11. SANTIFICAZIONE: VIVERE GESÙ CRISTO VIA VERITÀ E VITA (I)
Esercizi Spirituali (8-16 marzo 1964), al gruppo delle Pie Discepole del Divin Maestro in preparazione all'entrata in noviziato e alla emissione dei voti religiosi temporanei e perpetui.
Ariccia, Casa Divin Maestro, 12 marzo 19641
Abbiamo considerato che il principale impegno di chi abbraccia la vita religiosa è la santificazione, "particolare" santificazione, perché appunto la vita religiosa è per il perfezionamento: «Se vuoi essere perfetto»2. Quando si sente profondamente questo desiderio, quella è la vocazione.
Ora, se dobbiamo chiederci in che cosa consiste questa santificazione, le risposte possono esser diverse:
1. Fare la volontà del Signore; cioè, sempre la volontà di Dio in tutte le cose. Via facile.
2. Si risponde: vivere l'unione con Dio, sì.
3. Altra risposta: configurare la nostra vita alla vita di Gesù Cristo. E questo è molto più adatto per la vostra vita essendo veramente le Pie Discepole di Gesù Maestro. Ecco, allora:
vivere Gesù Cristo Maestro in quanto è Via, Verità e Vita. Vivere in Gesù Cristo, meglio, più perfetto: che Gesù Cristo viva in noi. Vivit vero in me Christus3.
Per spiegare e per rendere facile questa via della santificazione, ecco, considerare le parole: «Io sono la Via, la Verità e la Vita»4, sì. Queste tre espressioni comprendono tutto. Gesù Cristo è la Via ed è la Verità e la Vita. Ora, per conoscere e vivere e far vivere Gesù Cristo in noi, qualche considerazione, questa sera, sì.
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[Primo:] Gesù Cristo è la Verità.
Noi abbiamo da perfezionare, in primo luogo, la mente, l'intelligenza. E in che cosa consiste questo perfezionare l'intelligenza?
Ci può esser la ragione naturale, ma quello che perfeziona noi: la fede in Gesù Cristo, cioè pensare come Gesù Cristo. Resta facile in questo senso: leggere abbondantemente il Vangelo, poco a poco si penserà come Gesù Cristo ha parlato, come egli pensa e cosa ha voluto che noi conoscessimo e credessimo e pensassimo, sì. Pensare secondo Gesù Cristo. La lettura del Vangelo quando viene fatta bene, con riflessione, e questa lettura ripetuta, meditata e ricordata e sentita, ecco, i suoi pensieri poco a poco prendono presa in noi.
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D'altra parte vi è sempre il dono della fede. Credere. Pensare come Gesù pensava e come vuole che pensiamo, sì.
Credere in Gesù Cristo, che egli è il Verbo del Padre cioè l'idea del Padre, l'idea che diviene il Verbo, sì. Ora, ecco, il Verbo divino si è manifestato, e si è manifestato in Gesù Cristo, cioè nel Figlio di Dio incarnato, nel santo Vangelo. Gesù Cristo come redentore, salvatore, Gesù Cristo, sì.
Credere che è in lui la salute, la salvezza eterna, sì, che egli è il Riparatore, è il Salvatore, è il Santo, il Mediatore.
Credere che Gesù Cristo ha pagato per tutti i nostri peccati, quindi egli ha dato una piena soddisfazione al Padre per i nostri peccati, se li è proprio addossati tutti. E in lui noi abbiamo la salvezza.
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Egli ha compìto due specie di meriti: prima, santificando se stesso, che cresceva sempre in sapienza, età e grazia1; ma [anche,] meriti acquistati per noi, i quali sono a nostra disposizione. Fede nei meriti di Gesù Cristo. Le nostre azioni hanno valore in quanto sono uniti i meriti di Gesù Cristo a noi. I meriti di Gesù Cristo sono nostri perché il Signore li ha fatti per noi.
E vale sempre il paragone: come Gesù Cristo ha istituito l'Eucaristia, e l'ha istituita per noi, e vuole che la riceviamo, la comunione, così ci sono i meriti. Egli ha lasciato se stesso nell'Eucaristia: «Prendete e mangiate»2, e desidera che tutti vadano alla comunione, e la comunione sia fatta bene.
Quello che si dice dell'Eucaristia, particolarmente si dice dei meriti di Gesù Cristo. Quando noi abbiamo fede, e cioè, che egli ha fatto questi meriti per noi, ha acquistato questa grazia per noi e che noi possiamo prenderla, e dobbiamo prenderla, e prendendola facciamo molto piacere a Gesù, prenderci i suoi meriti, e dà gloria, nello stesso tempo, al Padre celeste che ha mandato appunto il Figlio a fare questi meriti per noi; lo ha mandato, il Salvatore, il Santificatore, il Figlio suo.
Questa fede, in generale: Gesù Cristo il Riparatore, quindi la penitenza, il sacramento particolare della remissione dei peccati; e poi il sacramento della comunione dove noi riceviamo Gesù Cristo. E, quanto c'è di fede in Gesù Cristo santificatore, ecco, quanto [più] vengono applicati, dati i meriti.
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Molte volte, parliamo troppo spesso dei nostri meriti: vogliamo far meriti in questo o quello. Dobbiamo fare bene le nostre cose, con la fede in Gesù Cristo; i meriti, lui che li applica a noi, perché i meriti sono un diritto al paradiso. Ora, il nostro diritto che veniamo ad acquistare per la gloria eterna, per il cielo, questo diritto viene perché si applicano i meriti di Gesù Cristo, non nostri, ma quelli di Gesù Cristo. Noi dobbiam mettere l'opera buona. Esempio: facciamo un atto di obbedienza, ma questo atto di obbedienza ha il valore soprannaturale, è meritorio in quanto Gesù Cristo, che ha tanto obbedito, applica i meriti della sua obbedienza a noi; così in tutte le virtù. Fede in Gesù Cristo. Stiamo un po' più umili, non abbiamo tanta fiducia [in noi stessi]. Anche quando si fa [il] bene, pensare, che cosa? sine me nihil potestis facere1. Niente senza Gesù Cristo, ci vuole questa fede: nei meriti suoi, nei meriti. Se si osserva l'obbedienza, i meriti della sua obbedienza che vengono uniti a noi; i meriti della purezza, la sua purezza, la sua santità che egli applica per noi. Poi, la virtù della povertà, i meriti della sua povertà, i meriti di tutta la sua vita.
Ogni suo atto aveva valore infinito, ha valore infinito. Un atto solo di Gesù Cristo bastava a redimere un milione di mondi. È di fede. Perché egli ha operato come uomo, natura umana, e operato come Dio. Cioè in Gesù Cristo ci sono due nature: la natura umana e la natura divina, e unica persona, e, quindi, questa persona che è il Figliuolo di Dio, dà valore infinito anche solo a un respiro, cioè sospiro di amore a Dio Padre. Fede.
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Questo, in generale. Ma poi, in particolare, la meditazione di ogni articolo e di ogni versetto del Vangelo: come è nato, come egli è vissuto, la vita religiosa; come ha zelato la gloria del Padre; come ha sofferto per noi. Ma entrando in ogni versetto, fermarci: «Beati i poveri»1, fino a credere così: beati quando abbiamo qualche privazione e quando dobbiamo osservare l'impegno, il voto della povertà. «Beati i miti»2, beati cioè, quelli che hanno dei torti e sopportano, e che son messi all'ultimo posto. Beati i poveri e beati i miti. E «beati quei che han fame e sete della santità, cioè giustizia»3, quelli, cioè, nella cui anima vi è il desiderio, la volontà di santificazione. Così meditare ogni versetto, ogni espressione: «Nel tempo antico fu detto così, ora vi dico invece...». Prima: «amate i vostri amici e odiate i vostri nemici; ma ora vi dico: amate i vostri nemici e fate del bene e quei che vi odiano»4. Come sono i versetti del Vangelo. Non abituarci a scorrere le pagine, a scorrere i vari versetti. Basta, alle volte, uno, per nutrire un anno lo spirito, quando si arriva alla penetrazione. [Meditare] le parole che ha voluto il Signore suggerirci quando vogliamo pregare, il Padre nostro; e può essere una meditazione il Padre nostro, che serve per tutta la vita.
Quindi la fede vera, la fede nel valore della vita religiosa: «Se vuoi esser perfetto»5, lascia tutto quel che hai; e lascia la famiglia e «vieni»: i sentimenti soprannaturali; «e seguimi»: è l'obbedienza. Vi sono dei punti che, quindi, in particolare sono da applicarsi a noi.
Perché Gesù Cristo viva in noi nella mente, va bene questo. «Io son la Verità»6. E quindi gli atti di fede ripeterli spesso.
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[Secondo:] ora, la speranza. E cioè: l'imitazione di Gesù Cristo per mezzo dell'aiuto della sua grazia, «mediante le opere buone che dobbiamo fare».
Vedere fino a che punto egli ha praticato la povertà. Nessuno di voi, nessuno di noi ha praticato mai la povertà come quando il Bambino è nato in una grotta non sua, posto, ricovero degli animali, e messo su un po' di paglia, in una greppia. Nato nel silenzio della notte1, ed è il Figlio di Dio incarnato!. Nessuno di noi riuscirà mai a praticare la povertà di Gesù.
Nessuno di noi arriverà a praticare l'obbedienza di Gesù, perché obbediva alle sue creature, Maria e Giuseppe: subditus illis2; si è assoggettato a due creature. Egli, il Figlio di Dio, creando tutto, creò l'anima e di Maria e di Giuseppe, obbediva alle sue creature. E come egli esercitò la povertà nel suo lavoro; e come egli obbediva a tutti i cenni, a tutti i desideri del Padre. Ma particolarmente ci fa sempre molta impressione l'obbedienza di Gesù che si sottomette ai poteri della sinagoga - che era poi fuori di strada, in quel tempo -, ai poteri civili, quindi [a] Pilato; e obbediente ai carnefici, quando gli hanno ordinato di stendersi sulla croce e adattare le mani, i piedi ai chiodi per essere inchiodato: «Padre, perdona loro, non sanno quel che essi facciano»3. E stette là sulla croce quanto volle il Padre: oboediens usque ad mortem, mortem autem crucis4. Non arriveremo mai.
E la purezza di Gesù? Santissimo tutto il suo essere: i sensi esterni, gli occhi e l'udito e la lingua e il gusto e il tatto, fantasia, ricordi. Che cosa ci poteva essere di più santo, di più verginale? Come egli ha sacrificato il suo corpo, e cioè, morire, morire sotto i flagelli, sotto il peso della croce, sotto le punture delle spine, sotto il peso della croce, e quelle carni immacolate, inchiodate.
Quindi il sacrificio; non soltanto non fare il male e non soltanto conservare la verginità, ma il martirio del corpo. Che noi martirizziamo il nostro corpo, in quanto dobbiamo adoperare tutto il nostro corpo a servizio di Dio, e sopportare i pesi, la fatica, gli orari, le privazioni, le malattie. Quello è nell'ordine di Dio. Vergine e martire. Dunque: povertà, castità e obbedienza.
Perciò [penetrare] nei singoli versetti, nelle singole espressioni. Non è un libro che si legge, scritto da uno, ma egli la vita l'ha fatta, non l'ha scritta soltanto, ha fatto quella vita, ha condotto quella vita, è una vita la quale si legge nell'eternità, sì. Beati coloro che sanno comprendere la santità di Gesù nelle singole cose, la bontà.
Quindi, dopo la fede, la speranza: «Io son la Via»5. Come devi vivere, come dobbiam vivere.
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Terzo, poi, vi è la carità, e cioè: l'amore al Signore, l'amore alle anime, sì.
Ecco, come Gesù Cristo ha amato, e così dobbiamo amare il Padre celeste; e come ha amato il prossimo, così dobbiamo amare, fino a morire (...) per il prossimo. La carità.
Questa carità, in primo luogo, verso Dio. Vi è la carità che va fino a un certo punto, e cioè, vivere in grazia e quindi aver l'unione con Gesù Cristo. E quella è la "Vita". «Io sono la Vita»1, sì. Perché la vita soprannaturale è la stessa vita di Gesù; perché la vita di Gesù: grazia, santità. Dio-uomo, Gesù Cristo. E la stessa grazia che è in noi, è la stessa grazia che ha santificato Gesù Cristo e che santifica noi; la stessa grazia. Quindi abbiamo la vita soprannaturale di Gesù Cristo per cui diventiamo figli di Dio; è in quel senso; ed essendo Figlio di Dio, Gesù Cristo, diventiamo anche noi figli di Dio. Ora, si può arrivare a una certa virtù, a un certo punto dell'amore. Amare Gesù Cristo, sì, amare Gesù nell'Eucaristia. Ma egli è la "Via" per cui si arriva al Padre.
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La carità perfetta è avere in mente gli stessi pensieri della Trinità, è avere in mente gli stessi fini, le stesse intenzioni della Trinità. E in Gesù Cristo ci sono questi pensieri, e ci sono questi fini, queste intenzioni. Ora, molte volte, pensiamo a guadagnar dei meriti, togliere il peccato, perché possiamo un giorno godere. E questo è carità, ma imperfetta, c'è una santità un po' egoista, in quanto cerchiamo, nel lavoro spirituale e nella vita religiosa, cerchiamo di guadagnare dei meriti per godere eternamente e più abbondantemente in paradiso. Sì, qui è un desiderio che è buono. Ma perché sia perfetto, e cioè, per arrivare alla carità perfetta: avere le intenzioni, i pensieri, i desideri della Trinità, cioè: cercar la gloria di Dio: omnia in gloriam Dei facite1. Perché Dio ha creato il mondo per la sua gloria. Allora se cerchiamo la sua gloria, ecco, siamo sul piano più elevato. Per la santità non vi è altro apice, altro punto più elevato. È qui: quando noi abbiamo gli stessi desideri e fini. Dio ha creato il mondo per la sua gloria, e noi dobbiamo arrivare alla felicità eterna cercando poi sempre, e in eterno cantando la gloria del Padre, la gloria di Dio. La felicità sta nel cantare le glorie di Dio.
Ora, arrivare qui esige che vi sia già molto dominio di noi stessi, che non cerchiamo neppure il merito, in primo luogo; no. Tendere alla nostra santità è subordinato al fine e alla santità completa, perfetta, e cioè: cercar la gloria di Dio. E noi cerchiamo la santità solo in ordine a glorificar Dio, e cioè, per potere dare gloria a Dio e cantare in eterno la gloria di Dio. Quindi la santità può già essere raggiunta da molte anime, ma perché le anime raggiungano quella santità perfetta cercando la gloria di Dio, è necessario che noi abbiamo ormai consumato tutto quel che è umano, quando già chi comanda in noi è Gesù Cristo. Allora: vivit vero in me Christus2. La personalità nostra dominata dalla seconda Persona della Trinità, che è il Figlio di Dio incarnato, il quale è uno col Padre. Per ipsum, et cum ipso, et in ipso, est tibi Deo Patri omnipotenti, in unitate Spiritus Sancti, omnis honor, et gloria3.
Trovo molte suore che arrivano a cercare di santificar la vita, di guadagnare meriti, ma non molte che arrivino a cercare e vivere del pensiero di glorificar Dio. Vivere così. Ora, la suora, però, noi consacrati, dovremmo vivere quel... È la perfezione, è la perfezione.
Quindi, in questo corso di Esercizi, domandare al Signore di non fermarci e di non compiacerci così facilmente anche quando uno è già abbastanza buono, non merita osservazioni e fa anche generosamente molte cose. Non compiacciamoci ancora, sì, ché arriveremo ad avere una pietà che ha del buono, ma ancor tanto dell'egoismo. Dio solo, con tutto il cuore e sopra ogni cosa. «Vi amo, Voi Bene infinito, eterna felicità».
E il Signore ha voluto la sua gloria, e vuole che noi siam felici cantando la sua gloria. Maria è arrivata subito: Magnificat anima mea Dominum4. Il Figlio di Dio incarnato, subito, sì.
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Oh, tendere, quindi, alla santità in Gesù Cristo: la fede; secondo, l'imitazione di Gesù Cristo; e terzo, arrivare a questo punto, non solo all'unione con Gesù Cristo, ma di più: vivit vero in me Christus1.
Quando vive lui in noi, perché gli abbiam fatto posto, non c'è più nessun egoismo. Lì è il "mistero" che san Paolo spiega e in tanti luoghi torna a ripetere, il mistero del Cristo in noi: vivit vero in me Christus. Allora è Gesù Cristo che pensa in noi. Quindi dire a Gesù: dammi il tuo cervello - quando andiamo alla comunione - che il tuo cervello pensi in me; dammi il tuo cuore, il tuo cuore che ami in me; e la tua volontà, che voglia tu in me in maniera che vivi tu in me: vivit vero in me Christus.
Vivere di unione con Gesù Cristo è un passo, già un grande passo, ma se vive in noi Gesù Cristo, allora ci troviamo sopra quel piano, il più elevato. Però, anche lì non c'è da insuperbirsi, ci sono gradi. Perciò, se la vocazione alla vita religiosa è la vocazione alla santità, alla perfezione, e allora, siccome la perfezione è lì, la vocazione...
Quindi, se si potesse, almeno prima di arrivare alla tomba, [che] già noi vivessimo in questa posizione, e cioè, che meglio viva Gesù Cristo in noi; non solo uniti a Gesù Cristo, ma che lui viva, lui, in noi.
Intanto lo si può desiderare, e intanto si propone come punto di arrivo, e intanto lo si chiede e, poco a poco, morirà l'egoismo, si chiami pure egoismo spirituale, ma è sempre un amor di Dio, ma imperfetto ancora. L'amore perfetto, carità perfetta. Mirare.
Sia lodato Gesù Cristo.
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1 Nastro 73/a (= cassetta 153/b). Per la datazione, cf PM: «Abbiamo considerato che il principale impegno di chi abbraccia la vita religiosa è la santificazione» (...). Ora, per conoscere e vivere e far vivere Gesù Cristo in noi, qualche considerazione, questa sera (cf PM in c124). - dAS, 11/3/1964: «Andato [il PM] ad Albano, dopo passa ad Ariccia ove le PD sono in Esercizi»; 12/3/1964 (pomeriggio): «ad Ariccia per due prediche alle suore». dAC, 9/3/1964: «Esercizi Spirituali ad Ariccia per la Professione e noviziato. Giorno 11, alle ore 6,30, predica del PM; giorno 12 (predica del PM) alle ore 15,30 e 18,30». - VV: Esercizi ad Ariccia, 8-16 marzo 1964 (formazione). - La meditazione del giorno 11 non ci è pervenuta.
2 Mt 19,21.
3 Gal 2,20.
4 Gv 14,6.
1 Lc 2,52.
2 Mt 26,26.
1 Gv 15,5c.
1 Mt 5,3.
2 Mt 5,5.
3 Mt 5,6.
4 Mt 5,43-44.
5 Cf Mt 19,21.
6 Gv 14,6.
1 Missale Romanum, Dominica infra octavam Nativitatis, Introitus (cf Sap. 18,14-15).
2 Lc 2,51.
3 Lc 23,34.
4 Fil 2,8.
5 Gv 14,6.
1 Gv 14,6.
1 1Cor 10,31.
2 Gal 2,20.
3 Missale Romanum, Canon Missae, Per ipsum...
4 Lc 1,46.
1 Gal 2,20.