Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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21. SANTIFICAZIONE DEL CORPO*

Entrare decisamente nella via della santità per conseguire il primo fine per cui vi siete consacrate al Signore: attendere alla preparazione e alla santificazione.
Entrare decisamente nella santità che consiste nella fede viva, sempre più viva, nella virtù ferma, sempre più ferma, nell'unione con Gesù, sempre maggiore. Ho poi accennato all'apostolato. Questa mattina ci fermiamo sulla santificazione anche del corpo, e in questo è compreso l'apostolato, perché la vostra penitenza maggiore, qual è? Le vostre penitenze sono: amare Iddio solo, sono la carità fraterna, l'abnegazione e il rinnegamento della [propria] volontà, del sentimento, delle passioni, e poi la vita comune, ecc.
Il rinnegamento di noi stesse però, in quanto al corpo, si fa specialmente con l'apostolato che richiede fatica: santificare il corpo.
Richiamiamo qualche principio. L'uomo non è composto solamente di anima, ma di anima e corpo e per mezzo del corpo può acquistare i meriti. Quindi il corpo e l'anima sono uniti in un medesimo fine. Sono stati uniti da Dio quando egli ha creato l'anima nostra e l'ha infusa nel corpo. Quindi il corpo e l'anima insieme devono guadagnare il paradiso. L'anima ha la parte direttiva e il corpo ha la parte di esecuzione. L'anima vuole pregare e il corpo fa i passi, va in chiesa e fa la genuflessione, fissa gli occhi al Tabernacolo, congiunge le mani e prende atteggiamento di preghiera. Così nell'apostolato. L'anima è piena di zelo, ama le anime ed ecco che la scrittrice prende la penna tra le sue mani e scrive quello che l'anima sente. In tipografia il testo si moltiplica in tante copie quante se ne vogliono, quindi il libro viene confezionato e portato in propaganda.
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Senza la testa e senza l'occhio, una persona non saprebbe dove dirigersi. Così il lavoro fisico per sé non conterebbe, ciò che lo rende meritorio è l'anima.
Se il cavallo porta un carro molto pesante, per quanta faticafaccia non ha alcun merito. È l'anima che dà il merito a ciò che fa il corpo. Noi possiamo farci dei meriti in previsione, in anticipo. Chi accetta la morte, accetta che un giorno il corpo sia freddo, si dissolva, si riduca in polvere e stia là in umiliazione fino alla fine dei secoli, ma è sempre l'anima che fin d'ora accetta questo e acquista il merito di quell'umiliazione.
Quindi la funzione del corpo è di ubbidire, non di comandare. L'occhio vorrebbe spaziare liberamente e guardare tutto e tutti, ma l'anima dice: Questo si può guardare, va bene, e questo no e non va bene. Le cose bisogna vederle per non andare a sbattere sui pilastri. C'è allora da frenare l'occhio in quello che non è necessario e frenare lo spirito perché la fantasia dopo non ci giochi sopra.
La carne ha desideri contrari allo spirito. E le passioni sono tante: la pigrizia, la golosità, la curiosità, la sensualità, ci sono l'amore, la tristezza, l'odio, ecc. Bisogna che l'anima comandi. Bisogna che sia l'anima a comandare, perché l'anima è la parte più nobile, ragionevole, di sua natura immortale, mentre il corpo è mortale.
Santificare il corpo. In che modo dunque? Rendendolo obbediente all'anima. Ecco che fra anima e corpo ci sarà il lavoro concorde, l'obbedienza del corpo allo spirito, la santificazione. La figliola che ha fatto una meditazione sulla gloria che avrà la verginità in paradiso, desidera questa grande gloria. Bisogna però mantenersi in atteggiamento di riserbo, conservare la clausura, il corpo deve stare sottomesso, obbediente.
Vedete, il Battesimo si dà con l'acqua e questa acqua laval'anima. Ma è possibile che lavi l'anima che è spirituale? È la virtù di Gesù Cristo che lava l'anima, ma se non si dà l'acqua il Battesimo non è valido. Così nella Cresima, se non c'è l'olio l'anima non è riempita di Spirito Santo e di zelo. Così nella Eucaristia, se non c'è l'ostia non si può consacrare. Il Signore ha voluto che ci fosse nei sacramenti la materia e la virtù divina, in noi [l'anima e il corpo]. Veniamo ai particolari.
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1) Santificazione degli occhi. Con lo stesso sguardo con cui Maria santissima guardava Gesù, anche voi guardate il Tabernacolo. Come Maria leggeva la Scrittura, così anche voi leggete la Bibbia. Come Maria trattava Elisabetta e Giuseppe, così voi trattate le donne e gli uomini che avvicinate. Certamente potrà avvenire che passando per la strada si veda improvvisamente una brutta figura, ma non si guarda. Ma non è tanto il vedere, è il fissare che non bisogna fare. […]1. Non leggere cose che non bisogna leggere.
Modestia: conservarla in voi stesse e con le sorelle in camerata, nel tratto, per strada e anche non andare al cinema e non guardare riviste che abbiano figure pericolose. Occorre avere una volontà ferma che resiste al male.

2) Santificare l'udito. Non sentire le chiacchiere inutili. Ascoltare gli avvisi di chi ci guida, ma non sentire le massime mondane, le canzonacce: si pensi ad altro. Santificare l'udito nell'ascoltare anche le persone un po' moleste e prendere in pace, qualche volta, certe parole che ci pungono.

3) Santificazione del gusto. Non comandi il gusto, non ci sia questa legge e non obbediamo ad essa. Non è il piacere del corpo che deve comandare, è la ragione che deve trattenervi per arrivare fin lì. E questo si fa per mantenerci nel servizio di Dio […]2 e per farci più meriti: «Non mortui laudabunt te, Domine»3. Quando avrete finito di vivere, non farete più l'apostolato. Dunque, al gusto comanda lo spirito e non la golosità, la passione. La mortificazione del gusto si può fare in tante maniere: aspettare che sia l'ora di tavola, fare quella refezione giusta e non fuori di tempo e non troppo e non secondo le leggi del senso, ma secondo le leggi dello spirito.
Nelle Costituzioni non sono state messe delle penitenze notevoli, facciamo quelle possibili: il cibo non è tanto buono, prendere le cose che ci danno, né troppo abbondanti né troppo scarse né fuori di tempo e non rifiutare certi rimedi che possono
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essere utili. Ci sia sempre un tantino di posto per la mortificazione, non si vada via da tavola senza [fare] un piccolo sacrificio, e se ne possono fare tanti.

4) Mortificazione della lingua. Questo campo è molto largo: non parlare fuori tempo e parlare a tempo, parlare quando non se ne ha voglia e parlare bene, di cose buone ed edificanti in modo garbato, conveniente, gentile, cristiano e religioso.

5) Santificazione del tatto. Se uno prega, mortifica la lingua che vuole essere pigra, ma il tatto ha una mortificazione molto più estesa perché [si estende a] tutto il corpo: c'è una malattia da sopportare, bisogna continuare a mettere giù i fogli, portare dei pesi, fare tanti lavori che non sono sempre graditi. A volte bisogna stare più seduti di quel che occorre o stare in piedi. Abbiamo tante [occasioni di] mortificazione lungo il giorno, anche solo [per] tenere l'atteggiamento decoroso per una suora sui tram, sui treni, in casa: sempre dignitosamente. Soprattutto essere molto umili per la condizione del nostro corpo che ha tante ragioni di umiliazione. Nonostante tutto il nostro orgoglio, basta un bacillo per mandarci all'eternità e ridurre il corpo a un un po' di polvere.
Tante cose sono scritte anche nei libri di meditazione, specialmente del B. Rodriguez4. Bisogna però sempre notare che per dominare il corpo ci vuole una certa forza di volontà. La forza di volontà è tanto utile alla salute fisica e allo spirito, per esempio quanto contribuisce la forza di volontà di voler guarire! La forza di volontà rende resistenti alla fatica, più si usa delicatezza e più il corpo si soddisfa, e col trattarlo troppo bene più si indebolisce. S. Francesco d'Assisi5 quando è stato in punto di morte ha domandato perdono al suo corpo per averlo trattato troppo male.
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Ci sono molti che devono domandare perdono al corpo per avergli dato troppa libertà, o agli occhi, o al cuore, o ai sensi o alla lingua, ecc. Quindi dominare il corpo. Ho detto che l'apostolato è un gran mezzo di penitenza. Sì, prendiamo i nostri uffici come una penitenza.
La volontà forte [deve] dominare il cuore che inclina a destra e a sinistra, la lingua, gli occhi. Questa volontà ha tanti buoni effetti. I superiori devono dare i principi e non devono fare tutte le applicazioni particolari. Ognuna deve esaminarsi, comandarsi, sviluppare la [propria] personalità. Si è detto che, dati i principi, bisogna avere cura di sviluppare la personalità, e ciascuna comandi un po' se stessa: comandi alla lingua, si regoli nei suoi [discorsi], nei suoi atteggiamenti. Gli indirizzi sono dati, ma occorre la nostra volontà per applicarli ai casi singoli. Qualche volta si può far passare la febbre, quando è bassa, con la forza di volontà.
Sempre avere fiducia nel Signore e in quelle grazie che sono connesse all'apostolato. Il Signore vi dia salute, vi dia forza e la persuasione che potete fare l'apostolato superando le difficoltà. Alcuni si danno già per vinti prima di combattere. La forza di volontà opera grandemente sulla salute, sullo spirito e sulla virtù, grandemente sull'apostolato.
Vi sono dei libri interi scritti su questo punto: Va', che il mondo è tuo. Proporsi di ottenere. Bisogna aver fede nell'apostolato, cioè nelle grazie di ufficio, fede che nonostante la nostra debolezza possiamo riuscire [nell'apostolato]: «Va' e non temere, il Signore è con te»6.
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* Meditazione, in manoscritto, (la curatrice degli appunti non è stata individuata), in carta protocollo rigata, fogli 6, tenuta dal Primo Maestro a [Roma] nel [1950]. Nell'originale vi è la semplice indicazione “Primo Maestro”. Ci sono punti di sospensione che lasciano intuire un vuoto nel prendere gli appunti.

1 Originale: Perché allora sta il detto...

2 Originale: Perché possiate avere più tempo a.

3 Sal 115, 17: «Non i morti lodano il Signore».

4 S. Alfonso Rodriguez (1531-1617), nato a Segovia, Spagna. Fratello laico della Compagnia di Gesù scrisse varie opere di ascetica. Suo contemporaneo e omonimo è il padre Alfonso Rodriguez (1537-1616), nato a Valladolid, Spagna, sacerdote della Compagnia di Gesù che pubblicò pure opere di ascetica. Pare che Don Alberione confonda i due religiosi e attribuisca al santo alcune opere di cui invece è autore il padre.

5 Francesco di Assisi (1181-1226). Visse e predicò la povertà evangelica. Diede origine al movimento francescano articolato in tre Ordini: frati, clarisse, laici.

6 Cf Gen 15, 1.