7. IL PECCATO: OFFESA A DIO E ROVINA DELL’ANIMA
Domenica di Quinquagesima, Ritiro alle ragazze, 1a Meditazione, Torino (SAIE), 4 marzo 19621
Leggiamo adesso il Vangelo di questa domenica:
Gesù prese in disparte gli apostoli e disse loro: Ecco, noi andiamo a Gerusalemme e là si adempirà tutto quello che i profeti hanno predetto riguardo al figlio dell’uomo. Egli sarà consegnato ai Gentili, sarà deriso, maltrattato, coperto di sputi e crocifisso, ma il terzo giorno risusciterà da morte. Gli apostoli non compresero nulla di queste parole, per loro era un linguaggio troppo oscuro e non ne afferrarono il senso.
Arrivati a Gerico, incontrarono un cieco che domandava l’elemosina sul ciglio della strada. Colui, sentendo passare la folla, domandò che cosa accadeva. Gli risposero che passava Gesù Nazareno. Allora si mise a gridare: Gesù, figlio di Davide, abbi pietà di me! La gente in testa cercò di farlo tacere, ma egli gridava ancor più forte: Figlio di Davide, abbi pietà di me! Gesù si fermò, lo fece venire vicino a sé e gli domandò: Cosa vuoi che io faccia per te? Signore, fa’ che io veda. Gesù replicò: Va bene, vedi, la tua fede ti ha salvato. Sull’istante il cieco ricuperò la vista e seguiva Gesù glorificando Dio. Alla vista di quel miracolo, tutto il popolo si mise a proclamare le lodi di Dio2.
Ecco quello che il Vangelo oggi ci propone a considerare. In primo luogo, la prima parte di questo testo del Vangelo
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parla della passione di Gesù. Gesù annunzia la sua morte, la sua crocifissione e la sua risurrezione: sarà consegnato ai Gentili, cioè i pagani, sarà deriso e maltrattato, coperto di sputi, flagellato e condannato a morte, ma egli il terzo giorno risusciterà. Contemplare in questo giorno il Crocifisso Gesù. E il frutto di questa giornata deve essere il frutto di riparazione alle innumerevoli offese che si fanno a Gesù, innumerevoli peccati che il mondo continua a commettere, tanti errori, tante eresie, tante bestemmie, tanti sacrilegi, tanta lotta contro Dio… l’ateismo poi è l’offesa più grande, il peccato più grave che si possa commettere contro Dio: e sono tanti gli atei, che magari sentono ancora il timore di Dio nel loro cuore, qualche cosa vi è ancora nella loro anima, ma almeno esteriormente, ecco, si dichiarano senza religione, senza alcuna fede in Dio, senza alcun pensiero, senza alcun pensiero di anima e di eternità.
Il peccato. Che cos’è il peccato? Il peccato è un’offesa fatta a Dio… Dio grande, Dio infinito, Dio che ci ha creati, Dio che ci ha redenti, Dio che ci conserva oggi in vita, che in questo momento potrebbe toglier la vita a tutti quelli che bestemmiano… Dio che aspetta il fine della vita per giudicar tutti, Dio che darà la sentenza: invito ai buoni al cielo, condanna ai cattivi all’inferno, i buoni in eterno felici con Dio, i cattivi in eterno con i demoni nell’inferno.
Ma ecco il peccato, ecco il peccato: contro i comandamenti, contro Gesù Cristo, contro i sacramenti, contro tutto quello che sa di sacro… e contro ognuno dei comandamenti, cioè l’osservanza dei voti e i giuramenti quando si trasgrediscono, la profanazione del giorno festivo, le rivolte tra figli e genitori, gli omicidi, i danni al prossimo, le calunnie, le disonestà, i latrocini, le bugie, gli inganni, i desideri cattivi, i pensieri cattivi acconsentiti… peccato. Il peccato è offesa a Dio che ci ha dato una legge, e l’uomo quando pecca si ribella. Dio vuole questo, e il peccatore scrolla le spalle: Che importa a me?. Vi sono anche dei figli che qualche volta, quando i genitori parlano, avvertono, richiamano, scrollano le spalle: Che importa a me?. Ma è un dispiacere… ma loro
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non si arrendono: se anche è un dispiacere ai genitori, è un dispiacere a Dio! Non si obbedisce, «non serviam, non obbedirò - diceva quel tristo -, non obbedirò a Dio3. Non si deve peccare… eppure stanotte si è peccato; e al mattino già quando stavo per celebrare la Messa sentivo per la strada… avevan passato la notte con vociacce, bestemmie… Oh, creati da Dio, siam figli di Dio: cosa si fa? Nessuno vuole obbedire alle sue leggi, dei mondani. Voi avete ascoltato, avete obbedito, e obbedendo anche largamente, venendo proprio al ritiro mensile per riparare i peccati del carnevale.
Il peccato, che cosa è? Il peccato non è solamente un’offesa a Dio, ma è la rovina dell’anima: se tu muori in quello stato, dove vai? Eternamente perduto… Il peccato è la rovina dell’anima: quando si fa un peccato grave, si perdono anche tutti i meriti già fatti, perché, avessi anche fatto una vita santa prima, una vita di pietà, di fedeltà a Dio, di meriti, se pecchi non vi è merito; e la morte, quando ti sorprende in quello stato… qual è la tua sorte eterna? L’inferno, perché il bene fatto prima non conta più, sì, perché intanto muori in [stato di] peccato. E chissà? L’altro ieri, mi riferiva una giovane, quanta pena: la nostra mamma l’abbiam trovata morta nel letto stamattina, non ha fatto sentir niente, non ha chiamato nessuno - si vede che è morta magari nel sonno -. Il giorno dopo Natale, ecco, un nostro sacerdote: al mattino dopo Natale non lo si aspettava a dir Messa in casa, perché doveva andare a confessare fuori in una comunità di suore. Non arriva ancora, erano già le nove… un dubbio, un timore che fosse ammalato… allora, subito in camera… era spirato, era anzi già salma, fredda. Eppure dormiva fra due sacerdoti, una camera di là e una di qua: nessuno aveva sentito chiamare. Eh, pericoli dappertutto.
Il peccato è la rovina dell’anima: allora non si capiscono più le cose di Dio, allora da un peccato si passa all’altro, da un peccato con l’altro si crea poco a poco l’abitudine, e si
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va avanti negli anni peccando. Cosa sarà di te? Tante grazie si son perdute… anche anime, fanciulle, destinate alla vita religiosa, hanno avuto la disgrazia di qualche triste incontro, magari di [aver] veduto qualche scandalo: la voce di Dio non la sentono più! Non la sentono più… e la loro vita sarà sempre una vita che il Signore non destinava loro - doveva essere un’altra - e vanno avanti per tutta la vita: non era quella la vita che il Signore voleva, era un’altra. Sei stata sorda all’invito, ma è il peccato che ha portato le tenebre nella tua anima. Il peccato ha dato la morte a Gesù crocifisso. Perché Gesù ha sudato sangue? Il sangue veniva da quel restringersi del Cuore alla vista degli orribili peccati che si commettono nel mondo; e allora infatti il sangue si concentra nelle vene e viene fuori l’acqua e sangue. Quanto ha penato Gesù per il peccato!
Gesù fu flagellato, e cioè fecero dei flagelli formati di corde intrecciate di piombo, di punte di ferro… flagellazione a sangue, fino a scoprire le ossa: le pratiche di disonestà del corpo, gli occhi, la lingua, il tatto.
Gesù incoronato di spine: un fascio di spine, quelle che vengono là in quei paesi della Palestina dove ho visto qualche volta, spine lunghe anche cinque centimetri, durissime… corona di spine posta sul capo di Gesù, e con un bastone farle entrare le spine nelle tempie, tutto attorno al capo e nella fronte. Anche la Sindone che c’è a Torino riproduce quella ferita della fronte, delle spine, spine lunghe: per i peccati di disonestà, per i pensieri cattivi, per i desideri cattivi, per le disobbedienze. Gesù ha sofferto questi dolori nel suo capo benedetto per scontare i nostri peccati.
E Gesù venne condannato a morte, portò la sua croce al Calvario e cadde tre volte nel cammino tanto era sfinito di forze, tanto era grosso il peso della croce, tanto sangue aveva perduto, e lo percuotevano ancora perché cadeva. Volevano che portasse la croce al fine, però che non morisse sotto di essa, e usarono una specie di astuzia quando fecero portar la croce al Cireneo.
Contemplare Gesù quando arriva al Calvario: gli strappano di dosso le vesti, e gli danno da bere aceto e mirra: ecco, per
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i peccati di ambizione Gesù ha sofferto nel mostrarsi così. Maria aveva tenuto il suo corpo beato4, fin dalla sua nascita, involvit eum [cf Lc 2,7]… lo avvolse. Gesù aveva lui portato la tunica fatta da Maria… e che peccati [ha portato] così? Peccati di ambizione, di ambizione, vanità. Abbeverato di aceto e mirra: per il gusto, per i peccati di golosità.
Il crocifisso. Le mani inchiodate: queste mani han mai peccato? I piedi: non son serviti ad andare in particolare dove non si doveva andare? Il costato: quel cuore ha amato sempre il Signore o ha amato delle cose cattive? E quando Gesù ti ha chiesto il cuore, gliel’hai dato o rifiutato? Gesù agonizza per tre ore sulla croce: pensare che tutto il corpo pende da pochi chiodi: che strazio!
E lo insultano ancora, e lo sfidano a discendere dalla croce: ma Gesù tace, sopporta… perché noi non sappiam sopportare niente, neppure sappiamo perdonare un’offesa… e Gesù sulla croce pregò proprio per quei che l’hanno crocifisso: Padre, perdona loro perché non sanno quel ch’essi facciano!. Gesù tanto misericordioso: due ladri eran crocifissi d’accanto al Salvatore Gesù, uno buono e l’altro cattivo, uno continuava ad insultarlo e l’altro: Signore, ricordati di me quando entrerai nel tuo regno; e Gesù gli risponde: Oggi sarai con me in paradiso. Il perdono che dà Gesù: sempre pronto a perdonare, anche se questo ladrone aveva continuato per un’intiera vita nel peccato, nel rubare e forse nell’uccidere per rubare. E dalle sue mani e dai suoi piedi discende il sangue, comincia la sete ardente, la febbre ardente dei morenti: chiamò una goccia d’acqua, ma gli viene dato dell’aceto, offerto dell’aceto. E così il sudore di morte e così il tremore che porta la febbre specialmente di un crocifisso.
Ecco, si dà ancora a sua Madre, poi si rivolge al Padre celeste: Nelle tue mani rimetto il mio spirito, e china la testa e muore [cf Lc 23,32-46].
Forse per sé? Forse per il suo peccato? Per il nostro peccato! Siamo noi la causa, siamo noi i colpevoli, perché, se
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voleva, egli si sarebbe liberato subito dai suoi nemici come si era liberato tante volte, ma volle morire per noi… cagione della morte del Divin Figliolo tuo Gesù5. Che cosa abbiam fatto quando ci siam decisi a peccare? […] Oh, allora, con il cuore ben pentito domandar perdono a Gesù di tutti i peccati che abbiam potuto commettere nell’interno dei pensieri o dei sentimenti, o nell’esterno, come quando è con le opere, nell’ambizione, nella golosità, nella superbia, nell’ira, nell’invidia, nella lussuria, nella golosità, nella pigrizia, nella tiepidezza, nella vanità… in famiglia, fuori famiglia… Quanti peccati! E Dio sopporta, ma non sopporta sempre, invita al perdono, ma non invita sempre! Finalmente aspetta che uno si converta e viva, e se non si converte e vive, ecco la morte. E se si va al camposanto, si guardano tutte quelle tombe [e] viene spontanea la domanda: di questi, che son qui sepolti, quanti sono entrati al cielo, sono già in cielo? Quanti forse dolorosamente, come Giuda, si trovano già nell’inferno?
Oh, allora, conclusione: […] buone confessioni, buone confessioni e proposito, non vivere con il peccato, perché vivere con il peccato è vivere sull’orlo dell’inferno; soprattutto non commettere più dei peccati! Ripensando a quali sono stati i nostri peccati, schivare le occasioni, adoperare i mezzi: preghiera, e poi dopo vigilanza, attaccarsi a Gesù... i peccati non più. San Savio Domenico: La morte, ma non il peccato, esclama, la morte, ma non peccati6! Quello che abbiamo già [come] proposito: non peccar più. Mio caro e buon Gesù, non ti voglio offendere più7, non peccar più; e se abbiam peccato, c’è ancora la misericordia, ma misericordia: presto Confessione con pentimento sincero, con volontà decisa di non peccar più!
[…]
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1 Nastro originale 121/62 (Nastro archivio 110c. Cassetta 110bis, lato 1. File audio AP 110c). Titolo Cassetta: “Prepararsi a vivere il mistero pasquale”.
2 Vangelo: Lc 18,31-43.
3 Letteralmente: “Io non servirò”. Questa espressione veniva applicata alla ribellione di Lucifero verso Dio e, per analogia, anche all’uomo che sceglie di disobbedire al suo Creatore. Cf anche Ger 2,20.
4 Parola incerta.
5 Espressione di una delle formule possibili dell’Atto di dolore, che il penitente recitava anche durante la Confessione sacramentale (cf Massime Eterne e pratiche divote del cristiano, Alba 1943, pp. 13.80).
Cf anche Preghiere, ed. 1957, p. 163; ed. 1985, p. 166.
6 Cf GIOVANNI BOSCO, Il beato Domenico Savio, Torino 1950, p. 25.
7 Dalla nota giaculatoria penitenziale. Cf Preghiere, ed. 1985, p. 110.