49. IL ROSARIO È IL GRAN MEZZO PER LE GRAZIE QUOTIDIANE
Il progresso spirituale
Meditazione, Torino (SAIE), 6 ottobre 19621
Oggi primo sabato del mese e domani festa del Santo Rosario, festa speciale di seconda classe. Oh, il rosario.
Già abbiamo ricordato ieri2 [che] il rosario in generale serve per richiamare il grande pensiero: perché vivo? che cosa faccio sulla terra? quale eternità mi preparo? Come hanno speso la loro vita terrena Gesù, Maria?
L’insegnamento generale del rosario è questo: richiamare il concetto della vita in cui poi si riassumono le altre verità, dalla prima all’ultima, le verità del Credo: Creatore e Signore, ci ha creati; e chi segue Gesù, segue la Chiesa, vitam aeternam possidebitis [cf Mt 19,29], arriviamo alla vita eterna: credo la vita eterna.
Oh, i misteri gaudiosi: che cosa ci insegnano i cinque misteri presi insieme? Ognuno potrebbe essere meditato e bene, con frutto… ma nell’insieme? Ci rappresentano questi misteri la vita di Gesù e la vita di Maria privata… vita privata, vita di famiglia, vita interiore, vita di vera santità, di preghiera, di carità, di lavoro, di progresso spirituale. Maggior parte del tempo che passiamo non è nella società, è nella vita nostra privata: e allora santificare questa vita. E che cosa facevano Gesù e Maria? Di Gesù è detto: «Proficiebat sapientia, et
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aetate, et gratia»3 [Lc 2,52], progrediva, e Maria progrediva. Progredivano, cioè si santificavano queste due già santissime persone, si santificavano sempre più. Di Gesù è detto: «Proficiebat sapientia, et aetate, et gratia».
Primo mistero, l’Annunciazione: è Maria che accetta la sua missione. Secondo mistero: Maria va a visitare e servire santa Elisabetta per tre mesi, data la sua età e le sue circostanze: servizi. E nasce Gesù: e nasce nella più squallida miseria, in una grotta: che umiliazione! E poi come Gesù e Maria compiono quel rito di Presentazione al tempio, e riscatto del figlio secondo la legge mosaica. E Maria e Gesù che vanno alla sinagoga nel sabato, Maria e Gesù e Giuseppe che vanno al tempio nelle festività secondo [come] era prescritto - anche qui - dalla legge mosaica, legge antica. Vivevano serenamente non una vita che fosse straordinaria, ma una vita semplice. Maria si presentava come la giovane, come la madre, come la donna del suo tempo; e Gesù faceva il suo mestiere con tutta semplicità. La vita semplice, cosicché nessuno aveva sospettato di quel che c’era in quella casa: il Figlio di Dio incarnato, il Messia; e Maria la Madre di Dio; e Giuseppe, fino a una certa età di Gesù, Giuseppe che aveva fatto tutta la vita quel mestiere. E Maria e Giuseppe trattavano con la gente, come trattò Gesù, con semplicità. Il sabato andare alla sinagoga, bontà con tutti… ma nessuno sospettava, tanto che quando Gesù si mostrò credettero che, proclamandosi il Messia, fosse diventato pazzo e volevano precipitarlo da una rupe [cf Lc 4,14-30].
La vera santità non fa chiasso, non pretende particolari comunicazioni con Dio, non pensa né a visioni né a discorsi con Dio straordinari. Dice il libro de La vita interiore: Vale più un umile atto di obbedienza che tutte le visioni, fossero anche diecimila4; un atto di obbedienza che mostra l’amor
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di Dio vale più che diecimila visioni. Quindi, mai dare importanza a queste e camminare nella serenità e semplicità, e come i peccatori che han da picchiarsi il petto e come devoti servi di Dio. Così i tre grandi santi… possiamo dire così: santissimo Gesù, santissima Maria, santissimo san Giuseppe… è tutta la semplicità. Sotto l’azione di Dio, seguendo la propria vocazione ciascheduno nella sua condizione, ma sono i cuori che fanno i santi, i cuori santi fanno la vita santa, cioè la virtù interiore.
Anime che così… sono tanto difficili nel cercarsi un confessore: ma dite semplicemente i vostri peccati e basta! Ciò che importa è l’umiliarti entro di te e avere il pentimento e i propositi fermi. Poi l’assoluzione vale: è il sacramento, e aiuta. E… ma mi farebbe la predica!. Ma se stai anche un’ora e mezza al confessionale! Va’, prendi il libro e leggi. Ma ciò che importa sei tu che decidi il frutto della Confessione. Qualche volta si vuole soltanto perseguire un fine umano: non confondiamo l’umano con il divino.
Oh! Poi venne la vita di apostolato per Gesù: e sì, la compì perfettamente la sua missione. E poi vengono i misteri dolorosi: e noi avremo nella vita tutti delle prove.
Un bell’ideale… e vogliono farsi sante! Ma la santità è fatta di fede e di speranza e di carità! Non fatevi delle idee strane. [Ci vuole] una fede profonda; una fiducia serena, cioè una speranza serena nei meriti di Gesù Cristo, nella sua grazia per vivere bene; e [vivere] nell’amore di Dio e nell’amore del prossimo. Generalmente i santi non son conosciuti in vita come tali, neppure [da] quei che stanno attorno [a loro], perché la santità è così semplice ed è così profonda nell’animo che esteriormente non si fanno cose straordinarie, cose eccezionali: le cose ordinarie ma in un modo non ordinario, cioè per fede, in umiltà, in amor di Dio. Il concetto della santificazione è così facile ad essere pervertito, guastato. La vera santità sta in questa fede viva, per cui si fan tutte le cose per Dio, per il paradiso; e si guarda la vita come mezzo per guadagnarsi il paradiso, e le giornate come mezzo per guadagnarsi i meriti!
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E poi la fiducia nei meriti di Gesù Cristo, non nei nostri; perché, se noi facciamo bene, Gesù aggiunge la sua grazia, altrimenti l’opera nostra non varrebbe, non varrebbe per l’eternità. E poi questo amore a Dio, cioè il compiere il volere di Dio, che è la prova del vero amor di Dio: la piena conformità al volere di Dio.
E vengono i cinque misteri gloriosi: ecco il paradiso eterno! Gesù risorge, Gesù siede alla destra del Padre: allora, ecco la vita che è interminabile, eterna!
Potevamo non essere creati e non esistere ma, giacché siamo creati, l’anima nostra non muore più e occuperà in tutta l’eternità un suo posto, o paradiso o inferno. E… ma da chi e come? Dipende dalla nostra volontà: siamo liberi e possiamo fare il male, e perderci; e anche se uno avesse già avuto una gioventù buona, poi se travìa… E possiamo guadagnarci un bel posto in paradiso come han fatto i santi e tante persone giuste: e beato l’uomo il quale ha subìto le prove ed è riuscito vittorioso: «Accipiet coronam vitae» [Gc 1,12], e riceve la corona del paradiso.
Rosari ben detti: quella corona è un gran mezzo per le grazie quotidiane, per il progresso spirituale, per la vera santificazione. Il rosario si dice, si dice bene, si meditano i misteri… Quando una persona è defunta, si sistema la salma, la si riveste, la si espone, e generalmente si mette fra le mani, come mani giunte… il crocifisso nelle mani e la corona… oh, quando si tratta di persona che era cristiana. La corona è testimonio dei rosari detti perché, se fa figura ma non si era detto il rosario, a che serve? Non ne guadagna più nessun merito il defunto; ma se aveva detto i rosari, la corona è testimonio dei suoi rosari: che ha amato la corona. Si sistemava la salma di una persona buona e che veramente era divota di Maria… e due persone o tre che sistemavano la salma: Ecco - dice uno - porta la corona, questa è nuova… bisognava mettere quel che è bello, quel che è nuovo. E l’altro risponde: No, no! Prendiamo la sua corona. Vedi nelle tasche
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dell’abito. E l’altro la porta. Ecco, questa sì che va… vedete come mostra di essere usata questa corona? E vuol dire che è testimonio della sua divozione a Maria e dei rosari. E gli sta bene qui! E questi rosari già avran parlato presso il trono di Dio, quando l’anima si è presentata al Signore!. Ma certe corone cosa dicono? Dicono niente! È come mettere un’altra cosa la quale è sempre, se è il crocifisso o la corona, è sempre un segno di religione… ma testimonia e corrisponde, dice la verità che questa persona ha usato molto la corona? Eh, così: recitar bene la corona, recitarla sempre; se si può, non solo la terza parte. Ma soprattutto riflettere e presentarsi a Maria umilmente: Siamo peccatori ma figli tuoi5. Ricordatevi o piissima Vergine Maria che non si è mai udito al mondo che alcuno sia ricorso a voi, abbia invocato la vostra misericordia e sia stato abbandonato - questo non lo si ricorda al mondo -. E animato io da tale fiducia, a voi vengo, a voi ricorro, o Vergine delle vergini… o Madre del Verbo divino, incarnato, ascoltami, non abbandonarmi… ascoltami ed esaudiscimi, o Maria!6. Così dice la corona, quando l’abbiamo in mano e la recitiamo, e si è sicuri che questa Madre non ci dimentica ogni volta che noi umilmente la chiamiamo. Non dico un’Ave Maria senza che mi corrisponda una grazia, diceva quel santo; e cum dico Ave Maria diabolus fugit, e quando dico l’Ave Maria il diavolo se ne va7, perché Maria calpesta la testa al diavolo [cf Gen 3,15].
Sia lodato Gesù Cristo.
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1 Nastro originale 139/62 (Nastro archivio 128a. Cassetta 128, lato 1. File audio AP 128a). Titolo Cassetta: “Il rosario e la nostra vita”.
2 Nel qMV risulta una meditazione del PM il 4 ottobre, di cui non abbiamo l’audio.
3 «Cresceva in sapienza, età e grazia».
4 Cf AMATO DAGNINO, La vita interiore, op. cit., pp. 371; 981-983. Questo manuale di teologia ascetico-mistica, pubblicato dalle Edizioni Paoline, divenne “un classico” della spiritualità; la quarta edizione (1968), riveduta e corretta in gran parte dopo il Concilio Vaticano II, assunse il titolo La vita cristiana o il Mistero pasquale del Cristo mistico secondo la Rivelazione, studiata dalla Teologia e insegnata dalla Chiesa.
5 Inizio del ritornello del canto tradizionale: Immacolata, Vergine bella.
6 Orazione di san Bernardo. Vedi p. 26, nota 6.
7 Cf ALFONSO MARIA DE LIGUORI, Le Glorie di Maria, II, IV, 1-2. In questo paragrafo sulle parole: A te ricorriamo… della Salve Regina, sant’Alfonso cita il pensiero di molti padri, autori e mistici riguardo l’affidamento e l’invocazione del nome di Maria. Per esempio: «Riccardo di San Lorenzo dice che […] Maria si affretta a dare il latte della sua misericordia a chi la prega e aggiunge che la pietà di Maria si effonde su chiunque la domanda, anche con una semplice Ave Maria»; «Dice il beato Alano: “Fugge il demonio e trema l’inferno quando dico: Ave Maria”».