46. L’ONNIPOTENZA DI DIO È PERDONARE E COMPATIRE
Umiltà e superbia in noi
Domenica X dopo Pentecoste, Meditazione, Castel Gandolfo, 19 agosto 19621
L’umiltà e la superbia: viene ricordato questo dal Vangelo2. L’umiltà che attira le grazie e la santità, e l’orgoglio che allontana le grazie e ci lascia cadere in innumerevoli difetti. Il Signore è onnipotente, ma la sua onnipotenza si manifesta di più con la misericordia, cioè perdonando, che non creando i cieli e compiendo i miracoli.
Perché, il peccatore che si ostina, che rifiuta la grazia, si oppone alla volontà di Dio: uomo libero… si oppone e non gli permette di entrare in noi e cioè di perdonarci, di convertirci, di attirarci a sé, quando noi ci opponiamo al suo volere. Se invece il Signore ordina ad una montagna di muoversi di lì e andare nel mare, la montagna non si oppone. È solo l’uomo libero che si può opporre al volere di Dio. Come siamo, diciamo, sotto un certo aspetto, infelici! - felicissimi in quanto il Signore ci ha creati liberi, per cui possiamo meritare; ed è solo per la libertà che noi possiamo meritare: scegliamo cioè la volontà di Dio, che è l’amore, che è l’amore… aderire alla sua volontà -. Ma è un’occasione di tanto male! E gli angeli in paradiso, quelli creati, messi alla prova: e una parte abusò della libertà, ed ecco precipitò nell’inferno [cf Gd 1,6]; ed Adamo ed Eva usarono della libertà e mangiarono il frutto
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vietato abusando della libertà [cf Gen 3,1-7]: solo l’uomo si può opporre ai disegni di Dio! Pensiamoci, perché qualche volta non lasciamo camminare Dio, le sue opere. E allora che cosa ci vuole? Signore, abbi misericordia! Signore, dammi le grazie, ma specialmente la grazia di essere docile alla grazia, di corrispondere cioè.
Ne abbiamo di grazie. Quante? Eh, una quantità innumerevole di grazie! Cominciando dalla creazione, perché non esistevamo neppure, quindi meritavamo niente… non potevamo esistere. E con questo? E con questo - che [in] tutto siamo effetti della misericordia di Dio -, qualche volta noi, invece, ci opponiamo ai disegni di Dio, e crediamo di aver fatto noi quando invece ha fatto Dio… e noi abbiamo guastato un po’ le sue opere, perché quando ci entra il nostro io… eh! come si oppone a Dio!
In quel tempo, disse Gesù questa parabola - a chi la disse? questo è il punto: a chi la disse questa parabola? - ad alcuni che si ritenevano giusti - cioè santi - e così disprezzavano gli altri. E la parabola qual è?
Due uomini salirono al tempio per pregare. Uno era fariseo - quelli che erano i farisei, lo sappiamo, e cioè gente che si credeva santa - e l’altro era pubblicano - come gente peccatrice, cattiva. Oh, ma cosa avvenne? - Entrò il fariseo, il quale stando in piedi - eh!, comincia a stare in piedi, non si curva, non s’inginocchia in umiltà - pregava così - e le sue parole riflettono il suo intimo, cioè il suo orgoglio: Signore, ti ringrazio, perché non sono come gli altri uomini - ah, ecco! lui faceva eccezione! - gli altri: ladri, ingiusti, adulteri, ed anche questo pubblicano - indicando quel pubblicano che stava in fondo al tempio, pregava in umiltà. E poi faceva risultare le sue virtù -: io digiuno due volte la settimana, e dò le decime di quanto ho, cioè di quanto possiedo. Che preghiera era questa? È una supplica? È una lode a se stesso, che faceva il fariseo! La preghiera, invece, del pubblicano, come era stata? Il pubblicano, stando lontano - quindi non osando avvicinarsi all’altare -, non osava neppure levare lo sguardo in
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alto, ma si percuoteva il petto, dicendo: Signore, sii clemente e misericordioso con me che sono peccatore. Ecco il primo simbolo dell’orgoglio: gente che si crede a posto con Dio e con gli uomini. E qui un uomo il quale riconosce i suoi torti, i suoi peccati e confida… il punto è questo, non si dà alla disperazione ma confida: Sii misericordioso con me, «propitius esto mihi peccatori».
Qual è stata la conclusione di queste due preghiere, quella del fariseo e quella del pubblicano? Orbene, io vi dico - dice Gesù - che costui, il pubblicano, ritornò a casa sua giustificato, cioè santificato, a differenza dell’altro che tornò a casa con un orgoglio maggiore - quindi una disposizione contraria alla grazia di Dio -, poiché chi si esalta sarà umiliato, e chi si umilia sarà esaltato. Sarà umiliato, in che modo? Sarà povero di grazia, povero di meriti. Eh, chissà se si salverà, poiché l’umiltà copre una moltitudine di peccati, anche [per] un grande peccatore. Invece l’orgoglio niente, allontana la grazia e il perdono.
Il buon ladrone era stato ladrone fino al termine della vita, fino a quando era stato crocifisso d’accanto a Gesù. Abbi pietà di me, in sostanza, ricordati di me, pregava così Gesù. Oggi sarai con me in paradiso, rispose Gesù [cf Lc 23,42-43]. Allora, per questa gente e per questo ladrone e gente simile, possiamo metterci anche noi. Certamente siamo ben cattivi e ben maligni alle volte nei nostri sentimenti, pensieri di… orgogliosi, eccetera. Al buon ladrone neppure il purgatorio, perché c’era un pentimento sincero; e questo pubblicano che pregava così: Abbi pietà di me che son peccatore, tornò a casa giusto, e cioè santo, a diversità dell’altro, che tornò a casa con qualche peccato in più, cioè con qualche atto di superbia, e superbia intima, con qualche peccato di più… Eh, perché? Perché questa mattina ho avuto fervore, perché mi pare di piacere al Signore già… e quasi quasi uno finisce di lodarsi; financo anime le quali neppure al principio della Messa dicono bene il Confiteor. Mi confesso a Dio onnipotente, eccetera… perché ho peccato per mia colpa, mia colpa, mia massima colpa: perciò prego il Signore. E allora è sempre
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importante che se diciamo il Confiteor bene prima della Messa, se facciamo bene l’esame di coscienza e diciamo il nostro confiteor davanti a Dio, se noi ci confessiamo veramente con spirito di umiltà: chi si umilia sarà esaltato! Persone le quali non conoscono i loro difetti, persone le quali si confrontano con altre: Io faccio meglio!, oppure: È vero che ho questo difetto, che in quell’altra cosa manco, ma poi ho tante cose in cui io sono superiore ad altri!. E i nostri conti interni: chi si umilia interiormente sarà esaltato, cioè si farà santo. Chi invece non si umilia, va avanti, farà anche mille Comunioni ma è sempre allo stesso punto, perché chiude la porta alla grazia. E che cos’è che chiude la porta alla grazia? L’orgoglio, per cui uno si crede qualche cosa.
Se vuoi costruire un alto edificio di santità, dice sant’Agostino, [scendi] giù, fa’ una fondazione profonda. La casa, per essere forte, deve avere delle fondazioni profonde e sicure: si deve badare di più a ciò che c’è sottoterra che a quel che c’è in alto in riguardo alla robustezza della casa3. Così è riguardo alla nostra anima. I nostri bisogni, i nostri debiti con Dio: «Propitius esto mihi peccatori»… «Domine, non sum dignus» [Mt 8,8]! Quando è che il Signore potrà farci tutte le grazie che ha preparate per noi? Quando finiremo di umiliarci.
Hanno fatto il disegno di una casa adesso, che mi han sottoposto, è una casa per un prevocazionario [di] un piano solo. E le fondazioni? Eh, fondazioni di mezzo metro. Può resistere perché, per una casetta di un piano, le fondamenta non hanno bisogno di molta robustezza; e poi i muri per un piano si fan sottili, perché non c’è gran peso da sopportare in
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alto, non ci sono dieci piani sopra. Anime che fanno un fondamento profondo e sicuro; anime che invece non fanno un profondo fondamento, una profonda, sicura fondazione: e potrà consistere allora [in] un piano, forse, seppure non s’incrina, non finisce con lo sfasciarsi. E altre anime che vanno su a cinque piani, a dieci piani… ho visto in America centododici piani, si parte con l’ascensore, si va su su su. E in che numero oppure in che confronto ci troviamo noi? Donnette che andranno su su gloriose in paradiso! Gente che va per la maggiore, che ha dei grandi titoli: grand’ufficiale, commendatore… principi e duchi e baroni, marchesi; e al governo: dottori in legge! Oh, chi è grande davanti a Dio? Chi è umile: Imparate da me che sono mansueto ed umile di cuore [Mt 11,29]. Ecco, umiliamoci dunque sub potenti manu Dei [cf 1Pt 5,6], umiliamo i nostri cuori sotto il potere, sotto la potenza di Dio, e preghiamo a vicenda che almeno arriviamo qui, se non abbiamo grandi virtù di riconoscere i nostri sbagli, la nostra pochezza. Chissà, chissà se noi possiamo dire: Ho risposto alle grazie, ho corrisposto alle grazie!
Il Signore va cercando anime che lo ricevano, in cui posare le sue grazie, ma trova tanti cuori orgogliosi: superbia, superbia e superbia… E allora Gesù si rifugia in quelli che sono umili, umili, umili. Invitati al convito, dice la parabola, eh, quelli non hanno accettato l’invito; ma il padrone ha mandato i servi a cercare i poveri, gli storpi, anche lungo le siepi quelli che stanno raccogliendo le more per mangiare… E così: Trova tutti, perché gli altri non mangeranno quello che ho preparato in eterno [cf Lc 14,16-24]. Il risultato dipende dall’umiltà: l’umiltà della testa, l’umiltà del cuore e l’umiltà delle parole, l’umiltà delle opere; soprattutto ci sta l’umiltà del cuore che è la convinzione della nostra debolezza, della nostra infermità. Oh, l’umiltà del cuore! Perché Gesù ha insegnato quella umiltà, non un’altra: mite ed umile di cuore, ha detto. Non di parole, come qualche volta accade: Ma io… questo… e quello, che sono scoraggiamenti; alle volte sono umiltà false. C’è con noi la grazia e possiamo farci santi! E la santità non è mia, ma è dono di Dio. Come? La vita mia, è
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mia? È di Dio! Non c’ero, non potevo mica chiedere che mi creasse! Così della grazia: avete forse chiesto la vita soprannaturale con il Battesimo? Niente, tutto è di Dio.
Il gran nemico di molte anime che voglion farsi sante, il gran nemico è l’orgoglio, la superbia, la fiducia in se stesse; e magari l’ammirarsi un poco: ho già fatto questo, ho già fatto quello, qui son riuscito, qui mi hanno lodato, qui si son compiaciuti di me, eccetera. Che povera gente che siamo, neh? Perché? Perché dalla superbia può venire ogni disordine ed ogni fallimento. È per questo che nell’ordine dei peccati capitali, dei vizi capitali, è messo prima la superbia, perché, dopo questo, ci possono venire tutti gli altri. Ma se mettiamo invece l’umiltà, possono venire dietro tutte le virtù, cioè: e le tre teologali, e le quattro cardinali, e in mezzo la virtù della religione; e poi dopo le altre virtù, che possiamo denominare individuali ancora, e altre virtù sociali, e virtù apostoliche. Che cosa crediamo di essere? Il Signore fa infinitamente meglio senza di noi e ci usa per fare un po’ di bene, perché vuole che meritiamo la gloria del paradiso: è una misericordia quella. Signore, che la tua misericordia mostri di più nel perdonare che nell’usare l’onnipotenza4… ha creato i cieli e le stelle, e la luna e tutte le forze che ci sono, e l’uomo stesso, e gli angeli stessi… nulla fuori di Dio, solo Dio!
Forse non ci accorgiamo di essere superbi alle volte. Perciò vuoti siamo allora; e invece quando c’è l’umiltà, si è pieni di Dio: Dio trova il cuore vuoto e lo riempie con la sua misericordia, la sua grazia. Soprattutto mostri la tua potenza nell’usare misericordia, «parcendo maxime… manifestas».
E poi, domandiamo adesso perdono a questo Gesù di essere così diversi da lui, che era mite ed umile di cuore… ed era Figlio
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di Dio, eh?! Così diversi… Confrontare il nostro cuore quando si è in chiesa, in silenzio, nella Visita, con il suo. Egli ci dice: Sono mite ed umile di cuore… impara da me [cf Mt 11,29].
E il fariseo tornò a casa più peccatore di prima, e il pubblicano, stimato un peccatore, ritornò a casa giusto, cioè santificato; e il buon ladrone, quieto quieto, se n’è entrato in cielo dopo una vita di disordini, ma riconobbe i suoi torti e confidò nella misericordia: Ricordati di me, o Signore, quando sarai nel tuo regno [cf Lc 23,42]. Dovremmo tenere timore quotidianamente del nostro orgoglio, neh! Non tanto dei ladri o della malevolenza o delle disgrazie, eccetera, ma dell’orgoglio, della superbia. Sette vizi capitali… ma il capitale di tutti i sette vizi, il capitano è la superbia. «Deus humilibus dat gratias, superbis resistit»5 [cf Gc 4,6; 1Pt 5,5; Pr 3,34], anche se preghi: superbis resistit come ha resistito al fariseo; e come ha ceduto alla preghiera del pubblicano: ritornò a casa giustificato.
Sia lodato Gesù Cristo.
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1 Nastro originale 137/62 (Nastro archivio 127a. Cassetta 127, lato 1. File audio AP 127a). Titolo Cassetta: “Umiltà e fiducia”.
2 Vangelo: Lc 18,9-14. Più avanti, il PM legge il brano e contemporaneamente lo commenta.
3 AGOSTINO DI IPPONA, Discorsi, 69, 1.2: «Prendete su di voi il mio giogo e imparate da me, non a fabbricare il mondo, non a creare tutte le cose visibili e invisibili, non a compiere miracoli nel mondo e risuscitare i morti, ma che io sono mite ed umile di cuore. Vuoi essere alto? Comincia dal più basso. Se pensi di costruire l’edificio alto della santità, prepara prima il fondamento dell’umiltà. Quanto più grande è la mole dell’edificio che uno desidera e progetta d’innalzare, quanto più alto sarà l’edificio, tanto più profonde scaverà le fondamenta. Mentre l’edificio viene costruito, s’innalza bensì verso il cielo, ma colui che scava le fondamenta scende nella parte più bassa. Dunque anche una costruzione prima d’innalzarsi si abbassa e il coronamento non è posto se non dopo l’abbassamento». Cf anche ID., Discorsi, 20/A, 7.
4 È la frase iniziale dell’Oremus del giorno; il PM la ripete anche di seguito in italiano e latino. Il testo è il seguente: «Deus, qui omnipotentiam tuam parcendo maxime et miserando manifestas: multiplica super nos misericordiam tuam; ut ad tua promissa currentes, caelestium bonorum facias esse consortes», «O Dio, che mostri la tua onnipotenza soprattutto nel perdonare e nel compatire, moltiplica su di noi la tua misericordia, affinché, anelando alle tue promesse, tu ci faccia partecipi dei doni celesti» (Missale Romanum, Dominica Decima post Pentecosten, Oratio).
5 «Dio dà le grazie agli umili, resiste ai superbi».