Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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ISTRUZIONE XIII
GESÙ EUCARISTICO MODELLO DI POVERTÀ E OBBEDIENZA

[88] Stamane abbiamo considerato come la divozione alla SS. Vergine sia un segno di predestinazione e cioè il terzo segno di salvezza che ci è dato sulla terra. Ciascuno di noi certamente deve esaminarsi se porta questo segno di predestinazione. Conoscere Maria santissima, imitarla, pregarla sono i tre atti della divozione verso di lei. Esaminiamo se la nostra divozione è completa e viva. Chi poi si è consacrato all'apostolato, deve esaminare ancora se la sua devozione è apostolica, ossia se ha cura che gli uomini conoscano, preghino ed amino Maria.
Facciamo ora una considerazione sul secondo segno di predestinazione: la divozione eucaristica.
[89] I misteri gloriosi sono quelli che servono maggiormente a farci ricordare il Paradiso. Recitiamoli specialmente con l'intenzione di fissare le nostre menti e i nostri cuori in Dio.
II Padre celeste fece, di Gesù, questa testimonianza: «Questi è il mio Figliuolo diletto in cui mi sono compiaciuto: ascoltatelo»1. Gesù dunque piacque al Padre, e noi dobbiamo imitarlo. Egli ha aperto una scuola durante la sua vita terrena e ora continua questa scuola dal tabernacolo, nella sua vita eucaristica.
Noi siamo soliti considerare i divini insegnamenti che si hanno nel Vangelo. Ma la scuola di Gesù è attuale in ogni chiesa, in ogni tabernacolo2. In questa scuola Gesù insegna non con la parola, ma con l'esempio, in un divino silenzio. È importante che ogni giorno veniamo alla scuola di Gesù nelle nostre case, nelle nostre cappelle.
Non abbastanza spesso si considerano gli esempi che Gesù ci dà proprio sotto gli occhi. La SS. Vergine quando aveva Gesù con sé non lo perdeva mai di vista e imparava da tutto ciò che egli faceva.
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Spesso noi, volendo considerare per es. la povertà di Gesù, ci portiamo colla mente agli insegnamenti della vita terrena di Gesù. E cosa molto buona, ma possiamo farlo anche considerando gli esempi eucaristici, poiché il tabernacolo non è soltanto il trono di grazia, ma è anche una cattedra di insegnamento. Perciò il B. | [90] Eymard vuole che si meditino spesso gli esempi di Gesù eucaristico.
Quella di Gesù eucaristico è una scuola perfetta, perfetta per parte di chi insegna: lo stesso Figlio di Dio, il Maestro unico, colui che è disceso dal cielo per ammaestrare gli uomini. «Quando v'è un Dio che insegna, è facile imparare», dice S. Agostino.
La scuola di Gesù è perfetta per la materia che insegna.
E che cosa insegna? La scienza divina che fa i santi, che è necessaria a tutti gli uomini. Possiamo fare a meno di ogni altra scienza per salvarci, ma della scienza divina no.
Questa scuola poi è perfetta ancora per la prossimità. Gesù ha stabilito la sua sede in ogni vostra casa e vuole che voi l'accostiate e veniate proprio vicine a lui.
La scuola del Vangelo fu tenuta millenovecento anni fa, ma quella eucaristica è sempre attuale.
La scuola di Gesù è perfetta inoltre per la sua perpetuità. Sono passati millenovecento anni e Gesù ha sempre continuato ad ammaestrare dal tabernacolo e continuerà fino alla fine del mondo. È perfetta per la sua estensione: è in tutte le regioni della terra. È perfetta per il metodo d'insegnamento. Gesù parla al cuore; s'insinua dolcemente, soavemente; non ha parole altisonanti né discorsi roboanti. È scuola perfetta per gli effetti che produce. Quanti hanno imparato, a questa | [91] scuola, la fortezza, la pazienza, lo zelo, la verginità ed ogni altra virtù!
E noi incominciamo da stasera a imparare qualche virtù da Gesù eucaristico. Anzitutto consideriamo la sua povertà.
Gesù sta in una cassetta di legno: il tabernacolo infatti è spesso una semplice cassetta di legno. Sta sotto le specie del pane. Il Dio del cielo, il Figlio di Dio splendeva tra gli angeli e si annientò. A Betlemme troviamo soltanto più un bambino; sulla croce muore fra due ladroni. Nel tabernacolo però, v'è qualcosa di più povero: non più neppure la forma umana, ma un pezzo di pane. Pochi chicchi di grano, pochi acini d'uva. E se anche l'ostia si spezza in piccoli frammenti, egli rimane anche nel più piccolo. Ed è così piccola l'ostia che sull'altare spesso sono più visibili i
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fiori. Noi che siamo così facilmente attaccati a questo e a quello, non dovremmo imparare qualche cosa della povertà di Gesù?
Più povero che a Betlemme! Ci vuole tutta la fede per riconoscerlo. E allora chi non amerà la povertà? Chi non si sentirà ammaestrato da Gesù e portato ad esaminarsi di fronte a tale esempio?
La povertà è, per voi, virtù e voto. Dobbiamo avere amore alle cose povere: abitazione povera, vitto povero, abito povero. Che il diavolo non ci leghi mai con nessun filo.
Gesù veramente poteva dire: «Gli uccelli | [92] dell'aria hanno il loro nido, le volpi le loro tane, ma il Figlio dell'uomo non ha una pietra ove posare il capo»3. E noi tante volte pretendiamo molte cose e tutto ci sembra necessario! E v'è anche questa malattia: finché le case sono in principio e impossibilitate ad avere molte cose, ne fanno a meno e si esercita facilmente la povertà. Quando invece si può avere altro, si comincia a far diventare tutto necessario, anche a costo di trasgredire le Regole. Finché le case praticano la povertà, conservano lo spirito buono.
Quando viene la tentazione di fare qualche cosa di superfluo pensiamo alla povertà di Gesù eucaristico che è nostro Maestro e nostro modello.
Se noi abbiamo lo spirito di povertà, Gesù ci riconoscerà come suoi al giorno del giudizio, ma se non avremo questo spirito, non gli rassomiglieremo e perciò non ci accoglierà.
Esaminiamoci quindi se osserviamo la povertà negativa (nell'amministrare coi dovuti permessi, nel rinunciare a cose superflue, ecc.) e la povertà positiva che si pratica nell'esercizio dell'apostolato, nel tener da conto, nella retta amministrazione, che ora è più difficile che mai. (Le cose devono essere stimate secondo il valore del giorno perché tutto aumenta in poco tempo; considerare le cose come se fossero state acquistate lo stesso giorno).
La povertà è, in modo particolare, la virtù dei superiori. È molto più difficile in chi deve | [93] disporre e amministrare che non in chi deve solo eseguire.
Considereremo alcune altre virtù di cui Gesù ci dà esempio nell'Eucaristia, e anzitutto l'obbedienza.
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Domandiamo a Gesù eucaristico lo spirito di povertà e una obbedienza pronta come la sua che lo fa discendere sull'altare alle parole del sacerdote, senza difficoltà e senza indugio. L'obbedienza di Gesù è cieca. Egli non fa obiezioni e discende nel cuore di un sacrilego; eppure li ha preveduti tutti i sacrilegi. È un'obbedienza continua. Sono millenovecento anni dacché egli obbedisce e continuerà a far così fino alla fine del mondo, fino a che ci sarà un sacerdote che lo chiamerà con le parole della consacrazione.
Imitiamo l'obbedienza di Gesù: non stanchiamoci di obbedire, anche se siamo vecchi, anche se ci sembra di poter fare da soli. Non ragioniamo: imitiamo l'esempio di Gesù. Egli obbedì a S. Giuseppe che ne sapeva infinitamente meno di lui; obbedì ai carnefici che lo inchiodarono sulla croce. Obbedisce anche a noi quando ci presentiamo a riceverlo nella Comunione. E se tu ti alzi più tardi egli aspetta a venire nel tuo cuore, senza lamentarsi. E tu non puoi obbedire a lui un po' più volentieri?
Facciamo come S. Tommaso che metteva la testa nel tabernacolo e diciamo a Gesù che ci renda obbedienti.
Voi mi direte che obbedite sempre. Ma | [94] badate che vi sono vari gradi di obbedienza ed è perfetta quella pronta, cieca, volenterosa, umile; quella fatta con la mente e col cuore.
In cielo andremo tanto più in alto quanto più quaggiù ci saremo umiliati con una continua obbedienza.
Gesù ebbe in cielo il trono più alto perché quaggiù egli fu obbediente fino alla morte4.
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1 Mt 17,5.

2 Si ritrovano in questa seconda parte delle meditazioni le linee del libro più avanti citato da don Alberione (XV, 101): Mese del Santissimo Sacramento, che contiene per ogni giorno una meditazione ricavata dagli scritti del P. Eymard. Il Fondatore fa riferimento particolarmente ai seguenti capitoli: “L'eucaristia è la nostra via” (p. 207), “L'obbedienza” (p. 250), “La povertà” (p. 258).

3 Cf Mt 8,20.

4 Cf Fil 2,8-9.