29. CURA DELLA PROPRIA SALUTE E DELLE SUORE INFERME. SUFFRAGI*
Articoli: 299-312; 313-319
Doveri della superiora e delle singole suore
Art. 299. È stretto dovere di ogni Superiora avere cura della salute delle proprie sorelle.
Aver cura delle suore inferme, per quanto è possibile non lasciarle infermare; prima cura è questa. Allora, regolare bene il vitto, il riposo, l'orario. Regolare il riposo e il lavoro di apostolato, è uno studio. Ogni superiora, in base all'articolo 299, studierà bene questo. In primo luogo quindi cercare di formarsi un modus vivendi per cui la salute sia conservata e, per quanto è possibile, la vita delle suore sia prolungata mediante dovute attenzioni, perché se si conserva la vita, si potrà più a lungo lavorare per la gloria di Dio e per l'acquisto di nuovi meriti.
Art. 300. Le suore poi, come devono evitare una esagerata sollecitudine per quanto riguarda il corpo, così devono avere una prudente e moderata cura di conservare le forze e la salute, essendo dono prezioso di Dio. Perciò se una suora avverte qualche cosa che possa notevolmente nuocere alla sua salute, candidamente ed umilmente lo manifesti alla Superiora.
Vi sono due punti da notare.
1) Vi è chi ha «un'esagerata sollecitudine per quanto riguarda il corpo», e se ha un piccolo mal di testa, un piccolo mal di denti, non lavora più. Si sia ragionevoli. Certo, il lavoro stanca: «Guadagnerai il pane col sudore della fronte» (cf Gen 3,19); è legge di natura che è più grave che l'obbligo di andare a Messa alla domenica. Non cura esagerata. Non una certa qual devozione del proprio corpo a cui si vorrebbe risparmiare qualsiasi sacrificio, qualsiasi stanchezza, qualsiasi sofferenza. Il corpo è lo strumento dell'anima. Il corpo va trattato da buon figliuolo, come dice san Francesco di Sales, il quale spiega: Sia però un figliuolo buono, cioè obbediente all'anima. E d'altra parte, vi sono giorni in cui vi sarà qualche occupazione più pressante, magari un lavoro di emergenza, ma poi vi sarà tempo [per] rallentare e riposare un po'.
2) Tuttavia: «prudente cura di conservare le forze e la salute, essendo dono prezioso di Dio». Tenersi nella via giusta: «Perciò se una suora avverte qualche cosa che possa notevolmente nuocere alla sua salute, candidamente ed umilmente lo manifesti alla Superiora».
303
Art. 301. Quando una suora si ammala, la Superiora è tenuta a provvedere che le siano prestate con generosa carità tutte le cure necessarie, tanto spirituali che temporali.
Art. 302. L'inferma santifichi le sue sofferenze; e mentre non deve rifiutare le cure necessarie, non deve neppure esigerne delle eccessive, dimostrando più che mai il suo spirito religioso e la sua sollecitudine per la salute eterna.
Avere cura delle malate. Bisogna che dica subito quello che ho sentito diverse volte: Pochi sono gli Istituti che hanno tanta cura delle malate quanto l'Istituto delle Figlie di San Paolo. Quindi, non ho raccomandazioni da fare. Ma [dare] alla malata le cure anche spirituali; e la malata santifichi le sue sofferenze. Anche nelle sue sofferenze non pesi troppo sopra l'infermiera: cosa normale, cosa regolare, mostrando anche il suo spirito religioso, la sua sollecitudine per santificarsi. Quindi adoperare i mezzi e intanto offrire le sofferenze perché: se tu sei a letto, soffri per colei che cammina nella propaganda.
Dove la nazione ha un notevole numero di suore, vedere di provvedere man mano che si può, anche una casa per le cure (cf art. 303).
304
In particolare si curi lo spirito: dov'è possibile la Parola di Dio [sia] più abbondante, letta o predicata (cf art. 304).
Art. 305. Tutte le suore, quando sono gravemente inferme, quantunque non vi sia pericolo di morte, possono chiamare qualunque sacerdote approvato per le confessioni delle donne, benché non assegnato per le religiose, e possono confessarsi le malate da lui durante la malattia grave, ogni volta che lo vogliono; né la Superiora può proibirlo, sia direttamente che indirettamente.
E quando la malattia è più grave e può costituire un pericolo di morte, possono confessarsi [anche] da un sacerdote che non ha ancora la facoltà di confessare - per esempio - un sacerdote ordinato ieri (cf art. 306).
Quanto alla comunione la malata deve esprimerne il desiderio, perché non è prudente insistere che faccia la comunione. Lasciare la giusta libertà, ma essere solleciti, quando lo chiedono, di portare la comunione (cf art. 307)
Se si aggrava la malattia e c'è il pericolo di morte, ancorché non sia così prossimo, domandare sempre la grazia di ricevere in tempo e con le dovute disposizioni la penitenza, il viatico, l'estrema unzione, l'indulgenza in articulo mortis e di rinnovare la professione, se c'è, e i voti battesimali (cf art. 308).
Tutto questo in quanto il tempo lo permette, se si prendono le cose per tempo. Se è possibile il sacerdote assista all'agonia della morente, ma almeno rimanga per un certo tempo presso il letto (cf art. 309).
E quando la morte fosse avvenuta, dare la notizia alla Superiora generale, alla famiglia della defunta e alle case, perché si facciano al più presto i suffragi (cf art. 310).
La sepoltura sia devota, ma semplice, secondo la povertà (cf art. 311). Sistemare bene la salma nel feretro.
Dopo la morte le superiore abbiano cura di scriverne una breve memoria da conservarsi nell'archivio dell'Istituto (cf art. 312).
305
Suffragi
Non c'è bisogno di ripetere [quali sono i suffragi], perché li ricordate, ma l'impegno, sì.
Art. 313. Il vincolo della carità che unisce le religiose non si deve sciogliere con la morte, perciò tutte siano sollecite e diligenti nel suffragare le sorelle defunte. Però, da viva, ognuna provveda a se stessa, facendo penitenza delle proprie colpe, vivendo nel fervore e nell'osservanza, e acquistando indulgenze per non esporsi al pericolo di dover rimanere a lungo in purgatorio.
L'Istituto è un po' come la Chiesa di Dio, anzi è parte della Chiesa. Ha dei membri che sono già alla beatitudine eterna; forse ha dei membri che sono in attesa di entrare in cielo e sono ancora in stato di purgazione; e dei membri militanti sulla terra che si preparano i tesori di meriti, entrando sempre più nell'unione, nell'intimità con Gesù: «Vivit vero in me Christus» (Gal 2,20).
Suffragare! Tuttavia è mai da omettersi la necessità che ognuna faccia la preparazione alla morte essa stessa, e cioè: 1) far la penitenza dei peccati; 2) togliere le venialità e la tiepidezza, le trascuranze; 3) stabilire tra l'anima e il Signore un'intimità sempre più calda, più sapiente, più forte. E in questa preparazione alla morte [acquistare] anche le sante indulgenze.
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Poi c'è l'elenco delle preghiere da farsi dopo il transito e cioè quello che si deve fare per ognuna delle professe e novizie defunte: celebrare il corso delle trenta Messe gregoriane. Pochissimi sono gli Istituti, forse ne conosco uno solo, che siano così premurosi per i suffragi. Messe gregoriane, il grande suffragio! E in ogni casa della Congregazione si facciano applicare due Messe; e quindi quale ricchezza di suffragi! L'ultima defunta1 in questi giorni, ad esempio, quanti suffragi [ha ricevuto], moltiplicando per due il numero delle case. E poi «le professe, le novizie viventi nella casa in cui avvenne il decesso, facciano la comunione, recitino il rosario intero». Poi ci sono i suffragi da farsi per una postulante defunta (cf art. 314).
Dico sempre alle Pie Discepole, alle Pastorelle, come alle Apostoline di unirsi ai suffragi che si mandano per le Figlie e viceversa. All'articolo 315 [sono indicati i suffragi] per la Superiora generale, morta in carica, per le ex Superiore generali; e all'articolo 316 per le quattro Consigliere generali, per la Segretaria e per l'Economa generale.
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Art. 317. Alla morte del padre, o della madre di una suora o della novizia nella casa ove questa dimora si fa celebrare una Messa e tutte le suore della comunità offrono una comunione e una terza parte di rosario.
Anche in questo la Congregazione mostra la sua riconoscenza alla famiglia da cui è provenuta la suora.
L'articolo 318 stabilisce i suffragi per la morte del Sommo Pontefice: una Messa in ogni casa della Congregazione; così i suffragi per il Vescovo diocesano, per i benefattori insigni, suffragi stabiliti ogni volta dalla Superiora maggiore considerato il grado e la qualità del benefattore.
E poi per tutti:
Art. 319. Nel giorno della commemorazione di tutti i fedeli defunti, 2 novembre, in tutte le case della Congregazione, si fa celebrare una Messa per tutte le postulanti, novizie, professe e loro parenti defunti, ed anche per tutti i cooperatori.
Mandiamo ai defunti quei suffragi che desideriamo, un giorno siano mandati anche per noi. Chi ha carità, riceverà carità. D'altra parte, avvenisse anche che una suora in seguito fosse dimenticata da tutti, ciò che non è probabile e neppure in certo modo possibile, il Signore, in vista della carità che ha avuto per gli altri, per suffragare gli altri, applicherà [a lei] i meriti della passione di Gesù; le applicherà suffragi che vengono mandati a suore che sono già in paradiso e quindi non ne hanno più bisogno. Il Signore è libero nell'applicazione; il Signore applica i suffragi «si Deus vult et quomodo vult»: se vuole e come vuole, secondo richiede la sua gloria. Il Signore è sapientissimo e amantissimo, e tutto dispone in sapienza e amore. Fidiamoci di Dio.
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Atto eroico di carità
Qualche volta ricevo lettere, e posso parlare di questo: Posso fare l'atto eroico di carità?. Si può fare, quando ci sono le disposizioni di fede e di amore. Voglio dire: 1) si vada piuttosto adagio a fare questo atto; 2) non si faccia senza il consiglio del confessore. È vero che ognuno può disporre della parte soddisfatoria del bene che fa, perché ogni opera ha il valore meritorio e quello è inalienabile. Poi ogni opera ha un valore impetratorio, per domandare le grazie, e questo si può cedere e lo cediamo col Cuore divino di Gesù; poi c'è il valore soddisfatorio che si può cedere liberamente. Però non farlo senza il consiglio. E tuttavia la persona [che lo fa], non delude la Congregazione, cioè non sottrae un bene all'Istituto, perché può liberamente disporre del suo valore soddisfatorio.
Ma allora, che cosa si richiede? Si richiede di aver capito bene che cosa significhi questo voto e le conseguenze. Soprattutto ci vuole la persuasione che facendo l'atto eroico di carità, si fa un altro atto soddisfatorio per noi, che è maggiore, e cioè quell'atto aumenta lo stesso nostro valore soddisfatorio. In che maniera? Perché si esercita la carità verso Dio che ammetterà al più presto quell'anima a glorificare il Signore in cielo; si porta un vantaggio a quelle anime che sono nel purgatorio in attesa di poter entrare alla salvezza. Alle volte uno può ragionare, e qualche volta se ne pente di averlo fatto: Ma per me che ho tanto bisogno di soddisfare, non resta niente? E allora ecco che non si capisce. Quell'atto è un bellissimo modo per soddisfare per noi: cedere agli altri il valore soddisfatorio, perché assicuriamo la misericordia di Dio per noi. E poi l'atto stesso che sempre si vive, ci mette in una posizione di esercizio di carità continuata e acquista per l'anima un merito particolare e un valore presso Dio...2
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* 29. Ariccia, 29 maggio 1961. Reg.: A6/an 120b = ac 190a. Stampato in SdC, pp. 267-271. Il titolo della registrazione è: “Cura della salute - Suffragi” È la seconda parte dell'istruzione precedente, introdotta dalla seguente espressione: «Seconda cosa: dal 299 al 312. Oh».
1 Suor Crocifissa Benvenuti, morta il 26 maggio 1961 (cf Istruzione 24, nota 1).
2 A questo punto la registrazione è interrotta.