Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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23. COME FAVORIRE L'UNIONE NELL'ISTITUTO

Meditazione alle Superiore Pie Discepole del Divin Maestro,
durante un corso di Esercizi Spirituali (17-25 maggio 1964).
Ariccia, Casa Divin Maestro, 21 maggio 19641

È molto importante che fra i libri che tenete in chiesa, in cappella, non manchino le Costituzioni e la Bibbia, e se non è proprio la Bibbia, il Vangelo. Perché sulla terra non c'è mai stato, e non ci sarà mai un libro di ascetica più prezioso, più utile, più facile, più sicuro che la Bibbia e il Vangelo. Sì, non cerchiamo l'acqua che può essere nelle cisterne2 più o meno sicure; l'acqua, invece, che si ha da cercare, l'acqua sana, quella che è sicura.
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Che cosa è il paradiso? Che cosa vuol dire l'eterna felicità?
L'eterna felicità nostra sarà nel glorificare Iddio, la felicità sta nel glorificar Dio: il Padre, il Figlio, lo Spirito Santo. Glorificarlo. Perché si conoscerà bene Dio, per la visione beatifica; e si godrà Iddio, perché c'è un amore a Dio, eterno; e perché si compie tutto quello che vuole il Signore, per cui ci ha creati. In poche parole, la felicità nostra sarà nel glorificare Dio, l'occupazione eterna è cantare i misteri - che qui cantiamo e là saranno svelati - e cantare gli attributi, le perfezioni di Dio, sì.
Se questa è la vita eterna, viene di conseguenza che siamo più vicino a Dio, [che] ci prepariamo, e cioè, conduciamo già una vita simile a quella che sarà in cielo.
Quindi, quali sono le anime che si trovano sul piano più alto della santificazione? Quelle che cercano la gloria di Dio: omnia in gloriam Dei facite1. Oh, questo è il fine ultimo e supremo. Perché non ci sono che due incontri per l'anima che si vuole santificare, e cioè: la gloria di Dio e il vivit in me Christus2. Sono sopra due piani uguali: cercare la gloria di Dio, e: che viva Gesù Cristo in noi. Non solo che sia l'unione con Gesù Cristo, che Gesù Cristo sia in noi, ma che egli viva in noi, e cioè:
- che egli sia la nostra mente: i pensieri di Gesù;
- il nostro cuore: i sentimenti del cuore di Gesù;
- e i voleri, che sono i voleri di Gesù Cristo rispetto al Padre.
Perciò, se vogliamo ridurre tutto a facilità, ecco:
- cercar la gloria di Dio: ultimo fine, eterno, assoluto;
- secondo fine: santificazione nostra;
- ma questa santificazione: in Cristo, Via, Verità e Vita;
- e per arrivare a questo c'è una via che è indicata dai fatti e quindi dalla manifestazione del volere di Dio: Maria è via a Gesù, e Gesù è via al Padre, ecco.
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Oh, allora, stasera volevo ricordare questo, che la perfezione, quindi, sta nella carità, cioè: cercare la gloria di Dio, per la carità verso Dio; e poi amare gli altri, amare il prossimo, che è la seconda carità: «Vi amo con tutto il cuore e amo il mio prossimo come me stesso». Sì, la carità. Ora, la perfezione sta lì, dunque: l'amore a Dio; cioè, quando è perfetto, si cerca la sua gloria; e quanto all'amore del prossimo, [si cerca] il bene del prossimo, quello che serve di aiuto e di sostegno al prossimo.
Ora, la carità verso il prossimo, sì, deve considerarsi sotto un aspetto speciale: la carità, prima in comunità; secondo, in apostolato, in quanto si riferisca al prossimo.
Vi è una carità da esercitarsi quotidianamente, è la vita comune ben vissuta. Questa vita comune. Che cosa significa vivere la vita comune? Che cosa significa aver fatto la Professione, conformare la nostra vita alle Costituzioni e vivere secondo la vita dell'Istituto, secondo la vita che risulta dalle Costituzioni? Vivere in carità, nell'intimità.
Gli Istituti Secolari hanno anche questa carità, ma non hanno la vita strettamente comune come l'avete voi. Essi hanno occasioni di fare altri meriti, ma per voi, la ricchezza dei meriti che viene all'anima: quando si vive veramente bene la vita comune. Oh, questa è l'unione.
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Adesso, venendo a qualche particolarità, sì.
Qual è il fondamento di questa carità nell'interno dell' Istituto?
Primo fondamento è costituito dalle Costituzioni. Perché lì si descrive una vita che si deve far da tutti, è organizzata; ci sono le varie attitudini e le varie necessità e le varie occupazioni, ma in fondo c'è la vita comune e ognuna nella Congregazione ha una parte, ha un ufficio. Sì, la vita comune. Quindi le Costituzioni devono essere considerate come il Vangelo applicato. Ma si cercano troppi... voglio dire... non so neppur definire, troppi mezzi, troppi progetti, ma e proprio nella Casa che bisogna vivere, per cui vi santificate, perché la santificazione, se si vuol dire, e dovrebbe essere spiegato bene: [sta nel] compiere il volere di Dio.
Quando ci sono 500 articoli delle Costituzioni, quelli sono i voleri di Dio, definiti, scritti, approvati, non solo, ma ora imposti dalla Chiesa. Questi propositi vaghi, incerti, che poi non si applicano a niente! Applicati alle Costituzioni. E se si suona la levata, e se la preparazione per andare in chiesa si fa bene, e se si fanno le preghiere e si dà a quelle preghiere che si recitano... e poi l'ufficio, e lo stare, il venire, contentarsi del cibo - se uno può sopportarlo, e se non può sopportarlo è vita comune di fare quel che è necessario per le circostanze di salute, ecc. -; quello di passar bene la ricreazione, di trattar bene, di tenersi in umiltà, di parlar bene in tutto. Ci sono 500 articoli da seguire. Questi propositi si fanno o non si fanno? Che sono i primi, sono i primi frutti e i primi doveri, non cose che andiamo a cercare in varietà, in profondità di libri, ecc. Vi è in tante anime un lavoro spirituale vagante. Quello che è prescritto! Non quello che ci immaginiamo noi. E non che le Costituzioni si possono leggere solamente negli Esercizi o una volta l'anno. Più volte, più volte! E lì poi si penetrano i vari articoli, specialmente quando questi articoli insegnano una vita la quale riguarda anche le persone con cui si deve convivere.
Guardiamoci dai propositi vaghi, da aspirazioni incerte, va a sapere, che si debbano prendere le ali per volare al cielo. Si volerà al cielo, ma a suo tempo. Non cose vaganti, propositi vaganti. Al concreto: ho questo ufficio, lo faccio il meglio che posso; ho relazioni e con chi sta sopra e con chi sta a fianco e con chi sta sotto. Bene. E quindi il comportamento che si ha da seguire.
Le Costituzioni sono il fondamento dell'unione.
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Ma queste Costituzioni non si riferiscono solo alle cose esterne, fare con precisione, anche se devi scopare, scopar bene; ma oltre a questo, per la vita comune ci vuole: unione di pensieri. Persone che stanno in comunità, ma quanto a fede o, meglio, quanto a pensieri, diversi. E vivono di altri pensieri. Bisogna pensare come pensa l'Istituto, bisogna pensare che cosa è la vita religiosa, bisogna pensare che c'è il Si vis perfectus esse1, il Vangelo in pratica, i pensieri comuni. E quando si è discordi, da chi guida l'Istituto, nei pensieri, questo è dentro fisicamente, ma non è dentro spiritualmente. Sei suora, ma suora è l'abito. E ci sarà anche una certa divozione, ma occorre, in primo luogo, l'unione di mente quello che viene scritto, quello che vien detto, quello che è nelle Costituzioni, quello che è l'indirizzo che viene dato. E quella specie di dissapore, quel modo di pensare diverso, quando anche le relazioni con chi si devono tenere non sono più così sincere, così profonde, perché ci son pensieri diversi; farebbero diverso, hanno consigli da dare, da giudicare quel che è disposto, ecc. L'unione di mente, sì.
Secondo - già detto - ci vuole l'unione di volontà per eseguire.
Poi l'unione di sentimento, di cuore.
L'unione di cuore, vuol dire attaccatissime all'Istituto. C'è da farci un'esame di coscienza. E poi, l'amore all'Istituto, sì, ma alle persone dell'Istituto, nel senso spirituale, attaccate alle persone con cui si convive, proprio amare, amare. Amare le preghiere che si dicono, amare le funzioni che si fanno, amare l'orario che si è dato, amare l'ufficio che è stato assegnato. E, in sostanza, amare. E così, con le persone con cui si convive, essere di aiuto anche in cose piccole, essere di aiuto. Essere di aiuto in preghiera vicendevole, essere di aiuto col buon esempio, essere così, da seguire il Maestro Divino: lavare i piedi. Questa parola non si ha da esprimere solamente fisicamente, materialmente, ma si vuol ben dire, una umiltà profonda, è questa. E quando c'è quell'orgoglio di vedersi quasi superiori per intelligenza, per posizione, per capacità varie, per uffici che si sono assegnati, tutto questo è contro la vita comune. E, attaccati a questo posto, attaccati a quell'ufficio o attaccati proprio a quelle varie cose che riguardano o lo spirito o l'apostolato, oppure anche semplicemente la vita ordinaria.
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Quanto a questo, volevo aggiungere, questa sera: questa unione di tutto l'Istituto: conoscere l'Istituto: quante Case ci sono, quante persone ci sono, quante novizie ci sono, quanto progresso si fa, quante sono le pubblicazioni, quante sono le mansioni che vengono distribuite, ciò che gradatamente si va conquistando, le nuove Case che si aprono. Conoscere e amarle e goderne, sì.
Amare l'Istituto, contribuire alle iniziative che vengono date dal centro per il lavoro che si fa, per la ricerca e per la formazione. E poi, materialmente, in quanto è possibile, concorrere, sì. Oh, nemico, spesso, è proprio l'amore a cose esterne. Hanno rinunciato alla famiglia e ci son più attaccati di prima. Tutto quello viene sottratto alla Congregazione; se sottrai dei soldi è cosa che non va, ma è meno grave che sottrarre le attività, gli impegni, le varie occupazioni e il cuore.
Abbiamo proprio da vedere se ci stiamo dentro all'Istituto, del tutto. O si guarda dalla finestra, fuori? Sotto dei pretesti che per una cristiana sono legittimi e divengono doveri. La persona consacrata a Dio, no, è diverso. Consacrata a Gesù e consacrata a Gesù mediante i voti: povertà, castità e obbedienza. Ma l'impegno di uniformare la vita alle Costituzioni, all'Istituto! Si fanno delle sottrazioni.
Gesù pregava con l'unum sint1, si riferiva agli Apostoli. Poi tre volte l'unum sint si riferisce a quelli che seguono Gesù, cioè, quelli che saranno discepoli di Gesù e seguiranno i vescovi, seguiranno i sacerdoti, cioè; tanto più la vita religiosa, sì.
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Vedete, il Concilio Ecumenico Vaticano II, ha ancora una quindicina di schemi da esaminare. E ho letto, in questi giorni, specialmente quello che riguarda De religiosis, cioè, che riguarda la vita religiosa. I princìpi sono dati chiari e poi possono seguire le discussioni e, alla fine, si approverà quel Decreto. Se [vi] sarà bisogno verrà qualche adattamento o qualche mutazione, ma, in sostanza, la vita religiosa è consacrazione a Dio. Non dirlo, ma essere.
A questo proposito volevo anche dire che si istruiscano bene le aspiranti, già allora; tanto più quando già sono vestite e tanto più quando si trovano nel noviziato. Ma che distinguano quello che sia la vita cristiana e quello che, invece, sia la vita religiosa, ecco. Distinguere bene e istruir bene. Allora sì che si trovan contente nella vita religiosa perché uno ha quel che ha cercato, altrimenti vive così, con due tendenze, per cui non gode perfettamente Dio e neppure gode il prossimo, cioè, la famiglia o le altre cose che possono essere i soldi, possono essere le sentimentalità, possono essere la volontà propria. E sì, ecco.
Naturalmente qui voi sempre siete pronte a seguire quello che viene disposto: e accettando gli uffici e facendoli con tutto l'animo e con letizia, con gioia; e vivere con le persone con cui si è destinate a vivere: e questa ha un carattere, e questo è il mio. E qualcheduna dice: "Ma io ho il mio carattere". Se hai il tuo carattere, se va bene e santo, continua; ma se è una cosa che poi influisce sugli altri, e cioè, porta disagio... e, d'altra parte, sopportare chi ha da sopportare, sì.
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Specialmente dobbiamo noi, (ecco dico il plurale adesso) noi che abbiamo gli incarichi di guidare, esaminiamo se pesiamo sugli altri, se siam premurosi abbastanza sugli altri, se ci mettiamo proprio a lavare i piedi agli altri, se ci teniamo come gli ultimi, se diciamo sempre le cose più con preghiere che con comando, se vogliamo i privilegi perché siamo posti in un ufficio distinto, se si è attaccati a quell'ufficio. E guai se non la si fa più, la superiora! O destinate in altra Casa di minor grado, meno importante. L'esame sopra l'ufficio. Perché tutte le suore hanno da far l'esame della vita religiosa, ma a chi ha un ufficio distinto, vi è anche da esaminare il comportamento in quell'ufficio. Ma sapete che alle volte soffrono quelle che son soggette? Ci avete pensato tante volte, sicuro.
Sì, bisogna che ci sia la vita comune, ma che non ci sia, invece, quello che si potrebbe chiamare con altro nome, e cioè, una cosa personale che si vuole, un egoismo, un modo proprio di fare. E appunto perché una è la prima dev'essere l'ultima; dev'esser l'ultima, la prima. È a servizio. Perché si chiama, il Papa, servus servorum Dei? Il servo dei servi di Dio; cioè, è servo dei cristiani. Chi guida una Casa dev'essere la serva di tutte, la serva di tutte, sì. E precedere sempre. Non dire: fate. Ma dire: vogliamo farlo? E cominciare a esser la prima, sempre. Ecco, questo volevo dire stasera. E la Casa sarà benedetta quando vi è la buona armonia, quando vi è la carità vicendevole e quando chi guida la Casa è la serva delle Sorelle, e si comporti così: lavare i piedi. Non ha detto Gesù a Pietro: lava i piedi all'altro; oppure: lava i piedi a Giuda. Gesù ha lavato i piedi agli Apostoli, lui: quemadmodum ego feci [vobis] ita et vos faciatis1. È difficile che non salti fuori la superbia con la cresta, ecco. Perché, o perché c'è la posizione o perché si hanno doni particolari o perché una sa fare una cosa più difficile.
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Adesso, alla fine del mese, facciamo l'introduzione della causa per la beatificazione del discepolo Borello1. Appena nominato questo che si potrebbe fare, si son presentati tanti a proporsi, a testimoniare sulle sue virtù che, adesso, abbiamo dovuto escluderli, dei testimoni, per non andare troppo avanti nel tempo.
E serviva prima in cartiera e poi l'han messo a fare il calzolaio, il più umile ufficio, ma tutti ammirati della sua virtù. Quindi lui guardava ciò che serve ai piedi, ecco. Et exaltavit humiles2.
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Vediamo se possiamo essere umilissimi, pure con molti doni di Dio. Ma sono di Dio, si fa la giustizia, cioè, è giusto che si attribuiscano a Dio.
Ma perché Maria dice: Ecce ancilla Domini?1. È chiamata ad essere la Madre di Dio ed essere l'unica creatura concepita senza peccato originale, fornita di innumerevoli doni, altissimi doni.
Ci sta sempre l'umiltà? Ma sì, che non è mai nulla di nostro, qui l'errore che abbiamo. Si gloriano anche di una voce migliore e di sapere fare un piccolo lavoro con una certa grazia e con una certa abilità. Il nemico è l'orgoglio, allora, sì, sì, perché rompe poi sempre, in fondo, rompe la vita religiosa che comincia a scricchiolare un poco, ecco, non resta più completa. Ma voi questo impegno lo avete.
Credo che già tutte abbiate fatto i propositi a questo riguardo anche, e non solo che si facciano i propositi personali, ma anche i propositi che riguardano l'ufficio.
Vedete come Dio benedice ogni anno l'Istituto? E chi ottiene queste grazie? E mica quelle che fan delle belle figure, ma quelle che sono umili e vivono di fede e cercano l'ultimo posto. Andare a cercar proprio là, che di là vengono le benedizioni sopra l'Istituto.
Avanti! Il Signore vi ha benedette, continua le sue benedizioni. Ora avete un certo numero di Case e avete raggiunto un certo numero di nazioni. Ma mirate a 80 nazioni. È un bel numero? E lo raggiungerete e lo passerete, secondo che è lo spirito interiore.
Sia lodato Gesù Cristo.
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1 Nastro 71/b (= cassetta 159/a). Per la datazione, cf PM: «Se vogliamo ridurre tutto a facilità, ecco: cercare la gloria di Dio, ultimo fine; 2° fine: santificazione nostra; ma quella santificazione: in Cristo, Via, Verità e Vita; e per arrivare a questo, c'è una via: Maria» (cf PM in c220 e c329). «Specialmente dobbiamo, noi che abbiamo l'incarico di guidare... (cf dAS sotto). - «Alla fine del mese facciamo l'introduzione della causa per la beatificazione del discepolo Borello». (cf dAS sotto). - In dAS, in data 31/5/1964, si legge: «Nel pomeriggio [il PM] parte per Alba per iniziare il processo apostolico diocesano della causa di beatificazione di Fratel Borello. - dAS, 21/5/1964: «Alle ore 15,30 [il PM] parte per Ariccia. Alle 18,30 tiene una predica alle Madri (PD) in Esercizi (cf PM sopra). - dAC, 21/5/1964: «Meditazione del PM, Ariccia, Esercizi iniziati al 15 maggio 1964».

2 Cf Ger 2,13.

1 1Cor 10,31.

2 Gal 2,20.

1 Mt 19,21.

1 Gv 17,11.

1 Gv 13,15.

1 Fratel ANDREA M. BORELLO, nato a Mango (Cn) l'8 marzo 1916, entrato nella PSSP l'8 luglio 1936 come aspirante Discepolo del Divin Maestro. Fu modello di virtù e di dedizione nell'apostolato. Si distinse per la sua umiltà e semplicità. Mori santamente il 4 settembre 1948 nella Casa di Sanfré offrendo la sua vita: perché tutti i chiamati fossero fedeli alla propria vocazione.

2 Lc 1,52.

1 Lc 1,38.