19. LE CONDIZIONI DELLA PREGHIERA:
la perseveranza, l’umiltà, la fede
Ritiro Mensile, 2a Meditazione, Torino (SAIE), 26 maggio 19621
La preghiera. La preghiera è la cosa che ci ha raccomandata il Signore con maggiore insistenza. Perché? Perché è come l’alimento: se uno mangia, si tiene vivo in forze; se uno non mangia, non si nutre e non si […]2. Allora il Signore insiste: È necessario pregare sempre e mai tralasciare, oportet semper orare et numquam defi[cere] [cf Lc 18,1]. […]
Però stasera consideriamo le condizioni della preghiera. […] Vuol dire che si doveva pregare notte e giorno. Ma - diciamo - bisogna sempre mangiare: e mica che voglia significare che mangiamo notte e giorno! Ma vuol dire costantemente: che uno si nutra oggi, domani, in questo mese, in un altro mese… sempre nutrirsi, nutrirsi a sufficienza.
Perseverare! Gli incostanti non hanno la vera pietà; la vera pietà ha la condizione della perseveranza. Tutte le pratiche che ci sono secondo le Costituzioni: quotidiane, settimanali, mensili, annuali. Quotidiane, che già le fate sempre; settimanali: le Confessioni e la seconda Messa e lo studio del catechismo in domenica o altro giorno; poi il ritiro mensile e l’adorazione a Gesù Maestro; poi le preghiere, le pratiche annuali
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che sono le nostre festività - Gesù Maestro, Regina degli Apostoli, san Paolo -, e gli Esercizi Spirituali, grande preghiera, preghiera di otto giorni. Far tutte le pratiche di pietà.
Oh! Qualche volta siamo tentati di interrompere. Allora che cosa bisogna fare? Se è stabilita un’ora, andiamo fino al fine; e se siamo tentati di interrompere, facciamo così: invece di sessanta minuti, ne faremo sessantatré, sessantaquattro, sessantacinque, perché a poco a poco ci abituiamo ad essere fedeli, costanti, [a] perseverare.
Un giorno Gesù disse ai suoi discepoli: se uno di voi andasse da un amico a mezzanotte a dirgli: Amico, prestami tre pani, perché mi è arrivato adesso dal viaggio un ospite e non ho nulla da dargli da mangiare. Se l’altro rispondesse di dentro: Non disturbarmi ché ho già chiuso la porta, i miei figli sono già a letto con me, non posso alzarmi per accontentarti; ma se continuasse a battere l’altro alla porta, se non proprio per amore dell’amico, almeno per levarsi quella seccatura si alzerebbe per dargli i pani richiesti. Pertanto vi dico: domandate…, eccetera [cf Lc 11,5-10]. Poi Gesù ha ancor fatto un altro paragone, dicendo così: C’era una donna la quale era rimasta vedova e aveva ricevuto dei torti - per cui non le era stato dato quello che era di suo diritto -, ed ella andava dal giudice perché le facesse le ragioni; ma il giudice, che era negligente nel suo lavoro, nella sua professione, la rimandava senza curarsi… e lei ritornava e una e due e dieci volte. Ad un certo punto, quel giudice seccato dice: sebbene io non temo né Dio né gli uomini, tuttavia per togliermi questa seccatura l’ascolterò e farò quel che mi domanda [cf Lc 18,2-5]. Oh! Il Signore non è che egli ci esaudisca per togliersi una seccatura, no! Ma il Signore ci fa perseverare nella preghiera, vuole che preghiamo, che perseveriamo, perché preghiamo esercitando la umiltà, esercitando lo spirito di fede… che diamo prova e che, nello stesso tempo, ci si metta la buona volontà! Picchiate e vi sarà aperto [cf Lc 11,9]. Oh! Perseverare nella preghiera.
Quali tentazioni alle volte? Un po’ nella meditazione: alle volte ci si stanca; un po’ in altre orazioni: vi sono orazioni in
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cui si è più soggetti agli scoraggiamenti, alla stanchezza… è lì il momento opportuno. Poi occorre notare di non cadere in certi periodi di freddezza, tiepidezza, rilassamento. Occorre ben distinguere, però: vi è la stanchezza che non è la rilassatezza, cioè quando, avendo compìto molto lavoro o essendo debole di salute, eh, il fisico non resiste oltre un certo limite; allora non è tiepidezza. Neppure si può dire sempre che la tiepidezza sia un castigo di Dio: no, questo non pensiamolo! Neppure si può dire che sia colpa nostra, perché tante volte non dipende proprio da noi. E, tuttavia, bisogna ancora aggiungere che qualche volta è colpa nostra: quando cioè noi non ci siamo sforzati abbastanza, quando noi non scuotiamo la pigrizia, quando noi non cerchiamo il raccoglimento. Allora conviene parlarne per non cadere in errore, manifestando quello stato, e per sapere un consiglio, un giudizio da chi ci vuol bene: se noi ci inganniamo, cioè se dipende da noi quella tiepidezza oppure dipende soltanto da circostanze esterne o da stanchezza, dal fisico in sostanza: e allora la preghiera è sempre valida come se la facessimo in un gran fervore. Perseverare.
Un anno si fanno quei determinati propositi [e] tutto l’anno si prega per quei propositi. Si prega così: l’esame si fa su quei propositi, l’esame di coscienza; poi, quando si fa la Comunione, si presentano al Signore quei propositi, si domanda la sua grazia; poi, quando ci si va a confessare, si parla, si accusa se vi è da parte nostra qualche responsabilità, qualche mancanza. In sostanza, fatti i propositi, rinnovarli, far l’esame di coscienza e poi dopo, ogni volta che andiamo a confessarci, sempre che li vediamo: ho osservato i miei propositi? È tanto bene che si faccia una annotazione nel libretto: così da un anno all’altro si conserva il libretto, e il libretto si può rileggere o tutti i giorni, rinnovando i propositi, oppure una volta alla settimana per la Confessione, o una volta al mese nel ritiro mensile. Perseverare! Abbiamo bisogno di certe grazie che son necessarie, e allora continua[re]3… Ma fino a quando? Se la grazia è la santificazione, fino al termine
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della vita! E tutti i giorni le stesse insistenze ci siano. Ma mi stanco!: e dico, se quello dipende dal fisico, non possiamo pretendere che il fisico non si stanchi, no? Ma quando dipende da noi, perseverare. Inoltre, e cioè dopo, la perseveranza dove sta? Perseveranza: quando si intraprende una cosa da fare, tutti i giorni tornarci sopra, sempre… non so se questo concetto è sempre capito. Vedete, si voleva in Alba costruire la chiesa del Divin Maestro Gesù Cristo. Ma quante peripezie e difficoltà sono nate nel corso! Dal 1917 a terminare quando? Terminare nel ’38… e non ancora del tutto finito; anche in seguito, ancora si è lavorato. Ma quel continuo andare e venire, e andando recitare un rosario, e tornando con un’altra terza parte di rosario: anni, anni ed anni. Poi è venuta anche un’intimazione di fermare i lavori, e allora senza fermarsi i rosari: i lavori si sono arrestati ma si è continuato a pregare e pregare… e la cosa, si può dire, terminò. Ma dal ’17 al ’38 c’è un certo numero di anni, bei… più di venti anni, ventun anni4. Così nelle altre opere che intraprendiamo a fare: allora [il] rosario per quello, poi di nuovo per quello, poi sempre per quello! Perseverare. E se è da vincersi una passione, c’è l’orgoglio: chieder l’umiltà, l’umiltà, l’umiltà… un anno, cinque, dieci, quindici, venti! E tutti i giorni si acquisterà un pochettino, e poi si ricade e poi ci si riprende; quando non si cessa di pregare, ognuno sente di dover combattere e lottare e continuare il lavoro suo spirituale. Ecco, dunque, perseveranza.
Ma ora ho detto umiltà. Sapere che abbiamo bisogno di Dio! La grazia da noi non possiamo meritarla: domandiamo solo in misericordia che il Signore ce la conceda. Perché la grazia è cosa soprannaturale: dipende quindi dalla misericordia di Dio. La grazia è la vita spirituale in noi… e allora possiamo darcela noi? Non si tratta di nutrirci un po’ di più, ma si tratta di un dono di Dio e noi, siccome non abbiamo nessun diritto, dobbiamo presentarci a lui come dei poveri e confessare almeno tre cose.
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Io sono nulla, e di me non ho altro che il peccato, di me non ho altro che il peccato: quindi, umiliazione.
Secondo: sono indegno, indegno perché ho già nella mia vita tante volte mancato di corrispondenza alla grazia, tante volte: mancato di corrispondenza alla grazia; e se il Signore adesso mi ha non dico tolto, ma mi ha diminuito le grazie? Eh, non dipende da Dio ma dipende da me.
Terzo: confessarsi che siamo ignoranti, che siamo poveri, che siamo deboli davanti ai pericoli, davanti alle tentazioni, che siamo sempre incostanti… confessare le nostre necessità. Quando si ha bisogno di essere ricoverati in un ospedale, diciamo di beneficenza, quando taluni hanno bisogno di elemosina, che cosa fanno? Ho bisogno di essere ricoverato in ospedale per beneficenza, e descrive i suoi mali, le necessità e porta magari dei certificati dei medici che ha bisogno di quello; e per quanto può, insiste sopra i mali, perché negli ospedali accettano quelli che hanno più mali, più bisogno… Se noi descriviamo le necessità di una famiglia, maggiori sono le necessità e più facilmente otteniamo il soccorso. Gli infelici che si mettono per le strade e cercano di dimostrare le loro necessità: se un braccio non gli serve oppure è stato tagliato, perduto quel braccio, e magari si mostrano gli abiti sdruciti, fanno in maniera di muovere il cuore a compassione… Ecco l’umile: davanti a Dio dobbiamo mostrare i nostri bisogni! Qui è tanto bene espresso questo nel Patto o Segreto di Riuscita: siamo ignoranti, deboli, poveri, eccetera… e tutta la nostra fiducia: in Dio! E allora ci impegniamo a far tutto alla gloria del Signore, ma confessiamo le nostre miserie, le nostre insufficienze: l’umiltà. Deus superbis resistitit, humilibus dat gratias [Gc 4,6; 1Pt 5,5; cf Pr 3,34], Dio resiste ai superbi, agli umili dà la grazia.
Poi, in terzo luogo, ci vuole la fede, ci vuole la fede. Sapere quanto è buono il Signore, quanto è buono il Signore! Aver fede. Gesù domanda a quel lebbroso: Che cosa vuoi?, Eh, domando la guarigione [cf Mc 1,40-42]. Che cosa vuoi?, dice al cieco; Che io ci veda!, risponde l’altro; e Lo voglio, risponde
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Gesù, ecco, e lo tocca e va a casa sano [cf Mc 10,51; 8,23-26]. Fede. Fede che se noi chiediamo a lui le grazie che sono necessarie per la nostra anima, per la nostra santità, chiediamo le grazie che riguardano la sua gloria, siamo sicuri che ci esaudisce il Signore, siamo sicuri che la nostra preghiera è accetta. Non è così di tutte le grazie materiali, ma riguardo alle grazie spirituali… Ma se chiediamo sempre fateci santi, alla fine ci riusciamo, se lo diciamo con fede. Persone anche alle volte religiose che non si dispongono bene a questo riguardo: Oh, io santo!?, come per dire, quasi che pensano che sia superbia volersi far santi. E no, ci ha creati ut essemus sancti [Ef 1,4], così, perché diventassimo santi: non c’è dubbio che il Signore lo voglia. Vuole che da nostra parte ci mettiamo quanto abbiamo di possibilità, di forze, sì; ma chi ha buona volontà e chi insiste quotidianamente, e con la buona volontà mette la preghiera, riuscirà. Poiché due son sempre gli elementi per farci santi: preghiera e buona volontà, grazia di Dio e sforzo nostro.
Tre dunque sono le condizioni per essere esauditi, e cioè perseverare usque ad finem5; umiliarsi: humilibus dat gratias; e poi pregare con fede, così pregare con fede: pregare e domandare con fede. Gesù domandava talvolta: Hai la fede?. E uno aveva risposto: Sì, ho la fede, ma ho una fede un po’ debole, insuffi[ciente]: Adiuva incredulitatem meam6 [Mc 9,23], aumenta la mia fede, sì. E Gesù, dopo aver compìto certi miracoli, aver concesso certe grazie che gli venivano chieste: Va’, la tua fede ti ha salvato [cf Mt 9,22; Mc 5,34; 10,52; Lc 7,50; 8,48; 17,19; 18,42]. Fede ci vuole.
Domandano benedizioni, vogliono che la benedizione abbia l’effetto per mezzo di chi e da chi viene data la benedizione. No!, sei tu che metti la fede, tu che meriti la grazia; quindi, metti la fede e la fede ti farà salvo e ti farà santo.
Sia lodato Gesù Cristo.
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1 Nastro originale 126/62 (Nastro archivio 114b. Cassetta 114, lato 2. File audio AP 114b). Titolo Cassetta: “La preghiera fiduciosa”.
Sulla custodia del Nastro originale è scritto che la prima meditazione di questo ritiro non è stata registrata. Quindi, questa è la seconda meditazione del giorno.
2 Breve interruzione del nastro magnetico qui e nella frase immediatamente successiva. Interruzione più lunga dopo le parole: “…condizioni della preghiera”.
3 Parola incerta. Potrebbe aver detto: coltiva[rle].
4 Cf AP 1961, p. 258.
5 “Fino in fondo”.
6 “[Credo;] aiuta la mia incredulità!”.