Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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14. COMPIERE IL BENE14
1. La vita spirituale, la vera santificazione richiede sempre due atti: allontanarci dal male ed unirci con Dio. Questo duplice atto costituisce la vera santità. Una figliola potrebbe essere impeccabile quanto a sacra liturgia, molto composta nell'atteggiamento tanto da essere considerata di ottima osservanza e intanto mancare della vera santità, che molte volte è unita alla semplicità del cuore: niente di eccezionale.
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2. Leggevo di san Gabriele dell'Addolorata che in vita non mostrava nulla di speciale e dopo la morte i suoi compagni si stupivano che divampasse tanta fama per la sua santità. Egli aveva un odio intenso al peccato ed una unione così tranquilla, serena, semplice con Dio da fare moltissimo cammino. Se leggete le vite delle sante Gerosa, Capitanio, Mazzarello, Rossello, vedrete quanta semplicità e bontà di vita. Niente di eccezionale, niente di rimarchevole, fuorché la grande bontà. Come a Nazaret: la Madonna lavorava nella sua casetta; Giuseppe nella sua botteguccia più o meno pulita, tramutava i tronchi in piccoli mobili ed arnesi di campagna, e Gesù lo aiutava. Estrema semplicità all'esterno, ma c'era grande fede, speranza, carità verso Dio e verso il prossimo. Questo era il divino.
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3. Il midollo della nostra vita spirituale sono le virtù della fede, della speranza, della carità. Vengono da Dio, dallo Spirito santo: "nisi quis renatus fuerit ex acqua et Spiritu sancto" (Gv 3. 3). La santità è sviluppare sempre più la fede, la speranza, la carità e il dolore dei peccati. Non ammazzare la gente per farla più santa. Semplicità, affinché non muoia la vera vita spirituale; non complicare, per tema di confondere la mente. Chi ha sincera volontà di farsi santo lo diviene senza eccessive difficoltà.
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4. La suora quando fa la sua professione rinunzia a tutto, e quando muore ciò che importa è che abbia con sé i meriti. Tanto sarete sante quanto crescerete nella fede, speranza e carità, che nella vostra vita trovano applicazione nelle costituzioni. Tanto per le suore come per i secolari, la santità è nella fede, speranza, carità che praticarono i santi: Caterina da Siena, Gemma Galgani, Teresa del Bambino Gesù. San Pietro dà al popolo di Dio questo titolo straordinario: "sacerdozio regale" (1Pt 2,9), e san Paolo: "Voi siete santi" (Rm 1,7).
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5. Fede. Quella fede che hanno praticato sulla terra Gesù, Maria, Giuseppe. La fede sia pratica e viva. Al bambino basta la fede infusa, che lui non conosce; ma per l'adulto è necessaria una fede capita, un "rationale obsequium". La nostra fede è basata su tre punti, che ci vengono ricordati da Pietro e Paolo:
- Dio esiste;
- vive nei pastori della chiesa.
- castiga il male e fa il bene; C'è Dio ed io sono la sua creatura. Se sono buono, il giorno della morte il Signore mi verrà incontro come un padre amantissimo.
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6. Questa vita è solo un periodo di prova, in questa visione tutto ha valore; alzarsi, mangiare, riposare, trattare col prossimo come immagine di Dio. La vita di fede è continua, poiché siamo figli di Dio e ci santifichiamo tanto nel pulirci le scarpe come nell'andare in chiesa. Un nostro sacerdote in Polonia fu per un anno e mezzo in prigione senza poter celebrare, senza breviario, senza comunione, ma si sentiva lietissimo e tanto vicino a Dio.
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7. Fede nel trattare coi superiori, con gli uguali, con gli inferiori. Sempre dipendenti, sempre umili, e non vivere mai in ozio, con alti e bassi. Credere che Iddio provvederà sempre a me, mi proteggerà, anche coi miracoli, se occorresse. Il Signore vede tutto, e ripagherà anche il freddo o il caldo che sopportiamo per lui.
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8. Speranza. La nostra speranza è in Dio, che ricompenserà anche un bicchiere d'acqua dato ad un povero, e darà grazie secondo il bisogno. Non c'è difetto per quanto inveterato che con la grazia di Dio non possa essere corretto. Speranza che togliendo sempre più i nostri difetti ed avvicinandoci sempre più a Dio ci faremo santi. Quando manchiamo di speranza, entra lo scoraggiamento. Non cercare il proprio capriccio ma la volontà di Dio. Vedere la vita nella sua vera essenza: un tempo concesso dal Signore per guadagnare il paradiso. Viviamo di vita soprannaturale. Spesso i nemici possono essere i parenti.
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9. La fede e la speranza ci fanno vedere che qui sulla terra abbiamo tutto in uso: in uso le vesti, il tempo. Usiamo tutto bene, e poi avremo un paradiso eterno.
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10. Carità. E' amare Dio, la nostra eterna felicità. E' unione con Dio, amore vero per il Signore che ci porta a far bene le comunioni, le visite, a purificare l'anima da ogni ombra di peccato. Aderire a Dio sempre, in tutto. Solo lui: piace a Dio, piace anche a me. L'amore a Dio non è far delle lacrime o andare in estasi, ma abbracciare tranquillamente, serenamente la piena volontà di Dio.
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11. La suora non è di se stessa, è di Dio fino in fondo: vita, sensi, lingua tutto del Signore. Allora ella progredisce e si perfeziona. Chi si impegna per essere buono dà a Dio il proprio frutto. La suora che si consacra a Dio dà a lui anche la pianta. Il corpo, la fantasia, il sentimento, l'aspirazione non hanno di mira che lo sposo celeste. Vi ho delineato in generale l'esercizio della fede, della speranza, della carità. Allontanarci dal male e aderire sempre più a Dio: ecco la vera vita spirituale, la vera santificazione.

Genzano (Roma) marzo 1949

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14 Genzano (Roma) marzo 1949