Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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4. IL DONO DELLA PIETA'

Meditazione alla Comunità delle Pie Discepole del Divin Maestro.
Roma, Via Portuense 739, 3 febbraio 19611

Parlando della pietà, la prima cosa: fare tutte le pratiche che sono disposte secondo le Costituzioni; secondo, farle bene applicando la mente, il cuore, le forze e, terzo, ottenere e portare nel nostro cuore lo spirito della pietà o il dono della pietà, dono dello Spirito Santo.
Il dono della pietà fa rendere la pietà, le pratiche, più gustose.
Il dono della pietà, dono dello Spirito Santo, fa sì che noi ci avviciniamo al Signore come figliuoli al Padre; come discepoli docili al Maestro lieti di andare alla sua scuola; e come amici intimi dello Spirito Santo, Sposo dell'anima.
Perciò il dono della pietà è più che la pietà e la fedeltà alle pratiche di pietà. Quando si arriva al dono della pietà, allora la pietà non è noiosa, non è pesante, è il riposo, anzi, dell'anima in Dio.
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Prima, [il dono della pietà] ci fa considerare il Signore come Padre, il Padre celeste: non siete più figli del timore, ma figli di Dio per cui voi invocate Dio come Padre: Filii Dei nominamur et sumus1. Siamo veramente figliuoli di Dio per la grazia, per la partecipazione alla vita divina e allora andiamo a Dio come figliuoli con fiducia: Adeamus ergo cum,fiducia ad tronum gratiae2 andiamo, quindi, con fiducia al trono della grazia. Consideriamo il Padre celeste rivolto, coi suoi occhi, a noi e che aspetta le domande: "Che cosa vuoi, figliuolo?". E allora noi, con serenità, con piena fede, con larghezza di spirito, gli esponiamo i nostri bisogni e, prima ancora, lo ringraziamo della creazione, lo ringraziamo del battesimo, della vocazione, delle grazie. E allora, una comunicazione intima, come se una buona figliuola, dopo che è stata separata dal padre che è buono, lo incontra con gioia e ha tante cose da dirgli e tante cose da sentire, ecco.
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Il dono della pietà, fa considerare Gesù come il Maestro. Si va a lui per essere illuminati e per comunicare con lui quei nostri pensieri e pregare che ci sostituisca i pensieri umani con i pensieri che sono secondo la fede. Si va a Gesù-Ostia. La Messa, allora, prende un carattere di intimità: Gesù che si offre, noi che vogliamo accompagnarlo nell'offerta e facciamo di nuovo la nostra Professione perché egli non salga il calvario soltanto da sé e soltanto con Maria, ma che anche noi lo seguiamo, sebben molto debolmente, nella nostra maniera, lo seguiamo e ci offriamo con lui al Padre celeste. Una partecipazione ai dolori di Gesù sulla croce, una partecipazione ai suoi sentimenti di amore verso il Padre. Allora il cuore si inclina facilmente al cuore di Gesù e si entra in quella intimità di cui abbiamo un esempio nel Vangelo quando Gesù entrò nella casa di Marta e Maria e prese da parte Maria per conversare intimamente con lui1.
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Il dono della pietà ci fa considerare lo Spirito Santo come Sposo dell'anima. E allora un saggio delle intimità dell'anima con lo Spirito Santo lo abbiamo nel Cantico dei Cantici. Che preziose cose son là! Ma esigono che l'anima sia già entrata un po' in quella conoscenza, in quella intimità col Signore, quell'intimità col Padre, col Figlio e con lo Spirito Santo, con le Tre divine Persone.
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Chi ha il dono della pietà sente la vita religiosa quanto sia bella, preziosa. E la stessa vita religiosa viene sempre allietata. L'anima sente che, se ha lasciato la famiglia, ha lasciato il mondo, oh, è ben sostituito l'amore al mondo con l'amore al Signore e davvero allora si prova: è meglio un giorno col Signore che dieci mila giorni con il mondo, in famiglia1. La vita religiosa, quindi, non è più un peso, ma è una gioia perché si vive nell'intimità del Padre celeste, si abbraccia volentieri tutto quello che egli dispone o che permette a nostro riguardo o direttamente o per mezzo di chi ci guida e di chi ci circonda. Vede, l'anima, così, in tutti gli avvenimenti, la sapienza di Dio. La vita religiosa, allora, è una vita di continui meriti e l'anima sente che fa la salita verso il monte, il monte della santità, monte di Dio.
Quando si ha il dono della pietà, si vedono anche meglio le cose di Dio. La Chiesa la si vede come la sposa dello Spirito Santo, come il frutto della passione di Gesù Cristo il quale ha guadagnato e fondato e vivificato la Chiesa mediante la sua passione; quando c'è il dono di pietà si vuol bene all'Angelo Custode, lo si sente; quando c'è il dono di pietà si vuol bene alle anime del purgatorio, si sentono i loro gemiti e le loro invocazioni di aiuto; quando c'è il dono di pietà la divozione a Maria è proprio una divozione filiale, confidenziale, semplice. A Maria si dicono innumerevoli cose e si fa con lei una conversazione di figliuoli alla Madre. Allora: stupenda,familiaritas 2, una stupenda familiarità con Maria; si vuol bene san Paolo, il quale amava con affetto di padre e di madre, diciamo, i suoi figliuoli coi quali aveva passato del tempo e i quali aveva redento per mezzo del Vangelo e diceva: «Figliuoli carissimi, figliuolini che quasi io di nuovo genero nel mio affetto verso di voi»3.
Il dono della pietà ci fa vedere tutto il tempo della giornata come prezioso, santo, ricco di meriti se viene ben speso e si gode di avere altre giornate a servizio di Dio e si gode nel sacrificio, specialmente quando si tratta di rinnegare la volontà, di moderare il nostro carattere, di compiere qualche lavoro e qualche obbedienza un poco aspra, un po' contraria ai nostri gusti. E allora, dove si ama non si fatica; ma dove non si ama si trova fatica in tutto, dal mattino, alla levata, sino alla sera; si trova persino fatica a stare in chiesa e sembra troppo lunga l'orazione. Oh, chiedere allora, questo gran dono dello Spirito Santo, il dono della Pietà.
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In primo luogo, dunque, per averlo occorre chiederlo, perché è un dono e il dono se lo vogliamo dobbiam domandarlo. E vi sono anime le quali dicono degli atti di carità molto intimi ed è una preghiera così adatta per chieder lo spirito di pietà. Chiederlo questo spirito, questo dono di pietà con la Salve Regina: illos tuos misericordes oculos ad nos converte et Iesum benedictum, ecc. Ecco, chiederlo per mezzo di Maria; come Maria, circondata dagli Apostoli nel cenacolo, domandò al Signore, al Padre celeste, a Gesù che mandasse lo Spirito Santo sopra di lei e sopra gli Apostoli. Chiederlo.
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Secondo, esercitarsi, sì. Che rendiamo, a poco a poco, la nostra preghiera più familiare, sì, un colloquio con Gesù, quasi come se noi [lo] vedessimo con gli occhi, come [se] lo incontrassimo, oppure noi fossimo uno di quei pastori che sono arrivati, accelerando il passo, al presepio e hanno incontrato il Bambino fra le braccia della Madonna. O, altre volte, possiamo immaginarci di andare alla casa di Nazaret e affacciarsi alla finestra e guardare che cosa avviene in quella casa: come si comporta il fanciullo Gesù? cosa fa Maria? cosa fa san Giuseppe? E come se fossimo uno dei membri della famiglia, trattenersi con queste santissime Persone: Gesù, Maria, Giuseppe, domandando tante cose, tante spiegazioni, chiedendo specialmente lo spirito di fede, il raccoglimento, la grazia di viver soltanto per Dio e di amare il Signore come quelle Persone lo hanno amato.
Altre volte si può immaginare Gesù quando fa i quaranta giorni di digiuno, quando si trova alle nozze di Cana e ascolta la preghiera della Madre e cambia l'acqua in vino; oppure quando guarisce un infermo, quando ridona la vista al cieco, quando egli accoglie un peccatore; come ha trattato Matteo, come ha trattato l'adultera, come ha trattato la Maddalena; oppure stare [ad] ascoltare, sopra il monte, le beatitudini, sentirle, prenderne una per una e farci sopra le considerazioni pregando Gesù che ci faccia questa grazia di comunicarci la sapienza perché possiamo intendere e possiamo seguire gli inviti; oppure quando Gesù dice: [il più grande] precetto è questo: «Amerai il Signore, Dio tuo, con tutta la mente, con tutte le forze, con tutto il cuore; il prossimo tuo come te stesso»1; Gesù nel Getsemani, Gesù che è flagellato, Gesù che è incoronato di spine, Gesù che accetta la condanna a morte, Gesù che sale al calvario e noi ci incontriamo con lui, Gesù che muore sulla croce, Gesù che risorge, Gesù alla destra del Padre celeste, in cielo. Esercitarsi. Allora, poco a poco, questo dono della pietà, così coltivato, crescerà in noi. E quindi: dulcis sermocinatio2: una dolce conversazione col Padre celeste, con Gesù, con lo Spirito Santo, con la Vergine, con gli Angeli Custodi, con san Paolo, con le anime stesse del purgatorio.
Oh, anime che si sono elevate ad alti gradi di pietà. Anime che son sempre in contrasto con se stesse perché vorrebbero e non si decidono e non pensano di chiedere abbastanza il dono della pietà e non lo coltivano abbastanza. Ma per voi tutto è facilitato. Le due ore di Adorazione devono arrivare fino a questo, questa dulcis sermocinatio, questa dolce conversazione con Gesù, come dice l'Imitazione di Cristo2. Siete nella più felice condizione.
E benedite il Signore che vi ha messe in questa felice condizione?
Sia lodato Gesù Cristo.
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1 Nastro 37/c (= cassetta 86/b). - Per la datazione cf PM: «Parlando della pietà. La prima cosa...». - dAS, 3/2/1961: «va [il PM] a tenere meditazione alle PD, via Portuense». - dAC, 3/2/1961: «Meditazione (PM): Lo spirito e il dono della pità».

1 1Gv 3,1 (il testo è: nominemur et simus).

2 Eb 4,16.

1 Cf Lc 10,38ss.

1 Cf Sal 83,11.

2 Cf Imitazione di Cristo. II,I,1.

3 Cf Gal 4,19.

1 Cf Mt 22,37.39.

2 Imitazione di Cristo. II,I,1.