Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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37. L'INFERNO37
1. Ieri sera abbiamo considerato la sentenza buona che il Signore darà all'anima buona, il suo ingresso in paradiso e la nostra beata eternità. La nostra fatica certamente avrà la ricompensa, perché Dio è fedele. Ma dobbiamo pure sapere la sentenza riservata a coloro che muoiono in peccato mortale. Chi si perde, si perde con cognizione, perché, chi non ha l'uso di ragione, né pecca né merita.
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2. Noi dobbiamo considerare la fornace di fuoco ove ardono ed urlano anime che non hanno corrisposto alle grazie. Ciascun dannato dirà: "sapevo la vita che facevo, io mi sono sottoscritto la sentenza". L'inferno è dunque il luogo dove il Signore castiga i suoi servi infedeli.
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3. Ogni uomo è sottoposto ad una prova, se la supera sarà salvo per sempre, ma se non la supera cadrà all'inferno. Le tentazioni sono di tre generi: contro la fede, contro la virtù, contro la preghiera.
L'inferno fu creato da Dio per gli angeli cattivi. L'inferno è il luogo dei sacrileghi, degli infedeli ai comandamenti ed ai voti, dei violenti, di chi non rispetta la persona, i beni, la fama del prossimo in cose gravi.
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4. L'inferno è la grande cloaca del mondo. La Geenna era una valle presso Gerusalemme ove ardeva un fuoco perenne per bruciare le immondizie della città. Alle volte nei viaggi si soffre ad incontrarsi con persone meno delicate. Che sarà l'inferno, ove si troveranno tutti i rifiuti!
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5. Quando l'anima esce dal corpo, si sente attratta da Dio come da una calamita, ma il peso dei peccati la trarrà in basso, ove non potrà mai contemplare il Padre Celeste, la Madonna, i santi, e gli angeli. Una voce le risuonerà sempre nell'anima: "Mai!". La sofferenza maggiore sarà il pensiero del paradiso: "Io, così favorito da Dio, mi sono perduto, e dopo una vita agitata, mi resta l'inferno". Vi sono anime che sono sempre agitate, soffrono per sé e fanno soffrire gli altri. I santi avevano sempre una gran pace, anche se perseguitati e contraddetti godevano una profonda pace.
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6. L'inferno è il luogo dei tormenti, vi sono raccolte tutte le sofferenze intense, spirituali e fisiche.
"Vermis eorum non moritur" (Is 66,24), "stridor dentium" (Mt 8,12): nell'inferno le ore sono interminabili e il pianto continuo molto peggio delle notti negli ospedali. I dannati piangono continuamente un pianto inconsolabile. Il pianto dei buoni quaggiù è detto pianto dei beati "Beati quelli che piangono" (Mt 5,5), ma il pianto dei dannati sarà senza alcun conforto.
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7. Nell'inferno la mente, la volontà, il cuore saranno in tremenda agitazione. Fuoco tutto intorno, fuoco nelle viscere, fuoco nel cervello! Tutti siamo in pericolo di cadere nell'inferno, in qualsiasi eccelsa vocazione. Il ricco Epulone che aveva negato una briciola di pane al povero Lazzaro, chiedeva poi una goccia d'acqua che non ebbe mai.
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8. L'inferno è eterno, se non fosse eterno non sarebbe inferno. Qualunque pena finisce quaggiù, là due parole sono scritte: "Sempre e mai". "In ignem aeternum!" (Mt 18,8) parola di Gesù Cristo. Se uno fosse condannato a starsene a letto per anni con dolori acuti, mentre tutti gli organi interni ed esterni gli dolgono, ed ha una sete e una fame che non può saziare, ancora è poco in confronto all'inferno. "Quando fossero passati tanti secoli, quanti sono i granelli di sabbia e le goccie d'acqua dei mari", dice s. Agostino, "sempre come daccapo".
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9. La disgrazia maggior è per coloro che si ritengono più sicuri, chi non teme finisce per cadere. La sacra Scrittura dice: "Beatus homo qui semper est pavidus" (Pr 28,14). Sconfinata fiducia in Dio, ma enorme sfiducia in noi. Il diavolo "tamquam leo rugiens circuit quaerens quem devoret" (1Pt 5,8).
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10. Ogni passione può diventare causa di peccato mortale, anche le più semplici, come il nervosismo e la curiosità, come l'orgoglio, l'impurità, l'ira. Dobbiamo avere paura di noi stessi! San Paolo diceva: "Io castigo me stesso per dominarmi affinché dopo aver predicato agli altri io stesso non divenga reprobo" (1Cor 9,27). E san Paolo era un santo, ricco di virtù e di pregi interni ed esterni.
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11. Il timore di Dio non è disperazione, esso ci chiede di reprimere l'orgoglio, di reprimere le ribellioni interne, di moderare gli occhi e lingua. San Agostino diceva: "Signore io tremo al pensiero che posso dannarmi: Domine hic ure, hic seca, hic non parcas... ut in aeternum parcas!". A poenis inferni, libera nos Domine!
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12. Un'applicazione al nostro apostolato. Parliamo dell'inferno secondo la teologia, perché non si renda ridicolo questo dogma. Le pene dell'inferno come i gaudi del paradiso sono spirituali e soprannaturali, per cui non si può farne una descrizione precisa. Ripetere spesso: "Se l'occhio tuo ti è di scandalo cavalo, e gettalo via da te" (Mt 18,9). E se chi ti scandalizza fosse anche persona carissima, abbandonala, perché è inutile farci illusioni: o camminare per la via del cielo sebbene stretta, ovvero prendere la via dell'inferno larga e comoda.
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13. Pensate a tutta la gente che prende la via dell'inferno e vi si ostina. Non pretendete di conciliare Dio e Satana, peccati e amor di Dio, luce e tenebre.
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14. Ognuna si esamini. Annunciate con libertà la parola di Dio: "Verbum Dei non est alligatum" (2Tm 2,9). Dite né più né meno la parola di Dio, perché il più non edifica e il meno non basta.
Recitiamo un'Ave Maria per ricorrere a lei in questo momento in cui ci sentiamo smarriti e nel timore vivo che ci ha invasi.

San Pietro - Massa Martana (PG)
settembre 1949

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37 Massa Martana (PG), San Pietro - settembre 1949