Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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22. PARADISO E SANTITÀ*

I. [Il Paradiso]

Domani è la festa della trasfigurazione di nostro Signor Gesù Cristo sul monte Tabor alla presenza dei tre Apostoli: Pietro, Giacomo e Giovanni1. Pietro indica la fede, Giacomo le opere, Giovanni la carità, quindi rappresentano tre virtù: fede, speranza, ma quella operosa, e carità nelle opere. Chiedere al Signore che, come si è mostrato splendente in questo giorno, così possiamo arrivare a contemplarlo nella gloria.
Domani nel Vangelo si ricorda la parabola2 di colui che seppe pregare con umiltà, fu perdonato e incominciò una vita di santificazione, e quella di colui che pregò con orgoglio e fu mandato a casa con un peccato in più. Nell'Oremus si chiede al Signore di essere umili per arrivare alla gloria, perché sono gliumili che vi arrivano. È pure la festa di S. Sisto3, e l'Oremus ci fa chiedere di seguire gli esempi del santo per essere compagni con lui nella gloria.
Se nell'anno vi sono trecentosessantacinque oremus, almeno trecento sono per chiedere di arrivare al paradiso. La grazia da chiedere più spesso è quella di arrivare lassù. Ecco perché è
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bene che ricordiamo il pensiero che ci è stato dato come indirizzo per tutto il mese: il paradiso. Se per tutto il mese questo pensiero deve eccitare il nostro cuore al desiderio del paradiso per accenderlo sempre più, il ritiro deve essere sul paradiso. S. Stanislao Kostka4 aveva forte questo desiderio e chiese alla Madonna di andare a passare con lei la festa dell'Assunta, fu esaudito e arrivò in quel giorno a ossequiare, baciare le mani e i piedi della Vergine.
Gli uomini sono divisi in due classi, quelli che pensano al paradiso e quelli che pensano alla terra. Le suore debbono pensare solo e sempre al paradiso, avendo rinunciato a ciò che potrebbe dare una famiglia, specialmente alla propria volontà per mettersi in una vita di ubbidienza. Hanno rinunciato a tutto, a tutto ciò che potevano godere nella vita, e questo per avere un solo amore, quello di Gesù, per consacrarsi al servizio di Dio solo.
Che cosa abbiamo lasciato noi per seguire Gesù? Merita veramente il nome di tesoro ciò che abbiamo lasciato? Se potessimo interrogare i morti, ci direbbero che cosa ha loro servito il mondo. Non hanno portato nulla con sé, invece voi avete preferito il gran tesoro nel cielo, perché volete la vita eterna. Tutta la nostra esistenza deve essere indirizzata qui, gli sforzi che facciamo indirizzarli tutti per arrivare alla vita eterna.
Le Costituzioni dicono tante cose: le pratiche di pietà, gli uffici vari, ecc., ma come finiscono le Costituzioni? Con la vita eterna se le osserveremo, col paradiso, questo è il gran tesoro della religiosa, è la nostra proprietà, non possediamo nulla d'altro, anche l'abito, l'orologio, la casa, tutto abbiamo solo in uso. Neppure della nostra volontà possiamo disporre come di cosa nostra, perché oggi qui, domani là, con tutto il nostro desiderio di stare in un dato luogo, tutto abbiamo in uso.
Nostra invece è quella gran città che ci aspetta, e neppure un merito possiamo cedere agli altri. Ogni merito è un nuovo grado di gloria. Contempliamo la fine delle cose, siamo gente saggia. Se viaggiamo in treno o in aereo, non importa lo stare
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più o meno bene, perché questo finisce, e anche un lungo viaggio o una vita lunga è meno di un minuto in proporzione dell'eternità e di tutto ciò che passa, fossero anche mali acuti o operazioni, ma l'inferno che dura sempre, sì che conta. Fossero anche consolazioni per comunicazioni dello Spirito Santo o qualche festa esterna, alla sera sarebbe tutto finito.
Fra i malati, di cui il Primo Maestro ricorda le parole in punto di morte, ha presente quelle di don Manera5: Dunque, tutto è passato? Tutto è finito? Si conchiude tutta lì la vita? Ed ora comincia l'eternità?. Quando la vita si passa bene ci portaal paradiso, a ciò che ci attende. È nello spirito della Chiesa farci chiedere più di frequente la grazia del paradiso.
Nel camposanto tutto sarà silenzio la prima sera che passeremo in quella nuova abitazione: silenzio e tenebre. Nulla conta se si è stati più in su o più in giù, più o meno furbi, più o meno dotti, ciò che importa è essere salvi.
Gesù Cristo è risuscitato! Si dorme nel camposanto per quel numero di anni, che non sappiamo, fino al giudizio universale e poi si risuscita per essere col corpo compagni all'anima nel premio o nel castigo. Il corpo e l'anima [infatti] fanno il bene o il male assieme, da solo il corpo non può peccare, c'è bisogno che l'anima intenda ciò che fa e dia il consenso, [cioè ci sia] la volontà. […]6.
Ricordare spesso il giorno in cui gli angeli metteranno i buoni alla destra e diranno ai giusti: Sorgete, o morti, «venite e prendete possesso di quel regno preparato per voi fin dal principio del mondo»7.
Abbiamo recitato il secondo mistero glorioso dove si contempla Gesù che sale al cielo. Così sarà anche per noi, quando Gesù avrà data la sentenza e dirà: «Venite», e con la Vergine Immacolata cantando l'inno del trionfo entreremo col corpo in cielo come Gesù che siede alla destra del Padre8. Gesù precederà
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gli eletti come Re, e tutti gli abitanti del cielo e i giusti venuti dalla terra saliranno attorno a lui.
Tenere sempre fisso il pensiero lassù. Abbiamo recitato il quarto mistero glorioso contemplando la morte e l'assunzione di Maria. Pur essendo stata concepita senza peccato e avendo acquistato tutti i meriti che possiamo fare noi e molti altri più grandi, ella morì perché non le doveva mancare neppur questo [merito], e anche per essere più simile a Gesù. Spirò di puro amor di Dio, e si crede ordinariamente che come Gesù, il terzo giorno sia salita al cielo, solo che Gesù lo fece per virtù propria, per Maria [Dio] fa operare gli angeli, ed è da loro portata lassù. [In cielo] ci sono tutti i devoti di Maria, a cantare con lei le glorie della santissima Trinità. Chi è divoto di Maria si salva di sicuro.
Nel quinto mistero [glorioso] si contempla Maria regina dell'universo, dei fedeli, del clero, dei religiosi, regina universale, e di là [ella] compie il suo grande ufficio di mediatrice9, si adopera per la conversione dei peccatori, per i moribondi che spirano, e diventa la consolatrice degli afflitti, l'ausiliatrice del popolo cristiano. Ella è madre. Contemplarla nella sua gloria eterna, circondata dai suoi divoti. Le anime che lavorano per Maria si assicurano che la vita passi santamente e si arrivi lassù: hanno la sicurezza di salvarsi. Il paradiso è eterno, e subito dopo la morte verrà comunicato all'anima il premio, ma essa godrà col corpo solo dopo la risurrezione [finale]. Il corpo sarà tanto più glorioso per i religiosi che osservarono la povertà, la castità e l'ubbidienza, che regolarono il riposo, il lavoro, il cibo, ecc., o avrà gloria in proporzione all'apostolato che avrà esercitato e alle fatiche sostenute. E siccome ha consacrato tutto il suo cuore a Gesù, avrà le comunicazioni più intime, parteciperà alla gioia descritta nel cantico riservato ai vergini10.
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Ogni articolo del Credo comprende altre verità, sono tante le cose che là avremo da contemplare. Contemplare il paradiso, non solo le cose che passano, dice S. Paolo11. [Non] questa cosa o quell'altra, questa difficoltà o quell'altra, contempliamo le cose che non si vedono, la gloria della corona eterna: «Veni, sponsa Christi...» la felicità, la gloria stessa di Dio: «Intra in gaudium...»12.
Dobbiamo pure contemplare il terzo mistero [glorioso]. Bisogna dire al Signore che mandi lo Spirito Santo con i suoi doni, specialmente la fede nel paradiso, che infonda il desiderio dei beni celesti, la santità, le virtù, lo spirito dell'apostolato nostro come agli Apostoli, ai quali ha comunicato le grazie per cui sono arrivati alla gloria.

Facciamo l'esame: [1)] È viva la fede nelle verità eterne, nella risurrezione, nel giudizio, nell'ascensione, nell'incoronazione e nel gaudio di lassù, dove già stanno i confessori, i vergini, i nostri antenati, quelli della nostra famiglia, la Vergine benedetta coi santi nella gloria di Gesù Cristo, tutta la Chiesatrionfante? È vivo il pensiero del paradiso o è languido in me, lo ricordo spesso o raramente?

2) Chiedere spesso la grazia di arrivare al paradiso. Chiedere di cuore questa grazia per farci santi, la grazia della felicità eterna: il desiderio del paradiso è atto di amor di Dio. Vi sono stati degli errori: lavorare senza pensare alla ricompensa, ma se si ama il Signore, si desidera di ricongiungersi un giorno con lui. Il desiderio del paradiso è vero atto di amore di Dio, vera carità.
Inoltre questo desiderio rende soprannaturali e rette le nostre intenzioni. Chi ha fisso questo pensiero si assicura la retta intenzione, sia riguardo alle anime, anzitutto per la propria anima. Chi dimentica il paradiso è difficile che agisca con retta intenzione, e chi lo desidera è sempre lieto. Chi ci può allontanare? Il Signore non darà ad un altro il premio nostro.
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V'è da soffrire, da lottare? Sì, chi pensa al paradiso è sempre lieto nei sacrifici, anche se costano assai, non trova neppure difficile accettare la morte. Quindi esame di coscienza sul desiderio che abbiamo del paradiso, se l'abbiamo sempre in mente per farci dei meriti, [e fare] dei fioretti. Un sacerdote che aveva poche parole, usava dire solo: Fatti dei meriti, presto, non pensare ad altro, ti mancherà poi il tempo e non potrai più [fartene]. Non sapeva dire altro.
Le suore che non pensassero al paradiso sarebbero infelici, perché ogni giorno incontrano dei sacrifici da fare e se da una parte rinunciarono alle ricompense terrene e dall'altra non si assicurano quella eterna, come possono essere contente? Il pensiero del paradiso dev'essere predominante. Ci sono tante altre cose da fare, ma una [sola] in realtà è quella [da fare], perché il paradiso dev'essere il motivo di tutto [il resto]: sono come tanti passi che ci portano ad esso. Esame di coscienza profondo, se manca questo è facile perdere di vista il paradiso. Fede più viva nel paradiso, volontà più ferma, e desiderio acceso di esso e soprattutto preghiera più viva per conseguirlo.

II. [La santità]

Stamattina abbiamo celebrato la Messa specialmente con la mira di ottenere la grazia che tutte le Figlie di San Paolo un giorno abbiano da riunirsi in paradiso; c'è chi arriva presto e chi più tardi, ma tutte abbiano da ritrovarsi nella beata eternità.
Solo Dio è fedele alle sue promesse, gli uomini non sempre possono fare quanto promettono, Dio sì. Ha promesso il premio eterno a chi lo segue nelle vie della perfezione, cioè a chi pratica la povertà, a chi si affligge e piange i suoi peccati e, pentita, cerca di condurre le anime sulla buona strada. Darà il premio a chi non è compreso e non soddisfatto nei suoi buoni desideri, a quelli perseguitati: e chissà oggi quanti religiosi soffrono incarcerati, o fuori! Ve ne sono un numero incalcolabile. Avete sentito quante vittime tra sacerdoti e suore in Polonia, in Ungheria, nelle regioni Baltiche, in Cecoslovacchia, e ancora non cessa la persecuzione, si vorrebbe cancellato dalla faccia della terra il nome santissimo di Gesù.
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Gesù ha promesso a chi ha fame e sete di giustizia13, cioè a chi vuol farsi santo, il premio eterno. Gesù è infinitamente fedele nelle sue promesse. Beati i famelici perché si faranno santi sulla terra e godranno eternamente in cielo, questi alla fine della vita non potranno più aumentare i meriti, ma nemmeno si perderanno.
Il Signore darà il premio ai fedeli che mantengono le promesse fatte, prima nel Battesimo e poi nella professione religiosa e dirà: «Entra nel gaudio del tuo Signore»14. Se siamo fedeli, egli è fedelissimo. Piuttosto dobbiamo rivolgerci alla Madonna perché ci ottenga di essere fedeli: Vergine santissima, prega per noi affinché Gesù che ha fatto la promessa ai servi fedeli ci trovi degni di ricevere il premio.
Come usciremo dal mondo? Saremo perfettamente puri o avremo ancora qualche distacco da compiere? Certo che su questa terra un po' di polvere si prende sempre, specie quando si va fuori a contatto con gli altri. Arrivate a casa bisogna pulirsi, spolverarsi, e spolverare anche la mente e il cuore. Oggi, in cui regna tanto spirito protestante e comunista, è naturale che si prenda un po' di queste loro idee. Talvolta è dura la sottomissione, si vuole ragionare un po' come fanno loro anziché ubbidire, allora è facile rispondere, e si può anche fare, ma si fa umanamente […]15.
È l'aria che respiriamo che ci porta a questo e talvolta ci porta anche al lassismo che vuol dire avere la coscienza più larga. Non possiamo dire che gli uni hanno dei difetti e gli altri pure, perché tutti ne abbiamo. Chi è attaccato a una cosa e chi a un'altra. Per spazzolarsi internamente, per togliere il mondo ci si confessa e poi si va alla Comunione per ristabilire Gesù in noi: fare l'unione perfetta di mente con Gesù e pensare quindi come lui; l'unione di volontà cercando solo e sempre di fare ciò che vuole Gesù; l'unione di cuore amando e odiando quanto ama e odia Gesù. Mente, cuore e volontà: tutto sia solo per Gesù.
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Nostro gran tesoro è l'Ostia eucaristica. In Gesù troviamo ogni bene, fuori di lui non troviamo che passioni, tendenze umane e tante altre cose brutte. Quale grande bene poter fare la Comunione, sentir la Messa, far la Visita, che grandi doni sono questi! Ci sono delle donne che quando hanno dei fastidi o delle contrarietà coi mariti vanno a lamentarsi con le comari, ma le suore vanno da Gesù che prende [a cuore] i loro interessi e converte tutte le pene per il paradiso, e qui dà altro che il centuplo!
Dobbiamo vedere che la nostra mente e il nostro cuore non si carichino di polvere, perché in tal caso, cioè quando se ne è posata un po', occorre spazzolarsi bene con la Confessione e ristabilirsi in Gesù, affinché in punto di morte possiamo subito unirci a lui senza fermarci in purgatorio. Certo, c'è anche il Giubileo e le indulgenze, ma ci vuole il pentimento e che il dolore sia esteso a tutto, se ci sono ancora degli attaccamenti bisogna cancellarli perché rimane poi la pena da scontare. Se ci si confessa, ma si ha intenzione di conservare le abitudini, queste sono attaccamenti che bisogna togliere.
La santità consiste in due punti: 1) detestare il male con il dolore e la lotta per non ricadere; 2) lavorare per evitare le imperfezioni volontarie, i peccati veniali, le incorrispondenze alla grazia, la tiepidezza. E non basta dire: Ho fatto un peccato da giovane ed ora faccio la penitenza, ma occorre specialmente detestare la freddezza.
Preghiamo per non acconsentire a tutto ciò che spiace a Gesù. Va bene fare il proposito contro questo o quell'altro difetto, sforzarsi a lavorare su una virtù, ma se non si lavora per evitare tutte le mancanze, e se non si detestano tutti i difetti e non si lavora per correggerli, e non si chiede di toglierli tutti, non si ha l'amor puro, e si dovrà poi fare il purgatorio.
Se un uomo si confessa che ha bestemmiato e lo detesta col cuore, e se dopo gli sfugge ancora qualcosa, non è più come chidà un consenso abituale. È la disposizione dell'anima che conta, così è nel bene. Evitare le piccole cose, combatterle tutte, ma se non si potessero togliere subito, si possono però diminuire. Nel giorno s'incontrano delle cose che danno motivo di lotta, per la diversità dei caratteri, che la volontà di Dio ci chiede
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di sopportare. Tendere lì, uscire dal mondo perfettamente pure. Quando si detesta il peccato e si compie la volontà di Dio, non c'è più il purgatorio da fare, perché là si va o per i peccati gravi non soddisfatti o, specialmente, per la freddezza che si ha. Quando c'è fervore si detesta tutto il male e ci si sforza a non commetterlo, e se poi si cerca di far sempre la volontà di Dio, il purgatorio non c'è più, e tanto più non ci sarà l'eterna condanna, anzi se ne allontana il pericolo. Come si bruciano le cose inquinate, così dobbiamo mirare a entrare subito in paradiso dopo la morte, mirare a uscire da questo mondo perfettamente pure per essere degne di entrare subito [in cielo] con gli angeli.
È possibile questo? Certo che è possibile, e la religiosa deve mirare qui. Chi compie il lavoro di perfezionamento che consiste nell'evitare il male e nell'adempimento della volontà di Dio, si fa santa.
La vita religiosa è una continua purificazione, dal mattino alla sera vi sono occasioni: frenare la lingua, adattarsi agli altri e tante altre cosette; niente vi è di eroico, ma è la continuità cheaumenta i meriti e ci fa uscire dal mondo già preparate. È naturale che se si è fatto il bucato, non si ritira con la roba pulita qualcosa di sporco; così l'anima se non è pura quando esce da questo mondo, non entra con gli angeli che sono puri. E questo non è difficile, bisogna solo avere coraggio. Ci sono sempre tanti 'ma', con Gesù però si sciolgono tutti. C'è da stupire setalvolta si deve sudare per vincere le difficoltà? È stretta la via che conduce al cielo e vi sono delle spine che pungono, ma a questa via mette capo il cielo.
Prepararsi con l'impegno a togliere le imperfezioni e il compimento sempre più perfetto della volontà di Dio a entrare in cielo subito dopo morte.
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* Ritiro mensile, in dattiloscritto, carta vergata, fogli 5 (21x29, 5). Nell'originale il titolo della prima meditazione è “I.a Meditazione del Ritiro tenuto dal P. Sig. Maestro”, e della seconda meditazione “II Predica del Sig. Primo Maestro per il Ritiro”. Nella cronistoria di don Speciale è scritto: “Il Primo Maestro è andato a Napoli presso le Figlie di San Paolo; detta loro anche delle meditazioni” (p. 241). In realtà i dattiloscritti delle meditazioni successive sembra siano stati preparati con la stessa macchina e quello del 9 agosto porta indicato il luogo: Napoli. Si desume quindi che il Fondatore tenne a Napoli anche il ritiro del 5 e 6 agosto. Fu ancora presente l'8 e il 9, e vi tenne altre due meditazioni, dopo essere rientrato a Roma il giorno 7, secondo la cronistoria.

1 Il Primo Maestro comincia la meditazione ricordando il Vangelo della trasfigurazione; accenna al Vangelo del fariseo e del pubblicano proprio della X domenica dopo Pentecoste e alla memoria di S. Sisto, ricorrenze liturgiche del giorno seguente: 6 agosto 1950.

2 Cf Lc 18, 9-14.

3 Sisto II (257-258), papa per un anno. Fu catturato durante la celebrazione eucaristica, condannato a morte nel 258 insieme ai diaconi Felicissimo e Agapito.

4 Stanislao Kostka (1550-1568). Di nobile famiglia polacca, entrò tra i Gesuiti. La sua breve vita fu segnata da un'ardente devozione all'Eucarestia e alla Madonna.

5 Manera Alfredo M. Filippo (1897-1941), sacerdote della SSP. È tra i primi Paolini incaricati anche di predicare i ritiri alla FP.

6 Originale: Anche di notte un sacerdote che andò a celebrare, non riuscì per questo a consacrare.

7 Cf Mt 25, 34.

8 Cf Mc 16, 19.

9 Cf AD 182, 201, 283. Nella sua predicazione Don Alberione ritorna sovente sul tema di Maria mediatrice. Anche al Concilio Vaticano II invia un'osservazione scritta circa lo schema della Beata Maria Vergine, dove chiede la proclamazione di Maria mediatrice di tutte le grazie. Cf Damino A., Don Alberione al Concilio Vaticano II, EAS n. 23, pp. 93-94.

10 Cf Ap 14, 3-4.

11 Cf Col 3, 1.

12 «Vieni, sposa di Cristo… Prendi parte al gaudio…». Cf Breviarium Romanum Comune delle Vergini, Vespri, antifona al Magnificat.

13 Cf Mt 5, 6.

14 Cf Mt 25, 21.

15 Originale: E con gli anziani e con chi non si dovrebbe.