39. LE VOCAZIONI *
Questa mattina ci mettiamo attorno alla culla di Maria bambina: è la festa della [sua] natività. Attorno a questa culla sono venuti gli angeli a cantare, e [anche] tutta l'umanità deve salutare la comparsa di questa bambina tra gli uomini: «Cum gaudio nativitatem Mariae celebremus»1. Infatti l'officiatura e la santa Messa di oggi sono improntate a devozione e a letizia: è la letizia dei figli che si rallegrano per la Madre. Cielo e terra si allietano perché Maria è veramente la regina del cielo e della terra. Non è nata una principessa, è nata una regina; non è nata una regina della terra, è nata una regina del cielo, è nata la regina delle anime, è nata la regina del mondo.
E come prima grazia, oggi chiediamo di corrispondere alla nostra vocazione, di suscitare nel mondo vocazioni cooperando insieme a Dio: «Cooperatores enim Dei sumus»2.
Che cos'è l'opera delle vocazioni? Che cosa importa l'opera delle vocazioni? Quali sono i mezzi per aiutare le vocazioni?
1. L'opera delle vocazioni è l'opera dei fervorosi. Chiunque è tiepido, questa mattina ricordi che la meditazione non fa per lui, anzi può occasionare disistima anche per le meditazioni sulle verità eterne. Il fervoroso vuol farsi santo, il fervoroso vuol salvare, vuol fare molti santi: egli ama il Signore ed ama le anime. Ama il Signore, e gli vuol procurare la maggior gloria; ama le anime, e le vorrebbe tutte sante, tutte salve. Il tiepido invece non ha neppure cura di se stesso, non ha vocazione e non può cercarle. Il tiepido non pensa neppure a farsi santo egli stesso, come penserà agli altri?
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Chi non provvede neppure alle proprie necessità, non si procura neppure il denaro per vivere perché sta in ozio e chiede l'elemosina, come vorrete che provveda ai poveri, come vorrete che faccia carità ed elemosina? L'opera delle vocazioni è l'opera dei fervorosi. La sentiamo questa necessità delle vocazioni? È segno di fervore. Non la sentiamo, non ci siamo neppure mossi a dire una parola, a fare un passo? Abbiamo scritto la nostra sentenza: siamo tiepidi.
Che [cosa è] l'opera delle vocazioni? Per esprimermi più chiaramente, usando le parole stesse di Pio X è l'opera delle opere. E voleva dire, in quel suo celebre discorso sulle vocazioni, che i sacerdoti, i religiosi, i buoni cristiani devono favorire, aiutare e sviluppare tutte le opere di zelo, ma l'opera delle opere, la centrale, quella da cui bisogna partire e soprattutto a cui bisogna rivolgere le massime nostre cure è quella delle vocazioni. Il centro dello zelo nella Chiesa è costituito dalla gerarchia, dal sacerdozio, dai religiosi. Se il centro è ben acceso, caldo, se la radice è ben alimentata, ecco che si potrà sperare che dal centro si irradi luce e calore anche sulla periferia, si potrà sperare che dalle robuste radici vengano fuori non soltanto il fusto ed i rami, ma foglie, fiori e frutti. Se invece manca il centro, che cosa avremo? Aridità, solitudine; nessun'altra opera potrà fiorire. E perciò tutti i beni, tutte le opere buone vanno esaltate, predicate, incoraggiate, ma l'opera centrale è quella delle vocazioni. Qui bisogna che mettiamo la mente, bisogna che mettiamo il cuore. Per questo è giusto che ai piedi dell'altare noi riconosciamo che tutti i sacerdoti ed i maestri che si occupano della formazione dei giovani sono proprio al centro delle opere buone, al centro dello zelo. Ed io credo che non si possa affidare a nessuno un incarico più onorifico, più meritorio, più delicato che mettergli nelle mani delle vocazioni da formare.
La maggior parte dei santi hanno cominciato subito da questo, oppure giunti a tarda età, quando ebbero maggiori lumi da Dio, si sono concentrati in quest'opera. Ecco l'esempio del B. Cafasso3,
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del B. Bosco, di S. Carlo4, S. Bernardo, S. Francesco [di Sales], S. Gregorio Magno e poi di tanti e tanti santi. Ne abbiamo anche un esempio negli ultimi pontefici: Pio XI5 che pare quasi abbia continuamente il cuore lì, intento agli istituti di formazione, alle vocazioni; Pio X6 che nel suo pontificato scrisse delle lettere che determinarono l'indirizzo della formazione delle vocazioni, indirizzo che va ancora attualmente sviluppandosi ed attuandosi nella Chiesa.
2. È importante che ci occupiamo delle vocazioni? [È importante] prima di tutto per l'esempio che ci ha dato nostro Signor Gesù Cristo. Appena egli cominciò la sua vita pubblica, subito si circondò di discepoli, e fra i discepoli scelse gli apostoli. Le sue prime parole sono indirizzate ai discepoli che chiama all'apostolato: «Venite post me, et faciam vos fieri piscatores hominum»7, vi farò pescatori di uomini, ossia voi siete i pescatori, i pastori e gli uomini sono individui da prendere. E così chiuse la sua vita pubblica; difatti a conclusione di essa: «Gesù disse a Simon Pietro: Pietro, mi ami tu? E Pietro rispose: Signore, ti amo. [Gesù gli dice:] Pasci le mie pecorelle. [E Gesù:] Pietro, mi ami? [E Pietro:] Sì che ti amo, o Signore. [Gesù:] Pasci le mie pecorelle. Ma mi ami davvero? Pasci le mie pecorelle, pasci i miei agnelli»8. Ecco la conclusione. E così ci è grato considerare la sua vita pubblica, che sta fra questi due episodi e tutte e due riguardano le vocazioni. Una, la vocazione dei semplici sacerdoti, poi la vocazione del Papa che corona e guida tutte le vocazioni, cioè l'ufficio del pastore e maestro universale.
Abbiamo [inoltre] l'esempio di S. Paolo. Ognuno si commuove leggendo come egli amasse ad esempio S. Tito e S. Timoteo, come li scelse, li chiamò all'apostolato, come li guidò e li indirizzò passo passo, nelle vie difficili della predicazione, del sacerdozio e poi dell'episcopato. Non solo da vicino, ma anche da
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lontano il suo cuore era rivolto ad essi e scrisse loro le lettere che conosciamo. Se vogliamo essere veri discepoli di Gesù, se vogliamo seguire l'esempio del nostro padre S. Paolo, dobbiamo avere cura delle vocazioni. I cristiani che amano molto il Signore pensano alle vocazioni, coloro invece che hanno poco amore stentano a salvare se stessi. Coloro che ardono di amore e che vedono nel mondo ancora tanti peccati, tanti uomini che sono incamminati sulla strada della perdizione, si sentono accendere di zelo, sentono nel cuore una fiamma di ardore che non possono più contenere. Alcuni vanno a cercare anime come S. Francesco Saverio, altri si danno al confessionale, al pulpito, alla scuola, ai sacramenti con grande ardore, altri ancora cercano più prudentemente di formare i collaboratori, i cooperatori, cioè le vocazioni. S. Paolo dice che egli non lavorò soltanto con semplicità e zelo, portandosi di luogo in luogo, ma con sapienza: «Io come sapiente architetto, ho lavorato su buon fondamento: Ut sapiens architectus fundamentum posui»9. Egli pensava prima di tutto alla base della casa, quindi non solamente a fare presto i muri, a dare il bianco o dipingerli, ma, come sapiente architetto, pensò prima a gettare le basi, a parlare della formazione dei cooperatori, cioè di coloro i quali partecipassero e continuassero la sua opera di apostolato, la sua predicazione, in una parola: «sapiens architectus», pensò prima alle vocazioni.
3. In pratica che cosa dobbiamo fare?
1) Oggi tutte le preghiere, e questo è il primo mezzo, tutte le preghiere di oggi, siano indirizzate per le vocazioni con queste intenzioni:
a) Che si allontanino dalle case religiose e dagli istituti di formazione tutti quelli che non vi entrano con fine retto, che mirano a sé invece che a Dio, perché segno della vocazione è il desiderio della gloria di Dio, è il desiderio della salvezza delle anime, è [questo] fuoco. Chiunque è tiepido sia allontanato.
b) Che tutti quelli che il Signore destina agli istituti di formazione, sentano la voce, l'assecondino e possano entrarvi.
c) Ma poi vi è una terza [intenzione] non meno importante e cioè che i chiamati siano santi, illuminati, sapienti, caldi cioè fervorosi, amanti della preghiera, del canto sacro, della predicazione,
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dello scrivere le cose sacre. Non sono [solo] uomini, ma apostoli, sono dei, e perciò [devono] lasciare da parte tutto ciò che è umano, terreno, la lettura vana, la cura delle cose della terra. «Nemo militans Deo implicat se negotiis saecularibus»10. Tutti quelli che lavorano e militano come i capitani nella Chiesa di Dio, non pensino alla terra, ma al cielo, non al corpo, ma allo spirito, alle anime.
2) Secondo mezzo: cooperare con Dio. Che cosa è una vocazione? Da parte di Dio è il disegno eterno del Signore sopra un'anima affinché raggiunga le più alte vette della felicità e quindi la destina ad avere un posto speciale nel mondo. Il libro Il gran passo11 spiega molto bene questo. Di più la vocazione è il complesso delle attitudini che Iddio ha messo in un'anima, attitudini al sacerdozio e attitudini allo stato religioso, e cioè: corpo sano, intelligenza, ferma volontà, cuore generoso e pio. Ed ancora la vocazione è la chiamata del sacerdote, prima nel segreto del sacramento della penitenza e della direzione spirituale, poi la chiamata esterna del vescovo o del superiore che dicono: Avanti! Ascende! Quindi la vocazione ha tre momenti, pur essendo una cosa unica: vi è il momento eterno nella mente di Dio, il momento della nascita e del battesimo e il momento della chiamata esterna del ministro di Dio. Il ministro di Dio invita ed il Signore lo conferma in cielo; e12 ora sei chiamato, perché lui te l'ha detto. [Il ministro deve] cooperare e cioè mettersi daccanto a Dio e vedere quelli che egli ha fornito delle qualità necessarie e poi illuminarli e poi aiutarli spiritualmente con consigli ed esortazioni. Ma le vocazioni Gesù non le ha curate solamente così. Gesù ha invitato gli apostoli, ma non li ha lasciati senza pane, chiedeva per loro l'elemosina e moltiplicava i pani, non li ha lasciati senza i mezzi necessari alla vita. È per questo che oltre l'aiuto morale si deve [dare] anche un aiuto materiale per le vocazioni. E quest'anno abbiamo proposto specialmente, non come unico, il mezzo delle borse di studio. Non è questo infatti il modo unico, perché bisogna scrivere, bisogna con occhio sapiente distinguere
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[le vocazioni], bisogna facilitare, incoraggiare, perché bisogna mettere alla prova13, perché bisogna sostenere: «ut aedifices et plantes»14 come occorre, secondo come dice il profeta.
Perciò cooperare con Dio. Oh, che bel mestiere è questo di aiutare Iddio a salvare le anime! La santa Vergine aiuta a salvare le anime più di tutte le creature: ella ha dato Gesù Cristo al mondo. Edifichiamoci a questo pensiero: ella formò la prima vocazione; e che vocazione formò! E l'accompagnò fino al Calvario, fino al monte dell'ascensione. Maria dunque è la madre delle vocazioni sante.
Perciò questa giornata è ben dedicata alla santa Madonna, la Regina degli apostoli. Si degni di illuminarci a vedere chi è chiamato, la Regina degli apostoli si degni di metterci sulle labbra, metterci nella penna le parole necessarie. E voi che volete arrivare un giorno a scrivere, cominciate a scrivere sulle vocazioni. Mostrate di aspirare a questo apostolato della stampa, oggi, scrivendo almeno tre lettere, come bel fioretto alla Madonna. Possono essere indirizzate ai parroci, ai parenti, a coloro che credete chiamati, ai maestri, oppure a coloro che possono aiutare le vocazioni. Che bell'ossequio alla nostra madre, alla Madre di Dio! Io spero che tutti quanti oggi faremo questo ossequio alla Madonna e la Madonna benedirà la fatica. Quale sarà la benedizione che vi auguro e che la Madonna, credo, ha in cuore di darci? Di corrispondere noi stessi alla nostra vocazione. Corrispondere in modo tale che alla fine della vita ognuno possa dire: «Consummatum est»15. Il compito che Iddio mi aveva affidato: Signore, io credo di averlo esaurito. Ho sempre lavorato per questo e di ciò che ho sbagliato chiedo perdono. Per il resto mi aspetto il premio. «In reliquo reposita est mihi corona iustitiae»16.
Diciamo la preghiera: Per chi ha sete di anime17.
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* Meditazione, alla Famiglia Paolina, in ciclostilato, fogli 3 (22,7x34,3), tenuta ad Alba l'8.9.1933. È stata stampata in UCAS, settembre 1933, p. 4-7. Nel ciclostilato non è indicato l'autore, ma lo stampato inizia così: “L'otto settembre, giorno dedicato alla natività di Maria SS., si è fatta in Casa Madre la giornata per le vocazioni. Il Primo Maestro fece la meditazione in chiesa a tutta la comunità che riportiamo alla lettera”. Si è seguito come originale il ciclostilato dal quale non si discosta lo stampato eccetto che per piccole varianti.
1 Cf Antifona ai Primi Vespri della Natività della beata Vergine Maria: «Celebriamo con gioia la nascita della beata Maria».
2 Cf 1Cor 4,1: «Infatti siamo dispensatori dei misteri di Dio» (Volgata).
3 S. Giuseppe Cafasso (1811-1860), piemontese. Sacerdote diocesano, si dedicò alla formazione dei sacerdoti presso il Convitto della Consolata di Torino, al ministero delle confessioni, all'assistenza dei carcerati e all'insegnamento specialmente della morale alfonsiana. È uno degli autori più letti e seguiti da Don Alberione, cf AD 133.
4 Carlo Borromeo (1538-1584), nato ad Arona (Novara). Cardinale, arcivescovo di Milano, riformò la diocesi e promosse convegni di formazione per il clero. Partecipò da protagonista al Concilio di Trento.
5 Cf in particolare: Pio XI, Enciclica Ad catholici sacerdotii, 20 dicembre 1935, AAS 28 (1936), pp. 5-53.
6 Cf in particolare: Pio X, Lettera La ristorazione sulla formazione del clero, 5 maggio 1904, Pii X P.M. Acta , vol. I, pp. 257-261.
7 Cf Mt 4,19: «Seguitemi, vi farò pescatori di uomini».
8 Cf Gv 21,15-17.
9 Cf 1Cor 3,10.
10 Cf 2Tm 2,4: «Nessuno quando presta servizio militare s'intralcia nelle faccende della vita comune».
11 Cf Martinengo, Il gran passo, Libreria Salesiana. Citato da Don Alberione in La donna associata allo zelo sacerdotale, edizione 1915, p. 333.
12 Omesso: “se non è richiamato”.
13 Originale: umiliare
14 Cf Ger 1,10: «Per edificare e piantare».
15 Cf Gv 19,30: «Tutto è compiuto!».
16 Cf 2Tm 4,8: «Ora mi resta solo la corona di giustizia».
17 Cf Le Preghiere della Famiglia Paolina, ediz. 1996, p. 40: Offertorio paolino.