Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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3. LA BIBBIA E LA CARITÀ *

I. Si legge nel Vangelo di S. Luca: «Tunc aperuit illis sensum ut intelligerent Scripturas: Gesù aprì gli occhi agli Apostoli affinché intendessero le Scritture»1. Supplichiamo dunque il divino Maestro affinché apra anche a noi gli occhi così da poterle intendere secondo il giusto senso.
È necessario distinguere nella Bibbia la lettera e lo spirito della lettera. La prima, come dice S. Paolo uccide; lo spirito invece vivifica: «Littera enim occidit, spiritus autem vivificat»2.
Oh, sì! La lettera, se mal interpretata, può dar la morte all'anima. Così avvenne della maggior parte degli ebrei i quali, avendo mal interpretato ciò che l'Antico Testamento narrava del futuro Messia, quando questi venne al mondo, non vollero riceverlo, e non solo, ma lo crocifissero e l'ira di Dio pesò sul loro capo.
Per ben intendere i sensi della Bibbia, è necessario che ci mettiamo alla scuola dell'infallibile madre e maestra, la Chiesa, la quale, assistita dallo Spirito Santo, ci guiderà sicuri per la via della verità.
Triplice è il senso della sacra Scrittura: il senso letterale, il senso mistico e l'accomodatizio.
Il senso letterale, detto anche storico, è quello che si deduce dal senso naturale delle parole secondo la loro ordinaria accezione, e può essere proprio o figurato.
È proprio, quando le parole significano ciò che a prima vista si presenta alla mente, per esempio quando Gesù dice agli Apostoli: «Ecco che noi ascendiamo a Gerusalemme»3; essi erano veramente diretti verso la capitale della Palestina.
È figurato quando le parole non vanno intese alla lettera, ma figuratamente. Così quando S. Giovanni Battista, vedendo venire
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Gesù, dice: «Ecce Agnus Dei: Ecco l'Agnello di Dio»4, prende la parola agnello figuratamente. Il Battista non voleva intendere che il Messia fosse un agnellino, bensì voleva alludere alla sua mansuetudine, alla sua opera di redenzione, in cui Gesù, qual mansueto agnello, doveva essere immolato in riparazione dei peccati degli uomini.
Il senso mistico, detto anche spirituale o tipico, è quello che viene fuori non dalle parole, ma dalle cose da quelle espresse: per esempio, quando, nel sabato santo, la Chiesa alla fine di ogni lamentazione, fa cantare: «Gerusalemme, Gerusalemme, convertiti al Signore tuo Dio»5, è chiaro che qui si parla non delle mura della città, ma dell'anima lontana da Dio.
Molte volte la sacra Scrittura usa il nome di Gerusalemme per indicare l'anima, la Chiesa, il paradiso, e in tutti questi casi la parola Gerusalemme ha un senso mistico.
Tale senso mistico è pure detto tipico, perché sovente la cosa da esso rappresentata è come il tipo di un'altra. Giuditta che tronca la testa ad Oloferne, è tipo della santissima Vergine che schiaccia il capo del dragone infernale. Il serpente di bronzo fabbricato da Mosè era il tipo di Gesù Cristo crocifisso posto fra il cielo e la terra, quale segno di salute di tutti gli uomini.
Il senso accomodatizio non è veramente un senso che sia nella sacra Scrittura; è un senso che diamo noi alle parole, alle frasi della Bibbia. Questo senso può essere più o meno vero, e più o meno appropriato, secondo la rettitudine di intenzione e il grado di scienza di colui dal quale viene fatto.
In pratica, quale senso tenere nella lettura della Bibbia?
Ecco: il lettore deve lasciarsi guidare dal senso che le parole hanno in sé, cioè da ciò che vuole significare la lettera; e poi se su qualche punto trovasse oscurità o dubbio, ricorra alle note spiegative che ogni testo deve avere in calce di pagina.
In breve: attenersi di preferenza al senso letterale, come fa la Chiesa nello scegliere i testi scritturali a prova delle verità della teologia. Questo senso è evidentemente il vero senso della sacra Scrittura.
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II. La carità è quella virtù per cui noi amiamo Dio sopra ogni cosa ed il prossimo come noi stessi. Virtù che non è nata dalla terra, ma viene dal cielo; essa ci fu portata da Gesù Cristo stesso. Prima della venuta di Gesù, gli uomini non sapevano che cosa fosse carità. Per gli antichi anzi era viltà perdonare a un nemico, bisognava vendicarsi a tutti i costi. Ma dopo la comparsa del Maestro divino, le cose mutarono aspetto. Le infinite opere di beneficenza che oggi sorgono in ogni paese e città ne sono prova lampante.
Non è esagerato dire che la carità è figlia di Dio. Ebbe sede nel cuore divino di Gesù e sgorgò da quello. Gesù infatti amò il Padre celeste e gli uomini di un amore infinito: «Cristo ci ha amati e ha dato se stesso in olocausto per noi»6.
Gli uomini con le sole forze naturali non saprebbero amarsi secondo lo spirito del Vangelo, era necessario che il divino Maestro venisse dal cielo ad insegnarlo loro. E questo l'ha fatto prima dandone l'esempio, poi insegnandolo a viva voce. E poiché questo suo insegnamento non doveva terminare con la sua vita mortale, Iddio dispose che lo stesso suo insegnamento venisse tramandato ai posteri per mezzo della sacra Scrittura.
Come si sente infervorare di amore chi legge nel santo Vangelo l'istituzione della santissima Eucarestia! Come si accende la carità verso Dio, leggendo la bellissima parabola del buon pastore, ove è simboleggiato Dio che va in cerca della pecorella smarrita e trovatala, l'abbraccia, se la prende in braccio, e la porta in luogo sicuro!
Anche la carità verso il prossimo è ravvivata ed accresciuta leggendo, per esempio, i miracoli operati da Gesù or mondando lebbrosi; or sanando paralitici e ammalati di ogni specie; or liberando ossessi dal demonio; or ridando la vita ai morti, ecc.
Quali teneri sentimenti d'amore e di confidenza in Dio suscita nell'animo nostro il fatto della Maddalena la quale fu perdonata di tanti peccati perché molto amò.
Ma non solo il Nuovo Testamento ravviva e aumenta la nostra carità, anche i libri dell'Antico Testamento contengono bellissimi esempi di carità e preziosi insegnamenti. Nell'Esodo, ad esempio, si legge che «Dio fa misericordia fino alla millesima
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generazione a quelli che lo amano ed osservano i suoi insegnamenti: Ego... faciens misericordiam in milia his qui diligunt me, et custodiunt praecepta mea»7.
Le stesse cose che noi leggiamo nel Vangelo di S. Matteo, erano già state scritte secoli e secoli prima da Mosè: «Ama il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e con tutte le tue forze»8, con la sola differenza che in S. Matteo abbiamo: «con tutta la tua mente»9, invece che «con tutta la tua forza».
Nel Genesi, capo 45, si legge il bellissimo esempio di Giuseppe che perdona generosamente ai suoi fratelli i quali l'avevano venduto schiavo, e li abbraccia e li bacia.
Almeno duecento volte nella Scrittura è raccomandata questa virtù della carità.
S. Paolo, nelle sue lettere, ad ogni istante ci parla di questa virtù, delle sue doti, necessità, frutti e premi. Il Vangelo e le Lettere di S. Giovanni, che attinse la sua carità direttamente dal cuore del divino Maestro, sono una continua raccomandazione di questa celeste virtù.
Chi assiduamente legge la Bibbia, imparerà come si deve amare Dio e il prossimo; come i nemici bisogna perdonarli e non odiarli.
S. Alfonso dalla lettura della sacra Scrittura si convinse tanto della necessità e bellezza di questa virtù teologale che scrisse addirittura un libro: La pratica di amare Gesù Cristo10, a commento del versetto del Vangelo di S. Giovanni: «Qui habet mandata mea et servat ea: ille est qui diligit me. Qui autem diligit me, diligitur a Patre meo: Chi ritiene i miei comandamenti e li osserva, questi mi ama. E chi mi ama, sarà amato dal Padre mio»11.
Leggiamo ancora nel santo Vangelo come Gesù, prima di dare a S. Pietro la triplice e piena potestà di amministrare, governare e giudicare e prima di dargli le chiavi del regno dei cieli, volle da lui una triplice protesta di amore12.
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Leggiamo quindi la Bibbia con l'intenzione e il desiderio di accrescere le tre virtù teologali: fede, speranza, carità, e cerchiamo in essa fatti e detti che le possano accrescere e rinforzare e constateremo presto l'efficacia di tale lettura.

III. Il santo Vangelo è protezione contro il demonio. Portando con noi il santo Vangelo, è lo stesso come se portassimo con noi la santissima Eucaristia, cioè Gesù Maestro vivo e vero. Come dopo la santa Comunione Gesù è realmente presente nell'anima nostra in corpo, sangue, anima e divinità; così, nella sua verità, è realmente con colui che porta il santo Vangelo.
Il Vangelo non è solo un'immagine come, ad esempio, è il Crocifisso, ma è un qualche cosa di Gesù, anzi è Gesù stesso, poiché egli essendo Dio, di conseguenza è semplicissimo e indivisibile, quindi dove è presente come verità, deve conseguentemente essere presente con la sua bontà, onnipotenza, ecc.
Chi porta seco il santo Vangelo è in ottima compagnia: egli è con Gesù.
Prima della venuta di Gesù, il regno del demonio era vastissimo e il santo Vangelo ci narra come il divino Maestro tantissime volte si trovò davanti ad ossessi e li liberò dalla deplorevolissima schiavitù. Fino alla venuta di Gesù Cristo il regno di satana era sempre andato estendendosi, ma giunto il tempo dell'annunzio della buona novella, cominciò sempre più a declinare.
Oggi, rarissimi sono i casi di ossessi, fra i popoli cristiani. Fra gli infedeli però il missionario, abbastanza sovente si incontra con persone possedute dal demonio. Come si spiega questo fatto? Semplicissimo: il demonio, principe delle tenebre, fugge all'apparire della luce del Vangelo.
Impossibile la conciliazione del demonio con il Vangelo, essendo fra loro opposti.
La santa Chiesa, compresa di tale verità, ha stabilito che negli esorcismi il sacerdote scacci il demonio dal povero ossesso, mediante la lettura di ben quattro testi evangelici e la recita di parecchi salmi.
Il santo Vangelo è nemico giurato di satana.

Il santo Vangelo calma, smorza le passioni della carne. Il cuore umano, in conseguenza del peccato originale, è divenuto un nido di serpenti velenosi. Quante sono le passioni che agitano il povero figlio di Eva!
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Ai vizi capitali: superbia, avarizia, lussuria, ira, gola, invidia e accidia, seguono un'infinità di altri vizi e S. Agostino, a tale considerazione, esclamava: «Infatti gli uomini sono una massa di perdizione».
Nel bollore delle passioni si provi a mettere sul cuore il santo Vangelo, se ne sentirà subito gran sollievo, e quale farmaco misterioso, esso calmerà il povero cuore agitato.
Il Papa Alessandro VI13 aveva regalato a Cristoforo Colombo14 il libro dei Salmi. Cristoforo, quale figlio devotissimo, ne fu sommamente contento, e sempre lo portava con sé come un prezioso tesoro. Lo leggeva nelle avversità, negli scoraggiamenti e tutte le volte che il suo animo era agitato, egli stesso affermò di averne avuto sempre conforto e sollievo, specialmente nel periodo di sua prigionia.
Che potente calmante delle passioni è mai il santo Vangelo! Il cuore diviene alto nelle sue aspirazioni, forte nelle difficoltà, sereno e calmo in mezzo alle tenebre e alle lotte.
La Storia ecclesiastica ci narra che moltissimi cristiani portavano sempre con sé i santi Vangeli, e molti martiri, al dire di Eusebio15, furono trovati con le sacre carte appese al collo.
Il Breviario ci dice espressamente che la vergine Cecilia16 portava continuamente con sé il santo Vangelo: «Virgo semper in corde suo Evangelium ferebat»17. Ed era tale la forza che la vergine romana attingeva da quello, che seppe resistere con forza ammirabile al marito, al cognato ed all'Imperatore stesso, il quale in conseguenza della sua tenacia, la condannò a morte.
La Madonna dove attinse la forza nella dolorosissima circostanza della passione e morte del suo diletto Gesù? Perché non si abbatté e scoraggiò? Perché essa ben sapeva dalle sacre Scritture, che imparò a leggere e ad amare fin da piccina, che il Redentore doveva sì patire e morire, ma sapeva pure che sarebbe risorto al terzo giorno, e ciò le dava forza e coraggio.
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Il Vangelo inoltre ci protegge dai pericoli del mondo. Per mondo intendiamo tutto ciò che non viene da Dio e che non opera secondo lui, ma secondo lo spirito infernale.
Un giovanetto sente che il divino Maestro lo chiama a vita più perfetta e vorrebbe acconsentire, vorrebbe seguire la divina chiamata, ma incontra infinite difficoltà da parte dei familiari ed amici, e tramanda con rischio di perdere la vocazione.
Ecco i pericoli del mondo. Occorre prudenza per non essere imbevuti delle sue massime e andare così dannati.
È necessario opporre, quale contravveleno, le massime evangeliche a queste massime diaboliche, se ci è cara la salute eterna.
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* Ora di adorazione stampata in UCAS 1933: prima parte (I), agosto p. 7; seconda parte (II), ottobre pp. 7-8; terza parte (III), novembre-dicembre pp. 8-9. Il testo risale all'ora di adorazione tenuta ad Alba, alla FP, il 27 novembre 1932, dal Primo Maestro.

1 Cf Lc 24,45.

2 Cf 2Cor 3,6.

3 Cf Mt 20,18.

4 Cf Gv 1,29.

5 Cf Breviarium Romanum, dalla liturgia del Sabato santo, Mattutino, I Notturno, Lezione III.

6 Cf Ef 5,2.

7 Cf Es 20,6.

8 Cf Dt 6,5.

9 Cf Mt 22,37.

10 L'opera alfonsiana era presente nel catalogo paolino fin dal 1922.

11 Cf Gv 14, 21.

12 Cf Gv 21,15-19.

13 Alessandro VI, Rodrigo Borgia (1431-1503), spagnolo, papa dal 1492.

14 Colombo Cristoforo (1451-1506), genovese, navigatore. Scoprì il Nuovo Mondo e il 12 ottobre 1492 toccò terra nell'isola chiamata poi San Salvador.

15 Eusebio di Cesarea (ca.265-ca.340), greco. Vescovo, scrittore, fondatore della storiografia ecclesiastica con l'opera Storia Ecclesiastica.

16 S. Cecilia (?-232), romana, martire. Fu decapitata con il marito Valeriano e il cognato Tiburzio, da lei convertiti.

17 «La Vergine gloriosa portava sempre il Vangelo di Cristo sul cuore», cf Breviarium Romanum, in Mattutino, I Notturno, Lezione III, Responsorio.