46. MEZZI PER PREPARARCI ALLA MORTE *
Tre sono i mezzi [per prepararci alla morte]: 1) pensare alla morte; 2) operare per la morte; 3) pregare per la morte. È in mano nostra la buona e la cattiva fine. Dio, da parte sua, ci ha creati, redenti, santificati; ora sta a noi [fare] la nostra parte: l'uomo è libero e padrone del suo destino eterno.
1. Pensare alla morte. Gesù dice: «Guardatevi da ogni cupidigia, perché la vita di un uomo non dipende dall'abbondanza dei beni che possiede. E disse loro una parabola. Ad un uomo ricco aveva fruttato bene la campagna, ed egli andava così ragionando fra sé: Come farò che non ho dove riporre la mia raccolta? E disse: Farò così: demolirò i miei granai e ne fabbricherò dei più vasti, e ci metterò tutti i miei prodotti ed i miei beni, e dirò all'anima mia: O anima, tu hai messo da parte i beni per molti anni; riposati, mangia, bevi e godi. Ma Dio gli disse: Stolto, questa notte stessa ti si chiederà l'anima tua; e quanto hai preparato, di chi sarà? Così capita a chi tesoreggia per sé e non arricchisce dinanzi a Dio»1.
Questa parabola ci rappresenta un uomo che pensa solo alla terra, e viene chiamato stolto. Dobbiamo pensare alla morte, all'eternità. Si hanno mille pensieri e premure, si hanno mille fastidi e preoccupazioni per questa breve vita; ci prendiamo pensiero e della stima e del cibo e del vestito; si ha grande premura per la salute del corpo; e all'anima e alla morte ci si pensa? La Chiesa quando mette le sacre ceneri sul capo dice: Memento, homo, quia pulvis es2. Lo Spirito Santo ci ammonisce: «Memorare novissima tua»3.
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Il fratello del monaco Da Kempis4 si era costruita una bella casa e vi aveva raccolto le comodità che si potevano desiderare. Un giorno invitò Da Kempis a visitarla e dopo che gli ebbe mostrato tutto lo interrogò: Che cosa ti pare di questa mia casa? È bella?. È bella e comoda. Ho pensato e provveduto a tutto?. L'altro, facendosi alquanto serio, gli rispose: Questa casa sarebbe veramente bella e comoda, hai pensato a tutte le comodità, ma vi è un gran difetto, un gran difetto. Dimmelo, che io possa rimediarvi. Non puoi rimediarvi», soggiunse il Da Kempis. «Ma quale è questo difetto?. Questo difetto si è che vi hai fatto la porta. Ma è difetto, in una casa la porta? È una necessità, anzi. È difetto, perché da questa porta un giorno dovrai uscire per sempre, portato a braccia da quattro becchini, e lasciarla ad altri. Beato te, se penserai a questo e provvederai a farti un'altra casa, la casa della tua eternità felice5. «Ibit homo in domum aeternitatis suae»6.
Una sera avevo fatto una predichina sulla morte, dopo le orazioni. All'indomani ho ricevuto un biglietto sotto la porta che diceva: Non venga più a parlarci della morte alla sera; ci fa paura, io non ho potuto dormire. La morte fa paura a non pensarvi: presa di fronte, con realtà, lascia grande serenità, come ai santi. Il Papa Pio IX, regalando un anello ad un cristiano, diceva: Portatelo ogni giorno, leggete ogni sera prima di mettervi a letto le due parole che vi sono scritte: Memento mori7. Quell'uomo continuò la sua pratica secondo l'avviso ricevuto per parecchie sere, ma quasi con indifferenza; finché una sera mettendosi a letto, quelle parole gli fecero una singolare impressione: Ho da morire e sono preparato? Ho da morire e se fosse questa notte l'ultima mia ora, come mi troverei al tribunale di Dio? Cambiò vita.
Usiamo questa santa astuzia: al mattino quando ci svegliamo, alla sera quando ci svestiamo per andare a letto, guardiamoci le mani, leggiamo le due M che vi sono segnate, interpretando: Memento mori. Al mattino [pensiamo]: Oggi io voglio vivere
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come se fosse l'ultimo giorno di vita; [e a sera]: voglio fare un atto di dolore perfetto, se venisse la morte in questa notte voglio essere pronto. Pensa che hai da morire! E se si pensasse che si ha da morire, oh, quanti peccati di meno, quanti disordini di meno, quante agitazioni di meno! Quante pie virtù, quanta più preghiera, quanti più meriti!
Recitiamo il primo mistero doloroso per ricevere la grazia di avere sempre presente il pensiero della morte. Canto del salmo: Cum invocarem exaudivit8.
2. Operare per la morte, cioè fare adesso ciò che allora vorremmo aver fatto; fuggire e lasciare adesso ciò che vorremmo allora aver fuggito e lasciato.
Sacra Scrittura: «C'era un uomo ricco, il quale vestiva porpora e bisso e tutti i giorni banchettava splendidamente. E c'era un mendico, chiamato Lazzaro, il quale, pieno di piaghe, giaceva all'uscio di lui, bramoso di sfamarsi con le briciole che cadevano dalla tavola del ricco, ma nessuno gliene dava: venivano invece i cani a leccare le sue piaghe. Or avvenne che il mendico morì, e fu portato dagli Angeli nel seno di Abramo. Morì anche il ricco e fu sepolto nell'inferno. Allora, alzando gli occhi, mentre era nei tormenti, egli vide lontano Abramo, e Lazzaro nel suo seno. E disse, gridando: Padre Abramo, abbi pietà di me e manda Lazzaro a bagnare la punta del suo dito nell'acqua, per rinfrescarmi la lingua, perché io spasimo in questa fiamma. Ma Abramo gli disse: Figliuolo, ricordati che tu avesti i beni in vita, mentre Lazzaro allora ebbe dei mali: e quindi ora lui è consolato e tu soffri. E poi, tra noi e voi c'è un grande abisso, tale che quelli che vogliono di qui passare a voi non possono, né di costà a noi possono valicare. E quello replicò: Allora, o padre, ti prego, che tu lo mandi a casa del padre mio, ché ho cinque fratelli, affinché li avverta di queste cose e non vengano anch'essi in questo luogo di tormenti. E Abramo rispose: Hanno Mosè ed i profeti: ascoltino quelli. Replicò l'altro: No, padre Abramo, ma se un morto va da loro si ravvederanno. Ma Abramo gli rispose: Se non ascoltano Mosè ed i profeti, non crederanno neppure se uno risuscitasse dai morti»9.
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«Venit nox quando nemo potest operari»10, e sì, immaginiamo che sia ormai vicina l'ora della nostra morte e interroghiamo il nostro cuore, la nostra coscienza: Che cosa vorrei aver fatto nei miei anni di esistenza? Certamente la risposta sarebbe semplice, verrebbe dal profondo della coscienza e quindi sarebbe molto convincente: Ah, vorrei essermi fatto santo! Dice quel moribondo: Io ho avuto tanti anni di vita, forse quaranta, forse trenta, forse venti. Altri in questi anni si sono fatti santi. Beato me, se adesso fossi santo! Ma allora sarà inutile questo desiderio; sarebbe come se un contadino non avesse seminato e al mese di luglio volesse andare nel suo campo con la falce a mietere: si raccoglie ciò che si è seminato. Sarebbe come se un vignaiuolo non avesse potato, piantato, concimato la sua vigna, e giunto ad ottobre volesse vendemmiare: si raccoglie ciò che si è seminato. Facciamoci santi adesso: abbiamo i minuti e le ore, basta anche poco tempo. Se io voglio, da questa sera divengo santo, perché dirigo tutti i pensieri, tutte le aspirazioni, tutti i sentimenti verso Dio, abbraccio intiera la sua volontà, aderisco pienamente al suo cuore, mi unisco a lui per la vita e per la morte. Chi vuole si fa santo. Beati noi, se arrivati in punto di morte, potremo vedere a destra e a sinistra le nostre opere buone che ci andranno ripetendo: «Opera tua sumus, non te deseremus: Siamo state fatte da te e con te andremo al tribunale di Dio»11. Facciamo adesso quel che non si potrà più fare allora: ecco la gran massima dei santi. S. Alfonso ha una meditazione intiera sopra questa massima12. Fuggiamo ora ciò che allora vorremmo aver schivato: il peccato. Tristissima messe sarebbe questa: partire dal mondo con il cuore ancora carico di peccati. Detestiamo ogni peccato, laviamo l'anima con una buona confessione. E specialmente peccati non più, né amicizie particolari, né piaceri, né vana superbia, né spirito di comodità: piuttosto la morte.
Recita del secondo mistero doloroso. Canto del: Qui habitat in adiutorio Altissimi13.
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3. Pregare per la morte. Lettura del santo Vangelo. «Non si turbi il vostro cuore. Credete in Dio ed anche in me. Nella casa di mio Padre ci sono molti posti. Altrimenti come vi avrei detto: Vado a preparare il posto per voi? E quando sarò andato e vi avrò preparato il posto verrò di nuovo a prendervi con me, affinché dove sono io siate anche voi. Dove io vado lo sapete e sapete anche la via. Gli disse Tommaso: Signore, non sappiamo dove vai, e come possiamo saperne la strada? Gesù gli rispose: Io sono la via, la verità e la vita; nessuno viene al Padre se non per me. Se conosceste me conoscereste anche il Padre mio: ora lo conoscete e lo avete visto. Gli disse Filippo: Signore, mostraci il Padre e ci basta. E Gesù a lui: Da tanto tempo sono con voi, e non mi avete conosciuto? Filippo, chi vede me vede anche il Padre. Come puoi dire dunque: Mostraci il Padre? Non credete dunque che io sono nel Padre e il Padre è in me? Le parole che vi dico non le dico da me stesso; ma il Padre che è in me, è lui che agisce. Non credete voi che io sono nel Padre e il Padre è in me? Se non altro credetelo per le stesse opere. In verità, in verità vi dico: Chi crede in me compirà anche lui le opere che io faccio e ne farà di maggiori, perché io vado al Padre. E qualunque cosa domanderete al Padre in nome mio, la farò, affinché il Padre sia glorificato nel Figlio. Se mi domanderete qualche cosa in nome mio ve la concederò»14.
La grazia di una santa morte deve coronare tutte le altre grazie. Figliuoli carissimi, per sei domeniche abbiamo chiesto per tutti la salvezza, il paradiso. Questa terra fra poco dovrà cambiarsi nella gloria del cielo, questa misera abitazione fra poco dovrà mutarsi in quella eterna Gerusalemme dove Iddio regna e con lui regnano i figli fedeli. Per sei domeniche abbiamo chiesto per tutti noi, membri della Società San Paolo, per i carissimi fanciulli, per i nostri cooperatori la grazia di ben morire. Il cristiano prudente avanza nella vita, diffidando e sperando. Teme di sé, confida in Gesù Cristo, e prega. Ogni giorno, costantemente, domandiamo la grazia della perseveranza finale. Abbiamo meditato l'agonia e la morte di Gesù Cristo in croce: Gesù è il più grande modello per i moribondi. Per meritare la grazia di una santa morte recitiamo sempre il quinto mistero doloroso e la
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preghiera Anima Christi, mettiamo adesso l'intenzione che serva per tale grazia.
Abbiamo ricordato che la morte più felice, dopo quella di Gesù, è stata quella di Maria. Recitiamo quindi bene, in tutta la vita, il quarto mistero glorioso e l'Ave Maria, [soprattutto] nell'ora della nostra morte. Abbiamo considerato la morte di S. Giuseppe che è anche protettore degli agonizzanti; ebbene, le Litanie di S. Giuseppe, i dolori e le allegrezze di S. Giuseppe e tutta la devozione a questo santo abbia anche lo scopo di ottenerci una santa morte fra le braccia di Gesù e di Maria. Noi viviamo per le anime, ci mortifichiamo per le anime e le vogliamo sante, e diamo loro ciò che Dio ci ha dato.
Ricordiamo tre brevi ed efficacissime preghiere per ben morire: Memorare: Ricordatevi, o piissima Vergine15. Mettiamo adesso l'intenzione che tutte le volte che reciteremo l'Ave Maria sia un grido, una chiamata che noi lanciamo alla nostra madre, perché venga ad assisterci nell'ultima agonia. Alcuni autori dicono, e lo spiega il B. Cafasso, che la Madonna viene ad assistere visibilmente i suoi divoti al letto di morte. E veramente S. Luigi, S. Stanislao, S. Giovanni Berchmans e lo stesso B. Cafasso con le loro morti edificantissime ce lo confermano.
Altra preghiera: S. Giuseppe, padre putativo di Gesù Cristo e vero sposo di Maria Vergine, pregate per noi e per gli agonizzanti di questo giorno. Invochiamo S. Giuseppe spesso.
Terza preghiera, quella che chiude la giornata, e che dovrà chiudere la vita: Gesù, Giuseppe, Maria, vi dono il cuore e l'anima mia; Gesù, Giuseppe, Maria, assistetemi nell'ultima agonia; Gesù, Giuseppe, Maria, spiri in pace con voi l'anima mia. Se l'anima spira tra le braccia di Gesù, di Giuseppe e di Maria resterà felice tutta l'eternità fra le loro braccia.
[Recitiamo il] terzo mistero doloroso. Canto: O Via, Vita, Veritas.
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* Ora di adorazione, alla Famiglia Paolina, in ciclostilato, fogli 3 (23,4x35,7), tenuta ad Alba il 12.11.1933. Nell'originale non è indicato l'autore, ma è da attribuirsi a Don Alberione perchè è stata stampata con il titolo Mezzi per prepararci alla morte in I Novissimi..., o. c., pp. 73-82, autenticità confermata da un'espressione autobiografica al 3° punto dell'adorazione.
1 Cf Lc 12,16-21.
2 Dalla liturgia dell'imposizione delle ceneri: «Ricordati, uomo, che sei polvere».
3 Cf Sir 7,40 (Volgata): «Ricordati della tua fine».
4 Da Kempis Tommaso (ca.1380-1471), monaco tedesco e scrittore di opuscoli ascetici. A lui fu attribuita in passato l'opera Imitazione di Cristo.
5 Cf S. Alfonso M. de' Liguori, Apparecchio alla morte, PSSP, Alba 1920, cap. II.
6 Cf Qo 12,5: «L'uomo se ne va nella dimora eterna».
7 «Ricordati che devi morire».
8 Sal 4,1: «Quando ti invoco, rispondimi».
9 Cf Lc 16,19-31.
10 Cf Gv 9,4: «Viene la notte quando nessuno può operare»..
11 Cf Ap 14,13..
12 S. Alfonso M. de' Liguori, Apparecchio alla morte, op. cit., cap. VI, 2..
13 Cf Sal 91,1: «Tu che abiti al riparo dell'Altissimo».
14 Cf Gv 14,1-14.
15 Preghiera di S. Bernardo, in Le Preghiere della Famiglia Paolina, ediz. 1996, p. 209.