26. MARIA CONSOLATA E CONSOLATRICE
Le nostre miserie e il suo cuore pietosissimo
Festa della Consolata, Meditazione, Torino (SAIE), 20 giugno 19621
Oggi Torino è in festa per la Consolata: Maria onorata sotto questo titolo. Veramente nella liturgia la si dice Consolatrice: Consolatrice degli afflitti, Consolatrix afflictorum2. Ma il popolo, così per abitudine, abbreviò il nome e invece di dirla Consolatrice - come si dice Ausiliatrice -, la chiamò semplicemente la Consolata. E dappertutto si parla della Consolata: Torino, Piemonte, Italia, e anche oltre l’Italia.
Oh! Consolata. Quando Maria era ai piedi della croce e Gesù stava per spirare, pensiamo alla pena del suo cuore, la pena di una madre che muore [di dolore] in tali condizioni, e cioè condannato come un malfattore il Figlio, mentre che era l’innocente, il santo: quale spada penetrava il suo cuore in quel momento, spada di dolore! Maria, la consolò [Gesù]: Donna, ecco il tuo figlio, cioè me ne parto, ora ecco un altro figlio, non sarai lasciata sola. E l’affidò quindi a Giovanni, il quale
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la prese in casa sua, perché non aveva più famiglia: Giuseppe già defunto, lei oramai rimaneva sola. Ecco, avrai una casa e avrai un figliolo buono: colui che ha amato me, amerà anche te, voleva dirle. Quel ecco tuo figlio, suonava questo. Avrai cura di lui e lui avrà cura di te: e difatti Giovanni la prese in casa sua, e fu così consolata [cf Gv 19,25-27].
Ed è anche consolata, Maria, ogni volta che un peccatore ritorna, pentito, un peccatore che magari ha l’anima gravata di molti peccati e gravi peccati: quindi è nemico del suo Figlio. Ma ella con la sua preghiera intercede che quel peccatore rientri un poco in sé, si penta, si confessi, e torni figlio di Dio e amico di Gesù… e Maria è consolata.
Ma Maria è la consolatrice, fin dal primissimo momento dell’umanità quando Adamo ed Eva peccarono, e perciò il Signore diede loro il castigo, il grande castigo, tolse la grazia, perché diventarono disobbedienti, peccarono; allora perdettero la grazia e sarebbe per sempre stato chiuso per loro il paradiso: mai più; e né loro né i loro figli: mai più la porta aperta del paradiso, mai più… nessuno. Pensiamo a quali sofferenze in quel momento per lo sbaglio fatto, per il peccato grave commesso, per le rovine che portavano non solo a sé ma ai loro figli. Maria li consolò. Quando [Dio] disse al serpente: Io porrò inimicizia fra te e la donna: ecco la donna, la donna per eccellenza! Essa ti schiaccerà la testa, disse al serpente… Un’inimicizia fra te e il suo seme, cioè il suo figlio: essa ti schiaccerà la testa [cf Gen 3,15]. Oh, allora la speranza in questo figlio della donna per eccellenza, che è poi Maria, la speranza che un giorno ella avrebbe dato alla luce un figlio salvatore: ecco la consolatrice. Proprio al primissimo momento del mondo, consolò i progenitori Adamo ed Eva e consolò così tutto il genere umano e tutta la storia: dal peccato originale fino alla venuta di Maria, alla venuta di Gesù Cristo, tutti sperarono l’unica consolazione: la donna che schiaccerà la testa, e quindi vincerà il diavolo… si farà la redenzione e il paradiso sarà riaperto.
E come Maria consolò? Il giorno che l’angelo Gabriele comparve a Maria e le annunciò che doveva esser la madre
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del Salvatore. Ecco tutta l’umanità che ha la sua speranza: il Salvatore che sarà il Maestro dell’umanità, il Sacerdote, l’Ostia, la vittima… morirà in croce e così aprirà il paradiso; e noi troviamo il paradiso aperto. Così tutti gli uomini che vogliono salvarsi, ecco sperino! «Spes nostra, salve»! Maria nostra speranza: speranza nella sua protezione, speranza nelle grazie del suo Figlio e speranza in tutti gli aiuti di cui abbiamo bisogno. «Mater misericordiae… spes nostra, salve», speranza nostra. E se un peccatore ha commesso molti peccati, e si vede tanto macchiato, e quasi non osa pregare perché è lui che ha offeso Dio, e questo peccatore chiama Maria, dice una bella Salve Regina: Rivolgi a noi quegli occhi tuoi misericordiosi… Entra in sé, si pente, si confessa e si rialza tutto sereno: sente che è di nuovo figlio di Dio, che il paradiso là gli si è aperto, ha solo da perseverare, sarà salvo! Quindi può dire con fiducia a Maria: Mostraci dopo questo esilio Gesù, il frutto benedetto del tuo seno; per cui l’angelo disse benedetta a Maria: Tu sei benedetta fra le donne; e però ha anche aggiunto: Benedetto il frutto del tuo seno, cioè Gesù [cf Lc 1,42].
In quante circostanze difficili veniamo a trovarci? O spirituali o materiali, o morali o fisiche e pene. Provate a dire del rosario: prima che sia finito, già avrete una luce nuova, un conforto intimo, sì. Maria. Ma quale titolo abbiamo noi per presentarci a lei, per ottenere le sue consolazioni? Il titolo è questo: quando uno vuol esser ricoverato al Cottolengo, supponiamo, come malato, perché non ha altro aiuto, magari non ha più nessun familiare, e intanto, malato e misero, non ha neppure il necessario strettamente necessario per la vita…, il malato, o in generale colui che chiede il ricovero, mostra al massimo, racconta più che può bene le sue disgrazie, le sue necessità, i suoi dolori, la sua incapacità a lavorare, eccetera. E perché descrive così al vivo e tanto, anche fino ad esagerare un po’ le sue pene, i suoi dolori, eccetera? Per muovere a pietà chi lo sente, chi deve accettarlo… e siccome si accettano i più miserabili, e che proprio hanno nessuno aiuto da nessuno… allora? Allora questo è il titolo per essere accettati.
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Questo è lo stesso per Maria: più noi le descriviamo le nostre miserie, le nostre necessità, i nostri torti, e anche i nostri peccati, la incorrispondenza alla grazia… bisogna descrivere al massimo le nostre necessità, e Maria è la Madre che soccorre prima il figlio più malato. Ci sono dieci figli… eh, ma uno è grave! Le premure della mamma sono tutte per quello. E gli altri? Eh, ma gli altri stan bene, magari vanno a giocare! Ma la mamma veglia al capezzale, la mamma cerca il miglior medico, è diligente nell’acquistare e nell’applicare le medicine… è tutto per… e soffre! E lo guarda in faccia il figlio, se il volto desse qualche segno di miglioramento, oppure qualche segno di peggioramento!
Ecco il titolo per presentarsi a Maria, per essere consolati, questo: le nostre miserie. Le nostre miserie e il suo cuore pietosissimo: Consolatrix afflictorum.
Il canonico Chiesa aveva passato qui a Torino, in collegio, piccolo, otto, dieci anni3, e aveva appreso la divozione alla Consolata. Della Consolata ci predicava qualche cosa ogni anno. E quando [in Seminario] si dava per premio una passeggiata, una gita, eh, subito ci conduceva a Torino alla Consolata; poi celebrava la Messa che ascoltavamo.
Oh!, diceva talvolta questo pensiero: ognuno ha delle cose dentro, nell’intimo dell’animo, del cuore, che gli danno pena, che non osa dire a nessuno, neppure al confessore, forse neppure a Gesù, perché ha offeso Gesù. Si meditano, si sente che il cuore è oppresso da certe difficoltà, certe pene… Magari qualche volta uno si accorge anche che quella persona è un po’ triste e cerca di mostrarsi lieta, eppure non può del tutto nascondere quel che ha dentro… forse un pensiero di inferiorità; e sarebbe anche imprudente alle volte raccontar tutto: che consolazione avreste quando vi foste spiegate, [quando] aveste confidato a una persona le vostre pene… può farvi
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qualcosa? A Maria si può dire tutto. Sfogarsi con lei, mostrare l’intimo del nostro animo, e aspettare! Non si è ancora finito di dire il rosario che già c’è una luce nuova nell’animo. C’è la rassegnazione: [arriva] la speranza di cambiare il male in bene! E proprio quello lì che è inferiorità, che dà intima pena, l’aspra lotta [che] c’è dentro per tenere quel cuore a posto, per darlo a Dio, contro le tentazioni di un genere, dell’altro, dispiaceri che vengono da destra e da sinistra, e quel non essere capaci, quel sentirsi sempre obbligati a fare le stesse accuse dei peccati, eccetera… Che cosa, allora? Confidarsi in Maria: si sarà consolati, ci sarà di nuovo la speranza! E tutte quelle pene lì divengono ben accettate e, voglio dire, ragionate, considerate davanti a Dio, sono poi i meriti più grossi, eh! Se uno sa prenderle, sopportarle, offrirle a Dio… sentirci umiliati ma confidare e offrire tutto al Signore in sconto dei nostri peccati e per consolare il Cuore di Gesù di tante offese! Divengono i meriti maggiori, divengono i meriti maggiori. Al giudizio si svelerà tutto: i meriti maggiori! Così ci predicava: ecco, così dico anche a voi.
Noi sacerdoti oggi recitiamo l’Ufficio di Maria Consolatrice4. C’è la storia delle grazie che la Madonna Consolatrice ha fatto a Torino. In tempi di angustia, di calamità, di guerre, di pestilenze, terremoti anche, e pene di vario genere, anzi gravi pene! Torino è stata liberata, ecco… Adesso quello che dapprima era una cappella molto povera, ora è quel gran santuario che il canonico Allamano ha fatto restaurare in tutte le sue parti. E dal ’902, ’905, ’912 […]5
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qualcosa? A Maria si può dire tutto. Sfogarsi con lei, mostrare l’intimo del nostro animo, e aspettare! Non si è ancora finito di dire il rosario che già c’è una luce nuova nell’animo. C’è la rassegnazione: [arriva] la speranza di cambiare il male in bene! E proprio quello lì che è inferiorità, che dà intima pena, l’aspra lotta [che] c’è dentro per tenere quel cuore a posto, per darlo a Dio, contro le tentazioni di un genere, dell’altro, dispiaceri che vengono da destra e da sinistra, e quel non essere capaci, quel sentirsi sempre obbligati a fare le stesse accuse dei peccati, eccetera… Che cosa, allora? Confidarsi in Maria: si sarà consolati, ci sarà di nuovo la speranza! E tutte quelle pene lì divengono ben accettate e, voglio dire, ragionate, considerate davanti a Dio, sono poi i meriti più grossi, eh! Se uno sa prenderle, sopportarle, offrirle a Dio… sentirci umiliati ma confidare e offrire tutto al Signore in sconto dei nostri peccati e per consolare il Cuore di Gesù di tante offese! Divengono i meriti maggiori, divengono i meriti maggiori. Al giudizio si svelerà tutto: i meriti maggiori! Così ci predicava: ecco, così dico anche a voi.
Noi sacerdoti oggi recitiamo l’Ufficio di Maria Consolatrice . C’è la storia delle grazie che la Madonna Consolatrice ha fatto a Torino. In tempi di angustia, di calamità, di guerre, di pestilenze, terremoti anche, e pene di vario genere, anzi gravi pene! Torino è stata liberata, ecco… Adesso quello che dapprima era una cappella molto povera, ora è quel gran santuario che il canonico Allamano ha fatto restaurare in tutte le sue parti. E dal ’902, ’905, ’912 […]
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1 Nastro originale 129/62 (Nastro archivio 117c. Cassetta 117bis, lato 1. File audio AP 117c). Titolo Cassetta: “La Madonna Consolata”.
2 Sul portale della Chiesa di Santa Maria della Consolazione, comunemente detta Santuario della Consolata, è riportata appunto questa espressione latina, che risale alle Litanie lauretane. La “Consolata” è la patrona di Torino e, secondo la tradizione, il culto mariano in questa città ha origini antichissime (V secolo). La data della sua festa si rifà al ritrovamento, avvenuto nel 1104 nell’Oratorio di Sant’Andrea in rovina da secoli, di una immagine di Maria ad opera di un giovane non vedente, che poi recuperò la vista. Cf GIUSEPPE POLLANO, Storia del Santuario della Consolata, Torino 1964, 120 pp. Per una più aggiornata critica storico-artistica, cf ALDO MARENGO (a cura), La Consolata Patrona della diocesi di Torino venerata nel suo Santuario. Monumento di Arte, di Storia, di Culto, Genova 2013, 48 pp.
3 Prima di entrare nel Seminario di Alba, Francesco Chiesa trascorse tre anni in un preseminario, il “collegio vocazionale” di don Ottavio Pavia (1842-1902) a Torino. Cf AGOSTINO VIGOLUNGO, “Nova et vetera”. Can. Francesco Chiesa Servo di Dio, Alba 1961, pp. 21-23.
4 Nel giorno della Festa dell’Invenzione della Sacra Immagine della Beata Vergine Consolatrice si recitava l’Ufficio della Beata Vergine Maria (Commune Festorum B. Mariae Virginis).
5 Cf IGINO TUBALDO, Il Beato Giuseppe Allamano e il Santuario della Consolata, Bologna 1990, 83 pp.