Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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6. [NON AFFANNATEVI]*

Noi non nasciamo per morire, (come Gesù), ma abbiamo con noi la condanna alla morte perché siamo figli di Adamo. Siamo per natura destinati alla morte, (come le macchine che con l'uso si consumano): Dio però aveva fatto un privilegio ad Adamo: l'avrebbe liberato dalla morte se egli non avesse [peccato]1 e con lui tutti gli uomini, suoi figli.
Però bisogna conservarsi in salute: mangiare e dormire quanto è necessario. Ma ciò non basta: il nostro organismo si stanca e si consuma anche per le preoccupazioni, le agitazioni di spirito, l'impegno eccessivo per riuscire in qualche cosa, ecc.
Vi sono delle costituzioni che non vanno molto soggette a queste preoccupazioni: alcune studenti mettono delle belle facce e studiano senza fare molta fatica, senza tante preoccupazioni, altre invece si affannano e quando ci sono gli esami non hanno più né sonno, né appetito, si angustiano e ne risentono anche in salute.
Voi, tra le altre preoccupazioni, avete anche questa: vi prendete molto fastidio per il progresso spirituale. Alcune suore si preoccupano troppo per il modo di camminare, di cantare, di confessarsi, di far l'esame, di far la Comunione, ecc. Ci vuole tutto questo, ma non ci vuole l'affanno.
In un convento di clausura quando entrava una postulante si mettevano tutte attorno per insegnarle qualcosa: Questo si fa così, si dice così, ecc. Come le Trappiste che hanno circa tremila usi da osservarsi... (Prima di entrare in refettorio c'è da fare una... manovra anche solo per lavarsi le mani in quel dato modo). L'impegno per imparare il metodo, per aprirsi in quella data maniera, per vigilare sopra di noi, ci vuole, ma non ci vuole l'agitazione, mai.
L'impegno ci vuole nell'amare il Signore, tutto il resto è solo un mezzo. La pietà quando è vera semplifica tutto. Allora non ci
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vuole la buona volontà? Sì, ci vuole perché la buona volontà è amore di Dio, ma ci vuole la serenità in tutto: nell'apostolato, nello studio, sempre. C'è un lodevole impegno per provvedere anche in abbondanza il necessario: ciò va tanto bene come va molto bene che ci sia sempre il posto per una piccola mortificazione; poi durante il giorno non agitarsi, non voler troppo in fretta imparare a perfezione appena si è messe in un ufficio. Gesù non aveva fretta: egli «cresceva»2 e stava là nella casetta di Nazaret a piantare chiodi anche quando gli restavano solo tre anni di vita per convertire il mondo. Se non si è un po' libere, serene, si cammina meccanicamente un passo per piastrella e non si fa progresso.
Andate dunque avanti con una certa tranquillità, cantate pure, ridete pure: state serene. Bisogna avere sempre la fronte rugosa? Voi contate troppo su di voi, sul vostro sforzo (ciò è superbia, è buona volontà ma non perfetta), dovete contare di più sul Signore! La santità viene da lui, come da lui viene l'acqua: noi non abbiamo da creare l'acqua, basta che portiamo il secchio sotto il rubinetto e che l'apriamo, l'acqua verrà giù da sé. Togliere la superbietta, poi mettere soavemente l'anima davanti a Dio e dire: O Signore, ecco un'anima che ha bisogno delle vostre grazie! La nostra umiliazione dev'essere assorbita dalla fiducia in Dio: il nostro dolore dev'essere accompagnato da una grande fiducia in lui.
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* Dattiloscritto, carta vergata, fogli 1 (22,3x30,8). Nell'originale il titolo è: “Conferenza del Sig. Primo Maestro”. Dal linguaggio usato sembra sia rivolta alle aspiranti. La data è indicata: [Roma], 19 dicembre 1943.

1 Nell'originale: «dell'immortalità». È un errore, già corretto nel dattiloscritto successivo.

2 Cf Lc 2,52.