Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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59. LA SANTITÀ COMUNE59
1. Questa sera penso sia bene riflettere sopra la festa dei santi che si avvicina, e chiedere loro quelle grazie che noi desideriamo. Ogni giorno celebriamo la memoria di un santo, ma ora gli intercessori sono tanti, e allora speriamo molte grazie, specialmente la grazia di farci santi. Vi sono in cielo santi di tutte le condizioni: re e contadini, giovanetti e giovani, padri e madri di famiglia «ex omni tribu et lingua et populo et natione» (Ap 5,9). Anche i santi hanno avuto le loro difficoltà e tentazioni.
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2. Ma «si isti et illi cur non ego?». Ecco il ragionamento da farsi. Se quelli e questi si sono fatti santi perché non noi? Che cosa avevano di più di noi? E' gran cosa essere nati nella Chiesa cattolica; è una gran cosa avere avuto la vocazione e la nostra formazione.
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3. Le grazie ci sono; di che cosa potremmo scusarci? è difficile trovare delle scuse. Non possiamo dire nulla degli altri, ma guardiamo a noi. E se tutti andassero in paradiso e noi no, non avremmo nessun vantaggio; e se tutti andassero all'inferno e noi fossimo salvi, noi non ne perderemmo.
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4. Ci sono suore che fanno quello che fanno le altre, ma non lavorano internamente. Vedere se lavoriamo seriamente. Dopo gli esercizi rimangono i propositi, poiché gli esercizi sono l'inizio, poi bisogna continuare. Fissarsi in mente questo: voglio farmi santa, presto santa, una grande santa.
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5. Cosa bisogna fare per farsi sante? Amare il Signore con tutto il cuore sopra ogni cosa. Nella nostra vita quotidiana potremo farci sante se corrispondiamo. Per colui che è santo tanto fa che sia nella nicchia o che non lo sia, purché sia santo! Che i santi vadano sugli altari è per vantaggio degli altri.
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6. Non chiedete la santità che fa miracoli o taumaturgica, e delle visioni, ma santità comune, come san Giovanni Berckmans che fece bene le cose comuni e poté dire sul letto di morte: «Non ho trasgredito la minima regola». Domandò il libro delle regole, il crocifisso, la corona e disse: «Con queste cose morirò contento». Quando lo proposero per farlo santo, dissero: «Non si può fare santo, che cosa ha fatto?». Fu risposto da chi proponeva la causa: «Abbiamo bisogno di esempio nelle cose comuni».
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7. La maggioranza dei santi hanno fatto le cose comuni, non si tratta delle cose speciali; sante comuni. Non si è meno sante perché si è comuni, non si è più sante perché si fanno miracoli, ma si facciano le cose per amore di Dio. Chi fa le cose semplici con un atto di amor di Dio in più di chi fa i miracoli, si guadagna più meriti. Dicevano di santa Gemma che preparava bene la tavola; si è fatta santa nelle cose comuni. Sante facendo bene le cose comuni e facendole per amor di Dio.

Albano Laziale (Roma)
28 ottobre 1953

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59 Albano Laziale (Roma), 28 ottobre 1953