Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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27. REQUISITI DELLE SUPERIORE*

Ogni corso di Esercizi deve portarci ad un piano superiore, ad un progresso: la natura del nostro Istituto è progressiva. I superiori dovranno sempre vigilare perché l'apostolato progredisca, progresso che sta nei mezzi: vedere quali tra essi si prestano meglio per diffondere la dottrina di Gesù Cristo, quali sono più celeri e fecondi di frutti. Non c'è posto per la tiepidezza nel nostro Istituto, non c'è posto per chi vuol vivere senza fastidi e senza attività.
L'Istituto deve progredire nel suo apostolato, ma anche ogni anima deve progredire nella sua vita spirituale, se no, a che servirebbe la vita? Pensiamo al gran rendiconto dell'uso del tempo, della corrispondenza alla grazia!
Chiedere al Signore che l'Istituto abbia buone superiore: 1) che posseggano bene lo spirito dell'Istituto, che lo conoscano bene; questa è la prima necessità. 2) Che, anche se non sapessero comandare, diano esempio di sottomissione ai superiori, di laboriosità, di pietà, di carità in tutto il complesso della vita religiosa. Chi non è la prima al lavoro, non può fare la superiora. Poiché l'Istituto progredisce, chi ha passato più di sei anni in un posto [di governo], ritorni alla fonte, altrimenti non ha più la possibilità di far bene la superiora. 3) Che la superiora sia istruita. Non è più possibile avere nelle case delle superiore che siano solo buone: devono essere istruite e prudenti. Se uno è santo preghi per noi; se è istruito ci ammaestri; se è anche prudente, è capace di governare1.
Quando la superiora precede con il buon esempio, non occorre che dica tante parole: la sua vita è già istruzione, norma.
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Dice un santo Padre che Gesù ha dato molto più di istruzione con la sua vita che con le sue parole. I superiori quanto più vanno in su, tanto più hanno sacrifici da fare, tanto più devono essere virtuosi, tanto più devono avere di carità: il cuore si deve dilatare a misura che si allarga l'ufficio.
Vi sono persone cariche di meriti per il gran bene fatto nell'Istituto, ma potranno con l'esercizio della vita religiosa, al punto in cui ora è l'Istituto, fare tanto bene in esso, ma in altro modo. È naturale che ora il Primo Maestro faccia fare scuola da chi è laureato. Se c'è l'istruzione, si è in grado di comprendere meglio il nostro apostolato e di trovare il modo per arrivare più facilmente alle anime.
Come si formano le buone superiore? Anzitutto con un buon noviziato che dia loro la formazione fondamentale, indiretta. In secondo luogo, nella casa dove passano gli anni della formazione temporanea, devono essere aiutate, formate, istruite, comprese, avviate al sacrificio. Questo tempo è una continuazione del noviziato.
Oltre a questi mezzi generali, vi sono i mezzi particolari: le superiore siano molto spesso cambiate, ritornino suore semplici, così capiranno ciò che dovranno capire. Dopo potranno ritornare ad essere anche superiore e saranno più forti, più preparate. In alcuni istituti si fa come un secondo noviziato.
Le Costituzioni dicono: Superiora per tre anni2, ma in altro punto dicono che se una non è in grado di far bene la superiora, bisogna cambiarla. Ad esempio quando ci sono dei vuoti di coscienza riguardanti la giustizia: questa è una mancanza grave più ancora che una relazione nociva, pericolosa; [quando ha] la mania di giudicare male le suddite; quando ha cattiva fama. Per questi motivi il vescovo è costretto a togliere anche il parroco dalla sua parrocchia.
Se ora una superiora non avesse capito l'apostolato del cinema, bisognerebbe toglierla; se l'apostolato è compiuto ancora adesso come un tempo, non va, bisogna cambiare la superiora; così bisogna cambiare chi non mantiene quell'unione che ci
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deve essere con la Pia Società San Paolo. La superiora non è una che fa leggi, è solo una esecutrice.
Un vescovo scrive: Mi mandi una superiora che non sia tanto provinciale per le pose che prende. La superiora deve obbedire se vuole essere obbedita! Non bisogna essere attaccate al cadreghino3 come l'ostrica allo scoglio, infatti sono sempre più attaccate all'ufficio quelle che hanno più bisogno di essere cambiate. Quando l'ufficio di superiora non è per giovare [agli altri, questa] non può rimanere. Essere pronte alla rinuncia. Occorre una grande variazione [negli uffici]. La suora non deve mai cessare di lavorare spiritualmente in qualunque posto o ufficio sia, se no non si fa santa. Se una si permette tutto, e guai se una suddita si permette la metà! allora non può essere superiora.
A che cosa si riduce l'ufficio della superiora? A comunicare gli ordini dei superiori maggiori e a provvedere alle suddite, con parità, ciò di cui hanno bisogno.
I cambiamenti [di ufficio] sono molto utili; ora nel vostro Istituto è talmente necessario cambiare che non è neanche più il caso di dire: Non sono ancora tre anni.
Abbiamo tanto da umiliarci per non aver capito in cinque o dieci anni cose tanto elementari riguardanti la giustizia.
Altro mezzo per formare le superiore è questo: si dia loro una mezz'ora di più di Visita, facciano la Visita con le altre e poi mezz'ora in più perché hanno più da fare e hanno maggior bisogno di grazie. Pregando, le grazie verranno in proporzione alle necessità. Si trattino le cose con Gesù nel Tabernacolo, tra lui e la superiora in una casa ci deve essere grande intimità.
Le superiore non si azzardino a fare delle conferenze sui loro principi o apprezzamenti, ma li prendano da Regina degli Apostoli, dalle Costituzioni, dal catechismo, da Brevi meditazioni per ogni giorno dell'anno4. Stare attaccate a ciò che forma la vita vostra e lo trovate su La donna associata allo zelo sacerdotale5. Ma se la superiora dice nelle conferenze ciò che
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ha sentito dalle suore violando il segreto, se tira satire a destra e a sinistra, se dice frasi che offendono, che succede?
Il Papa ha sempre con sé un Padre che controlla, consiglia, e noi ci crediamo tanto sicure? Non gonfiamoci di orgoglio! L'orgoglio ci fa cadere nell'abisso, mentre l'umiltà ci attira tante grazie, tanti lumi, ci fa camminare bene, intendere bene le cose e spiegarle bene alle altre.
Una [buona] conclusione è questa, che nessuna si adagi lì e dica: Ora sono professa, sono superiora! e non cerchi più di progredire. Chi non va avanti resta indietro. Lo stato di fervore è per ogni anima quello del progresso.
Progredire: in una fede più intima, illuminata, in una fermezza più solida, in una unione più intima con Gesù, in una profonda cognizione dello spirito dell'Istituto e dell'apostolato, in un più profondo senso di giustizia.
L'ignoranza è causa di tanti mali, specialmente da qualche tempo. Non so, ad esempio, questo: come il campo della giustizia si confonda così facilmente con quello della obbedienza e della carità. Ciascuna virtù ha il proprio campo e non si deve confondere il campo dell'obbedienza con il campo della giustizia e della carità. La giustizia ha un suo campo proprio, l'obbedienza ha il suo e la carità ha il suo. La giustizia è cosa a sé e regola i nostri rapporti con Dio e con gli uomini, l'obbedienza regola ciò che è libero, la carità entra ad aggiustare tutto. Non importa che sia stata richiesta [dall'obbedienza] una cosa, se questa non è secondo verità e giustizia, il comando in tal caso non obbliga.
Bisogna avere il culto della verità, della giustizia e della bontà, e non l'esagerazione, la fantasia, l'accusa. La giustizia richiede rispetto di tutti: riguardo alla stima non si può calunniare né rivelare i difetti occulti; [riguardo] alla persona non pretendere un lavoro esagerato né scarseggiare nel vitto; [riguardo] ai beni di fortuna, [ossia ai beni] materiali.
Bisognerà negli Esercizi scendere alla pratica perché siano conclusivi. E ciò che si è detto per le superiore non deve restare lettera morta.
Quante volte la Prima Maestra non può fare ciò che vuole per tanti motivi! Ma lasciate liberi i superiori! Essi cercano solo
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il vostro bene, il bene e il progresso della Congregazione: non vi sono certamente secondi fini. «Non voglio né oro né argento»6. I superiori hanno le grazie di ufficio. Più prontezza, tutte siano disposte a tutto; il sì dirlo di cuore come la Madonna.
Chiedere sempre, ogni mattina, dopo la Comunione la grazia che il Signore dia buone superiore all'Istituto.
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* Predica del plico B, in dattiloscritto, carta pesante, fogli 4 (27, 5x35), tenuta dal Primo Maestro a [Roma] alle superiore nel corso di Esercizi dal 2 all'11 settembre 1950. L'originale porta scritto “III Predica”.

1 Probabile allusione all'affermazione di S. Teresa d'Avila circa il direttore spirituale, ma che la tradizione carmelitana estende anche alle persone di governo. Cf Teresa d'Avila, Libro della vita, cap. 13, par. 19, in Opere complete, Figlie di San Paolo, Milano 1998, p. 179.

2 Cf Costituzioni della Pia Società Figlie di San Paolo, approvate dalla Santa Sede il 13 dicembre 1943, artt. 358ss.

3 Cadreghino: voce dialettale piemontese e non solo, diminutivo di cadrega (sedia) per indicare attaccamento al potere.

4 Cf Med. varie 1950, n.19, nota 6, p. 93.

5 Alberione G., La donna associata allo zelo sacerdotale, o.c.

6 Cf At 20, 33.