Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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37. UN BILANCIO DI VITA*

Ora un pensiero che serva di orientamento per questi ultimi giorni degli Esercizi. Il pensiero è questo: tutte voi avete già parecchi anni o diversi anni di professione, di vita religiosa; e avete fatto quanto vi era possibile, [in] quanto è stata abbondante la grazia del Signore e quanta è stata la corrispondenza.
Arrivate a questo punto degli Esercizi, fatti gli esami di coscienza, sentite le istruzioni, ascoltato il confessore nella intimità, specialmente dopo aver parlato intimamente con Gesù eucaristico, vi è nelle anime un po' di apprensione, talvolta delle preoccupazioni. Ognuna di noi ha da dire: Sia fatta la volontà di Dio intiera, quella volontà che Dio ebbe nei suoi disegni di sapienza e di amore quando ci ha creati, quando abbiamo ricevuto il battesimo. Il Signore prevedeva quello che noi potevamo e dovevamo fare per santificarci, per dargli la gloria che si aspettava, per l'apostolato, per la santificazione delle anime affidate a noi in qualche maniera; per la diffusione della parola di Dio, e specialmente del culto che la Congregazione ha inaugurato, cioè a Gesù Maestro. A questo tutte voi avete collaborato. E non tutto ancora è raggiunto: quattro sacerdoti, anzi se ne è aggiunto un quinto1 in questi giorni, fanno degli studi [su Gesù Maestro]. E sono sacerdoti che lavorano per tutte le Famiglie Paoline, e cioè per voi, per le Pie Discepole, ecc., anche per gli Istituti secolari.
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La vita in Cristo Maestro

La vita [sia] innestata in Gesù Cristo Maestro, [essere] come è stato lui, non c'è altra via. E la semplicità della divozione, della pietà si riduce a questo: vivere il pensiero, vivere di fede, e cioè di verità soprannaturali; vivere di Gesù nella mente, vivere di Gesù nei sentimenti, nel cuore; vivere di Gesù nella volontà, nell'attività, persino nella salute. Tanto più poi nell'apostolato. È Gesù Cristo interpretato da san Paolo, e così interpretato forma lo spirito paolino.
Adesso, questo è uno degli incarichi: chi potrà fare con la penna, e chi potrà fare con la lingua, con la parola, e chi potrà fare con la preghiera, e chi potrà fare con l'attività, ecc.
Certamente si resta un poco perplessi, in certi momenti quasi si accascerebbe un po' lo spirito, si sentirebbe un po' di disorientamento, di umiliazione, quasi di diffidenza: Quel che ho perduto, è perduto, non c'è più tempo a riacquistarlo. Non è perduto! Il Signore, creandoci, ci aveva destinati a questo: santità, glorificare lui, poi compiere il divino volere, compiere l'apostolato, arrivare a stabilire nel mondo la devozione a Gesù Maestro, che è poi quello che lui vuole: il maestro è uno, Cristo: «Mi chiamate Maestro e Signore, e dite bene, perché lo sono» (Gv 13,13), lo sono di fatto. E allora il titolo che in primo luogo gli hanno dato gli apostoli: «Magister, ubi habitas?», Maestro, dove stai? (cf Gv 1,38). Primo onore [dato] dagli apostoli a Gesù e Gesù se ne è compiaciuto. Quel che è primo dev'essere l'ultimo, perché il paradiso sarà ancora il nostro innesto in Cristo, ma la mente illuminata dai raggi di luce, dalla visione; e la volontà e il cuore ugualmente: tutto in Cristo.
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Ora, [con] questo accasciamento, questo scoraggiamento, questo sentirsi umiliati perché non abbiamo fatto tutto ciò che voleva il Signore, un certo timore allora entra un po' nello spirito: Come mi presenterò al tribunale di Dio? Egli che aveva dei disegni su di me; egli che mi ha fornito di doni naturali: la mente, la sentimentalità, una fermezza di volontà, un buon carattere e la nascita da una buona famiglia cristiana; e poi l'educazione in parrocchia, in scuola e tutto il complesso della cura familiare, e avanti nelle varie circostanze secondo i tempi, i luoghi, le persone. E poi tutti i doni soprannaturali: quei doni che sono in germe nel battesimo e che si svilupparono e stanno sviluppandosi ancora: un germe che deve nascere in piccola pianticella, e alzarsi su come un alberello, e poi [come] un grande albero piantato lungo la corrente della grazia, il quale darà il frutto a suo tempo (cf Sal 1,3). E non cadrà foglia, non cadrà fiore da esso, perché dovrà portare i frutti. Questa sequela di grazie dal battesimo: la prima istruzione religiosa, le prime confessioni, le prime comunioni; e avanti, avanti: letture, avvisi, confessori, predicatori, parroci, direttori spirituali, persone che si sono dati d'attorno per formarci... Che cumulo di mezzi, che cumulo di grazie, che cumulo di doni! Signore, come risponderò, quando mi chiederai conto dei cinque talenti, se io ne ho trafficati solo due; se io - questo non avverrà per la grazia di Dio - ho ricevuto un solo talento e sono andata a nasconderlo (cf Mt 25,18)?.
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La meta: vive in me Cristo

Allora il pensiero è questo: domandare tanto aumento di grazia, tanto di misericordia e tanto di buona volontà da conseguire tutto quello che il Signore si aspettava da noi; in particolare: da te, da me, da ognuna, in sostanza. Quindi arrivare al grado di gloria celeste a cui il Signore ci aveva destinati; arrivare a glorificare Dio tanto quanto noi dovevamo glorificarlo mediante i doni naturali e i doni soprannaturali; arrivare a compiere un apostolato così efficace e largo quanto è stata l'istruzione, quante sono state le grazie soprannaturali e i doni naturali; aver tanto impegnato i giorni della vita a glorificare il Maestro e a viverlo2 e a far [sì] che egli viva in noi: «Vivit vero in me Christus» (Gal 2,20). Così che noi arriviamo al pareggio: che quella volontà di Dio iniziale sopra di noi, quella volontà di Dio che era nei suoi disegni e che è stata avvalorata dai doni e dalle grazie che man mano abbiamo ricevuto dal Signore fino a oggi, [si realizzi].
E chi può dire il bene che avete ricevuto in Congregazione? Sono rari gli Istituti che abbiano, ad esempio, tale cumulo di predicazione quanto ne avete avuto [voi], in generale.
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È la volontà di Dio

Il Signore voleva che [noi] arrivassimo a quel grado, a quel posto designato e preveduto da lui, se [avessimo] corrisposto a tutta la sua grazia, a tutti i suoi disegni e a tutti i suoi fini per cui ci ha creati, ci ha fatto cristiani, ci ha fatto religiosi. «Fiat voluntas tua»: volere questo! Che si adempia questa volontà di Dio, e cioè che arriviamo ancora a dargli quell'onore, quella gloria che egli si aspettava; a raggiungere quella santità che egli si aspettava; a fare nell'apostolato quel bene che egli si aspettava; a compiere tutto il nostro impegno nel culto al Divin Maestro. E non solo dargli gloria, ma promuovere la gloria a lui, [quella] che [egli] si aspettava. Non solo santità, ma promuovere la santità negli altri, come egli si aspettava, specialmente chi ha responsabilità di persone. A moltiplicarci con sempre nuove e più larghe iniziative nell'apostolato, sempre più intelligente la propaganda, ecc. E portare al culto del Divin Maestro, e la vita nel Divin Maestro Via, Verità e Vita non solo in noi, ma in molte anime. Raggiungere quello che voleva il Signore, che al giudizio di Dio non manchi nulla. Ecco: «Fiat voluntas tua»: la tua volontà su di me sia compiuta. La tua mano mi ha accompagnato nella vita, sono passato attraverso tante circostanze: «Manus Domini super me» (cf Is 61,1) dirà ciascuna.
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Mezzi

E allora? Allora cercare i mezzi. Perché? In riparazione a ciò che è mancato di gloria a Dio e di santità per noi; di gloria che altri dovevano a Dio e di santità che altri dovevano per mezzo nostro raggiungere; di efficacia nell'apostolato che noi avremmo potuto realizzare... E poi il culto a Gesù Maestro così com'è stabilito nell'Istituto; c'è [altro] mezzo ancora? Possiamo solamente piangere? Solamente dolerci? È troppo poco. Non fermarci!
Questi Esercizi hanno lo stesso ultimo fine, e cioè che il volere di Dio sia compiuto così in terra da ognuno, come è compiuto dagli angeli in cielo i quali, vittoriosi nella lotta contro il demonio, perché guidati da san Michele, hanno risposto totalmente ai disegni di Dio creatore (cf Ap 12,7).
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E allora come ripareremo? Molta umiltà: [per i] doni che ho sprecato; sulla via su cui sono passato, quanto sprechi di tempo forse! Sprechi di intelligenza: la ragione, la mente in tante sciocchezze; le tendenze di cuore, l'orgoglio e i capricci; e poi, dopo tutto quel che è stato, ancora un po' più in basso: e c'è la purezza, e c'è la gola, e c'è il riposo, e c'è la curiosità.… Riparare basta? No! Vogliamo riconquistare3, ecco la parola. [Riconquistare] quel che abbiamo lasciato mancare. Quindi l'umiltà: Ho perduto tante battaglie; ho sprecato tanti soldi, come se io fornito da Dio di tanti soldi, li ho buttati così, per istrada o li ho buttati nel fiume, nel mare e non si trovano4 più.
Umiliazione, camminare molto in umiltà! La prima disposizione è questa. E tanto umiliarci quanto abbiamo sprecato e perduto. Allora su questa parte noi ci mettiamo già sulla via del pareggio tra ciò che [abbiamo] ricevuto e ciò che dovevamo dare.
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Mettere poi una fede nuova, fede nuova che si applica in modo speciale a questo grande problema: come fare il pareggio. Ho sprecato i doni di Dio, ma non è ancora sera: posso vincere un'altra battaglia. Non è ancora notte. Allora una grande fede, se è più facile per qualcuna capire, nel Corpo mistico, perché c'è la partecipazione dei meriti della Madonna, la partecipazione dei meriti di Gesù Cristo che sono infiniti. E quanto c'è di questa fede? Quel che è necessario è questo: che possiamo riacquistare il perduto; che il Signore aggiunga grazia a grazia. E se ha operato miracoli di pazienza ad aspettarci, adesso operi nuovi miracoli per noi individualmente e spiritualmente, e cioè ritornarci quel che abbiamo sprecato. Quindi fede nel riconquistare i meriti in Cristo. [I meriti di Cristo] sono infiniti, non si esauriscono; puoi prenderne quanto vuoi, tutto ciò che ti manca per riempire e arrivare al pareggio; per riempire il vaso che forse [si] è dimezzato perché mezzo l'hai sprecato, l'hai sprecato buttando via l'acqua, buttando via il liquore prezioso che conteneva. Fede nel Corpo mistico cioè nella partecipazione dei meriti dei Santi, della Vergine e specialmente di Gesù Cristo, meriti infiniti, che per la misericordia di Dio, per la sua bontà, ecco, vengono da noi riacquistati, per la fede.
Non li abbiamo acquistati: per pigrizia, per tante passioncelle, per perdite di tempo, per sprechi dei doni naturali o soprannaturali. Li acquistiamo gratuitamente per la grazia di Dio, per misericordia di Dio, nella partecipazione, nell'unione col Corpo mistico.
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Amare Gesù per il tempo che non lo si è amato e dargli una gloria tutta particolare. Se, per esempio, dicevi: Le mie azioni della giornata siano tutte per la tua volontà. Glorificare Dio, dargli la gloria che hanno le tre santissime Persone che si lodano vicendevolmente, e si lodano con una lode infinita in paradiso. Salire su, salire su! Prendere, prendere ciò che sono i tesori che il Signore ancora ci prospetta e ci presenta. Un amore che supplisca a tutto.
Anche se uno è vecchio, se non può più essere attivo perché deve stare oramai a riposo e non gli rimane altro da fare che offrire le sue sofferenze: amore, amore, amore! Il quale dà valore alle opere; dà il merito anche alla sofferenza, a quello stare a letto, a quel sopportare che nessuno più lo comprenda, vorrebbe lavorare e non può, vorrebbe pregare e magari c'è l'asma che lo impedisce, vorrebbe fare il tal bene, ma trova ostacolo per qualche circostanza di tempo o di persone, e ci sono gli ostacoli, c'è la testa che non regge più, ecc. Che l'amore supplisca! Signore, che io arrivando al cielo possa dire: Tu avevi dei disegni sopra di me, sia fatta la tua volontà. E nell'umiliazione, nella fede e nell'amore, ecco, ho riconquistato ciò che avevo perduto così insipientemente. E quindi i tuoi disegni sono compiuti; i tuoi doni sono stati fruttuosi, e le grazie sono state corrisposte.
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Sintesi personale e profonda

Questa meditazione avrebbe bisogno di una riflessione un po' lunga. Fate una Visita al Santissimo Sacramento, ciascuna per suo conto, perché si tratta proprio di venir al rendiconto finale: Come mi troverò? Come sarà il mio incontro con il Signore? Potrò dire: Vi ho dato la gloria che aspettavate da me? Oppure: Ho sprecato dei tesori? Ho raggiunto la santità che dovevo raggiungere secondo le grazie soprannaturali e i doni naturali? Ho operato per le anime quanto aspettavate da me, oppure no? E invece di cento, forse ho dato novanta, e avrò dato anche solo ottanta o di meno. E ho promosso la divozione, il culto, l'amore al Maestro divino, efficacemente, proprio secondo lo spirito di san Paolo, lo spirito della Chiesa? Ecco, che possiamo trovarci così alla fine.
Questa adorazione sia molto profonda, perché se uno non va alle profondità della sua anima, non si troverà bene; ma se va alle profondità della sua anima e quindi ha umiliazione sincera, ha fede nella partecipazione dei meriti dei santi, di Maria e di Gesù; se ha un amore intensissimo, riparatore per quel che è mancato in sostanza, e ha un apostolato fatto in spirito soprannaturale e un culto devoto al Maestro Divino, ecco, noi possiamo mettere a posto i nostri svantaggi e possiamo livellare: tanto ho ricevuto, tanto ho dato. Cinque talenti ho ricevuto e cinque ne ho dati. E se ho sprecato, con la vostra grazia, con una maggior fede, con maggior amore e una maggiore umiliazione, il pareggio è di nuovo raggiunto. Perché? Perché dove è mancata la mia parte, c'è stata di nuovo la vostra. E canterò allora in paradiso doppiamente la tua misericordia: prima perché mi hai dato i doni, e poi - perché io ho sprecato - me ne hai dato degli altri. Ma in sostanza il «Fiat voluntas tua», la tua volontà, di fatto, [di] quando mi hai creato, è stata compiuta.
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Amore tra Figlie di San Paolo e Pie Discepole

Vorrei suggerire anche un'altra cosa adesso, cioè: fate una bella comunione domani mattina con questa intenzione. Vi è ancora un po' di strascico, del quale qua e là ogni tanto ho un accenno, un qualche cosa non del tutto pienamente contenuto e illuminato dalla carità fra alcune Figlie e alcune Pie Discepole. L'ho detto a loro, ora [lo] dico a voi: c'è ancora un po' di strascico. Ci sia solo l'amore fra tutte. Ci sia solo l'amore! E quel che dice l'apostolo san Paolo: «Che non siate debitori di nulla fuori di questo: amarvi» (cf Rm 13,8).
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* 37. Ariccia, 2 giugno 1961. Reg.: A6/an 123b = ac 194a. Stampato in SdC, pp. 309-316. Il titolo della registrazione è: “Le delegazioni regionali”. In realtà questo tema occupa pochi minuti della registrazione e il Fondatore procede con tutt'altro tema. Come nella prima edizione a stampa, anche in questa edizione il tema delle delegazioni viene unito alla istruzione sulle province immediatamente precedente e si dà pieno rilievo al tema centrale.

1 Le persone incaricate sono: Don Carlo Dragone (1911-1974), Don Guerrino Pelliccia (1912-1991), Don Cirillo Tomatis (1912-1988), Don Giuseppe Pasquali. La circolare San Paolo, di agosto-settembre 1959 pubblica il piano di lavoro sotto il titolo: “Schema di studio su Gesù Maestro”. Lo scopo della ricerca viene così espresso: «Il fine dello studio è la glorificazione di Gesù Cristo Maestro; Maestro in quanto è insieme Via, Verità e Vita; in cui ogni uomo raggiunge la sua più alta personalità e la umanità trova verità, giustizia, pace». Non si è bene identificato il quinto sacerdote, tuttavia in una lettera del 29 giugno 1961 Don Alberione così si esprime: «…Don Esposito fa un lavoro scientifico sopra Sant'Ireneo e il Maestro Divino. Pensiamo che sarà pubblicato a puntate» (Lettera n. 3732, ArSt SSP).

2 Su questo verbo calca la voce, quasi tremante.

3 Voce calcata.

4 Parola incerta, non si capisce bene la pronuncia.