Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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V
I FRUTTI DELL'OBBEDIENZA

[58] Mettete l'intenzione nelle preghiere che farete oggi, negli Esercizi ed in tutta la vita, per ottenere dal Signore la grazia della carità di | [59] famiglia, affinché nella vostra Congregazione non vi sia soltanto obbedienza esterna ma unione di mente, di cuore, di opere; prima di mente e di cuore onde ognuno pensi, voglia, desideri quello che deve volere e desiderare tutta la famiglia la quale è ancora in una certa evoluzione.
Avete appena sei anni dall'approvazione!1. Quando una bambina ha solo sei anni non può far tanti passi da sola. L'unione è necessaria specialmente quando si è da principio e quando si cammina un po' celermente. Le vostre confidenze rimangano tutte in casa di modo che vi sia vera unione di affetto, di confidenza, di carità.
Ed ora continuiamo sull'argomento di stamattina.
Abbiamo considerato i premi dell'obbedienza, ossia la sua utilità per la vita eterna ed i vantaggi speciali dell'obbediente anche in questo mondo. Infatti egli vede le sue preghiere esaudite e ritrae frutti copiosi dal suo apostolato. Ora vedremo come.

I. L'OBBEDIENTE GODE LA PACE INTERIORE

La nostra volontà è tale che prima ci fa desiderare le cose e poi, sovente ci fa pentire dei desideri avuti. Invece dopo aver compiuta la divina volontà si gode una gran pace. Non si è indovinata? Pazienza! Si è fatta l'obbedienza e se ne ha ugualmente il merito e poi nessuno impedisce al Signore di far fruttificare quell'opera | [60] anche dal lato materiale. S. Mauro2
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ricevette da S. Benedetto3 il comando di gettarsi nell'acqua per salvare un bimbo annegato, ubbidì e riuscì salvo con quel fanciullo. L'obbedienza, vedete, è una virtù tanto grande che opera prodigi.
Quelle suore del Cottolengo al mattino avevano tutte la febbre ed il santo avendo veduto le fanciulle senza assistenza: O ciucote4, disse loro, calate giù se no viene il diavolo qui in mezzo!. Le suore obbedirono prontamente, scesero dalle bambine secondo il comando ricevuto e la febbre andò a finire, dove? Forse nella Dora!5.
Piantaste anche un bastone secco per obbedienza, credete sia inutile? Mai più! Se pure il Signore non vorrà compiere il prodigio di farlo fiorire per evitare che vi insuperbiate, certamente farà prosperar un'altra cosa che aveva bisogno d'una benedizione speciale.
Guai se il Signore ci facesse vedere tutti i frutti delle nostre obbedienze! Noi ci innalzeremmo6 su su e chi ci terrebbe ancora?
Grande pace, per conseguenza, gode la suora obbediente, sicura com'è di aver fatto bene e di ottenere un successo in questa vita e nell'altra.

II. L'OBBEDIENTE GODE ANCHE PACE ESTERIORE

E ciò perché conserva l'unione e l'armonia nella comunità.
La società ha tanti mezzi ma come fanno | [61] questi mezzi ad essere uniti per tendere ad un unico fine? Provvede a ciò l'obbedienza che conserva l'ordine. L'ordine vi può essere solo se regna l'obbedienza. Che cosa sarebbe in questa casa se vi fossero al mattino tante levate quante sono le persone? Se invece con un po' di sacrificio tutte si sforzano a venir giù assieme, allora c'è l'ordine. Che cos'è questo pasticcio che alle volte si deve dare un avviso un po' importante e non si sa mai quando
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prendervi tutte? Se non si conserva l'ordine e l'armonia, la comunità si rilassa, diviene stanca. E quest'ordine, quest'armonia, come abbiamo detto, sono frutti d'obbedienza. Naturalmente però, qualcuna se avesse bisogno di eccezione, la faccia pure senza rimorsi.
Tuttavia, in generale, si tenda all'unità, in modo che le eccezioni, se fosse possibile, vengano abolite.
Quando vanno a passeggio le fanciulle e una va a cogliere i fiori, un'altra s'arrampica per una rupe, un'altra si ferma a bere ad una fonte, che succede? Che non si va più avanti. Invece quando, anche a costo d'un piccolo sacrificio, stanno tutte ben in fila, si va avanti, si fa una bella gita, si torna a casa contente.
Questo è un pallido esempio dell'ordine, ma l'esempio più efficace lo si trova nella santa Famiglia, dove il capo era S. Giuseppe obbedito da Maria, più santa di lui, e per ultimo veniva Gesù che ascoltava entrambi, quantunque più sapiente, più santo, più abile a comandare di loro.
Grande pace regnerà nella vostra Famiglia finché si manterrà lo spirito d'obbedienza. Per | [62] questo bisogna guardarsi dal giudicare i superiori e le sorelle assenti. Nessuno è infallibile, non lo era neppure S. Giuseppe, ma Gesù gli obbediva ugualmente.
Non è prudente andar per legna quando piove, eppure chissà che qualche volta, non prevedendo il futuro, S. Giuseppe avrà mandato Gesù a tagliarne. E Gesù certamente vi sarà andato senza replicare motto, pur prevedendo l'inconveniente, come Dio! Non giudichiamo, perché il più delle volte non possiamo conoscere tutti i motivi d'un comando, e li sapessimo anche!?... Inoltre, non critichiamo le sorelle assenti, non facciamo confronti fra una casa e l'altra: siamo sempre le avvocate delle assenti. Sappiamo tacere ed essere contente specialmente quando ci cambiano d'ufficio. Sentii un giorno il cardinal Maffi7 che parlava al suo clero così: Si toglie un parroco e se ne mette un altro; anche se non si toglie, supponiamo che il primo venga a morire. Quello che subentra comincia a trovare una quantità
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di difetti nell'operato del suo predecessore e dice: Questi altari furono mal tenuti, questa chiesa avrebbe potuto essere riparata!, ecc. Raro il sentire: Poveretto, quante cose ha fatto; ha fatto riparare il campanile, ha coltivato il catechismo; a quel che manca non sarà arrivato ma mi propongo di farlo io. Si fa presto a dire: Si è fatto niente!
Non è vero: si sono fatte tante cose e altrettante ne resteranno incompiute a te, quando il Signore ti toglierà da questo posto. E sarai contento, se il successore ti criticherà tanto severamente? Giudicar bene, dunque, delle | [63] sorelle assenti, senza gli occhiali neri che fan vedere tutto scuro. Far risaltare il bene delle altre, è gran carità!
Pensiamo che nessuna di noi è infinita, e perciò si fa ciascuna la propria parte, proporzionata alla grazia che abbiamo.
Ma che ha da fare ciò con l'obbedienza? Tanto, perché essa serve a mantenere la docilità, l'unione. Giudichiamo sempre bene le presenti come le assenti, quelle che tengono un ufficio e quelle che lo lasciano, e non potendo dir bene, scusiamo almeno le intenzioni.
Ed ora veniamo al modo di obbedire.

III. COME DEVE ESSERE LA NOSTRA OBBEDIENZA

Essa deve estendersi al complesso delle cose: dev'essere universale. Alcune disposizioni ci piacciono, altre no; ebbene, se abbiamo la virtù dell'obbedienza, le prenderemo tutte volentieri. Obbedienza universale e cioè non solo ai superiori maggiori, ma anche alle assistenti, alle compagne in apostolato.
Obbedienza universale e cioè: nella pietà, nello studio, nell'apostolato e nella povertà.
Siamo in un mondo in cui c'è tanto bene da fare e tante belle opere abbiamo! Verissimo; ma il vostro spirito è buono, e col vostro spirito farete tanto; statevi attaccate. Voi non vi stimate da più delle altre, ma amate le vostre cose più di tutte, non è vero?
È molto importante non guastare lo spirito ed uniformarsi alla propria Congregazione. Per mantenere questa uniformità, dovete curare | [64] quanto abbiamo detto, ossia: l'unione di pensieri,
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di cuore, di opere. Questo dev'essere il frutto principale da trarre dagli Esercizi.
Quante volte però avviene, che proprio quella persona che vuol ristabilire l'ordine, finisce col disturbare di più. Capita in certe adunanze che colui che intima il silenzio, fa più chiasso degli altri.
Il vero zelo d'una riforma comincia sempre da noi stessi, quindi non state a sentire tutti coloro che parlano di riforme: riforme nel clero, nella società, nelle associazioni cattoliche, se prima non vedete che queste anime cominciano col riformare se stesse.
A questo proposito vi ricordo che facendo i voti, voi vi siete totalmente consegnate alla Congregazione e cioè con quanto avete di salute, di intelligenza, di abilità, di tutto. Ora, notatelo bene, siete e dovete essere della Congregazione.
E allora che cosa sono certe conversazioni ammissibili nel mondo, ma non qui, che cos'è il dire che si danno i meriti a questi o a quello, che si obbedisce al proprio confessore?
La donazione fu donazione totale e voi volete lasciare il più per il meno? Badate di rispettare e di non distruggere mai la professione!
Voi siete le Figlie di San Paolo; le altre saranno anime vittime, faranno voto di obbedienza al sacerdote A, o al sacerdote B; facciano pure, ma queste cose sono secondarie, inferiori alla professione religiosa.
Peggio sarebbe se vi legaste fra di voi. Legatevi al Signore!
| [65] Queste cose io non ve le ho mai chieste, nemmeno prima che foste nella Congregazione perché le trovo contrarie alla volontà di Dio. Il Signore mi ha tenuto la sua mano sul capo e spero vorrà tenermela ancora, affinché non vi chiami mai care, oppure mie carissime figlie spirituali.
Ma ci sarà qualcuna fra voi che possa desiderarlo? Sareste così mondane?...
State legate al Signore: voi siete del Signore. Se in questi Esercizi batto tanto su questo, gli è perché so che cosa voglio dire.
Le figlie che fanno così, finiscono col non obbedire a nessuno, col pretesto di far meglio. Andate avanti con lo spirito di Dio: voi siete di Dio.
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I sacerdoti non dovrebbero confessare le suore prima di avere raggiunto i quarant'anni, ma per necessità lo fanno anche prima, e ciò si permette nella speranza che da ambe le parti siate obbedienti.
Anche, poi, dovendovi confessare da sacerdoti secolari, ossia che non hanno i voti, ricordate che voi siete legate.
Siate buone Figlie di San Paolo e, se sarete buone Figlie di San Paolo, sarà sufficiente.
Quando vi capitassero delle storie, cambiate subito confessore e non fate mai amicizie particolari fra di voi, per poter discorrere di cose spirituali: queste cose distruggono la carità e l'obbedienza.
La nostra obbedienza inoltre, dovrebbe essere cieca, ma io senz'altro vi dico: sia totale e cioè non si obbedisca soltanto con l'opera esterna, ma altresì con l'interna ossia per amor di Dio. | [66]Non dire solo: Lo faccio ma pensare e giudicare come ha pensato e giudicato chi ha dato la disposizione; col cuore bisogna amare il precetto, e con la bocca parlarne bene. Nelle varie case si parli sempre bene di coloro che dirigono in Casa Madre e si ami la Casa Madre.
Certe espressioni tolgono le forze, certe altre invece fanno sì che il comando torni più leggero. Aiutiamoci, aiutiamoci sempre, prima con le parole, poi con le opere. Mi direte: Questo è difficile!. È vero, ma è più grande merito. Le cose, più sono preziose, più sono rare e avvolte nelle difficoltà.
Il valore d'una Congregazione sta tutto nello spirito di obbedienza che vi regna8. Anche fuori avreste potuto fare il voto di castità e di povertà, ma quello di obbedienza come le religiose, no. Esso è proprio della vita vostra.
La suora più santa è la suora più obbediente, ed una suora obbediente sarà sempre una buona suora, anche se avrà qualche difetto.
La vostra Regola è la strada del Paradiso. Se camminiamo sulla strada ci troveremo alla meta che ci siamo prefissa, ma se ce ne allontaneremo, no.
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Siate un'anima ed un cuor solo, e per quante difficoltà incontriate, le supererete tutte, se avrete lo spirito di obbedienza.
Specialmente quelle figliuole che devono andare nelle case più lontane, siano molto ferme, perché in tali condizioni, avranno molte più occasioni per staccarsi.
Se avete letto la vita della Madre Antida Thouret9, avrete veduto quali sono i pericoli di una Congregazione giovane.
| [67] Da questi Esercizi dovete trarre i seguenti frutti: spirito di obbedienza e unione molto intima.
Il nostro divin Maestro, modello di virtù private, ci conceda la grazia di imitarlo nella sua obbedienza che egli esercitò per tanti anni, cioè fino alla morte di croce: «Factus oboediens usque ad mortem, mortem autem crucis»10.
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1 Il Decreto di erezione canonica delle Figlie di San Paolo in Congregazione di diritto diocesano fu firmato da mons. Francesco Giuseppe Re, vescovo di Alba, il 15 marzo 1929. Questo accenno fa pensare al documento che le superiore presenti firmano per chiedere a Mons. Luigi M. Grassi, vescovo di Alba, la conferma di Maestra Tecla a Superiora generale (cf ArSt FSP).

2 Mauro (512-584), insieme a Placido fu tra i primi discepoli di san Benedetto da Norcia.

3 Benedetto da Norcia (480-547), fondatore a Montecassino del monachesimo occidentale.

4 Espressione dialettale piemontese, usata affettuosamente.

5 La Dora Riparia, fiume che attraversa Torino e sfocia nel Po.

6 Orginale: innalzeremo.

7 Cardinal Pietro Maffi (1858-1931), arcivescovo di Pisa, consigliere, amico e ammiratore di Don Alberione.


8 Risuona il pensiero delle Costituzioni, ed. 1932, art. 220: «La vita e la forza del nostro Istituto stanno oltre che nella grazia del Signore, nella massima unità di pensiero, di cuore, di opere, e nell'esercizio della santa umiltà».

9 Giovanna Antida Thouret (1755-1826), francese, fondatrice dell'Istituto delle Suore della Carità. Canonizzata nel 1934.

10 Fil 2,8: «... facendosi obbediente fino alla morte e alla morte di croce».