Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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ISTRUZIONE I
IL FINE E SEGNI DI PREDESTINAZIONE

[15] Ci siamo proposti, in questo corso di Esercizi, di ottenere tre fini: 1) sentire più vivamente la nostra fede in quell'articolo del Credo che dice: «Credo vitam aeternam»; 2) che i nostri cuori si dirigano verso il cielo e che amino solo Gesù, Dio: «Cupio dissolvi et esse cum Christo»1, e il Paradiso per essere uniti a Cristo; 3) la scelta dei mezzi per raggiungere quel bel Paradiso che ci aspetta.
Stamattina facciamo una considerazione adatta ad ottenere questo triplice fine. Oggi è la festa liturgica della Regina degli Apostoli, la Regina che regna sovrana sui vergini, sui martiri, sui confessori, sui cori degli angeli e degli arcangeli.
[16] Il fine per cui Dio ci ha creati è di conoscerlo, amarlo, servirlo quaggiù e andarlo poi a godere perpetuamente in Paradiso. Le religiose di vita mista hanno un doppio fine: salvare se stesse con una vita pia, santa e aiutare gli altri. Perciò ogni nostra azione, ogni nostro lavoro va indirizzato al fine: Dio, Paradiso. È molto utile, a questo riguardo, considerare quella parabola del Vangelo in cui Gesù ci parla di quell'uomo il quale, avendo saputo come in un campo vi fosse un tesoro, e non essendo suo il campo, vendette tutti i suoi beni per comperare quel campo e diventare così padrone anche del tesoro2. Il tesoro che noi abbiamo scoperto è il Paradiso. E questo tesoro ci è stato indicato dalla nostra madre, la S. Chiesa. E se un buon cristiano medita veramente il fine per cui fu creato, il valore di questo tesoro, dice subito: «Che cosa valgono tutte le cose della terra in confronto del cielo? Io devo rinunziare a tutto pur di conquistarlo».
Ed ecco che voi, per assicurarvi questo tesoro, siete venute nella Congregazione e avete lasciato tutto. È vero che avete lasciato poco, perché avevate poco, ma non è il poco o molto che conta, bensì il distacco volenteroso dalle cose. E qui avete trovato il danaro necessario per acquistare il tesoro, vale a dire tutti gli aiuti: le istruzioni, la vigilanza, la pietà, ecc.
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[17] Il Paradiso è il fine della vita di ogni cristiano. Il Paradiso è il fine speciale della religiosa. E voi avete due intendimenti: assicurarvi il Paradiso e assicurarvi il più bel Paradiso.
Dunque il pensiero del cielo deve starvi a cuore, deve dominare su tutto.
Tra i segni di predestinazione alla salvezza, vi sono particolarmente questi tre: devozione alla Madonna; vita eucaristica: primo venerdì, belle Comunioni, belle Messe, belle Visite; lasciare il mondo e consacrarsi a Dio nella vita religiosa.
Il segno più sicuro è la vita religiosa ben osservata. Segno non solo di salvezza, ma mezzo per prepararsi il Paradiso più bello. I teologi sono concordi nell'affermare ciò, poiché quello che impedisce la conquista del cielo è l'attaccamento ai beni della terra ai quali nella vita religiosa si rinunzia.
Dunque il lasciare tutto, il distaccarsi da tutto è la prima parte, il primo compito della vita religiosa. La seconda parte è il vero attaccamento a Dio, l'amore a Gesù, il mettere tutto il cuore in Dio. Questo è il segno più certo e infallibile della salvezza. Questo è già portare la salvezza nel cuore. Però bisogna fare in modo che Gesù sia veramente padrone del nostro cuore, del nostro corpo, dei nostri sensi, delle nostre volontà, di tutto il nostro essere. La religiosa osservante che veramente si distacca da tutto e nutre nel cuore vero amore a Dio, ha il Paradiso assicurato.
[18] Ne consegue: nella rete possono esservi pesci buoni e pesci cattivi3. Così alla fine del mondo vi saranno delle persone buone e delle persone cattive.
Quale dunque dev'essere il nostro pensiero predominante? Voglio salvarmi e assicurarmi il posto che Dio mi ha destinato in Paradiso. Il pensiero del cielo deve dominare in modo tale che in tutte le cose dobbiamo ragionare così: Io voglio guadagnare il Paradiso: questo che sto per fare è un mezzo buono per il cielo? Questa parola che sto per dire, mi serve per il Paradiso? Se sì la dico; se mi impedisce non la dico. Se io voglio che questi Esercizi servano a guadagnarmi il Paradiso, come debbo farli? E mi assicurano il Paradiso più bello? Mi si domanda questo o quel sacrificio: io voglio guadagnare il Paradiso e questo mi aiuta a raggiungere lo scopo, ecco che io sono pronta a farlo. Se invece quell'opera, quella parola, quel pensiero me lo impediscono, allora
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io vi rinunzio. Vi può essere anche una cosa molto cara ma che non serve per il Paradiso. Ebbene, Gesù ha detto che se avessimo anche una cosa cara come la pupilla degli occhi ma che ci impedisse di acquistare il Paradiso, dovremmo gettarla lungi da noi: «È meglio andare in Paradiso con un occhio solo anziché all'Inferno con tutti e due»4.
Perché si è peccato? Perché si è amato di più quel piacere, quella soddisfazione che il Paradiso; si è preferito un bene effimero a quello | [19] eterno. E quanti meriti si perdono perché si fanno le cose per soddisfare i propri capricci invece di farle solo per il Signore! Riflettiamo: Se tutte le opere dei trecentosessantacinque giorni dell'anno le avessimo compiute tutte e solo per il Paradiso, qual cumulo di meriti!
Ascoltiamo quest'altra parabola che ci racconta Gesù: «Il regno dei cieli è simile ad un mercante che va in cerca di belle perle, e trovatane una di gran pregio, va a vendere quanto ha e la compera»5. Questa perla preziosa è il Paradiso, possedendo il quale non saremo mai poveri. Il cielo! «Su, pensieri, al ciel volate! Non cercate più la terra dove tutto è vanità»6. Usare della terra solo in quanto ci serve per il Paradiso.
Il pensiero dominante della giornata di oggi dev'essere quindi il cielo. Contemplare la SS. Trinità che illumina tutto il Paradiso; Gesù Cristo che, nello splendore della sua gloria, riempie di gaudio tutti i santi. Contemplare la SS. Vergine e tutti i cori degli angeli e dei beati: «Vidi turbam magnam quam dinumerare nemo poterat!»7. Pregare il nostro angelo custode che ci indichi il posto destinato per noi; che ci dica se l'abbiamo perso col peccato. E infine preghiamo: O Signore, fa' ch'io non muoia prima di aver scontato quaggiù tutti i miei peccati e quelli che ho fatto commettere ad altri. Fa' che io riconquisti quel posto che voi mi avete | [20] preparato, anche se, con i miei peccati, io l'avessi già perso.
Contemplare quindi il cielo, quest'oggi, vivere col cuore in cielo. Non le cose visibili mirare, ma quelle invisibili, con la mente rivolta all'ultimo articolo del Credo: «Credo vitam aeternam!».
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ISTRUZIONE II
IL PECCATO

[21] Il lavoro degli Esercizi spirituali non sta tutto nell'intervenire alle pratiche di pietà: questo è aiuto, mezzo. Il vero lavoro sta nel togliere e nel mettere e cioè: togliere dalla mente, dal cuore, dalla vita quello che non piace a Dio e mettere ciò che a lui piace. Si devono togliere tanti modi di vedere, di ragionare che non sono secondo la fede. Sostituire i principi di fede ai ragionamenti di interesse. Noi abbiamo un apostolato in cui vi entra la parte economica o della povertà che è un mezzo necessario per vivere, tanto più difficile adesso: vi è quindi il pericolo di considerare troppo le cose sotto l'aspetto dell'interesse materiale.
Vi era una certa casa religiosa destinata alla cura degli ammalati poveri e doveva aspettarsi il necessario alla vita, particolarmente mediante la | [22] beneficenza. Ma poi, a poco a poco, i membri di essa cominciarono ad accettare gli ammalati che pagavano, poi a dar preferenza a chi pagava di più, in modo che, poco per volta, divenne come una clinica ordinaria e perdette lo spirito e lo scopo per cui era stata istituita.
Può essere che nella nostra mente vengano a far presa delle vedute di interessi materiali. Negli Esercizi bisogna togliere ciò che è umano, le abitudini non buone del cuore, quei sentimenti che sono terreni. Mettere invece principi di fede nella nostra mente; fare le cose per il Paradiso. S'intende che bisogna curare anche la parte della povertà, ma non come ragiona il mondo, sebbene secondo lo spirito di Dio, in relazione all'eternità.
Mettere nella nostra condotta un modo di comportarci che sia conforme allo spirito di Dio, agli interessi eterni.
Abbiamo considerato quale sia il nostro fine: il Paradiso. Ciò che ci impedisce di arrivare al cielo è il peccato.
Il peccato è una trasgressione della legge di Dio. Trans gressus è parola latina che vuol dire andare fuori di strada. Il peccato è un atto, una parola, un pensiero o un sentimento contrario alla legge di Dio. Dio vuole da noi una cosa e noi ne facciamo un'altra.
Il peccato può essere grave o veniale. Il peccato grave è quello che porta a trasgredire in cosa grave. Per essere tale, però,
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richiede oltre | [23] che la materia grave, anche la piena conoscenza e il consenso da parte di chi lo commette.
Se manca la materia grave (o l'avvertenza o il consenso) il peccato non è grave.
Se uno mormora contro una persona, ragiona sui difetti di essa, dice cose occulte o anche palesi, ma allargandole, di modo che quella persona perda la stima che godeva presso gli altri, costui fa peccato grave.
E ci può essere peccato grave di calunnia come di mormorazione. (A Genova le lettere anonime di critiche, anche se si riferiscono a cose vere, costituiscono un peccato riservato al vescovo). La mormorazione se fa perdere gravemente la stima di una persona, è peccato grave. Così dicasi della calunnia. Se con delle gravi chiacchiere si impedisce ad una persona di seguire la propria vocazione, si commette peccato grave. Nel parlare bisogna fare molta attenzione e non dire mai cose che al giorno del giudizio ridondino a nostra vergogna. Perché tutto sarà riportato là, come atti di carità verso quella data persona, se erano cose buone, o che si dovevano dire; e per nostra umiliazione se erano cose che non si dovevano dire.
Vi sono persone che insinuano nelle altre sentimenti di scoraggiamento fino al punto di portare il rilassamento e l'abbandono della vocazione: questo è grave. Così è grave tollerare certi abusi, introdurre certe abitudini (come per es. rompere abitualmente il silenzio anche dopo le | [24] preghiere della sera); dare all'apostolato un andamento commerciale: ciò è cosa grave. Vi sono certe cose a cui si deve proprio badare. Non basta mandare alla casa centrale dei bei soldini: questi soldini potrebbero anche accusarci al tribunale di Dio.
Quando nelle spiegazioni del catechismo o delle Regole o nelle conferenze la superiora tace la spiegazione di qualche punto perché è un punto su cui essa manca, non è a posto: potrebbe dare occasione di maggior scandalo ed essere responsabile di gravi conseguenze.
Il peccato poi può essere grave o leggero da parte del soggetto, pur facendo astrazione dalla materia. Così, se vi è solo mezza conoscenza, pur essendoci materia grave, può essere veniale. Se però interviene la conoscenza, allora bisogna ritrattare affinché il peccato non diventi grave. (Vi consegnarono, per es. L. 1.000 credendo di darvene 500 e voi non vi accorgeste subito dell'errore
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fin qui nessun peccato; ma appena voi ve ne accorgiate, dovete riparare per non far peccato). Così il peccato può diventare leggero per mancanza di consenso (lettura fatta con distrazione senza badare che si trattava di cose cattive, se però non si acconsente ai pensieri che possono derivarne).
Dobbiamo evitare il peccato perché ci impedisce il raggiungimento del Paradiso.
Col peccato diventiamo nemici dell'anima nostra.
[25] Il peccato impedisce la santificazione dell'anima se è veniale; impedisce la salvezza se è mortale.
Molte volte si commettono tanti peccati veniali: qui è una conversazione inutile; qua è una mormorazione, una mancanza di silenzio; di là è uno scandaletto: questi peccati veniali impediscono la santità, i meriti e ci accumulano legno per il Purgatorio. Bisogna vigilare. Il peccato veniale diminuisce le grazie di Dio.
Quando Dio vede che un'anima punzecchia sempre il suo cuore, disprezza la grazia, quando si vede così poco corrisposto nel suo amore, allora sottrae i suoi lumi e priva l'anima di quella pace che è segno dell'amicizia di Dio. Così il peccato diventa ostacolo al raggiungimento di quel bel posto che Dio aveva preparato in Paradiso: l'anima sposta sempre più in basso, per così dire, il suo seggio di gloria.
I peccati veniali moltiplicati dispongono al peccato mortale. E quando uno è disposto a fare il peccato, anche se fosse grave, pur di accontentare la propria passione, anche se in sé fosse veniale, il peccato diventa mortale per le cattive disposizioni di chi lo commette.
Eccitiamoci spesso al dolore dei peccati. Domandiamoci sovente: Questo discorso che faccio, questa fantasia, questo pensiero mi può servire di preparazione alla Comunione? Mi sento di portarmi alla balaustra con tali disposizioni? Se la coscienza ci risponde che quell'azione non è | [26] gradita a Gesù, non dobbiamo farla in nessun modo, per nessun motivo.
Da mezzogiorno in poi la nostra condotta dev'essere tale da prepararci bene alla Comunione dell'indomani, qualunque cosa facciamo.
E così dopo la Comunione, fino a mezzogiorno dobbiamo domandarci: Ciò che faccio, ciò che dico, penso, ecc., può servirmi come ringraziamento alla Comunione? E se è cosa che fa soffrire l'Ospite divino, bisogna lasciarla.
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Tre sono le tentazioni che ci inducono al peccato: il mondo, il demonio, la carne. E voi siete fuggite dal mondo appunto per evitare i pericoli di peccare. Ma, se non vigiliamo, lo spirito del mondo ci perseguita anche nella vita religiosa. Così una suora che parli troppo spesso, inutilmente, con persone estranee alla Congregazione e che abbia con esse tante relazioni, comincia, poco per volta, a staccarsi dallo spirito della Congregazione, non ama più le sorelle, l'Istituto. Magari dirà: Ma io cerco di aiutare quella persona che viene a sfogarsi un po'.... Mandatela a sfogarsi con Dio! Il mondo può entrare in noi sotto l'aspetto di bene.
Peggio poi sarebbe se si volesse soddisfare la curiosità leggendo cose che non si dovrebbero leggere né vedere.
Il mondo più pericoloso però, per le suore, è quello formato dalle persone dell'Istituto che sono un po' mondane.
Mondana è quella suora che ama profumarsi, | [27] che conserva certe piccole cosucce per sua consolazione (odori, essenze, ecc.); che, oltre alla pulizia degli abiti, dimostra una certa quale ambizione, ecc.
Mondana è chi ama molto le notizie, chi intende un po' come vuole le disposizioni dei superiori, chi ama le cose di questo mondo. Mondana è chi perde quella semplicità che ha la religiosa di spirito, chi s'atteggia a sapiente, chi si studia di dire parole eleganti, perdendo così quella semplicità che sta tanto bene in una suora. Mondana è chi fa sentire troppo il peso dell'autorità, del comando o che si stacca un po' dai superiori.
Tutte queste persone mondane si devono trattare con carità e rispetto, ma si devono anche evitare. Vi sono religiose che, passato un po' di tempo non hanno più nulla, o ben poco, della suora. Costoro sono diventate mondane e bisogna evitarle.
Il secondo pericolo di peccare ci viene dal demonio. Egli è sempre lì a tentare, a tendere insidie: spinge le dodici passioni, approfitta specialmente della tristezza e fa vedere tutto brutto, nero. Spinge l'invidia, la superbia, fino a gravi eccessi, fino a farci buttare nell'opera senza riguardi, in modo che non si vede più nulla e il bene non si fa più bene. Il diavolo spinge la pigrizia, la curiosità, l'avarizia, ecc.
Il terzo pericolo di peccare viene da noi stessi, | [28] dalle nostre passioni, specialmente dai sette vizi capitali.
Occorre riflettere che i peccati più pericolosi sono gli interni. Le opere è più facile controllarle (eccetto che uno perda il buon
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spirito, falsando la vita religiosa che è vita di dedizione a Dio). I peccati interni sono quelli che si commettono con la mente e col cuore. Con la mente: pensieri di scoraggiamento, di diffidenza, di disperazione; dubbi contro la fede, la carità, sospetti temerari, giudizi troppo spinti, pensieri contro la povertà, la purezza, l'obbedienza, la giustizia, l'umiltà, ecc.
Col cuore: certi desideri contrari alla carità, alla povertà, all'obbedienza, contro l'osservanza religiosa (non parlo di quelle che arrivano a desiderare la morte per finire di soffrire: questo sarebbe gran male!). Oltre ai peccati di desiderio vi sono peccati interni di memoria che rinfresca sempre il ricordo di fattacci, di cose viste, lette, udite: se questo si fa deliberatamente, si fa male. Come si fa male a ricordare e non dimenticare più i torti ricevuti, macchinando la vendetta, oppure lasciandosi dominare dalla malinconia.
Peccato interno è la dilettazione, ossia il rimanere volontariamente sotto una impressione non buona che produce diletto: questa può essere contro la purezza o contro altre virtù, ad esempio contro la carità e può essere anche peccato grave. Sono passati magari mesi e anni e si | [29] conserva ancora nel cuore quel sentimento, quel rancore, quella tristezza che fa mettere gli occhiali neri e vedere tutto nero recando grave danno all'anima a cui toglie l'energia, lo slancio nel bene.
Se una persona vuol esaminarsi bene, stia attenta ai peccati interni. È facile rilevare i peccati di opere, meno facile rilevare quelli di parole, più difficile rilevare quelli interni.
Chiediamo molta luce al Signore e preghiamolo a liberarci da ogni peccato e dalla cattiva morte.
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1 Cf Fil 1,23: «... desidero di morire e di essere con Cristo» (Volgata).

2 Cf Mt 13,44.

3 Cf Mt 13,47-50.

4 Cf Mt 18,9.

5 Cf Mt 13,45-46.

6 Risonanza di un canto popolare del tempo.

7 Ap 7,9: «... apparve una moltitudine immensa che nessuno poteva contare».