Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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29. SANTIFICAZIONE: VIVERE GESÙ CRISTO VIA, VERITÀ E VITA (II)

Esercizi Spirituali (5-13 agosto 1964) alle Pie Discepole del Divin Maestro.
Ariccia, Casa Divin Maestro, agosto 19641

La vita religiosa ha come ufficio proprio e primo: la santificazione, cioè, tendere, lavorare per la perfezione. Questo è il dovere fondamentale. Allora, o si vive la vita religiosa o non la si vive. Si può essere in un convento chiuso e con le spranghe di ferro, e intanto non compiere quello che è il dovere: la santificazione. Quindi, la suora è colei che lavora costantemente alla sua santificazione coi mezzi che l'Istituto propone e dispone. Per questo è necessario sempre tendere e pregare e impegnarsi per salire e, quando si fa così, si arriverà al massimo grado, cioè: cercare soltanto la gloria di Dio. Mirare a questo, tendere a questo.
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San Francesco di Sales porta un paragone che spiega: Se un ragazzo prende una pietra e la lancia in alto, la pietra va su finché dura l'energia, la forza che il ragazzo ha impresso nella pietra perché salga fino a quel momento. Quando invece è esaurita la forza che ha impresso il ragazzo in quella pietra, allora la pietra cade a terra e può cadere anche sul ragazzo stesso. E questo indica che sempre c'era bisogno della forza.
E non stancarsi, ma con la preghiera, con la meditazione, con la comunione, ecc. che sia sempre impressa la forza per salire, come l'aquila che si orienta e si alza verso le altezze, sale in alto. Quindi, sempre esser tesi verso la santità, sempre, nessun giorno [fermarsi], perché si arriverebbe alla sera: non ho fatto il mio dovere, oggi. E quello deve essere il principale punto di esame e di confessione: progredisco o non progredisco? Mi impegno e uso tutti i mezzi che l'Istituto propone o non li uso? Ecco, la santificazione, quindi.
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In che cosa consiste la santificazione? La santificazione è il secondo punto su cui dobbiamo fermarci. Il primo è orientarci verso la gloria di Dio.
Il secondo fine: la nostra santificazione.
In che cosa consiste la nostra santificazione? Rispondono, generalmente, così, non pienamente, ma in qualche maniera, sì.
La santità sta nel fare sempre il volere di Dio. È buono questo mezzo, questo proposito.
Un altro risponde: la santificazione consiste nell'unione di amore con Dio, con Gesù. Ecco, allora è un altro mezzo di santificazione, un'altra via di santificazione, anche più perfetta.
Ma la più perfetta via della santificazione sta nel far vivere Gesù Cristo in noi. Arrivare a quel punto che ricorda san Paolo: vivit vero in me Christus1: Gesù Cristo vive in me. Questa è la via più perfetta. E, d'altra parte, anche le altre due accennate, in certo modo poi, si risolvono in questa, perché non c'è altra santità e salvezza che in Cristo2, non c'è altra santità.
L'uomo può far delle cose buone, e può essere un galantuomo, e può essere anche un buon ebreo, un buon maomettano, ecc., questi fa una vita buona naturalmente, secondo la natura, secondo la morale umana; ma per andare al cielo ci vuole la grazia di Gesù Cristo, allora tutte le opere buone, fatte bene, hanno il valore soprannaturale. E se almeno c'è un inizio, c'è già la grazia, basta per entrare in paradiso a quel bambino che ha ricevuto il battesimo ed è morto prima dell'uso di ragione; basta, entra in paradiso.
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Oh, la santificazione sta nel crescere quotidianamente in questa santificazione, in questa santità, cioè nella grazia.
La grazia, ecco, è duplice. La grazia che ebbe Adamo è un genere di grazia, che era la gratia Dei. Cioè, Dio, creando Adamo, gli ha immesso una grazia per cui, se stava buono, già era [as]sicurato il paradiso. Ma egli ha perduto la grazia, la grazia di Dio, e allora non c'era più salvezza per l'umanità; per tutti i suoi figliuoli, perduta la grazia. Allora il Signore, il Padre celeste ha promesso e poi ha mandato, a suo tempo, il Figlio suo: sic Deus dilexit mundum ut Filium suum unigenitum daret1. Il Padre celeste vedendo come i figliuoli di Adamo si trovavano in grande miseria e col paradiso chiuso - così amò, il Padre - mandò il Figlio a redimere. E non c'era soddisfazione perfetta dei peccati se non mandando il Figlio di Dio incarnato.
Ecco, allora noi non abbiam più la grazia di Dio, ma abbiam la grazia di Gesù Cristo, meritata da lui. E allora tutti gli uomini dell'AT che avevano fiducia nel Messia, si son salvati come privilegio e come anticipo della grazia che sarebbe stata meritata: intuitu gratia Christi: in vista dei meriti di Gesù Cristo, del Messia futuro. Ecco, quindi, salvati se hanno avuto questa speranza e son vissuti bene. Noi poi, e tutti coloro che si salveranno e si santificheranno, da Gesù Cristo fino alla fin del mondo, ecco: intuitu meritorum Christi: per i meriti che Gesù Cristo ha fatto in quei 33 anni della sua vita. Questa è la gratia Christi. Se non c'è questa gratia Christi nessuno va in paradiso. Perché il paradiso è un premio soprannaturale, perché visione di Dio e possesso di Dio, è il gaudio, cioè la felicità stessa di Dio a cui partecipa l'anima che si salva, che si santifica. Allora occorre proprio la grazia, ecco.
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E che cos'è questa grazia? È la vita soprannaturale. Prende vari nomi, e cioè, il nome di grazia perché è un dono che il Signore ha fatto per grazia a noi, per favore a noi; perché Gesù Cristo ha preso sopra di sé le nostre colpe, e aggiunge i suoi meriti e li mette a disposizione. Allora, ecco, questo si chiama grazia, favore, cioè. Per grazia, diciamo, per favore.
La grazia può esser chiamata acqua, sì, l'acqua che entra nell'anima: «Io sono il fonte dell'acqua». "Ego fons"1 - dice Gesù -, il fonte dell'acqua, sì, perché l'acqua ha certe prerogative per cui viene paragonata la grazia.
Si può paragonare la grazia a un innesto che viene nell'anima. C'è una pianta selvaggia: un pero, un pesco, ecc. E noi siam paragonati, nascendo, a una pianta selvatica. L'innesto è la vita di Cristo in noi col battesimo per cui dopo noi produciamo frutti buoni e non più i frutti non buoni o almeno frutti solamente naturali. Dopo possiamo produrre frutti di merito per il cielo.
E così la grazia è paragonata alla semente, un seme che viene messo nella terra e si chiama, come paragone: la "semente di Dio", la grazia, il battesimo. Altrimenti vi è solo l'uomo, ma dopo che il bambino è portato alla chiesa e le acque battesimali con la formula lo hanno redento e salvato, allora ecco, questo bambino ha una seconda vita. È necessario nascere una seconda volta2, diceva Gesù a Nicodemo, che era andato di notte a incontrarlo per un colloquio.
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Senza Gesù Cristo niente. {Egli] è la Via unica, ecco. Gesù Cristo vive in noi in quanto è Via, Verità e Vita1, e bisogna passare di lì.
È Via. Ci vuole la speranza e i meriti di Gesù Cristo. Noi diciamo sempre: prima la fede e poi la speranza. Ma sotto un aspetto, prima la speranza (adesso non è il caso di spiegare). Ma questo sperare nei meriti di Gesù Cristo, la sua grazia.
E poi Gesù Cristo è Verità. Fede bisogna avere. Quindi, partecipare ai meriti di Gesù Cristo e, secondo, credere in lui, la fede, cioè le verità che Gesù Cristo ha insegnato, tutto il Credo e il Credo apostolico o il Credo che cantiam nella Messa, e poi tutte le verità che la Chiesa, come Magistero ordinario, propone e anche come magistero straordinario.
E poi l'amore, l'amore, cioè, la grazia: «Vi amo con tutto il cuore sopra ogni cosa». È in grazia quest'anima, perché, «sopra ogni cosa», sopra tutto, è un atto perfetto in quanto che si ama il Signore come sommo bene, eterna grazia e felicità e, di riflesso, amore ai figli di Dio che sono gli uomini a cui dobbiamo portare bene, carità. «Io sono la Via»2. Quella è proprio la santificazione: entrare in Cristo, Verità e Vita, sì.
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La divozione a Gesù Cristo non è mica come un'altra formula, un'altra pratica: o andare in pellegrinaggio o far dei bei canti, oppure attendere ad accendere molte candele, azioni varie, varie pratiche a cui qualche volta si dà più importanza. Noi possiamo solamente ottenere la salvezza se la vita di Gesù Cristo è in noi. Questo è il mezzo fondamentale. E tutti gli altri segni esteriori? Se non c'è la vita di Cristo in noi...
Alle volte si dà molta importanza a cose esteriori e meno ai sacramenti, ad esempio. La Messa è la principale azione per offrire al Signore la sua gloria e il ringraziamento e la soddisfazione e la supplica. La Messa è il centro, è il sole della pietà. Intanto alla Messa si accendono due candelette, alla benedizione, è molto meno, e si mettono dodici candele. Noi non abbiamo, alle volte, il giusto modo di vedere le cose, e cioè, tante divozioni. Ma c'è una divozione, le altre divozioni sono per aumentare la fede in Cristo, a crescere la speranza in Cristo, nei suoi meriti, e l'amore al Padre celeste, come il Figlio ha amato il Padre, amore sopra ogni cosa. Attraverso al Cristo amare il Padre. Occorre che noi entriamo in questo.
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«Esporremo le linee fondamentali della dottrina cristologica in relazione alla vita spirituale e prenderemo come punto di partenza le parole del Vangelo dette da Gesù: "Io son la Via, la Verità e la Vita" (Gv 14,6)»1. Questa è la divozione. Le altre divozioni o agli Angeli Custodi o a san Giuseppe e anche alla stessa Vergine: perché noi viviamo in Cristo, Via, Verità e Vita. Quella è la divozione, le altre son divozioni per andare alla divozione. Sempre perché Gesù Cristo viva in noi, arrivare al punto che Gesù Cristo viva in noi, e allora: la glorificazione maggiore alla Trinità, e la santificazione maggiore per noi.
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Gesù Cristo è Via. E san Paolo ci vuole spiegare: la santificazione è nella vita cristiana, ma noi diciamo anche qualche volta "paolina" in quanto che san Paolo ce l'ha spiegata meglio la vita cristiana e ci ha spiegato il mistero di Cristo che vive in noi. Il suo lavoro era rivelare al mondo il mistero di Cristo che vive in noi, cioè Cristo in noi, che vuol dire quello che dice san Paolo altrove: «Cristo è il Capo, la Chiesa, cioè noi, le membra1, ecco. Questo significa che Gesù Cristo è come la testa in noi. Ed è la testa che comanda alla mano di muovere, al piede di muovere, ecc. e prende le risoluzioni ecc.
Così Gesù Cristo è in noi, ma lavora nelle membra. E come lavora? Adora in noi il Padre, noi adoriamo con lui. Egli glorifica il Padre e lo ringrazia di tutto quel che ha fatto per l'umanità. Ora, ecco, egli, Gesù Cristo, glorifica il Padre in noi, lo ringrazia. Gesù Cristo continua a pagare per i nostri debiti, è il riparatore in noi, delle nostre colpe. E poi, è Colui che ottiene le grazie della santità per noi, cioè, santificatore. Quindi è in noi: adoratore, glorificatore, riparatore e santificatore. È in noi, sempre, viviamo proprio in Gesù Cristo, nella sua grazia. Qui sta il mistero, fino a questo punto, che finisce - lui, la seconda Persona della Santissima Trinità increata, voglio dire, santissima Persona della Santissima Trinità che si è incarnata, ecco -, finisce quella Persona, il Figliuolo di Dio incarnato, finisce col dominare la nostra personalità. Allora: vivit vero in me Christus2. Non è più il mio pensiero, non è che io devo più giudicare. Come è il pensiero di Gesù Cristo? Come giudica Gesù Cristo adesso? Se fare questa cosa o lasciare quella cosa o farla meglio, ecc. È il mistero operante. C'è proprio un corpo spirituale, soprannaturale: il Capo è Cristo e noi siamo le membra. Lì, più avanti, è spiegato bene e sarebbe buono che in questi giorni le Visite fossero fatte tutte sopra questo Estratto, perché fareste un grande progresso. E il desiderio è questo: che arriviate a glorificare Iddio, al più alto livello. Oh, perciò, se noi vogliamo andare al Padre, passiamo attraverso al Figlio, Gesù Cristo. Nessuno va al Padre, cioè al paradiso, se non per me, ha detto Gesù Cristo3. Non c'è apertura per il paradiso, non c'è porta. E quella è Gesù Cristo4. È la Via. E poi san Giovanni dice: il Padre ha mandato il suo Figliuolo affinché noi avessimo la vita, cioè la salvezza per mezzo di lui: ut vivamus per eum5. Quindi, se non [si] passa attraverso a Gesù Cristo non c'è salvezza6. E poi in altro luogo: «Nessuno va al Padre, cioè al paradiso, se non per mezzo di me». Senza di lui non possiamo fare il minimo merito, nulla: sine me nihil potestis facere7, né un piccolo, né un grande merito; niente; anche se uno fosse martirizzato e accettasse un martirio e non avesse la grazia, cioè, non avesse l'adesione a Gesù Cristo: credere a lui e sperare nei suoi meriti e amarlo, non c'è merito8.
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Come facciamo noi a produrre dei frutti di santità, di virtù? «Io sono la vite - Gesù Cristo dice - la vite, la pianta, voi siete i tralci»1, cioè i rami; i rami portano prima i fiori, poi le foglie e poi l'uva, frutto. Ma perché i rami portino questo, queste foglie e questi frutti, bisogna che abbiano la linfa, cioè che siano uniti alla vite, perché se son distaccati, vanno solo bene a essere bruciati, i rami. La linfa è la grazia di Cristo, è la vita di Cristo che passa in noi. E se uno non si è ancor messo nella vite perché non riceve il battesimo, eccetto che ci fosse quel caso straordinario del battesimo di amore, ecco, (beh, questo non è il caso per noi adesso), se non ci fossimo innestati come rami nella vite, che è Gesù Cristo, niente, nessun merito. Se invece siamo sempre uniti a Gesù Cristo perché siamo in grazia, allora la linfa divina che è in Cristo passa a noi; riceve, l'anima, la linfa vivificante cristiana. Separata da essa, secca il ramo e viene buttato nel fuoco.
Ora, bisogna almeno ricordare [le] parole del Marmion - che fino adesso, negli ultimi tempi, con quei due che avete, l'ascetica del Royo, che è quella che stiamo seguendo, e quella del Dagnino, e quella del Marmion, sono i tre primi scrittori di ascetica2 dei nostri tempi -: Dobbiamo capire che noi saremo santi solo vivendo in Gesù Cristo. Dio ci domanda solo questa santità e non ve n'è un'altra e, saremo santi in misura, ecco, in misura che Gesù Cristo è in noi3.
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Ora, abbiamo da aggiungere: Come si sbagliano coloro i quali ritengono la «divozione a nostro Signore» come una delle divozioni o come uno dei tanti esercizi di pietà, come sarebbe l'esame di coscienza, la lettura spirituale, ecc. La divozione a Gesù Cristo è la pietra angolare, la sostanza stessa della nostra vita soprannaturale, la sostanza. In realtà questa è l'ascetica e la vera mistica1. E le varie scuole di spiritualità: benedettina, domenicana, salesiana, ecc. le altre sono derivazioni e conseguenze o parte della divozione, della vita cristiana. È la vita cristiana che santifica, cioè quando noi viviamo la vita cristiana. La perfezione cristiana non è prender solamente una parte di Gesù Cristo, ma tutto Gesù Cristo, tutto il Vangelo, e crederlo e seguirlo e viverlo, sì. Perché queste varie spiritualità, che sono una quindicina, hanno una parte, come ad esempio, per le suore Vincenzine: per i poveri, per i malati; per i fanciulli, la scuola salesiana, ecc.; o chi guarda soprattutto la liturgia e chi altri punti. Ma se vogliamo fare il nostro lavoro più perfettamente: la vita cristiana che comprende tutto il Cristo intiero, com'è; non una parte, com'è.
«Quindi le anime che desiderano di santificarsi davvero, fanno bene a tenersi lontane dalle dispute, dalle scuole di spiritualità e fare, invece, vivere in una forma più piena e profonda, la vita di Cristo. Se riusciranno a questo, avranno raggiunto le più alte vette dell'ascetica e della mistica e della santità»2, ecco.
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Allora, concentriamoci lì: tutto in Gesù Cristo. E pensare che la via è quella. Andando poi avanti, considereremo Gesù Cristo come Verità e come Vita. E quindi in particolar modo... quel che abbiamo considerato adesso è quello che riguarda la Via, cioè la speranza in Gesù Cristo.
Come è bella la conclusione di suor Elisabetta della Trinità: «O fuoco consumante, Spirito di amore (prega lo Spirito Santo), discendi in me, perché si faccia nell'anima mia quasi una incarnazione del Verbo! cioè di Gesù Cristo in me. Che io gli sia un prolungamento di umanità, un prolungamento di Gesù Cristo in cui egli, Gesù Cristo, possa rinnovare tutto il suo mistero in me, e allora, tutto a Gesù Cristo. E tu, o Padre, chinati verso la tua povera, piccola creatura - diceva la suora - coprila, questa piccola creatura della tua ombra, e non vedere in essa che il Diletto (il Diletto chi è? "Questo è il mio figlio diletto in cui mi son compiaciuto"1, non vedere in essa che il Diletto nel quale hai posto le tue compiacenze»2.
E tutte le ricchezze sono in Gesù Cristo. Quindi la divozione delle divozioni; le divozioni in ordine alla divozione, cioè alla divozione a Cristo.
Adesso, poi, sono i mezzi, ma intanto, il primo passo.
Sia lodato Gesù Cristo.
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1 Nastro 76/c (= cassetta 161/a). Per la datazione, cf PM: «La santificazione è il 2° punto su cui dobbiamo fermarci» (cf PM in c220). (...). «Andando poi avanti considereremo Gesù Cristo come Verità e come Vita (cf PM in c244). Quello che abbiamo considerato adesso è quello che riguarda la Via...». - dAS e VV (cf c220).

1 Gal 2,20.

2 At 4,12.

1 Gv 3,16.

1 Cf Gv 4,14.

2 Cf Gv 3,7.

1 Gv 14,6.

2 Gv 14,6.

1 Brano tolto dall'Estratto e, nell'opera completa, si trova a pag. 48.

1 Cf Col 1,18; Ef 5,30.

2 Gal 2,20.

3 Gv 14,6b.

4 Cf Gv 10,7.

5 1Gv 4,9.

6 Cf At 4,12.

7 Cf Gv 15,5c.

8 Cf 1Cor 13,3.

1 Gv 15,5a.

2 A. DAGNINO, La Perfezione cristiana, Milano EP, 1960. DOM COLUMBIA MARMION (1858-1923), abate di Maredsousant'

3 Cf ROYO MARIN, Teologia della Perfezione cristiana, o.c. pag. 50

1 Cf ROYO MARIN, o.c. pag. 51.

2 Cf ROYO MARIN, o.c. pag. 51.

1 Cf Mt 17,5.

2 ROYO MARIN, o.c. pag. 51.