Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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5. IL REGNO DI DIO NELLA CHIESA E NELLE ANIME
L’amore di Dio si radica, cresce e si espande
Domenica VI dopo l’Epifania, Meditazione, Castel Gandolfo, 11 febbraio 19621

Il Vangelo di questa domenica VI dopo l’Epifania:

In quel tempo, disse Gesù alle turbe questa parabola: È simile il regno dei cieli a un grano di senapa che un uomo prese e seminò nel suo campo: grano che è bensì la più minuta di tutte le sementi, ma cresciuta che sia, è maggiore di tutti gli erbaggi e diviene un albero; di modo che gli uccelli dell’aria vanno a riposare sopra i suoi rami. Un’altra parabola disse loro: È simile il regno dei cieli ad un po’ di lievito che una donna rimescola con tre staia di farina, fin tanto che tutta la pasta sia fermentata.
Tutte queste cose Gesù disse alle turbe per via di parabole, né mai parlava loro senza parabole, affinché si adempisse quello che era stato detto dal profeta: Aprirò la mia bocca in parabole, manifesterò cose che sono state nascoste dalla fondazione del mondo2.

Ecco, si può leggere a questo riguardo ciò che è scritto anche nell’Epistola della stessa Messa. Dice san Paolo scrivendo agli abitanti di Tessalonica:

Sappiamo, in verità, che siete prediletti da Dio, sappiamo che la nostra predicazione della buona novella non avvenne tra di voi solo con parole, ma anche con miracoli e con la pienezza dei
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doni dello Spirito Santo. Ben lo sapete come ci siamo diportati fra di voi, e voi siete divenuti imitatori nostri e del Signore, avendo accolto la dottrina di Gesù Cristo in mezzo a molte tribolazioni con gioia infusa dallo Spirito Santo, eccetera3.

Le due parabole del Vangelo si possono applicare alla Chiesa. La Chiesa che è stata un piccolo seme da principio, e divenne una grande pianta che si allargò, estese i suoi rami un po’ dappertutto, sopra tutto il globo terrestre, tutta la terra. E si può applicare anche l’altro paragone o parabola: il lievito che viene immesso in una quantità abbondante di farina, rimescolato ed impastato, e poi tutta la massa che era dapprima un piccolo lievito, tutta la massa viene lievitata, fermentata. Si può anche qui portare e considerare il paragone della Chiesa che da principio era umile e nascosta, e pochi uomini la seguivano, pochi uomini erano entrati, poche persone: questo è stato a Betlemme, quando poche persone vennero a vedere il Bambino nato nella grotta e si unirono a Maria ed a Giuseppe nell’adorarlo… allora era la Chiesa raccolta in quella grotta, ora si è estesa su tutta la faccia della terra. Questo - chiaro - e anche quello che è detto prima: un piccolo seme che poi diviene una grande pianta. In principio la Chiesa era a Nazaret; primo membro della Chiesa [fu] Maria, con cui cominciò il Nuovo Testamento là, cioè la Chiesa, perché una volta che si è incarnato il Figlio di Dio, ecco, allora noi cominciamo a sapere che Maria umilissima nascosta nella sua casa… eppure la Chiesa era iniziata là! E così crebbe, e ora non si tratta più di una casetta piccola a Nazaret, ma quante chiese nel mondo, quante cattedrali, quante funzioni solenni nel mondo, ecco! Questo per indicare il regno di Dio esterno, diciamo la Chiesa nella sua parte esteriore, come si manifesta davanti al mondo.
Ma qui si può considerare anche il regno di Dio entro delle anime, entro l’anima. Si comincia dalla grazia del Battesimo, il regno di Dio in un’anima; se questa anima - quando il
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bambino, la bambina è giunta all’uso di ragione – corrisponde alla grazia, ecco che si sviluppa in lei la fede, la speranza, la carità, l’amore di Dio… e queste virtù, specialmente la carità, si comunicano all’anima nella Comunione, nel sacramento della Penitenza, della Cresima, e in tutte le cose e le opere di pietà e le virtù che si vanno man mano radicando nell’anima. E mentre che la grazia del Signore era nascosta in quel bambinetto che stava nella culla dopo che aveva ricevuto il Battesimo, eh, si viene ad una certa età in cui si è forti, in cui si è generosi, in cui si compie l’apostolato… e allora il seme nascosto, umile viene a crescere in una grande pianta e produce frutti.
E allora che cosa significano gli uccelli che vanno a posarsi [sui rami]? Significano le anime a cui si fa, si rivolge l’apostolato. E allora l’anima diviene feconda di tante anime che si santificano; e più l’anima è santa, cioè più l’albero è vitale e più allarga i suoi rami, ecco, più allora produce nell’apostolato; e gli uccelli dell’aria [che] vanno a posarsi indicano le anime che vengono e seguono e rispondono alle grazie, e dal loro stato magari anche molto umile alle volte, ma finiscono con il santificarsi, se seguono, se corrispondono… quindi l’apostolato.
Occorre che ci sia questo lievito nell’anima, questo fermento, che ci sia questa carità, questo amore al Signore! San Giovanni dice che noi conosciamo quanto amiamo Dio dalla carità che abbiamo o non abbiamo verso il prossimo, che abbiamo più intensa, carità verso il prossimo, o meno intensa [cf 1Gv 4,12.20-21]. Ora, conoscere come amiamo il prossimo è più facile che non conoscere l’intimo amore di Dio: è più facile perché sappiamo come parliamo con il prossimo, come trattiamo il prossimo, come pensiamo del prossimo, come aiutiamo il prossimo, ecco. E più si ama il prossimo per amor di Dio…, più grande è l’amore di Dio quando è più grande l’amore verso il prossimo; quando però c’è amore veramente a Dio, quando cioè si tratta il prossimo per amor di Dio, sì: non perché forse riceviamo qualche vantaggio o qualche beneficio, o perché ci tratta bene e [è] gentile con noi, ma quando noi sappiamo amare il prossimo per amore di Dio.
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Il prossimo è immagine di Dio… tutti fatti ad immagine e somiglianza di Dio: e allora, se si ama Dio, cioè l’immagine di Dio che è nel fratello, che è nella sorella, allora ecco… Se si ama l’immagine della Madonna, si ama la Madonna, il nostro amore non si ferma lì alla tela, ma serve, la tela, ad elevarci con il pensiero a Maria, e serve nello stesso tempo ad eccitarci alla preghiera, a domandare quell’amore che noi abbiamo desiderio di possedere. Amare il Signore: Fate che vi ami sempre più4. Questo è il primo e massimo comandamento, non è un consiglio: Amerai il Signore Dio tuo con tutta la mente, tutto il cuore, tutte le forze e tutta l’anima tua [cf Dt 6,5; Mt 22,37; Mc 12,30; Lc 10,27]. Sì, questo comandamento lo può adempiere in qualche misura, in una certa misura, ogni cristiano, ma chi lo adempie più perfettamente è la religiosa, è il religioso. Certo, neppure la religiosa né i religiosi saranno già perfetti, ma stanno crescendo, e allora il cuore vien dato tutto a Dio, la mente vien data tutta a Dio, l’anima tutta a Dio, le forze tutte a Dio: amore al Signore.
Ricordiamo però che è un dono di Dio, questo. La carità viene prima infusa nel Battesimo come virtù; poi si manifesterà quando la bambina sarà cresciuta; poi sarà alimentata, questa carità, sarà alimentato questo amor di Dio, prima con la preghiera, recitando spesso l’Atto di carità, e poi con l’esercizio della carità, allorché il cuore non desidera più altri che Dio e il suo paradiso, allorché noi indirizziamo tutte le intenzioni a Dio, intenzioni rette, allorché noi uniformiamo il nostro volere a Dio, una volontà sola con lui.
Allora l’amore di Dio si radica sempre di più, cresce e poi si espande. Perché, che cosa vi ha portato alla vita religiosa? L’amore a Dio! E resta, quindi, l’amore che avete nel cuore, una dimostrazione al mondo che voi cercate solo Dio e che amate Dio, solamente lui.
Tuttavia vi sono tanti gradi nell’amore di Dio, e se si è già arrivati ad un certo punto: Fate che io vi ami sempre più, e nutrire il nostro cuore con aspirazioni, con giaculatorie, con
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comunioni spirituali; perché c’è la Comunione sacramentale che è l’essenziale, è sacramentale in sostanza, ma poi c’è anche la comunione spirituale che dipende e completa, cioè applica in qualche maniera i frutti della Comunione sacramentale: fa chiedere l’amore a Gesù.
E bisogna operare in due sensi: prima togliere l’amor proprio; secondo: mettere l’amore a Gesù. L’amore a Gesù non può entrare in un’anima che è già piena di amor proprio, perché, se la bottiglia è piena, non si può metterne di più. Quindi ci son due lavori da fare. L’uno negativo: togliere l’amor proprio, perché se si toglie l’amor proprio per intero è tolto il nero, si fa il vuoto nell’anima e allora Dio la riempie. Beati quei che hanno sete e fame di Dio, che è poi della giustizia di Dio: saranno saziati [cf Mt 5,6]. Il lavoro dunque è duplice: togliere l’amor proprio, mettere l’amore a Dio. Vediamo come sono i nostri interni pensieri, i nostri interni desideri… perché facciamo così, perché diciamo quel che diciamo: tutto procede dall’amore a Dio o qualche volta invece procede dall’amor proprio, dall’egoismo? Ecco, l’amore di Dio entra largamente e occupa tutto il cuore quando gli facciamo il posto. Se quella bottiglia conteneva qualche po’ di acqua ma era acqua marcia, si versa via l’acqua… ecco, ora potete mettere l’acqua pura, limpida, sì, così. Però non [av]viene solo in quella forma lì materiale…: oggi tolgo tutto l’amor proprio, cerco di vuotare il mio cuore, e il mio cuore allora tutto sarà riempito dall’amor di Dio. Ehh!, toglier l’amor proprio è cosa lunga: si nasconde… e spesso nelle pieghe dello spirito, dell’anima, si nasconde; abbiamo qualche volta delle segrete tendenze che crediamo di poter scusare: in realtà poi sono portate dall’amor proprio. Oh! Sì. Non scrupoli ma realmente togliere l’amor proprio, mettere l’amore a Dio! E siccome Dio vuole entrare, e voi volete che egli entri, allora da una [parte] cercare di fare il posto a Dio, ma allo stesso tempo pregare perché entri e scacci via tutto l’amor proprio! Che cosa si vuole di più? L’anima desidera di amare Gesù e amarlo con tutta la mente, tutte le forze, tutto il cuore; e Gesù vuole che l’anima l’ami con tutta la mente, con tutto il cuore, con tutte
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le forze. Allora tu lo vuoi amare Gesù e Gesù vuole riempire di sé l’anima tua… ama, ti ama, ti infonde l’amore. Quindi sono due volontà unite: la volontà di Gesù è santa, perfettissima; la nostra volontà qualche volta è un po’ debole… chiediamo anche l’aumento di grazia, di forza. Non è una sentimentalità l’amore a Gesù, quantunque tante volte esce, si mostra anche nella sentimentalità. Ma specialmente nei tre punti: retta intenzione nel far le cose, per Dio; secondo: la volontà del Signore, la volontà di Dio; terzo: cercare sempre di più Gesù… in che maniera? Osservando sempre più la vita religiosa, perché è lì: Se vuoi essere perfetto… [Mt 19,21], così, sì, sempre di più l’osservanza religiosa. Allora l’anima potrà crescere, e anche che una persona non abbia dei valori speciali, delle qualità speciali, non importa: chi è che si fa santo? Chi ama il Signore! E in più sarà santo colui che ama di più il Signore! Sì. Non consideriamo la santità quello che può essere all’esterno; però, quel che si mostra all’esterno deve partire dall’interno, dal vero amore di Dio! Che tutto proceda dalla carità: Omnia in caritate fiant [cf 1Cor 16,14], tutte le cose per amor di Dio. Questo è fondamentale, e specialmente la suora sarà felice soltanto nella misura che ama il Signore, perché allora il cuore è soddisfatto, non va più a cercare altro, nessuna altra cosa l’attira, non gusta altre cose, gode e gusta Gesù, e il suo cuore è pieno di intimità, diciamo, e di amore di Dio in sostanza, che si mostra con retta intenzione, volontà di Dio e perfezione religiosa.

Sia lodato Gesù Cristo.
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1 Nastro originale 120/62 (Nastro archivio 110a. Cassetta 110, lato 1. File audio AP 110a). Titolo Cassetta: “Carità verso il prossimo”.
2 Vangelo: Mt 13,31-35. Il PM lo cita e lo commenta all’interno della meditazione.

3 Epistola: 1Ts 1,2-10, di cui il PM legge i vv. 4-6.

4 Vedi p. 29, nota 3. Il PM usa più avanti ancora questa espressione.