Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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10. IL LAVORO SPIRITUALE*

Oggi gli articoli [da considerare] sarebbero questi: dall'art. 87 all'art. 129. Questi articoli riguardano: la professione religiosa e il suo valore, la perseveranza, le uscite e le dimissioni.
A questo punto però, forse, è utile parlare del lavoro spirituale. Vi è lo studio, vi è l'apostolato, vi è la parte umana, ma in primo luogo [ci deve essere] il lavoro spirituale.

Natura e scopo

Il lavoro spirituale interiore consiste in due parti: 1) la correzione, togliere il male; 2) mettere il bene, cioè la conquista delle virtù. Quindi togliere e mettere.
1) Togliere quello che dispiace al Signore e mettere quello che piace al Signore. In generale conviene curare di più la parte positiva che non la parte negativa. Però vi sono persone a cui è più necessaria la parte negativa; ad esempio: vi è chi lavora a togliere la superbia e vi è chi lavora per acquistare l'umiltà. Vi è chi lavora contro la passione, supponiamo, riguardo la castità, e vi è chi lavora più direttamente nell'amor di Dio, parte positiva: togliere cioè l'affetto umano e portare invece l'amore al Signore. [Vi sono] anime che preferiscono la parte positiva e qualche volta progrediscono anche meglio.
2) Che cosa bisogna fare, parlando in generale, per conquistare le virtù. Supponiamo che si voglia acquistare la virtù della carità: prima istruirsi sopra la carità, [leggere] qualche libro che ne parli espressamente come La pratica d'amar Gesù Cristo[di sant'Alfonso], il Teotimo di san Francesco di Sales che è il libro classico della carità, e altri libri anche recenti. In generale, però, nella scelta dei libri di ascetica, prendete di preferenza sempre, costantemente quelli che sono stampati dalla Società San Paolo. Soprattutto quando si tratta di altri libri, prendere gli autori che sono preceduti dalla parola santo, quindi san Francesco di Sales1, ad esempio, sant'Alfonso de' Liguori2. Vi sono libri recenti che sono panna montata, eppure lusingano facilmente per la letteratura o per la novità che portano. Ma il libro che non si scancellerà mai, il libro di ascetica più utile per la formazione della Figlia di San Paolo sull'esempio del Maestro divino è il Vangelo. Lì vi è insieme la parte dottrinale, la parte pratica e la stessa pietà, la pietà pratica. Esaminare come ha pregato Gesù. Basterebbe fare l'esame [di coscienza] sopra il Padre nostro, sopra la così detta Preghiera sacerdotale.
Quindi istruirsi; poi lavorare positivamente per l'acquisto della virtù che ci sta più a cuore; terzo, ordinare la pietà a questo.
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Proposito e programma

Adesso venendo a parlare in generale delle singole persone, o meglio delle categorie di persone, [dico che] i propositi degli Esercizi devono comprendere due parti. La prima parte riguarda la santificazione individuale, supponiamo: voglio crescere nello spirito di fede; voglio aumentare in me la pietà, ecc. E poi, vi è il programma. Questo riguarda la condizione di vita, cioè le circostanze in cui uno vive, l'ufficio che deve compiere secondo la sua posizione, in generale, l'apostolato e il modo di compierlo. Così dopo il proposito sopra la virtù, proposito che riguarda la mente, [la volontà], il cuore, l'attività, la vita, l'opera, dopo questo, il programma. E il programma sarà sempre conformato alle Costituzioni, ma [riguarderà] il particolare ufficio di ognuna, il lavoro che ha da compiere in Congregazione, e la sua posizione.
Altro è la suddita e altro è la superiora. Ma chi è superiora su questa terra? Siamo tutti inferiori. Questi nomi si usano per capirsi. Le superiore hanno più doveri di obbedienza delle suddite, di quelle che vengono chiamate suddite. Certamente la Prima Maestra e il Primo Maestro hanno più doveri di obbedienza di coloro che sono chiamati sudditi. In qualche maniera bisogna esprimersi, per capirci. Siamo tutti sudditi di Dio, tutti sotto la direzione della Santa Sede. E l'obbedienza per chi è più in alto è più complessa, anche perché, alle volte, bisogna obbedire persino ai capricci dei soggetti, cioè piegare la testa e adattarsi. Si è proprio servi. Chi fa bene l'ufficio di superiora certamente non tarderà a capirlo.
Dunque ciò che riguarda l'ufficio, entra nel programma, così le circostanze di vita e l'apostolato in particolare.
Quindi i propositi divisi in due parti: individuale e sociale, che possiamo chiamare col nome di programma.
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Venendo adesso a parlare delle categorie di persone, quali sono i propositi, in generale, da consigliare e da fare? Le aspiranti avranno il proposito di accettare e prendere tutto ciò che viene insegnato; un proposito solo. Ugualmente nel postulato: accettare tutto quello che viene insegnato riguardante lo spirito o l'apostolato o la disciplina o lo studio. Sforzarsi di vivere più perfettamente possibile quello che viene insegnato nell'aspirandato, nel postulato e nel noviziato. Il noviziato comporta un solo proposito, particolarmente in noviziato: prendere tutto per trasformarsi, cioè rifare l'uomo. Rifarsi nella mente, nel cuore, nella vita e nelle attività. Rifarsi perché si deve diventare altra persona e aver poi una personalità unica in Cristo. Cristo [è] una personalità unica, e più uno s'innesta in Cristo e più ha un'alta personalità: la divina. Allora il «vivit vero in me Christus» (Gal 2,20). Quanto è sublime questo!3
Dopo il noviziato si possono fare i due propositi, cioè il proposito e il programma, perché si entra ormai in una fase nuova della vita. Aspirandato, postulato e noviziato sono per arrivare sul campo del lavoro, perché il lavoro della religiosa è il perfezionamento in tutto, e nelle cose esterne, e specialmente nelle cose interne. Non si può, ad esempio, essere propagandiste nello stesso senso dal primo giorno che si fa questo ufficio, fino all'ultimo, quando si sarà stanche e si dovrà rinunciarvi. No, si deve migliorare ogni settimana. Lo studio dell'apostolato, che è una grande scienza, equivale all'anno di pastorale che è segnato per i sacerdoti; questi, una volta ordinati sacerdoti, devono rimanere per un anno a fare la così detta pastorale. Ora per essi è il ministero, per voi è l'apostolato.
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Andando avanti, il lavoro spirituale come si determina? I propositi si scelgono negli Esercizi, tempo di maggior riflessione, di maggior abbondanza di grazia, di maggior luce interiore. Durante gli Esercizi, chi vuole avere la benedizione, espone [i propositi] al confessore o al direttore spirituale, o meglio alla sua superiora, alla sua maestra. E, avendo la benedizione di Dio, ci sarà più grazia per l'osservanza. L'obbedienza che si estende al lavoro spirituale è l'obbedienza più perfetta, è la più meritoria. Non lasciamoci sfuggire questa grande occasione di merito: il lavoro spirituale abbia il merito dell'obbedienza. Perché più lavoriamo sotto l'obbedienza, e più abbiamo merito davanti a Dio, e più grande sarà la ricompensa celeste. Approvare, sì!
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Responsabilità del lavoro spirituale

Adesso veniamo a qualche difficoltà che continuamente mi viene proposta. Si dice: Noi cambiamo maestra, siamo trasferite di qua e di là; incontriamo una maestra con cui abbiamo poca confidenza; avevamo un confessore e adesso ce n'è un altro; cambiamo casa e c'è un altro confessore. Così passiamo dall'uno all'altro, e chi dà un avviso, chi dà un consiglio, chi ci mette sopra una via e chi tenta di metterci su un'altra. Vedete, [è] un paradosso! Non è il confessore o la maestra che devono dirigere la vostra anima. Parlo in senso proprio, non nel senso che generalmente si dà a questa parola: è la persona diretta che sollecita le decisioni, e quasi dirige il confessore, dirige la maestra. Se nel corso degli Esercizi si è scelto quel determinato proposito, si è fatto quel determinato programma, la persona deve mantenerlo tutto l'anno. Essere perseveranti vuol dire scegliersi un proposito e portarlo fino alla fine dell'anno.
Cosa si intende: fino alla fine dell'anno? L'anno di spiritualità che va da un corso di Esercizi a un altro corso. Se voi, supponiamo, fate la quinta elementare, il maestro in principio dell'anno assegna il programma e lo sviluppa: dà i libri, ricorda le materie da imparare. Non è che magari dopo due mesi cambia il programma.
Essere perseveranti, sempre insistere sui medesimi propositi. E se i propositi non sono ancora pienamente osservati, si possono ripetere per un altro anno. San Francesco di Sales [mantenne per] diciotto anni lo stesso proposito; leggendo i taccuini spirituali del canonico Chiesa4, ho notato su un certo punto che per ventiquattro anni [tenne] lo stesso proposito, ripetuto negli Esercizi sotto una forma o sotto l'altra. Costituita bene una virtù in noi, non è che ci sia solo quella virtù; le virtù in noi non sono come due cassetti dove uno non ha relazione con l'altro. Quando si va avanti, per esempio, nello spirito di fede, viene da sé la fiducia e vien da sé la carità; vien da sé l'osservanza religiosa, e lo spirito di orazione. Perché è come dire: se faccio un passo, tutto il corpo va avanti, mica va avanti solo il piede, ma va avanti tutto il corpo. C'è l'unità in noi: la mente ha influenza sul cuore, sull'attività, sulla volontà.
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È la persona, se vuole andare dalla maestra, se vuole andare dal confessore, che deve dire cosa essa intende fare, che lavoro fa; così che maestra o confessore o direttore spirituale, ecc., devono solamente confermare, benedire, spiegare, dare applicazioni, ma non cambiare indirizzo. Ci sono persino persone, anche qualche sacerdote è arrivato fino lì, [che] consigliano un altro stato di vita perché la suora, andandosi a confessare ha detto: Io vado in propaganda, sono sempre distratta anche nella preghiera… Non farei meglio scegliere la vita contemplativa?. Allora trovano magari chi acconsente, ed è l'errore della vita. Non l'errore di un peccato che è durato cinque minuti: è un peccato che dura tutta la vita! Una così si mette fuori della volontà di Dio; non farà mai più la volontà di Dio, perché era un'altra la volontà di Dio sopra di essa. E da chi si farà pagare alla fine della vita? Se non ha fatto quello che voleva il Signore, da chi si farà pagare? Il Signore paga le cose fatte secondo i suoi ordini. Come voi pagate il falegname o il vetraio che ha lavorato ed eseguito i vostri ordini; e non se va a mettere i vetri nella casa del vicino, o invece di venire a mettere i vetri, scopi la casa, no: si paga quel che è ordinato. Così Dio paga chi ha fatto la sua volontà. È infelice questa persona!
Deve essere perciò la persona diretta che dirige. Sembra un paradosso, ma è così: è la persona diretta che dirige. Lavoro su questo, trovo qualche difficoltà, ho usato questo mezzo e ci sono riuscita un poco, oppure ho trascurato un po' la preghiera e quindi sono caduta, ecc.. La direzione è vostra; e, per me, il confessore viene proprio, quanto a direzione, all'ultimo posto; invece, come confessore che rimette i peccati è al primo. Un'anima che vuol lavorare spiritualmente si fa un programma, fa dei propositi e deve essere aiutata soltanto a osservarli.
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Impegno personale e perseveranza

Come fare a [non] stravolgere il lavoro spirituale? Rendersi responsabili davanti a Dio di questo. Allora, si può cambiare pure casa, confessore, predicatore… E se gli Esercizi, supponiamo, fossero tutti impostati sulla carità, perché una volta gli Esercizi si possono fare sulla carità, un'altra volta sulla divozione alla Madonna, per te tutto deve servire a fortificarti nel tuo lavoro spirituale interiore di correzione e di conquista: il resto serve tutto di istruzione. Come a tavola ognuna prende quello che si sente e sceglie quello che è conforme alla sua salute, ai suoi bisogni corporali. Insistere molto su questo lavoro spirituale, affinché [le suore] non si disorientino mai.
Potrebbero venire poi altre conseguenze. Da una parte un'esigenza esagerata: quando una persona ha già fatto i voti, specialmente dopo che ha fatto la professione perpetua, non ha più bisogno di andare ogni settimana e ogni mese a confidarsi e consigliarsi. Può sì andare, e fa bene, per dire qualcosa di cui ha bisogno, ma in generale deve essere ferma in quello che ha già fissato come suo lavoro spirituale. Alcune dicono: Non abbiamo nessuno con cui consigliarci; oppure negli Esercizi vorrebbero conferire con tre o quattro maestre, perché.... Ma questi sono errori. Il lavoro dobbiamo farlo noi; mica ce lo fa il confessore o la maestra. Siamo noi che dobbiamo farlo; sono io che devo riformarmi, che devo innestarmi in Cristo e arrivare fino al «vivit vero in me Christus» (Gal 2,20). Sembra allora che si abbia voglia piuttosto di parlare, di sentire e non, invece, di essere fortificati a perseverare.
Vedete un po' se ci sono errori pratici ai quali bisogna mettere riparo.
D'altra parte vi sono proprio anche dei bisogni che sorgono nel corso della vita: pericoli che si incontrano, momenti di scoraggiamento, qualche galleria oscura che si traversa nella vita aspettando che di nuovo si torni alla luce del sole, ecc. Ma metterci bene in mente che il lavoro spirituale esige perseveranza, e che il lavoro spirituale non ce lo fa il confessore anche se ci intrattiene tre quarti d'ora; anzi, molte volte, e direi quasi il più delle volte, è desiderabile che ci dicano poco, perché alle volte [il molto] serve [solo] a disorientare. Dia l'assoluzione intanto, perché non sempre la suora ha l'equilibrio di dire: Il lavoro che devo fare è questo. Io ho fatto una professione, devo viverla.
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A proposito di questo, sempre tener presente che fino alla professione si è sulla strada per arrivare sul campo di lavoro. Quando il contadino vuole andare nella vigna a lavorare, non basta che faccia la strada per arrivare alla vigna; la strada è servita per arrivare, ma il lavoro è là nella vigna. Dovrà togliere le erbacce, potare la vite, dare la medicina contro le malattie della vite, e dovrà forse togliere un po' di foglie, ecc. È inganno [pensare]: ora si è professe, [c'è] più libertà; fin che si era nel noviziato si stava sottomesse. Ora sono professa, il lavoro è fatto, sono arrivata dove volevo. No! Sei arrivata dove volevi, [a] lavorare però. Se avevi l'intenzione retta, era di attendere alla perfezione e di santificarti. Ora, fatta la professione, hai il massimo delle grazie nella vita, che prima non avevi. Prima avevi la forza, le grazie per arrivare sul campo del lavoro, ora, specialmente dalla professione perpetua in avanti, le grazie sono concentrate lì, [sul lavoro]. È ora che noi possiamo fare maggior profitto, e dobbiamo dare la massima corrispondenza, la massima collaborazione alla grazia. «Non ego autem, sed gratia Dei mecum»5 (1Cor 15,10). Dio «qui dat velle et posse pro bona voluntate»6 (cf Fil 2,13). Siamo arrivati e, avanti!
Se invece i difetti crescono, se si crede di essere meno obbligati a obbedire, ad accettare gli uffici; a distinguere, ad aggiustarsi per andare di qua o di là, a volere che ci assegnino un lavoro o un altro, una casa o un'altra... allora si continua a fare la volontà nostra. Cosa riceverai poi al giudizio di Dio? Incomincia lì l'abbondanza delle grazie e incomincia lì la vera corrispondenza alla vocazione, perché la corrispondenza alla vocazione non è arrivare alla professione, ma è compiere quello che è la vocazione: santificazione mediante i voti e l'osservanza delle Costituzioni (che si devono sempre portare appresso) e l'apostolato.
Di conseguenza si andrà avanti in questa maniera: un poco anno per anno. Un accorgimento o santa industria per progredire è questo: in generale rendere conto del nostro lavoro spirituale almeno una volta al mese al confessore: ho progredito, sono andato indietro, sono stato fermo.
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Quale virtù scegliere come proposito? Diciamo una cosa che sembra pure un paradosso: quando si va a fare gli Esercizi bisogna che ci siano già in mente i propositi che si vorranno fare, e ci si forma un programma di lavoro in quei giorni. Su che cosa? Ho riconosciuto nelle mie meditazioni, esami di coscienza che ho bisogno specialmente di questo; per esempio: io ragiono troppo e mi ci vuole più fede; assecondo troppo i miei capricci e bisogna che mi uniformi di più al volere di Dio; non mi adatto facilmente, per il mio carattere, a una buona convivenza con tutti, a interpretare bene i desideri, i pensieri degli altri; bisogna che mi corregga in certe cose, bisogna che acquisti la carità... E allora, quando una va agli Esercizi, deve già pensare: ho bisogno di questo, voglio lavorare in questo senso, voglio acquistare quella docilità, quello spirito di fede, quell'umiltà di cui ho tanto bisogno. Gli Esercizi stessi poi aiutano e, durante gli Esercizi, se vuoi acquistare l'umiltà, leggerai il libro Formazione all'umiltà7. E se hai bisogno di maggior obbedienza che è proprio il punto della santità: osservanza delle Costituzioni; allora mediterai bene le Costituzioni e le prenderai come libro direttivo. Pio XI diceva: Le Costituzioni sono il Vangelo applicato ad una vita, alla vostra vita, religiose. Il Vangelo è applicato lì. Non un'applicazione con note vaghe, applicazione con note che magari riguardano la vita cristiana che si deve aver già superata. Le Costituzioni sono il Vangelo applicato alla vita. Per mia parte augurerei che ci fosse una brava suora che, non ha bisogno di aver fatto studi straordinari, preparasse un Vangelo per la religiosa con tutte le annotazioni delle Costituzioni; e siccome le Costituzioni non sono tutte uguali, perché ci sono diversi istituti, [commentare] i principi generali che però sono uguali.
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Meta: l'unione con Dio

104. Una cosa ancora riguardo ai propositi ed è questa: se l'anima progredisce, può fare un cammino più o meno celere. Alle volte può essere che un'anima dia due passi avanti e mezzo passo indietro, ma poi si riprende, e magari riguadagna il tempo che ha perduto. Infine, se c'è una vita sufficientemente calma, anche se non è lunga, l'ultimo proposito che poi abbraccia tutto, è la carità. Tutto deve finire in questo proposito. Vincere una passione, vincerne un'altra; acquistare la fede, la speranza; acquistare l'umiltà, acquistare l'obbedienza, la povertà, la castità...: l'unione con Dio, che si può esprimere in maniera diversa: «Vive in me Gesù Cristo» (Gal 2,20), «La mia vita è in Cristo» (cf Fil 1,21), «Manete in me: Restate in me ed io sono in voi» (cf Gv 15,4); oppure semplicemente l'amore a Dio e l'amore al prossimo; l'unione di spirito col Signore, preludio dell'eterna unione con Dio. Alle volte ci vuole un lungo lavoro. Il Signore nella sua misericordia dispone la distribuzione delle grazie come vuole, come vuole condurre un'anima. Vi sono persone che dopo due, tre anni di professione sono già arrivate ad una stabilità di unione con Dio. Questo forse prelude ad una vita breve. Forse! Non possiamo scrutare i misteri della distribuzione della grazia, i perché... E può essere invece che questo stato di unione con Dio si ottenga con molti sacrifici, molte lotte, molto lavoro. Per questo è molto utile ricordare quello che si dice nel libro La vita spirituale semplificata8. Richiamarsi sovente nella giornata: Anima mia, come stai? Sei unita a Dio? Che cosa è che ti domina in questo momento? Uno sguardo repentino, uno sguardo in semplicità che ci rivela subito il nostro stato. E magari ti trovi in un momento di nervoso, allora ti metti subito a posto; ti trovi in un momento di euforia particolare, e allora: Bisogna che stia attenta perché può capitarmi qualche grossa caduta, con questa fiducia che ho in me, con quest'esaltazione e fiducia nelle mie forze, ecc. Questo sguardo semplice che va a toccare il fondo dell'anima serve tanto, perché la giornata si passi con Dio e si giunga a un punto un po' più elevato di spiritualità, come dice la Teologia della perfezione9. Non solo ricordarsi di Dio, ma quasi vedere, sentire Dio che ci è vicino, che è in noi, che lo portiamo nel nostro cuore, e che il nostro petto è un tabernacolo. Sentire il Signore!
Con questi pensieri, che dovrebbero essere spiegati molto a lungo, forse si viene incontro a molte obiezioni, particolarmente a quelle che sorgono nel corso della vita. Questo prepara poi alla continuazione della spiegazione delle Costituzioni.
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* 10. Ariccia, 20 maggio 1961. Reg.: A6/an 111b = ac 180b. Il titolo della registrazione è: “Lavoro spirituale e direzione spirituale”.

1 San Francesco di Sales (1567-1622) francese; vescovo di Ginevra, fu uno dei maggiori rappresentanti dell'umanesimo cristiano. Suoi capolavori: Filotea. Introduzione alla vita divota e Trattato dell'amore di Dio o Teotimo, editati più volte dalle Ed. Paoline. Insieme a santa Giovanna Francesca di Chantal fondò l'Ordine della Visitazione. Dichiarato dottore della Chiesa, dal 1923 è pure patrono dei giornalisti.

2 Sant'Alfonso Maria de' Liguori (1696-1787), napoletano, fondatore dei Redentoristi. Oltre essere un insigne moralista, è autore di numerose opere ascetiche. Molte delle sue opere, fra cui La pratica di amar Gesù Cristo, sono state editate più volte dalle Ed. Paoline.

3 Cf l'articolo: “Personalità” in SP, 4 [1961] 6, riportato in CISP, pp. 781-783; cf anche Istruzione 1, nota 7.

4 Chiesa Francesco (1874-1946), piemontese. Sacerdote, parroco, scrittore, insegnante di teologia; consigliere e direttore spirituale di Don G. Alberione, dichiarato venerabile l'11 dicembre 1987.

5 «Non io, ma la grazia di Dio che è con me».

6 «È Dio che suscita il volere e l'operare secondo i suoi benevoli disegni».

7 L. Beaudenom, Formazione all'umiltà, Marietti, Torino 1934.

8 P.F. Pollien, La vita spirituale semplificata e ridotta al suo fondamento, a cura del P. Tissot, trad. di D. Farci, fsp, Ed. Paoline, Roma 1947, p. III, libro 2, c. VIII: “L'occhiata”, pp. 481-485. Il Pollien è un autore a cui don Alberione attinge particolarmente nell'età matura.

9 Sono gli stessi concetti del Pollien che il Royo riprende e commenta (cf A. Royo Marin, op. cit., n. 481, p. 921).