Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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47. SIAMO NOI RICONOSCENTI AL SIGNORE?
Tutto viene da Dio
Domenica XIII dopo Pentecoste, Meditazione,
Castel Gandolfo, 9 settembre 1962
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Il Vangelo di oggi ci insegna la necessità di una fede viva, e nello stesso tempo ci insegna lo spirito di riconoscenza; perché quattro sono i doveri che riguardano Dio, e cioè l’adorazione, il ringraziamento, la soddisfazione o riparazione, e poi la domanda, cioè la supplica, quando chiediamo le grazie.
Perciò il secondo punto del nostro culto verso Dio è il ringraziamento. Però il ringraziamento suppone che ci sia la fede, e cioè che pensiamo che tutto è di Dio, che tutto viene da Dio e che tutto deve andare a Dio. Se tutto viene da Dio, allora riconoscenza. E poi la riconoscenza ha un frutto per noi: porta l’amore, matura in noi l’amore, perché è facile amare chi ci ha amato e chi ci ama.

«In quel tempo: Recandosi Gesù a Gerusalemme, attraversava la Samaria e la Galilea. Entrando in un villaggio, gli corsero incontro dieci lebbrosi che si fermarono da lungi, in distanza. E innalzando la voce esclamavano: Gesù Maestro, abbi pietà di noi! E come egli li vide, disse: Andate, mostratevi ai sacerdoti. Ora avvenne che mentre andavano, furono mondati dalla lebbra. Ma uno di quelli, come vide che era guarito, tornò indietro lodando il Signore a gran voce; e cadde con la faccia a terra ai piedi di Gesù, ringraziandolo. E costui era un samaritano. Allora Gesù disse: Non sono stati guariti dieci: e gli altri nove dove
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sono? Non è stato trovato chi tornasse indietro e desse gloria a Dio, se non questo straniero. E gli disse: Alzati, va’, poiché la tua fede ti ha salvato»2.

Cioè, per la tua fede sei stato guarito.
Noi avremo da comprendere questo. Già c’è stata un’insistenza sopra questo punto della gratitudine, ma occorre che noi lo sentiamo sempre più questo impegno verso Dio: la riconoscenza.
Vi ringrazio di avermi creato, fatto cristiano, conservato… e condotto in questa Congregazione3. Questi veri doni, queste grazie essenziali, le riconosciamo? Perché alle volte, anche soltanto perché a una persona chiediamo il passo, oppure ci ha detto una parola buona, oppure ci ha fatto un piccolo dono, una caramella magari soltanto, sentiamo la riconoscenza… ed è dovere. Ma che cosa sono questi doni, questi favori, queste gentilezze, rispetto [a]: Averci creato? Non esistevamo. Quindi tutto, tutto viene da lui. E fatti cristiani: spiritualmente se abbiamo la grazia di Dio, le virtù infuse, fede, speranza e carità, e le virtù cardinali… E se il Signore ti ha conservato: eh sì, molti di quelli che son nati in quell’anno in cui ognuno di noi è nato, quanti son già passati all’eternità bambinetti magari, o fanciulli, eccetera! E condotti in questa Congregazione: l’aggiunta di tutto, il colmo di tutte le altre grazie… la vocazione!
Siamo noi riconoscenti al Signore? Se quella parola è di avermi conservato […]: perché se il Signore non ci sostiene ogni momento, cadiamo nel nulla! Non basta che egli ci abbia creato, e adesso noi vivere e continuare a sussistere, ad esistere senza di lui: eh, no! È come dire: Ho acceso la lampada e l’ho portata qui, e poi me ne vado: la lampada cade a terra! Ma se Dio per un momento non ci sostiene, non solo cadiamo a terra, ma non resta niente di noi, come c’era niente prima. Ed è lui che ci sostiene, ci mantiene, ed è lui
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che conserva in vita, anche quando noi diciamo delle parole magari non tanto sante; anche quando noi abbiamo dei desideri fuori di lui.
Gesù disse a santa Caterina: Io sono colui che è, ma tu sei il niente4; cioè Gesù il tutto, noi il niente. Perché dammi una piccola cosa che sia tua - può chiederci Gesù -, prova un po’: una cosa che non sia già mia!. Niente: tutto è già di Gesù, tutto è già di Dio! E anche fare un atto di gentilezza e anche dire un Deo gratias è già grazia di Dio! E abbiamo avuto questo sentimento e questo impegno della riconoscenza: Ringrazio di avermi creato, fatto cristiano, conservato, condotto in questo Istituto… e poi di lì ci son tutte le grazie particolari, individuali, che abbiamo ricevuto e che riceviamo ogni giorno. La preghiera più frequente deve essere il Deo gratias!
Le caratteristiche di questa virtù riconoscenza sono: primo, riconoscere che Dio è tutto, egli è l’essere, è tutto; e che noi siamo niente: quindi un sentimento di adorazione. Ti adoro, mio Dio…, Credo in Dio Padre onnipotente, creatore del cielo e della terra… allora c’è l’adorazione: Dio è il principio di tutto. Ma lui è anche il fine di tutto, e cioè lui solo è la beatitudine e il premio; e nella via, dal momento della creazione ad arrivare al premio, c’è tutta la serie di grazie che ci accompagna dal primo istante della esistenza fino a che chiudiamo gli occhi, non solo, ma chiudiamo anche la vita sul letto di morte. È adorazione: cioè riconoscere Dio principio e fine… egli.
Poi, oltre ad adorazione, ringraziamento. Ringraziamento anche delle stesse colpe. Vedete, se dico questo, quanto più
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si deve dire di ciò che è stato fatto bene! Delle stesse colpe: se il Signore ha permesso che noi facessimo degli sbagli, è perché non c’era altra via per farci capire che siamo niente! E quindi vuole che noi ci stabiliamo nell’umiltà: io son buono a niente, quel che ho è già tuo e io non ho da vantarmi di niente, anche solo un buon pensiero, anche se dico: Gesù, cioè il nome di Gesù, invocando Gesù… niente, ma proprio niente! E se qualche cosa c’è di bene in me, accettatelo, o Signore; ma accettatelo perché è già vostro. Quando Gesù viene nel nostro cuore per mezzo della Comunione, è da lui; e se è da lui, noi non dobbiamo far altro che riconoscerlo per nostro Dio e [riconoscere] che ci ha amato fino all’estremo […]. Chi mai tra di noi si farebbe mangiare da un altro? Gesù ha fatto un’invenzione di amore, un’invenzione di un amore che per noi, in parte, non è comprensibile. Ecco: riconoscere. Sempre ricordiamoci di questo: che quando santa Elisabetta disse a Maria: Benedetto il frutto del tuo seno, Maria non si compiacque, non disse neppure parole…, ma subito non nega il beneficio, non nega il privilegio: L’anima mia loda il Signore, lui che mi ha fatto queste cose… e ha veduto che io sono un niente ed è lui, però: ha fatto di me quel che ha voluto! [cf Lc 1,42.46-49]. La vera umiltà, il vero spirito di ringraziamento: tu lodi me e io mando la lode a Dio: L’anima mia magnifica il Signore.
Poi di conseguenza viene l’amore, quando c’è la riconoscenza vera! L’amore è amare chi ci ha amati… e non ci ha amati a parole: ci ha amati dall’eternità e ci ha creati, fatti cristiani, conservati e condotti in questo Istituto, in questa Congregazione. E poi tutte le grazie individuali, intime: ogni anima ha una storia, ogni anima una storia intima, spirituale, sì. Ora questa storia è duplice, sotto un certo aspetto, cioè ha due capitoli: le grazie da Dio ricevute; la corrispondenza alle grazie da Dio ricevute… quindi la riconoscenza, quindi l’impegno a far rendere le grazie che il Signore ci ha fatto.
Oh! Allora, ecco quello che dobbiamo oggi imparare, fra le molte altre cose, in questo tratto di Vangelo: abbiamo tanto bisogno di essere mondati dai difetti, come i lebbrosi; e abbiamo
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tanto impegno di riconoscenza; e abbiamo tanto di fede, spirito di fede, perché Gesù ha detto al lebbroso guarito: La tua fede ti ha salvato… ma la fede da chi è data? È da Dio, la fede! Con il Battesimo, le tre virtù infuse: fede, speranza e carità.
Ma, soprattutto, diventar gentili con Dio! Quando siamo superbi, crediamo di essere qualche cosa… non siam gentili con Dio! Ma è tuo? Dove lo hai preso? Te l’ho dato io!. La espressione più frequente nostra dev’essere il Deo gratias… il Gloria Patri, et Filio, et Spiritui Sancto… «Magnificat anima mea Dominum» [Lc 1,46].
Questa è verità o non verità? E se questa è verità, viviamo di questo pensiero: tutto è Dio, io sono il nulla… io sono un miracolo della bontà divina e niente altro. «Fecit mihi magna qui potens est» [Lc 1,49]: mi ha fatto grande il Signore e non me lo ero meritato! Primo, non meritavo la creazione perché non c’ero, non meritavo il Battesimo perché non lo potevo chiedere… ma se anche ho corrisposto alla vocazione, è già grazia, è un impegno di più che ho da Dio. Quindi ci deve portare tutto all’amore, all’amore, alla gentilezza con Gesù, a un buon galateo rispetto a Gesù, un modo delicato con Gesù… e quanti benefici poi individuali [concede] il Signore! Io sono colui che è, tu sei il nulla, tu sei colui che non è. Così, se arriviamo qui, e se arriviamo anche più avanti - che quello è elementare, è verità così filosofica che non ci vuole fede in sé: basta il ragionamento che siamo niente -, e che esistiamo e siamo sostenuti5 anche in questo momento dalla potenza di Dio, se esistiamo; ma anche più avanti, e cioè se abbiamo ricevuto tutte queste grazie… e poi il Signore non si è stancato di continuare le grazie nonostante la nostra poca riconoscenza e poca corrispondenza. Quanto ci ha amato il Signore!
Cosa chiediamo? Chiediamo la grazia di saper vivere la vita religiosa e immolarsi per Gesù. Maria ha accompagnato Gesù tutto il tempo della vita, ma specialmente si è affrettata
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a raggiungere Gesù sulla via del Calvario, quando seppe che era condannato a morte, e lo accompagnò; e con la crocifissione… ecco Gesù elevato sulla croce: per partecipare alla passione di Gesù, a condividere la passione di Gesù: «Et tuam ipsius animam pertransibit gladius»6 [Lc 2,35]. Se il Signore vi ispira, se il Signore ci ispira di condividere la passione di Gesù, avremo fatto un passo più avanti nell’amore.
Poi, quest’oggi, con Gesù Esposto, ditegli tutto quel che volete, tutto quello che nasce dall’intimo del cuore, e sentitelo: non è muto. Diciamo l’Atto di dolore per purificarci e così essere degni di sentire la sua voce; e poi aspettare, e particolarmente mirare a vivere Gesù proprio fino alla conclusione della sua vita: Nelle tue mani rimetto il mio spirito [cf Lc 23,46], «Consummatum est»7 [Gv 19,30]. Gesù, fa’ di me quel che vuoi in tutto: ma non teoricamente… ma nelle piccole cose! Perché teoricamente è lì, perché non si poteva pensare diversamente, è la teologia e la filosofia insieme, ma qui bisogna che nasca dall’intimo nostro. Anime che non sapevano granché, persone che non sapevano fare il loro nome, il cognome non [sapevano] scrivere, eppure sono arrivate a tanta santità! Il Signore aumenta sempre la grazia a chi è riconoscente.

Sia lodato Gesù Cristo.
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1 Nastro originale 137/62 (Nastro archivio 127b. Cassetta 127, lato 2. File audio AP 127b). Titolo Cassetta: “Vocazione all’amore”.

2 Vangelo: Lc 17,11-19.
3 Cf Le Preghiere del Cristiano, Vi adoro, mio Dio. Vedi Preghiere, ed. 1957, p. 13; ed. 1985, pp. 19; 30. Il PM cita di nuovo questa preghiera più avanti.

4 «Raccontava dunque la santa vergine ai suoi confessori, tra i quali, senza merito, sono stato anch’io, che all’inizio delle visioni di Dio, cioè quando il Signore Gesù Cristo cominciò ad apparirle, una volta, mentre pregava, le comparve davanti e le disse: “Sai, figliola, chi sei tu e chi sono io? Se saprai queste due cose, sarai beata. Tu sei quella che non è; io, invece, Colui che sono. Se avrai nell’anima tua tale cognizione, il nemico non potrà ingannarti e sfuggirai da tutte le sue insidie; non acconsentirai mai ad alcuna cosa contraria ai miei comandamenti, e acquisterai senza difficoltà ogni grazia, ogni verità e ogni lume” (Vita di Santa Caterina da Siena narrata dal suo Confessore il Beato Raimondo da Capua, tradotta dal p. Giuseppe Tinagli, Siena 1934, p. 138). Questo famoso testo è riportato anche nel volume del paolino ALFONSO PASQUALI, Santa Caterina da Siena, terza edizione riveduta e corretta, Roma 1943, p. 40.

5 Il PM dice: sosteniamo.

6 «E anche a te una spada trafiggerà l’anima».
7 «È compiuto!».