Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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35. TOGLIERE IL MALE - METTERE IL BENE
(Domenica XVIII dopo Pentecoste)

Meditazione alla Comunità delle Pie Discepole del Divin Maestro.
Roma, Via A. Severo 56, 20 settembre 19641

Il Vangelo secondo san Matteo, capo IX.
In quel tempo: Gesù, salito sopra una barca, attraversò il lago di Genezaret e andò a Cafarnao, sua città. Alcuni già gli presentarono un paralitico disteso sopra un letto. Gesù, vista la loro fede, disse al paralitico: «Confida, figliuolo, ti son rimessi i tuoi peccati». Subito alcuni scribi pensarono dentro di sé: «Costui bestemmia». Gesù, visti i loro pensieri, disse: «Perché pensate male nei vostri cuori? È più facile dire: Ti son rimessi i peccati, o dire: Alzati e cammina? Ora, affinché sappiate che il Figlio dell'uomo sulla terra ha il potere di perdonare i peccati: Alzati - disse al paralitico - prendi il tuo letto e ritorna a casa». Il paralitico si alzò e andò via. Le turbe, visto tutto ciò, si intimorirono e resero gloria a Dio che aveva dato agli uomini tale potere2.
Questo tratto del Vangelo ci insegna, primo, che talvolta le malattie, le disgrazie sono procurate da noi. E se noi togliamo il disordine, il peccato, allora togliamo la causa dei mali che sono sopravvenuti e, tolto il male, tolte le cause, tante volte il Signore aumenta la grazia e concede anche beni materiali. [Il peccato] è quello che noi dobbiamo evitare, perché i mali che son nel mondo ce li siamo tirati addosso tutti per il peccato di Adamo e per i peccati personali nostri.
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Ecco, il peccato di Adamo, per cui si è perduta la grazia, la grazia di Dio, quindi la vita soprannaturale e quindi la sicurezza del paradiso e [sono sopravvenuti] tutti i mali, fra cui la morte; quindi le malattie e le disgrazie, e le malattie e la morte. Questo in generale, per tutta l'umanità. Ma poi siamo anche noi personalmente, tante volte, la causa dei mali che ci provengono; ce li siamo tirati addosso. E perché? Per insipienza. E se noi togliamo il disordine, il peccato, ecco ritorna la grazia in noi, la misericordia di Dio, e poi i doni che il Signore vuole concedere alle anime che sono delicate.
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Ora, ecco, presentarono il paralitico a Gesù perché lo guarisse. Ma Gesù prima si curò di togliere il peccato da quell'anima: «Confida, figliuolo, ti son rimessi i peccati». E quindi si prevedeva che il male fosse venuto a lui, al paralitico, a causa di peccati. Perciò, togliere, in primo luogo, il peccato. E allora i farisei e specialmente gli scribi subito pensarono: «Costui bestemmia, perché nessuno può rimettere i peccati se non Dio»1. E Gesù vide i loro pensieri e allora rispose: «È più facile dire: ti son rimessi i peccati, o dire: alzati e cammina»? E poi, per dimostrare che egli poteva rimettere i peccati: «Affinché sappiate che il Figlio dell'uomo sulla terra ha il potere di perdonare i peccati: alzati - disse al paralitico -, prendi il tuo letto e ritorna a casa». E il paralitico tornò a casa portando il suo letticciuolo. Oh, allora, tolto il peccato, che era la causa del male, il peccato, ritornò la salute a questo infelice, questo paralitico.
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Come dobbiamo noi pensare? Noi abbiamo sempre da considerare che, se vi sono disgrazie, molte volte ce le siamo tirate addosso. Certo, non tutto e non sempre il peccato è causa dei mali personali, ma molte volte siamo noi stessi la causa del male. Se non tieni il cuore a posto, certo dopo il cuore è turbato da sentimenti, da desideri, da sospetti, ecc. Se noi non dominiamo gli occhi, e poi le fantasie, se con gli occhi si guardano le cose che non si devono guardare, o legger le cose che non bisogna leggere, e poi certamente, ci tiriamo addosso le distrazioni, le difficoltà a raccoglierci. E siamo noi la causa. Voler sapere tante cose che non ci interessano, vuol dire diminuire la nostra pietà, il raccoglimento nella preghiera, l'unione con Dio. O i discorsi che vengono fatti o ciò che si è letto. Ognuno ha da leggere le cose che servono per la sua santificazione. E cioè, perché il sacerdote faccia il sacerdote legga, quindi, le cose che sono necessarie per il sacerdote; e la suora legga i libri, legga specialmente il Vangelo. Non pensare a tante cose, tante notizie, o libri, o riviste, o altro che non interessa; cioè sono cose buone, ma non appartiene a te.
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Allora occorre che noi togliamo le cause. Così, lo stare [a] raccontare, udire cose che non conviene. "Neppure udire? Ma non sono cattive", si dice. Ma noi non possiamo solamente dire: "Non è male". Bisogna che sia il bene, all'opposto. "Che male c'è?". Domando: "Che bene c'è", invece? Giudicare e pensare e cercare quello che non interessa; e così, alle volte, è avvenuto che la golosità è stata causa di disturbi, di inconvenienti, di mali; e così, tante altre cose che sono poi la causa di mali, specialmente di mali morali; e così il tatto, tanto più il tatto, perché ci può essere la pigrizia, ci può essere altro sentimento umano, troppo umano, sì.
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Se la Chiesa vuole che le suore abbiano l'abito nero, [è] per indicare la separazione dal mondo; e abbiano il velo, per indicare che devono contenere i pensieri e gli sguardi; è quello che indica il separarsi e dalla famiglia e dal mondo, in generale.
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Se vogliamo santificarci, dobbiamo togliere la causa del male che è in noi stessi. Perché, si son fatti gli Esercizi un anno fa, poi facendo [di nuovo] gli Esercizi Spirituali, alle volte avviene di considerare: l'anno scorso ho scritto i miei propositi e mi trovo ancor quasi allo stesso punto dell'anno scorso. Ma perché? Perché non si son tolte le cause per cui il male ha continuato e, quindi, l'impedimento alla santità. Togliere le cause, togliere le cause. Perché se si va nell'orto a raccogliere l'insalata, si raccolgono delle foglie, e sta bene; ma se vogliamo che la radice non produca più le foglie, bisogna togliere la radice. Questo caso è cosa buona perché l'insalata deve riprodursi; ma quando fosse una pianta cattiva e si taglia la parte esterna e la radice sta, e allora i mali e i difetti e i peccati ritornano.
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Nella esortazione alla Professione, anzi ancora prima, alla ammissione al noviziato, radicitus, si dice; l'esortazione di togliere le radici dei nostri peccati, dei nostri difetti, cercando le cause, cioè togliere la radice. E allora se togliamo la radice, la cattiva pianta non si riproduce. E talvolta tenta di nuovo a riprodursi; ma sempre, sempre abbiamo da vigilare sopra di noi stessi. Molte volte sono parole inutili, a vanvera, cose che noi diciamo, ecc., scuse che portiamo; portare e attribuire la colpa, la responsabilità ad altri, ecc.
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Noi dobbiamo, in primo luogo, vedere se non procede da noi il male, se non siamo noi stessi la causa; e cioè, porti le conseguenze di quello che tu stesso hai voluto, di tutto quello che, in sostanza, hai fatto.
Allora, essere abitualmente raccolti, e dominare noi stessi e vedere come dominiamo l'interiore e i pensieri inutili, per cui le distrazioni nella preghiera. E se [vi sono] i sentimenti interni d'invidia, di collera, orgoglio, e si capisce, non si ricevono poi le grazie, perché il Signore dà agli umili le grazie1, quelli che sono umili ed hanno fede. E così, se non finiamo di dimenticare le cose che sono di disordine, ricordare quello che forse si è veduto, si è sentito. Quindi dominare la memoria, dominare la fantasia, l'immaginativa. L'interiore. Molte volte si cura l'esteriore e meno si cura l'interiore e quindi raccogliamo poi i frutti cattivi perché la radice era cattiva. Perciò abitualmente rifletter su noi stessi, rifletter su noi stessi.
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Ora, non solo togliere ciò che è male dentro, ma mettere ciò che è bene. Se invece di un libro qualunque di ascetica, o periodico, ecc... E se prima non leggi molto la Bibbia, la parola di Dio, non ci sarà nel tuo animo il pensiero di Dio, la parola di Dio, i sentimenti che sono ordinati a Dio, ecc. Finché noi leggiamo altre cose e non la Bibbia, e non il Vangelo, e poi le cose che riguardano la nostra vita, le Costituzioni, ad esempio, si rischia di non fare quello che la vita religiosa richiede.
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La vita religiosa, cosa richiede, in primo luogo? La perfezione, tendere alla perfezione, alla santità. Quello è il primo e principale dovere.
Ora bisogna che noi ci nutriamo di quei pensieri e quindi di quei sentimenti e desideri che sono espressi [nel Vangelo]. E quanto siamo, alle volte, poco sapienti, poco prudenti! La parola di Dio vale infinitamente di più che la parola dell'uomo.
E noi abbiamo letto tutta la Bibbia? Legger tutta la Bibbia. Poi si nutre la mente di pensieri che sono pensieri soprannaturali, buoni, quelli che procedono da Dio; così i pensieri e poi le parole e poi le azioni, di conseguenza.
Perciò non solamente togliere le cause del male, ma mettere i mezzi per il bene, e cioè, per crescere in santità di pensiero, in santità di sentimenti, di volontà, e tutto quello che porta alla pietà, quello che porta a glorificar Dio e quello che porta all'esercizio della virtù e a seguire veramente ciò che è la nostra missione. La Professione che si è fatto. Così la parte positiva.
Togliere le radici di ciò che è male e mettere le radici che sono il bene, cioè: i buoni pensieri, quelli che vengono da Dio; i sentimenti, quelli che vengono da Dio; e i voleri, quelli che vengono da Dio. Quello è da meditarsi, quello che deve nutrire l'anima nostra.
Sia lodato Gesù Cristo.
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1 Nastro 119/c (= cassetta 164/a). Per la datazione, in PM nessun accenno cronologico (cf nostra nota in c62). Una voce incisa dice: «Domenica XVIII dopo Pentecoste. Meditazione del PM». - dAS 20/9/1964 (domenica): «m.s. per suore PD di CG, SSP. Celebra [il PM] alle ore 5 e tiene meditazione».

2 Mt 9,1-8.

1 Cf Mc 2,7.

1 1Pt 5,5.