel noviziato [ci si fermi] un tempo più lungo, perché la vita religiosa è una vita che ha dei sacrifici senz'altro e molti; e richiede rinunce: rinuncia alla famiglia, a certe soddisfazioni, a certi sollievi; e poi rinuncia alla volontà, agli appetiti sensuali; e rinuncia agli attaccamenti e alle cose della terra, all'ambizione, ecc. Ma se si domanda sempre rinuncia e non si domanda se c'è un premio, se si guadagna di più rinunziando, allora sì che si resta attaccati alla propria vocazione!
Perché vi siete fatte religiose? Per un maggior bene, non per un capriccio, per l'ambizione di portare l'abito scuro, nero, o per l'ambizione di sottomettersi a un'obbedienza che ci castiga da mattina alla sera, che castiga la nostra volontà, i nostri capricci, ci tiene a freno.
Ma allora, [non] c'è niente da guadagnare? Perché noi siamo pronti a pagare, supponiamo, per comprare un libro, perché? Perché crediamo che quel libro ci sia più di vantaggio che quei soldi che abbiamo nel portamonete, e allora rinunciamo ai soldi per avere quel libro. Se rinunciamo [a tante cose], è per un bene maggiore: il paradiso! Se questo è sempre fisso nella mente: le ultime realtà; se sono sempre fissi nella mente i novissimi, ci stiamo attaccati, e quanto più si va avanti, tanto più si è attaccati alla vita religiosa.
Non si vuole parlare dei novissimi [oggi,] perché dicono che non sono più moderni, come se non si morisse più adesso, eh! Questa sarebbe una modernità proprio straordinaria15.
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Ora si vuole dire16: Vieni e seguimi, perché abbiamo una bella casa, perché facciamo questo apostolato, perché farai degli studi, ecc. Ma cosa se ne fanno di questi motivi umani? Perché avrai sicuro il premio eterno! E dire chiaro: «Se vuoi venire dietro di me, rinnega te stesso, prendi la tua croce e seguimi» (cf Mt 16, 24). E san Pietro si è un po' scoraggiato perché quel giovane ricco all'invito di Gesù si era ritirato, [e chiede]: «Maestro ti abbiamo seguito, abbiamo lasciato tutto, e cosa ci darai adesso?» (cf Mt 19, 27). Che cosa aveva poi? Aveva lasciato qualche barca rotta.
Ecco a cosa mira l'uomo, cosa cerca: il compenso. E Gesù: «Voi che avete lasciato tutto e mi avete seguito, riceverete il centuplo, possederete la vita eterna» (cf Mt 19,29). Ecco come bisogna invitare, e stabilire la vocazione su una base ferma, sopra la pietra, sopra le verità fondamentali che sono le ultime realtà. C'è un Dio che ci ha creato, c'è un Dio che ci giudicherà, c'è un Dio che dev'essere il nostro premio: questo è la base. E la via è andare presso a Gesù Cristo. E allora: venuti da Dio, facciamo il nostro cammino e andiamo al Padre celeste. Eterno il premio!
Confrontare i beni che ci promette il mondo con i beni che ci dà Gesù Cristo; cosa sceglieremo? Ma se la vocazione non è fondata così, domani si presenta una lusinga da una parte, aprono una finestra per guardare cosa si fa fuori; che cosa avviene… E cominciano i dubbi, magari dopo che hanno solennemente fatto la professione coram testibus17 e testi sono gli angeli del cielo e sono le persone che hanno assistito e che hanno accompagnato per la professione.
Almeno tutti gli anni per un mese [meditare i novissimi]. Si toglie il valore soprannaturale della vita e tutto crolla. Come può reggere la vita religiosa? Bisogna andare tutti a casa allora, se non si pensa che si fa un grosso guadagno, che mettiamo a buon profitto i nostri talenti, che mettiamo i nostri denari, diciamo, i talenti a un interesse sommo, divino. Eterno premio!
Non so se tutto questo sta propriamente al Direttorio o ai precetti: certo c'è dell'uno e dell'altro.
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Osservanza
Considerando allora che sono quattro le manifestazioni del volere di Dio nella vita religiosa: osservanza! Perché osservanza?
In primo luogo perché è volontà di Dio, non la nostra. E seguire il Signore non è più saggio che seguire i desideri della carne, i suggerimenti del diavolo, le tendenze mondane? Dio è la stessa sapienza, Dio è la stessa carità. Egli ci ama immensamente, più di quanto noi amiamo noi stessi. Non c'è consiglio contro Dio, cioè in nessuno ci può essere sapienza più che in Dio. E non c'è maggior bene che noi possiamo sperare che quello che ci dà, che ci offre il Signore.
L'osservanza poi è la via sicura. Vogliono cercare dei mezzi, dei metodi, delle altre cose? La santa obbedienza è via sicura! Non c'è illusione. Lì non vi è chi tira di qua o chi tira di là. «Nemo venit ad me, nisi Pater meus traxerit eum»18 (Gv 6,44). Lasciamoci attirare da Dio e dal suo volere, dalla promessa del suo premio: «Ut digni efficiamur promissionibus Christi: che diventiamo degni di quanto Gesù Cristo ci ha promesso». Via sicura! Non c'è molto da discutere, è già scelta la via; si è scelta con la vocazione, con il noviziato, con le professioni, basta. Avanti!
È semplice la via. Sembra tanto difficile, ma nella comunità, i comandi uno per uno non sono pesanti. E se qualcosa ci può sembrare un po' pesante, è perché abbiamo ancora qualche attaccamento, altrimenti... Bisogna distaccare un po' il cuore, ma è semplice fare quel che vuole il Signore giorno per giorno, momento per momento. Che grande difficoltà c'è? Si richiedono forse in Congregazione dei sacrifici enormi, delle penitenze gravi, delle preghiere straordinarie, ecc.? E quindi è semplice per la santità e per l'apostolato. L'apostolato è quello che è designato [nelle Costituzioni], non andiamo a cercare altro. Penetriamo quello che abbiamo e seguiamo quello.
Vi sono due bei libri: Il culto della regola, e Il culto dei voti19. Sono due libri fondamentali. Ora le cose sono presentate anche sotto altri aspetti e qualche volta in modo magari più attraente, ma la sostanza è quella: il culto della regola, amare la regola, seguirla nei suoi vari articoli, quanti essi possono essere; il culto: vuol dire amore, devozione, attaccamento perseverante dei voti. Vero culto!
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Vi sono poi talvolta anche le piccole inosservanze. E allora dato che quasi tutte voi avete degli uffici di responsabilità, zelare l'osservanza. Che ognuna sia osservante. E avvertire, richiamare. Certamente che alle volte si viene un poco a contristare qualche persona, si viene a sentire delle reazioni che non sono piacevoli; e vedere anche che vi sono delle persone le quali, come se non avessero sentito, continuano per la loro strada senza curarsi di quello che vien detto, ripetuto sotto varie forme, tante volte.
Le piccole inosservanze, trasgressioni in sostanza, sono quelle che rendono la vita religiosa piena di inquietudini, perché si vorrebbe sempre qualcosa che accontenti, mentre è proprio il contrario. La vita religiosa: «Abneget semetipsum»20 (Mt 16,24), richiede la mortificazione; e quando ci mortifichiamo allora diventiamo contenti. Ma se [non] vogliamo essere disturbati delle disposizioni perché sono contrarie al nostro gusto, alle nostre tendenze, [vengono le] inquietitudini. «Religiosus negligens et taepidus unde quaque patitur angustias»21. Si è sempre inquieti allora; c'è sempre da lamentare; e queste critiche che smantellano la vita religiosa, non si sa poi come si riflettono nell'eternità, al giudizio di Dio. Smantellano lo spirito! Quando si sente dire di una cosa: Questo perché fu comandato, perché quella disposizione e perché quell'ufficio è venuto proprio addosso a me, e perché le altre non fanno questo, non fanno quello... La vita religiosa, cioè spirituale, della suora viene a smantellarsi. C'è quella bella vita semplice, lieta, premurosa e attiva, c'è o non c'è? Non c'è. «Unde quaque patitur angustias», si comincia a lamentarsi del campanello del mattino e si va a lamentarsi di altre cose fino alla sera per andare al riposo.
Almeno, almeno dopo cena non si diano pellicole o altre cose, divertimenti e neppure accademie.
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Lo spirito di quella suora [inquieta ]: non c'è più una bella Madonna22, ma c'è solo un fusto, un fuso vorrei dire. Non è una bella immagine della Madonna, quella suora non vive la vita di Maria che è la prima religiosa. C'è ancora un resto, quasi disprezzabile, perché non si sa alle volte se sia religiosa o semplice cristiana; e qualche volta se è ancora veramente cristiana perché pensa male dell'una e dell'altra; [non ha] nessun rispetto per chi deve guidare, giudica per diritto e per traverso, [ha] pensieri strani e desideri mondani, ecc. Ma cosa c'è ancora [di religiosa] lì dentro? Qualche volta si manca ai doveri naturali, non solo a quelli cristiani: la sincerità, desideri, non si accettano gli uffici... Povera vita [religiosa] allora!
E la Congregazione tutta ne soffre perché con queste continue inosservanze in una casa c'è un certo disordine, un malcontento. Non si sa come definirlo, ma avviene come in una casa trascurata: e comincia ad essere trascurato il tetto perché piove [dentro]; poi è trascurata la pulizia, l'ordine, è trascurato un po' tutto... Quella casa non è più accogliente. Mentre, alle volte, una casa anche povera è accogliente, perché c'è l'ordine, c'è la persona [attenta].
Avevo chiesto una volta informazioni su una famiglia a un parroco che proponeva un ragazzo: Guardi, in quella casa tutti lavorano. Sono poveri, ma vedesse quella mamma come tiene ordinati i bambini! Aggiusta le pezze, tolte da uno [le mette] all'altro. Li vede arrivare in chiesa quei bambini - si sa che sono di una famiglia povera perché molto numerosa - ma ordinati, puliti, rispettosi in chiesa. L'accetti, l'accetti. E ha fatto un'ottima riuscita.
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La vita religiosa è fatta di piccole cose, di piccole osservanze prese una per una. Allora guardare alle piccole mancanze e guardare alle piccole osservanze, quanti meriti in continuità! Santa Teresina scriveva in qualche sua lettera: Veda superiora, veda madre, io non sono buona a fare dei grandi atti di virtù, ma queste piccole cose23. Piccoli atti di virtù!
Accenno a qualche altra cosa. Ho già accennato di moderare le spese ambiziose per abbellire la casa perché deve essere sempre secondo lo spirito religioso.
Vi è qualche suora che è molto osservante, ma vi è poi qualche occasione, qualche notizia, per cui trova sempre il modo di andare, quasi ogni anno, e qualche volta più di una volta nell'anno, in famiglia. Questo attaccamento è sregolato.
È stato stabilito che le pellicole da proiettarsi nelle case, alle persone nostre sono quelle segnate nell'elenco e si possono dare soltanto con quella periodicità che è stata stabilita dalle vostre circolari.
Mi sembra che bisogna vigilare sulle letture perché [le religiose] hanno fatto il voto di castità, quindi di chiudere l'occhio al mondo; e poi vanno a leggere romanzi che sono appena appena da darsi in mano a persone già adulte! E poi: Dove sei andata a leggere?. In magazzino... Ho trovato il tempo... di notte..., ecc..
I libri del Dufoyer24 non sono fatti per la suora. Voi avete da istruirvi nelle cose religiose, ascetiche, liturgiche, catechistiche, [nelle cose di] apostolato, ecc., non da guardare la vita di coloro che davanti a Dio devono compiere i loro doveri ordinati alla famiglia, a formarsi una famiglia, ed educarla bene, spiritualmente e sotto tutti gli aspetti.
Poi simpatie e antipatie in comunità. Qualche volta risultano freddezze e preferenze dell'una o con l'altra.
Riassumo tutto in una parola: la Prima Maestra è illuminata da25 [Dio]...
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* 38. Ariccia, 3 giugno 1961. Reg.: A6/an 124a = ac 194b. Il titolo della registrazione è: “I Cooperatori. Per una esatta osservanza”.
1 La voce dice: «allora».
2 Presso la Società San Paolo è istituita, fin dal 1922, l'Opera delle Messe Perpetue, celebrate ogni anno dai sacerdoti della Società San Paolo per tutti i cooperatori paolini e gli altri iscritti vivi e defunti. Tale Opera è stata voluta da Don Alberione come segno di riconoscenza verso tutti coloro che aiutano gli apostolati della Famiglia Paolina.
3 Legge il testo del “compito” dato alle esercitanti, commenta e dà risposte. Sono riportate tra virgolette le frasi che chiaramente vengono lette. Purtroppo il testo scritto non è stato reperito.
4 Rimarca la voce.
5 Il corso fu tenuto ad Ariccia dal 28 aprile al tre maggio 1961 (CP, 5 [1961] 2).
6 J.M.J.P., Il Manuale del Cooperatore Paolino, Pia Società San Paolo per l'Apostolato Stampa, Alba 1943. L'introduzione presenta l'apostolato paolino e le devozioni principali della FP. La prima parte dal titolo: L'anima dell'apostolato stampa, presenta il regolamento per la diffusione del Vangelo; le varie forme di cooperazione. La terza parte riporta le Preghiere della Pia Società San Paolo. Le altre parti comprendono preghiere varie.
7 La voce dice: «cose».
8 Proprio in concomitanza di questi Esercizi straordinari si stava preparando il Direttorio sulle Costituzioni del 1953. È interessante la testimonianza di Maestra Ignazia Balla che risale al 1963 o all'inizio del 1964, quando Maestra Tecla era già gravemente inferma: «Un giorno mentre [la Prima Maestra] sta seduta alla scrivania chiama M. Nazarena. Trae fuori da un cassetto un grosso fascicolo di fogli dattilografati, lo porge a Maestra Nazarena, aggiungendo al gesto e a quel suo sguardo eloquente queste sole parole: “Prendilo, tanto io…”. Era il Direttorio, commento alle Costituzioni delle Figlie di San Paolo che Maestra Nazarena aveva da qualche tempo preparato e consegnato alla Prima Maestra per la revisione» (I. Balla, Il tuo volto, Signore, io cerco. Profilo di suor Nazarena Morando, Roma 1995, p. 56). Di questo Direttorio esistono in archivio due esemplari: uno dattiloscritto e l'altro ciclostilato (cf ArSt FSP).
9 Don Timoteo Giaccardo ha redatto il Direttorio per la SSP nel 1947 (cf G.T. Giaccardo, Direttorio. “Il libro di una filiale memoria”. Pagine scelte, a cura del Centro di Spiritualità Paolina, Roma 2000). Contemporaneamente le Figlie di San Paolo, a partire dall'ottobre 1947 pubblicavano a puntate sulla circolare interna un commento alle loro Costituzioni del 1943, che Don Alberione pure commentò nel 1948 durante un corso di Esercizi (cf FSP48, pp. 531-587).
10 Corrisponde a pubblicità.
11 Tra i libri di sant'Alfonso Maria de' Liguori consigliati da don Alberione: Apparecchio alla morte, La via della salute, Del gran mezzo della preghiera, Pratica di amare Gesù Cristo, Le glorie di Maria, ecc.
12 Tra i libri di san Francesco di Sales sempre consigliati: Filotea, Teotimo o Trattato dell'amore di Dio, Trattenimenti spirituali.
13 Tra i libri di san Giuseppe Cafasso raccomandati vi è: Esercizi spirituali al clero.
14 M. Schmaus, Le ultime realtà, Edizioni Paoline, Roma 1960.
15 Tono ironico.
16 La voce dice: «ora vogliono dire».
17 «Davanti a testimoni». La voce dice: «coram testis», ma la preposizione coram richiede l'ablativo.
18 «Nessuno viene a me, se non lo attira il Padre mio».
19 L. Colin, Culto della Regola; Culto dei voti, Padri Redentoristi, Roma 1957
4 .
20 «Rinneghi se stesso».
21 Cf Imitazione di Cristo, I, XXV, 3: «Il religioso negligente e tiepido ovunque soffre pene». Don Alberione cita liberamente anche il testo latino. L'espressione testuale è: «Religiosus negligens et tepidus habet tribulationem super tribulationem et ex omni parte patitur angustiam».
22 Spesso don Alberione ricorreva a questa immagine: la suora deve essere come la Madonna.
23 Cf Santa Teresa di Gesù Bambino, Opere complete, Ed Vaticana-OCD, Roma 1997, p. 195: «Mi impegnavo soprattutto a praticare le piccole virtù, non avendo l'attitudine a praticare le cose grandi».
24 Si tratta dei volumi delle collane “La Famiglia” e “Problemi educativi e coniugali”, editi dalle Edizioni Paoline.
25 A questo punto la registrazione s'interrompe lasciando il pensiero sospeso.