Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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II
LE CAUSE DEI PECCATI

| [165] Il dolore è la disposizione più necessaria per ottenere il perdono dei peccati. I peccati commessi poi debbono esserci sempre presenti per renderci più cauti, più umili, più diligenti, più confidenti nella divina misericordia, sapendo che Gesù profuse il suo sangue ove abbondò la colpa1. Stiamo lontani dallo scrupolo quanto dalla illusione e pensiamo che di alcuni peccati non riusciremo in eterno a cancellare le funeste conseguenze. È questo il pensiero che deve tenerci in una costante umiltà. Chi avesse trascorso un certo tempo nella tiepidezza, ha un bel pentirsi e tornare nel fervore: i meriti perduti non li riacquisterà mai più e se al Signore prima avrebbe dato cento d'amore, ora non gli darà che novantanove.
E allora, c'è da disperarsi? No, ma stare a capo chino.
Pure mi han detto che potevo esser tranquilla!. Sì, perché non meriti più l'inferno.
Se staremo umili, faremo tanto, tanto bene. Che cosa sono quei pensieri di superbia? Io non penso mai all'inferno: penso solo al Paradiso.
| [166] No, no, pensa pure all'inferno in cui saresti già caduta mille volte, se il Signore non t'avesse salvato per sua misericordia!
Stiamo lontani dallo scrupolo come dall'illusione, lo ripeto, stiamo al nostro posto di colpevoli; nella verità si edifica, nell'illusione non ci si santifica.
Se ci togliamo di mezzo, se ci nascondiamo per dar risalto alla bontà di Gesù, sebbene peccatori, quante cose faremo!
Ricordiamo sempre che il Signore punisce i superbi e innalza gli umili. «Deposuit potentes de sede et exaltavit humiles»2. «Peccatum meum contra me est semper»3. Il mio peccato mi sta sempre davanti perché disperi di me e confidi in Dio.
Andando avanti, vediamo come vi siano due specie di dolore: il dolore perfetto o contrizione e l'imperfetto o attrizione.
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Il primo è disgusto del peccato in quanto è offesa di Dio, il secondo in quanto fu di danno a noi in questa vita e nell'altra.
Chi dicesse: Mi pento dei miei peccati perché con essi ho meritato l'inferno avrebbe il dolore imperfetto. L'attrizione però, non ottiene il perdono se non è accompagnata dal sacramento della Confessione. Il dolore perfetto invece, rimette il peccato anche prima della Confessione, sebbene resti l'obbligo di confessarlo al più presto. Quando? Ad esempio: se hai peccato al lunedì e non hai modo di confessarti prima del venerdì come sei solita, fa' subito un atto di | [167] dolore perfetto ed attendi il venerdì in pace.
E potrei fare la Comunione in questo frattempo?.
No, a meno che non ti trovi in pericolo di vita, ma in questo caso il sacerdote stesso che ti comunica, potrebbe darti l'assoluzione necessaria. Ricordate sempre che tanto il dolore perfetto, quanto l'imperfetto si ottengono con la preghiera e perché siano sinceri, debbono portar rimedio efficace, ossia debbono mirare a distruggere la radice del male. Ditemi: quando sentite un forte puzzo e sapete che proviene dalla combustione di uno straccio intriso di benzina, che cosa fate? Vi accontentate di prendere lo straccio e portarlo in mezzo al cortile, oppure vi gettate addosso della terra per soffocare le fiamme?
Così dovreste fare del peccato; dovreste ricercarne le cause e procurare di renderle innocue per l'avvenire, soffocarle affinché non producano cattivi effetti. E quali sono le principali cause del peccato? Sono: l'avarizia, la superbia, la sensualità. Io non vi parlo dell'avarizia, bensì delle altre due.

I. CHE COS'È LA SUPERBIA

È quella brutta tendenza che abbiamo alla stima di noi stessi, ad elevarci al di sopra del nostro prossimo.
Anche gli avari peccano di superbia. Infatti qual è, generalmente, il motivo per cui cercano | [168] di arricchirsi tanto? Desiderano di essere ritenuti per grandi e potenti.
La superbia produce la confidenza in noi, non lascia pregar bene e di conseguenza fa perdere le grazie.
La superbia genera liti, bisticci, invidie, gelosie, toglie troppo spesso la pace ai conventi. E si finisce per aver in uggia una
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persona unicamente perché è fatta segno alla stima dei superiori, e si è gelosi di un'altra perché riesce meglio negli studi, nell'apostolato, nella pietà. Poi si cerca di distinguersi nel modo di parlare, di agire, si trattano con durezza gl'inferiori, si ambisce la compagnia dei grandi, non si intendono gli uffici e nello stesso bene che si compie s'intromettono tante intenzioni storte. Talora persin nelle pratiche di pietà v'è tendenza a farsi vedere. Quante volte al termine della vita alcune persone che pure avevano operato tanto, si sono trovate con le mani vuote, anzi, che dico? Con molti debiti verso Dio, a causa della superbia!

II. CHE COS'È LA SENSUALITÀ

È tutto quel complesso di tentazioni che ci vengono dal corpo. Consiste perciò, nel troppo riposare, nel molto parlare, nel soverchio cibarsi, nel voler guardare, sentire, insomma accontentare i sensi!
Qui abbiamo ampia materia di esame. Gli | [169] occhi li teniamo sempre a freno? E l'udito? Ci mortifichiamo nella curiosità di sapere?
Chi è sensuale vuol veder tutto, sentir tutto, sapere tutto.
Inoltre la sensualità può risiedere nel cuore: abbiamo simpatie, antipatie, affetti speciali per le creature? È naturale che chi fa bene sia più stimato, più amato, che anche i superiori gli affidino volentieri un lavoro. Questo non è un aver preferenze.
Preferenza sarebbe se si preferisse una data persona per motivi naturali.
Così è l'antipatia: il rifuggire4 da una persona, unicamente per motivi naturali. Ma se una povera donna dicesse: Io rifuggo da mio marito quando è ubriaco5 e fatico nel vincere la ripugnanza che provo per lui, non peccherebbe certo di sensualità, ovvero di antipatia.
La sensualità porta a fantasticare con una certa libertà, ama gli uffici più comodi, non vorrebbe mai né caldo, né freddo, mentre la virtù insegna a sopportare ogni cosa secondo i princìpi soprannaturali.

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III. QUAL È LA RADICE DEI NOSTRI PECCATI

Non vogliamo comparire speciali neppure nella vita spirituale. Alcune parlano volentieri di distinzioni, di sospiri, di elevazioni, ma perdono del tempo! Diciamo pur così: la radice di tante mie colpe, la fonte dei miei difetti è la superbia | [170] oppure la sensualità. Siamo tutti figli di Adamo. Non v'è nessuno che vada esente da queste cose.
Saremo schietti se riconosceremo apertamente di essere dominati da una delle passioni fondamentali. A queste si rivolga il nostro dolore dei peccati, proprio per mettere la scure alla radice. Crediamo forse che una volta ricoperto di un velo queste passioni, non producano più i tristi loro frutti? Si potranno dissimulare come chi ha la bocca piena e fa finta di non mangiare, ma mai renderle innocue, se non si soffocano, se non si troncano, se non si combattono con tutta energia!
A me pare ci sia poco da sperare da quelle anime che si credono vittime e quando sono corrette, sempre persuase di non meritare rimproveri, sopportano ogni cosa in pace credendo di farsi dei meriti.
Queste anime non hanno vocazione, perché la vita religiosa è un tendere continuamente alla perfezione.
Il giusto si accusa da sé, non aspetta che lo giudichino gli altri. Ci benedica il Signore misericordioso e ci aiuti a scoprire la madre di tutti i nostri mali: superbia o sensualità.
Chiediamo al Cuore sacratissimo di Gesù, qui presente nel santo tabernacolo, la grazia di conoscere noi stessi.
È bello parlare delle virtù, ma è più bello acquistarle e per acquistarle è indispensabile combattere quanto maggiormente vi si oppone.
| [171] Questa sera, argomento principale del nostro dolore sia la passione predominante. Detestiamo le innumerevoli mancanze da essa prodotte. Stiamocene umili, umili, sempre a capo chino come la Maddalena ai piedi di Gesù crocifisso, ma lungi dal disperarci, confidiamo nei suoi meriti infiniti. Solo così ove abbondò il peccato abbonderà la grazia e noi riusciremo a far bene, tanto bene.
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1 Cf Rm 5,20.

2 Lc 1,52: «Ha rovesciato i potenti dai troni, ha innalzato gli umili».

3 Sal 51,5.

4 Originale: rifuggere.

5 Originale: ubbriaco.