Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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7. EUCARISTIA E ROSARIO*

Consacriamo il primo venerdì del mese ad onorare il sacratissimo Cuore di Gesù, cuore amabilissimo, misericordiosissimo, piissimo, estremamente amabile dagli uomini e fra tutti in particolare dalla Vergine Maria, sua santissima madre.
Fra Gesù, bambino, adolescente, adulto e Maria, passò uno scambio di affetti indicibile, una corrispondenza di amore intimo e speciale, cuori che si compresero, come mai altri comprese il cuore di Dio, [e] il cuore della Madre sua santa. Cuori che non si separarono mai, perché Gesù s'incarnò nel seno di Maria Vergine, nacque da lei, visse con lei, fu assistito da lei fino all'ultima ora sul Calvario, in cui fu vista Maria accompagnare il Figlio al supplizio, assistere al suo tremendo martirio, restare ritta ed immobile come una statua ai piedi della croce. Gesù morì, e Maria lo accompagnò al sepolcro, lo ebbe con sé risuscitato, lo seguì sul monte da cui lo vide ascendere al cielo.
Gesù e Maria adunque furono due cuori che si compresero perfettamente, per questo S. Giovanni Eudes1 non voleva mai che nelle prediche si nominasse uno senza l'altro. Noi oggi vogliamo anche onorarli assieme parlando dell'Eucaristia e del rosario. E non è forse il primo venerdì del mese di ottobre?
Sul rosario Leone XIII2 scrisse ben undici encicliche allo scopo di raccomandarlo ai fedeli e di farne loro conoscere i pregi. Al rosario ha annesso moltissime indulgenze, specialmente se recitato innanzi a Gesù Eucaristico nel Tabernacolo o esposto sull'altare. Ma perché raccomandarlo tanto? Per i motivi suaccennati: per la stretta relazione che vi è tra Gesù e Maria.
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Gesù e Maria non si separarono mai sulla terra, non sono separati in cielo: è giusto che anche noi nella nostra pietà non li separiamo. Onoriamo insieme l'Eucaristia e il rosario.
Vediamo i misteri dolorosi.

Nel primo [mistero] si contempla Gesù che suda sangue nell'orto
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Consideriamo il Salvatore in quella solitudine, abbandonato dagli Apostoli che dormono; Gesù che prega mentre i farisei tramano contro di lui per farlo morire. Egli prega, prega il Padre per avere la forza di abbracciare il calice della prossima passione; il suo cuore è immerso in una profonda tristezza: da una parte i dolori acerbissimi dell'indomani, dall'altra la visione di tante anime per cui resterà inutile il suo sangue [versato]: anime predilette e poi nemiche, ingrate e distratte. «Tristis est anima mea usque ad mortem»3, sente un'angoscia di morte.
Ed era veramente mortale la sua angoscia, che spinse così violentemente il sangue fuori dai pori da [farlo] scorrere sulle zolle circostanti.
Ebbene, che cosa fa Gesù adesso? È forse finita la sua agonia? Tutt'altro! Scoprendo la sacra pisside, alla vista delle sante particole, oh, pensiamo che quelle sono Gesù col suo cuore vivo e palpitante, il quale continua la sua agonia del Getsemani! Sempre uguale infatti fu in ogni tempo l'ufficio di Gesù: pregare, nascondersi per immolarsi, vittima silenziosa e pazientissima della nostra ingratitudine, del nostro abbandono, dell'abbandono di tante anime che vivono e muoiono lontane da lui recando offese sopra offese al suo celeste Padre.
Voi che fate l'adorazione di notte, pensate che proprio quelle sono le ore più penose per Gesù, le ore in cui mentre i buoni dormono, i cattivi macchinano contro di lui. A voi Gesù rivolge il lamento: «Una hora non potuistis vigilare mecum?»4. Beato chi comprende i desideri divini, beato chi sa tenere compagnia a Gesù che agonizza nel Getsemani! Quel sangue di Gesù agonizzante nell'orto venne raccolto dagli angeli; ora gli angeli
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pietosi siete voi. Lo stesso sangue scorre nell'Ostia consacrata del Tabernacolo: adoratelo con Maria, e recitando la prima decina dei misteri dolorosi chiedete a lei d'imparare a pregare bene, di comprendere i dolori e i desideri di Gesù così grandi ed intensi.

Nel secondo mistero si contempla la flagellazione di Gesù alla colonna.
I giudei vogliono la morte di Gesù. Pilato esita a condannarlo per insufficienza di prove. Volendo quindi liberarlo e nello stesso tempo non avendone il coraggio, ricorre ad una mezza misura: Gesù sia flagellato. Il Salvatore allora viene legato alla colonna e due carnefici lo battono spietatamente con flagelli fatti di cuoio e di funi annodate, intercalate da punte di piombo e di osso. La persona di Gesù è presto tutta lacerata: la pelle si rompe, le carni si squarciano, si denudano le ossa: «Et dinumeraverunt omnia ossa mea»5. Di sangue è intriso il terreno, di sangue sono macchiate le mani dei carnefici e la colonna. E perché tanti tormenti? Per riparare i nostri peccati di sensualità ossia la pigrizia, la gola, la sensibilità. Oh uomini, le vostre soddisfazioni quanto sono costate a Gesù! Voi avete voluto godere, e Gesù ha sofferto per voi sino a lasciarsi scoprire le ossa.
Per riparare ai tanti oltraggi che riceve Gesù con i peccati di sensualità noi recitiamo il Pater e le dieci Ave [Maria], chiedendo a Maria di consolare lei per noi il cuore di Gesù e insieme la grazia di mai abbandonarci ai tre peccati che costituiscono la sensualità.

Nel terzo mistero si contempla Gesù incoronato di spine per riparare i peccati di superbia, seconda fonte di male.
Immaginiamo il nostro adorato Salvatore, seduto su di uno sgabello, con uno straccio sulle spalle, una canna rotta in mano e delle spine intrecciate a corona sul capo. Oh, se una spina in un dito ci fa passare nottate insonni, quanto non avrà sofferto Gesù con tante che gli penetravano nelle tempia e che gli venivano conficcate a colpi di mazza! Quale dolore per scontare la nostra alterigia!
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Il nostro orgoglio ha voluto soddisfarsi, ma a quale prezzo! Impariamo dall'umilissima Madre di Dio ad abbassare la fronte, da lei che, sebbene eletta fra tutte le donne e concepita senza peccato, all'annunzio dell'Angelo rispose: «Ecco l'ancella del Signore: si faccia di me secondo la tua parola»6. Umiliamoci e chiediamo la grazia di una profonda umiltà con il Pater e le Ave [Maria] di questo terzo mistero.

Nel quarto mistero si contempla la condanna di Gesù e il viaggio al Calvario.
Gesù viene condannato a morte. Perché? Perché è il più innocente, il più santo, spiritualmente il più bello dei figli degli uomini, e quindi il più degno a riparare per tutti, vittima prediletta del Padre.
Gesù sapeva che il suo sangue sarebbe stato accetto a Dio e perciò volle versarlo fino all'ultima goccia pagando per i peccati che si erano commessi sino allora e che da allora si commetteranno sino alla fine del mondo. Noi siamo questi poveri peccatori: accettiamo almeno in pace la morte che al Signore piacerà di mandarci. Le occasioni di maggior merito nella vita sono due: la scelta dello stato e l'accettazione della morte. Questi possono essere atti di puro amor di Dio e noi sappiamo che chi muore nel puro amor di Dio non toccherà le fiamme del purgatorio. L'atto di accettazione possiamo farlo più volte nella vita per ottenere la grazia di confermarlo nell'estremo momento. Beato colui che come Gesù ha portato volentieri la sua croce, [in] penitenza dei suoi peccati, e si esercita nella virtù! Beato colui che in vita si distacca dall'amor proprio e vive nell'amor di Dio! La morte di costui sarà santa, non sarà che un passaggio dall'esilio alla patria. Chiediamolo alla Madonna con questa quarta decina.

Nel quinto mistero si contempla Gesù sulla croce che agonizza e muore.
Gesù agonizza nel corpo e nello spirito, Maria nell'anima e nel cuore. Oggi il sacrifizio della croce è la santa Messa. Ah, le anime che comprendono il valore della santa Messa! La Messa
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è un tesoro nascosto, è il centro di tutta la pietà cristiana, è il primo atto di religione, è il sacrificio più accetto a Dio, perfettamente latreutico, eucaristico, propiziatorio, impetratorio, è il miglior suffragio per le anime del purgatorio. Ma la maggior parte degli uomini sembra [che] non lo comprendano, e preferiscono passare la nottata nel piacere e negli spettacoli anziché levarsi un tantino prima al mattino per assistere alla Messa, il grande spettacolo della morte di Gesù che si rinnova sui nostri altari.
In questo mistero chiederemo la grazia di assistere fervorosamente al santo Sacrificio e così rosari ed Eucaristia saranno gentilmente e santamente intrecciati. L'amore di Gesù e di Maria regnerà nei nostri cuori e, come S. Giovanni Eudes, noi non li sapremo separare. In tutto il mese poi reciteremo il rosario alla presenza di Gesù esposto, per ottenere tre grazie: far bene la Comunione, non soltanto sovente, ma santamente; fare delle belle adorazioni; la grazia di assistere con sempre maggior fervore alla santa Messa.
Adesso ringraziamo il Signore che probabilmente ci concede ancora un mese di vita, il mese del rosario e chiediamogli di poterlo finire non per la gioia di vivere, ma per arricchirci di meriti: non viviamo per vivere, viviamo per il cielo, non perdiamo tempo, non perdiamo tempo!
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* Predica in ciclostilato, fogli 2 (23x33) che ha come titolo: “1° venerdì del mese di ottobre”. L'originale evidenzia data e autore: “4/10/35. Primo Sig. Maestro”.

1 Giovanni Eudes (1601-1680), francese. Fu promotore del culto liturgico al Cuore di Gesù e di Maria.

2 Leone XIII: Vincenzo Gioacchino dei conti Pecci (1810-1903), papa dal 1878.

3 Cf Mt 26,38: «La mia anima è triste fino alla morte».

4 Cf Mt 26,40: «Così non siete stati capaci di vegliare un'ora sola con me?».

5 Cf Sal 22,18: «Posso contare tutte le mie ossa».

6 Cf Lc 1,38.