20. PREGARE IN NOME DI GESÙ:
per la gloria del Padre, la salvezza nostra e dell’umanità
Domenica V dopo Pasqua, Ritiro Mensile, 3a Meditazione,
Torino (SAIE), 27 maggio 19621
Quest’oggi noi sacerdoti dobbiamo dire quattro volte: Siate persone che non soltanto ascoltano la Parola di Dio, ma la mettono in pratica, non auditores sed factores verbi2, ecco. E subito quindi la Scrittura ci avverte: riflettete, siete più desiderosi di sentire, leggere la Parola di Dio, o più desiderosi poi di praticarla? Non auditores sed factores verbi. E lo paragona, chi ascolta la Parola di Dio, lo paragona ad essere uno che prende lo specchio, si guarda in faccia, trova qualche macchia, poi depone lo specchio e se ne va… È tutto fatto? È tutto da fare, perché se ha preso lo specchio - e questo per scoprire casomai ci fossero macchie - e se ne va senza lavarsi, e a cosa servirebbe la Parola di Dio? Anche a far l’esame di coscienza che vedessimo nell’anima nostra delle macchie, e poi le lasciamo, non si fa così: se una macchia cade sull’abito oppure [la] scopriamo sulla faccia, si ricorre anche al sapone e ai detersivi, vero? Così.
Ora cominciamo a far frutto di questo avviso della Scrittura applicando[lo] al Vangelo di oggi, notando bene che Gesù in questo tratto breve di Vangelo dice tre volte la stessa cosa.
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Quando il maestro dice tre volte allo scolaro: Devi far questo, devi far questo, devi far questo, è segno che lo vuole ed è cosa necessaria. Allora tanto più Gesù, che è il Maestro infinitamente sapiente: tre volte.
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: In verità, in verità vi dico: qualunque cosa domanderete al Padre in nome mio, ve la concederà. Fino ad ora non avete chiesto nulla in nome mio: chiedete ed otterrete, affinché la vostra gioia sia piena. E vi ho detto queste cose in parabola, ma sta per venire l’ora in cui non vi parlerò più in parabole, ma apertamente vi darò conoscenza del Padre - per mezzo dello Spirito Santo, è sottinteso -. In quel giorno chiederete in nome mio - cioè quando sarebbe giunto lo Spirito Santo, e avete capito certe cose - e non vi dico che io pregherò il Padre per voi: perché il Padre stesso vi ama, avendo voi amato me e creduto che io sia uscito dal Padre. Sono uscito dal Padre, venuto al mondo, ora lascio il mondo e torno al Padre. Gli dissero i suoi discepoli: Ora sì che parli chiaro e non usi nessuna parabola. Ora conosciamo che tu sai tutto, e non hai bisogno che alcuno ti interroghi, e per questo crediamo che sei uscito da Dio3.
Quindi qualunque cosa domanderete al Padre: tutto, vuol dire; quel che si può degnamente chiedere al Signore, cioè quello che riguarda la gloria del Signore e quello che riguarda il bene dell’anima nostra e quello che riguarda la salvezza degli uomini: l’apostolato fatto bene, fatto largamente, fatto un po’ da tutti, anche i laici compresi. Dice: Qualunque cosa domanderete, ma in nome mio, ve la concederò: e gli apostoli non avevano pregato con Gesù e sotto anche lo sguardo di Gesù durante il tempo della predicazione di Gesù? Certo! Ma fino ad ora non avete chiesto nulla in nome mio! Non che non avessero pregato, ma non avevano chiesto in nome di Gesù. Quando poi conoscerete - perché prima parlava dello Spirito Santo -, in quel giorno chiederete in nome mio, cioè capirete come bisogna pregare. Ecco.
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Che cosa significa pregare in nome di Gesù? Significa quello che è già indicato nel Vangelo: Gesù parla del ritorno al Padre, cioè bisogna chiedere le grazie in ordine al ritorno a Dio… siamo usciti dalle mani di Dio, dobbiamo tornare a Dio. Le grazie chiederle per ritornar bene a Dio, non portare il peccato, portare dei meriti: tutto questo è tutto il fine per cui viviamo. Oh!
E in secondo luogo, in nome mio vuol dire appoggiati ai meriti di Gesù Cristo. Non che meritiamo qualche cosa noi che siamo peccatori, no; anzi, noi stessi abbiamo bisogno della misericordia, cioè ci confessiamo peccatori indegni delle grazie di Dio e dobbiamo presentarci al Signore con il capo chino, invocando misericordia. E sì. Ma allora come facciamo a ottener le grazie se non abbiamo niente in mano per meritarle? Come si va a comprare una cosa senza pagare? Il nostro denaro è il sangue di Gesù Cristo, Gesù Cristo che ha sofferto non per sé… per noi! Sì, soffrendo ha arricchito l’anima sua di meriti: Propter vobis sanctifico meipsum4 [cf Gv 17,19], però, ecco, per noi. Sempre dobbiamo presentarci con il crocifisso in mano: vuol dire con il crocifisso nel cuore. Perché ci sta la croce sull’altare? Per indicarci: se pregate, pregate in nome di Gesù Cristo. E la Chiesa cosa dice? Sempre gli Oremus: Per Christum Dominum nostrum, Per eundem Christum Dominum nostrum; e se la preghiera è rivolta a Gesù: Qui vivis et regnas, cum Deo Patre, in unitate Spiritus Sancti, Deus, eccetera.
Non basta pregare quindi, ma portare le disposizioni. E disposizioni sono per perseverare, sì, ma sempre con la fede e l’umiltà: da me nulla merito, ma che Gesù Cristo prega in me se io prego, cioè se mi appoggio ai meriti di Gesù Cristo. E la nostra preghiera diviene come onnipotente. Ma cioè sempre offrire al Padre celeste il sangue del Figlio suo. Perché Gesù ha voluto che il sacrificio della croce si perpetuasse nel mondo fino agli ultimi momenti di questo mondo? Sempre si celebrano Messe e si celebreranno per tutta la terra e vi
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sono tre, quattro consecrazioni per minuto secondo in continuità ora in Europa, poi in Africa, poi in America, poi in Asia, Australia… le Messe sono in continuità. Allora il Signore ha voluto che la Messa durasse sempre, cioè che davanti a noi ci fosse sempre il prezzo delle grazie e cioè il mezzo per ottenere le grazie, e allora quel che domandiamo, ecco, verrà concesso. E dice: In quel giorno chiederete in nome mio e non vi dico che io pregherò il Padre per voi, ma perché avete creduto e quindi siete amati dal Padre e avrete creduto nei meriti miei, nella salvezza che ho portato al mondo. È buono considerare la necessità di far sempre le pratiche di pietà, sempre, e pregare con abbondanza; ed è un fatto [che] aggiungete anche vostre preghiere particolari, giaculatorie lungo il giorno, pensieri buoni, eccetera.
Ma guardare in modo speciale la qualità della preghiera: non troppa fiducia nella quantità. Io ho sentito sei Messe stamattina, diceva una persona tornando dalla chiesa - era il giorno di Natale: tre Messe di un sacerdote, tre Messe da un altro -; molto buono questo, se le senti con le disposizioni dovute. Allora sì il gran valore della preghiera, perché allora chiediamo per i meriti di Gesù Cristo, cioè in nome di Gesù Cristo, e chiediamo cioè appoggiati ai meriti di Gesù Cristo. Ma Gesù Cristo, se preghiamo in nome suo, non vuole che chiediamo solamente grazie materiali, vuole che chiediamo le grazie spirituali: quelle che chiede lui al Padre celeste, che sono la gloria del Padre, la salvezza dell’anima nostra, la salvezza dell’umanità. E quello che domandiamo fuori di questo, sempre però in ordine alla gloria di Dio e in ordine alla salvezza e alla santità nostra. Se dunque Gesù dice tre volte questo in nome mio, è segno che vuole che noi preghiamo in modo giusto e che la preghiera nostra sia sua e la nostra sia di lui: la sua sia nostra e la nostra sia sua. Fare un sentimento, un desiderio solo, chiedere la stessa cosa, che è poi contenuta nel Padre nostro, la stessa cosa nelle sette domande: e le tre prime riguardando specialmente la gloria di Dio e le quattro ultime riguardando specialmente i beni, le necessità nostre temporali della vita, beni soprattutto spirituali.
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C’è da temere molto che la preghiera non sia valorizzata così, perché c’è un metallo che si chiama stagno, vi è un metallo che si chiama rame, vi è un metallo che si chiama argento, vi è un metallo che si chiama oro. La nostra preghiera è stagno o è rame o è argento o oro? A che cosa si può paragonare, a quale di questi metalli? Perché se vai a comprare anche con una moneta piccola che ha poco peso in sé, ma che è preziosa in sé, dai un marengo d’oro per esempio… con lo stesso peso dai una moneta che ha lo stesso peso ed è di rame, cosa hai comprato? Ben poco… Cosa compriamo? Ben poco. Il momento più prezioso della preghiera è sempre la consecrazione, è sempre l’elevazione dell’Ostia e del Calice quando diciamo con il fatto, con l’inchinarci: Signore, Padre celeste, non guardate a me che son peccatore, sono sporco nella mia anima, forse vi faccio ribrezzo per ciò, ma vi prego per il nome di Gesù Cristo, cioè guarda in faccia il tuo Cristo: Respice in faciem Christi tui. Così portiamo una buona moneta, eh, di infinito valore! Così potete chiedere anche una grande santità, un grande amor di Dio, un grande apostolato, una grande corrispondenza generosa alla vocazione! Se no, si va sempre un po’ zoppicando, neh! Si promette e poi non si fa, si vede la macchia per mezzo dell’esame di coscienza, si vede la macchia nell’anima e poi non si lava, non c’è il pentimento, non si vuole correggere: Factores verbi, non auditores soltanto! Quante parole a volte diciamo, quanti propositoni grossi, espressioni: Tutto mi dono5 …e poi, se c’è una passione, eh, domina! È l’orgoglio, è l’invidia, è l’ira, è la lussuria, è la golosità, è la pigrizia… tutto mi dono: quello non si dona al Signore, quella corrispondenza [non c’è], quelle mancanze che procedono da questi sette vizi capitali: l’ira, l’attaccamento, avarizia! Vediamo un poco che cosa presentiamo a Gesù e vediamo che cosa presentiamo al Padre celeste: Respice in faciem Christi tui.
Allora non ascoltare solamente la Parola di Gesù, ma metterla in pratica. Questo lo ripetiamo quattro volte: l’abbiamo
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ripetuto ieri sera nel Vespro, l’abbiamo ripetuto stamattina nelle Lodi, e lo ripetiamo a Terza e lo ripetiamo a Vespro di nuovo. Non gente che sente, ma gente che fa! Cioè non sentir solamente la meditazione, ma metterla in pratica. Abbiam voglia [di] far così?
E allora la nostra preghiera migliorata: sempre pregare in nome di Gesù Cristo, cioè appoggiati ai meriti di Gesù Cristo. Per noi mea culpa, mea culpa, mea maxima culpa… perciò prego, rivolgendomi al Padre celeste ma portando davanti a me Gesù: Guarda Gesù, Padre, guardami in faccia al tuo Figlio sanguinante, lacerato in tutto il suo corpo, perforato nelle mani e nei piedi, ha il Cuore aperto, costato aperto… guarda lì, Padre, non guardare a me, ché il mio cuore non è ancora a posto, le mie mani non son sempre sante. Gesù è incoronato di spine, ma io ho la testa dura e ho poca fede e l’orgoglio… sento tanto che ancora mi dominano.
Se la nostra preghiera fosse buona, quanto di più progrediremmo, neh! Quanto più facilmente cambieremo certi pensieri, certi gusti, certe tendenze… anche quelli che riguardano il corpo, e cioè lussuria, golosità e pigrizia; sì, guardiamo sempre di pregar bene - ecco tutto detto -. Se farete questo, se faremo questo, otterremo un numero immenso, immensamente maggiore di grazia, ci faremo più santi, ci faremo più santi… Non è il balbettar delle parole che conta soprattutto: è la disposizione del cuore… disposizione di umiltà: Non merito niente, ma prego in nome di Gesù Cristo, cioè per i meriti di Gesù Cristo, per Christum Dominum nostrum.
Adesso fate bene i propositi, perché questo non deve essere solamente un detto, ma è una grazia che l’abbiamo sentito e che Gesù ce l’ha insegnato… e facciamo, facciamo ciò che ci ha detto. Oggi poi almeno cominciamolo subito, cioè cominciare a pregare per Christum Dominum nostrum, in nome di Gesù Cristo. Allora Gesù Cristo prega in noi e noi preghiamo con lui e in lui: Per ipsum, et cum ipso, et in ipso allora la preghiera.
Sia lodato Gesù Cristo.
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1 Nastro originale 126/62 (Nastro archivio 115a. Cassetta 115, lato 1. File audio AP 115a). Titolo Cassetta: “Pregare nel nome di Gesù”.
2 Dall’Epistola del giorno: Gc 1,22-27. Nel breviario, che veniva recitato dai soli sacerdoti, questa lettura (vv. 22-24) ricorreva ai Primi Vespri, alle Lodi, all’Ora Terza e ai Secondi Vespri (cf Breviarium Romanum, Dominica V post Pascha), come il PM ricorderà più avanti.
3 Vangelo: Gv 16,23-30. Il brano viene qui citato liberamente dal PM.
4 “Per voi io consacro me stesso”.
5 Cf AP 1961, p. 23, nota 8.