19. SANTIFICAZIONE: INCORPORARSI IN CRISTO
Esercizi Spirituali (9-17 aprile 1964) alle Pie Discepole del Divin Maestro, novizie del 2° anno.
Ariccia, Casa Divin Maestro, 15 aprile 19641
Il vostro buon titolo: Pie Discepole di Gesù Maestro. Allora siete incentrate nella vera pietà e santità. Dall'altra parte, il Maestro va conosciuto come Via, Verità e Vita.
Incentrarsi nella santità, nella divozione a Gesù Maestro è cosa essenziale, non c'è altra via che passare attraverso a Gesù Cristo. La vostra divozione, cioè le opere di pietà, sono alimentate di questo spirito.
Secondo, ottenere dal Signore che i fedeli, e tutti i sacerdoti, e tutti i religiosi, tutti gli uomini trovino questa via, e che la pietà sia veramente quella che ci porta alla via giusta, e cioè: tutta la pietà, tutte le pratiche di pietà, le letture spirituali, gli esami di coscienza, le meditazioni, tutto deve passare per quella via e, attraverso Gesù Cristo, presentati al Padre. Per mezzo di lui.
E poi che si viva la vita di Gesù Cristo secondo la fede, cioè, secondo il Vangelo e secondo quello che ci mette nella posizione di guadagnare meriti per la vita eterna, operando con Gesù Cristo.
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Si trova ancora tanta fatica a far comprendere questo: Gesù Cristo Maestro in quanto è Via, Verità e Vita. Nelle vostre preghiere, Adorazioni, ci sia questa intenzione: ottenere che si comprenda e si viva.
C'è una pietà disordinata per tanti cristiani che non comprendono e non trovano quella via che li porterebbe ad una maggiore perfezione, santità.
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Primo, teniamo presente: Dio ci ha creati, Dio ci ha redenti, Dio ci santifica solo per la sua gloria. E mentre che [lo] glorificheremo, in paradiso, troveremo la nostra gioia, la felicità, penetrando, conoscendo sempre meglio Dio. Veder Dio! Che significa: conoscere la sua grandezza, la sua eternità, i suoi attributi in generale. La nostra felicità. Quello è il fine supremo ed assoluto. E, se già da un'anima si cerca, con tutto il volere, la gloria di Dio, si preannunzia o si pregusta alquanto del paradiso.
Secondo fine è la santificazione nostra. E cioè, purificarsi da quello che è male e mettere quello che è bene, e cioè: le verità di fede, l'osservanza dei comandamenti e di tutto quello che il Maestro Divino ha insegnato, e poi la sua grazia. Quella è la santificazione; quello, la santificazione, è il secondo nostro fine.
Ora, la santificazione vera è in Cristo, vuol dire incorporarsi in Gesù Cristo, e tanto noi ci santifichiamo, quanto ci incorporiamo in Gesù Cristo. E quindi, tutte le cose che si fanno, come pratiche di pietà, e come si compie l'apostolato, e la vita religiosa che si vive, tutto, ecco, tutto: in Cristo. Incorporarsi in Cristo.
Quindi ci sono tre punti o tre verità da tenere a mente per ordinare la pietà e tutta l'ascetica nella sua vera strada, cioè:
- la gloria di Dio;
- la santificazione per la gloria di Dio;
- e questa santificazione che si trova solamente in Cristo.
In modo assoluto è necessario questo. Quindi sono i tre punti che devono orientare sempre la vita spirituale.
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Ora, è utile che ci fermiamo sopra quell'orazione che c'è nella Messa, la quale riassume tutto, e cioè, quella breve preghiera che viene detta dal sacerdote prima del Padre nostro.
Il sacerdote scopre il calice consacrato e prende l'Ostia santa e fa tre segni di croce sopra il calice dicendo: Per ipsum, et cum ipso, et in ipso1. Quello riguarda noi, è la via per cui dobbiamo passare per la santificazione.
Poi gli altri due segni di croce che fa il sacerdote sull'altare, sul corporale: est tibi Deo Patri omnipotenti, in unitate Spiritus Sancti, omnis honor, et gloria2 e, dicendo queste ultime parole, il sacerdote solleva alquanto il calice: omnis honor, et gloria. Tutto. E questo è il finale, tutto il paradiso; è tutto il paradiso la glorificazione di Dio.
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Oh, alcune parole sopra questa preghiera.
[1.] «Per ipsum». Cioè, tutto quel che facciamo noi, offrirlo al Padre celeste attraverso a Gesù Cristo, cioè, ordinarlo a Gesù Cristo perché venga da Gesù Cristo presentato al Padre. Allora è meritorio. La preghiera, allora, nostra o tutto quel che facciamo di bene, aumenta giorno per giorno i nostri meriti. E se una azione, anche l'ottima, ma che non si offra al Padre per mezzo di Gesù Cristo, allora non ha il merito.
La Chiesa dice pregando e concludendo: Per Christum Dominum nostrum. Per Dominum nostrum Iesum Christum. La Chiesa stessa, che è santa, non presenta le sue preghiere direttamente, le fa passare attraverso Gesù Cristo. Se uno si flagellasse anche a sangue, ma senza orientare a Gesù Cristo, allora non serve a merito nostro1. Bisogna che passi attraverso a Gesù Cristo e, attraverso a Gesù Cristo, per mezzo, e per Gesù Cristo. Se passa attraverso a lui, un grande merito per la nostra salvezza, per l'aumento di grazia a noi.
Ora, questo può bastare: "Vi offro le azioni della giornata" -la parola, o un'altra formula - «vi offro tutte le orazioni, azioni e patimenti di questo giorno, ecc.», si offrono a Gesù Cristo, cioè «con le intenzioni con cui Gesù Cristo s'immola sugli altari». Ma che questo sia da farsi continuamente, perché Gesù Cristo è la Via2. Ma se non fai passare attraverso questa Via, dove vai? Sine me nihil potestis facere3: senza di me fate nulla, nulla. E cioè, se noi non operiamo con Gesù Cristo e non offriamo le nostre azioni al Padre celeste attraverso a Gesù Cristo, rimaniamo vuoti sine me nihil potestis facere; nessun merito, allora, che riguardi la vita eterna. Quindi sempre: per Dominum nostrum Iesum Christum. E già si potrebbe anche aggiungere che c'è il bisogno che Gesù ci dia la grazia per compiere le opere buone che son più difficili.
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2. «Cum ipso». Cioè, con Cristo.
Che significa? Significa far le cose con Gesù Cristo, e cioè: e il dormire e il ricrearsi e l'apostolato e la preghiera e le varie relazioni e tutto quel che riempie la giornata negli uffici che ciascheduno ha, nei compiti, negli apostolati: con Cristo. Cioè, che noi siamo in grazia, e poi che facciamo le opere nostre con Gesù Cristo. E si può prendere il riposo e si può prendere il cibo e si può fare l'apostolato e si può far la preghiera e si può fare tutto quello che riempie la giornata, allora l'opera è santa, piace a Dio. Egli è veramente la Verità1.
Cum Christo, cioè, imitazione di Gesù Cristo: come il Bambino dormiva fra le braccia della mamma, e come il Fanciullo cominciava ad adoperare il martello e la sega nella bottega di Nazaret, e come aperse il suo labbro, la sua bocca e annunziò le Beatitudini, e come fu crocifisso, e come offerse la sua vita. Fare le cose con Cristo, incorporarle a Cristo, le nostre opere, con lui operare, come egli operava, egli che è la gloria del Padre celeste. Egli vuol essere amato, Gesù, cioè, accompagnato da noi imitandolo, seguendolo.
Gesù disse, in un discorso, agli Apostoli, e cioè: il Padre se vi ama vi ama perché amate me. Chiaro quello che Gesù ha detto. Bisogna che amiamo, cioè, seguiamo Gesù Cristo: Pater amat vos quia dilexistis me et credidistis quia ego exivi a Deo2. È chiaro l'insegnamento. Bisogna amare Gesù. E ma si dirà: "E amiamo la Madonna". Tutto per arrivare a Gesù, per amare Gesù, fare ciò che piace a Gesù. E a Gesù piace che ci sia la divozione a Maria, e piacciono tutte le opere di pietà, e piacciono tutte le cose che riempiono la vostra giornata secondo gli orari e secondo le disposizioni e gli uffici, ecc. Dio ci ama quia amastis me: perché avete amato me. Allora, Pater dilexit vos.
E sapere che Gesù Cristo è Dio: exivi a Deo: sono uscito dalle mani del Padre, venuto nel mondo.
Quindi incorporare le azioni a Gesù Cristo, meglio, le nostre azioni, alle sue azioni.
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E come erano le sue azioni? Tutte in onore del Padre celeste; tutto nel modo più perfetto; tutto e solo per la santificazione sua e nostra. Perché egli ha prodotto due generi di grazia: una per sé, e l'altra è grazia per noi. Però sono poi, infine, la stessa grazia per cui diventiamo figli di Dio, perché la grazia è la vita. Allora la vita di Gesù Cristo in noi, per mezzo dei sacramenti.
Si vive in grazia, cioè, quando l'anima è veramente unita a Dio, cioè non ha il peccato. Il minimo è di non avere il peccato mortale, il minimo, ma ha la grazia, la grazia prima, che sarà quella del battesimo. Intanto il bambino che ha la grazia prima soltanto - ed egli ha avuto la grazia senza conoscere ancora che cosa era la grazia -, morto dopo il battesimo, prima dell'uso di ragione, [va] in paradiso, perché in lui c'è la vita di Cristo. La distinzione fra la grazia di Gesù Cristo e la grazia nostra è di distinzione, cioè serve a noi a parlare, per spiegarci, ma in sé è la stessa grazia.
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3. «In ipso». In ipso è il più perfetto. E se noi facessimo sempre in ipso saremmo sul vertice della perfezione perché sarebbe Gesù Cristo che vive in noi: vivit vero in me Christus1 Gesù Cristo come egli è.
Ora, Gesù Cristo non è il Cristo totale, soltanto in sé, ma è il Cristo unito a noi in quanto che egli, Gesù Cristo, è il Figlio di Dio santissimo, incarnato, e a noi dà la stessa vita. E cioè, quello che ha lui di grazia lo estende a noi, e allora, tutto quello che noi facciamo, tutto lo facciamo con lui, per movimento di lui e allora abbiamo il Cristo totale che opera, sì, tanto che - sant'Agostino si spiega bene - e cioè: Christus sumus2: siamo Cristo. Perché la sua vita è in noi, la vita soprannaturale è in noi. Noi abbiamo la vita naturale, ma sopra questa vita naturale si estende la vita soprannaturale, il nuovo organismo soprannaturale. Allora, le azioni nostre, fatte in questo senso.
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Si dice: Christianus alter Christus1. Ma notare che dicendo: il cristiano è un altro Cristo, non è un cristiano diverso, no, siamo Cristo; il cristiano non è un altro Cristo diverso da Gesù Cristo, ma noi siamo Cristo. E allora le nostre opere fatte in questo senso, in questa unione e sentendo sempre di più - perché [vi] sono anche gradi -, sentendo sempre di più questo, allora le nostre azioni hanno di merito così grande che non si può pensare di più. E allora, il merito che noi facciamo ogni giorno, è la nostra ricchezza continua. "Non pensare che sei povero quando tu invece, sei unito a Gesù Cristo e operi in Gesù Cristo". Allora l'azione procede combinata - diciamo - tra Gesù Cristo e noi e, meglio, noi siamo Cristo. E allora, il Cristo che vive in noi. Ed egli, Gesù Cristo, illumina l'anima, se l'anima è raccolta, è, allora, il santificatore dell'anima, comunica in continuità grazia; è l'adoratore. E voi fate l'Adorazione in Cristo, [essa] va al Padre; poi Gesù Cristo è il riparatore dei nostri peccati, quindi ottenere il perdono e la purificazione, che ne abbiamo sempre bisogno della purificazione, purificazione - diciamo - passiva, attiva o intellettuale o fisica. E Gesù Cristo glorifica il Padre in noi: noi siamo parte sua, lui parte nostra, abbiamo questa unione. E allora, quanto di gloria arriverà? E ogni nostra azione è unita, in questa maniera, nel modo più sublime.
Va bene quella espressione, non è esagerata, quella di suor Elisabetta della Santissima Trinità, e cioè, l'espressione: "O Santo Spirito, fa come una riproduzione, una nuova incarnazione di Gesù Cristo in me e che la mia umanità sia un prolungamento della vita di Gesù Cristo stesso"2.
Allora si vive una vita che prepara direttamente all'eternità, perché allora veramente è detto con precisione vivit vero in me Christus3. È il Cristo totale in noi, completo. È totale. Tutte le anime che sono in grazia, ecco, tutte queste anime costituiscono il Cristo totale, e questo, quante più anime sono unite a Gesù Cristo in questo senso e operano in Cristo, ecco.
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Est tibi Deo Patri omnipotenti.
«Est». Perché si dice è? Per ipsum, [et] cum ipso, et in ipso, «est» tibi Deo Patri omnipotenti, l'onore e la gloria. «Est». Perché la Chiesa non dice che "sia", ma dice che "è", perché lì, sull'altare c'è il sacrificio, il calice consacrato, l'ostia consacrata. «Est».
In quel tratto della Messa quale glorificazione al Padre celeste Dio! E quindi la partecipazione così grande, oh, e la santificazione.
E poi, «in unità, Padre onnipotente, insieme allo Spirito Santo, omnis honor, et gloria». Si scancella tutto quel che riguarda la nostra vanità e superbia e ricerca di noi stessi. Ma tutto come Gesù Cristo: omnis honor, et gloria. Totalmente.
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Allora vediamo di camminare nei princìpi dell'ascetica, camminare, sì. Questo significa vivere la divozione a Gesù Cristo, Via, Verità e Vita.
Quanti disorientamenti ci sono! Un po' uno guarda a una spiritualità; l'altro, un'altra cosa; qui dà importanza a una divozione, a un pellegrinaggio, a una Via Crucis, ecc. Vedere un po' che la nostra vita sia incorporata in Cristo. E quindi anche la Via Crucis è veramente la divozione a Gesù Cristo crocifisso.
Quindi che gli uomini trovino la via per il paradiso. Primo luogo il battesimo e la penitenza, se ne hanno bisogno, e poi la comunione e i sacramenti. E incorporarsi in Cristo, significa questo. Oh, poi, che prendano l'insegnamento e l'esempio che ha lasciato Gesù Cristo di una vita santissima e quello che ha insegnato a voce.
E poi, che noi stiamo nella verità, cioè, quello che egli ha predicato, ciò che c'è nel Vangelo e ciò che insegna la Chiesa. Quindi, troviamo allora sempre la via e l'esempio, l'insegnamento pratico di Gesù che è la Verità, le verità che Gesù Cristo ha rivelate e che dobbiamo credere e credendo, un grande merito. E poi la vita, cioè sempre in grazia e continuare ad aumentare in noi la grazia.
Orientare sempre le anime così, e orientarci meglio nella nostra ascetica che è l'ascetica di Gesù Cristo.
Pie Discepole di Gesù Maestro, Via, Verità e Vita.
Quello lo vuole il Signore dalla Famiglia Paolina. Pregare perché tutti comprendano e seguano e [si] perfezionino ogni giorno.
Sia lodato Gesù Cristo.
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1 Nastro 74/b (= cassetta 157/a). Per la datazione, cf PM: «Ci sono tre punti o tre verità da tenere a mente: la gloria di Dio; la santificazione per la gloria di Dio; e questa santificazione, in Cristo» (cf PM in c83). - dAS (cf c136). - VV (cf c104).
1 Cf Missale Romanum, Canon Missae, Per ipsum
2 Cf Missale Romanum, Canon Missae, Per ipsum.
1 Cf 1Cor 13,3.
2 Cf Gv 14,6.
3 Gv 15,5c.
1 Cf Gv 14,6.
2 Gv 16,27: più esattamente è: Pater amat vos quia vos me amastis et credidistis quia ego a Deo exivi..
1 Gal 2,20.
2 S. AGOSTINO, Enarr. in Ps 26, 2,2: ML 36, 200.
1 Cf A. ROYO MARIN, o.c. pp. 47ss.
2 Suor Elisabetta della SS. Trinità, carmelitana (1880-1906), fu beatificata il 26 novembre 1984. - Le parole della beata qui riferite trovano un riscontro nel volume di A. ROYO MARIN, o.c. pag. 51.
3 Gal 2,20.