37. IL MISTERO DEL NATALE: CONTEMPLARE - ADORARE - VIVERE
Meditazione alla Comunità delle Pie Discepole del Divin Maestro.
Roma, Via Portuense 739, 24 dicembre 19621
Il Natale è la celebrazione della nascita temporale di Gesù, Figlio di Dio, incarnato per la nostra salvezza; ma, nello stesso tempo, si ricorda la nascita eterna, specialmente quando si legge: In principio erat Verbum2; in terzo luogo, la nascita spirituale, mistica in noi.
Quindi le tre Messe corrispondono alla nascita storica, temporale; alla nascita eterna nel seno del Padre e alla nascita mistica nel nostro cuore, specialmente nella comunione. Tre Messe, tre nascite3.
E, dalla parte nostra, cosa corrisponde?
Primo, la nascita eterna: l'atto di fede, per parte nostra.
[Secondo,] la nascita temporale: la speranza nel Salvatore.
E terzo, la nascita nelle nostre anime: la carità.
Perciò la fede, la speranza, la carità.
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La fede: «In principio erat Verbum et Verbum erat apud Deum et Deus erat Verbum. Hoc erat in principio apud Deum»1. E cioè, dal Padre nasce il Figliuolo; genito. Ecco, questo nell'eternità, prima di tutti i secoli, prima che esistesse il mondo. Si dice in principio per dire ab aeterno, [da] tutta l'eternità. E allora, l'Atto di fede: crediamo in Dio; crediamo in Dio, tre Persone realmente distinte. Crediamo il Padre, dal Padre genito il Figlio e, dal Padre e dal Figlio, viene spirato lo Spirito Santo, la terza Persona della Santissima Trinità.
Questa nascita eterna ci serve particolarmente per la prima parte dell'adorazione, nella Visita al Santissimo Sacramento, e corrisponde alla prima parte della Visita e alla prima Messa.
Il Figlio di Dio, il quale è la sapienza del Padre, il quale ha creato il tutto, cioè è l'architetto del mondo intiero. Il mondo è stato fatto secondo il disegno [del Figlio], il quale è la sapienza che «illumina ogni uomo»2. Egli, il Figlio, ha illuminato noi, cioè ha comunicato a noi la ragione e, a suo tempo, ha predicato a noi le verità che sono notate nel santo Vangelo e che la Chiesa ci insegna. Egli è la luce, lo ha detto: «Io son la luce»3. E' la luce eterna, è la luce che comunica la luce alla nostra mente: illuminat omnem hominem venientem in hunc mundum4, è la luce, ancora, quella che accende in noi la fede. La fede, primo, quanto alla rivelazione; secondo, quanto alla confermazione; e terzo, con la grazia per cui noi ci pieghiamo e crediamo e baciamo il Vangelo. In principio erat Verbum1. Verbum caro factum est5. Il Verbo si è fatto carne. La traduzione originale era: il Verbo si umanizzò. Quasi si penserebbe che il Verbo ha preso soltanto la carne, cioè la parte fisica del nostro essere. Ma egli non prese solamente un corpo, un'anima: si umanizzò. Si fece uomo per vivere con gli uomini e salvare gli uomini e illuminare gli uomini con la sua sapienza.
Leggere il santo Vangelo, tutti i discorsi di Gesù quali sono registrati nel Vangelo e quali sono confermati per mezzo dei suoi miracoli, particolarmente il miracolo della risurrezione sua, la sua stessa risurrezione; il miracolo, questo, più grande, è quello che consolida e conferma tutto l'insegnamento che egli ha dato.
Oh, la prima parte, dunque, della funzione di stanotte: adorazione del Verbo eterno di Dio, del Verbo che si è umanizzato: Verbum caro factum est, et habitavit in nobis6. E come da Mosè venne la legge, così da Gesù Cristo venne la verità e la grazia7; la verità che ha rivelato; la grazia che ci comunica e produce, quindi, in noi, la vita mistica, la vita spirituale. Adorare.
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Chi è quel Bambino? Ecco, il Verbo che era presso il Padre, il Verbo-Dio. L'estrema umiliazione: exinanivit semetipsum formam servi accipiens1. Perché, se l'uomo aveva peccato, se l'uomo si era chiuso da sé il paradiso, ecco il mistero della misericordia di Dio infinita: Dio che è offeso, proprio Dio che viene a riparare il peccato per noi; anziché chiedere il sacrificio di noi stessi, egli si è sacrificato, egli ha pagato il debito al Padre celeste, il debito contratto dagli uomini: «Padre, se vuoi, manda me»2. E il Padre lo mandò. Ed ecco Gesù che viene ad essere il sacerdote eterno, secondo che noi meditiamo nel salmo che la Chiesa ci fa ripetere così spesso: Dixit Dominus Domino meo sede a dextris meis3, secundum ordinem Melchisedech4, sacerdote. E Melchisedech aveva offerto pane e vino5. Quella era una figura dell'Antico Testamento.
Ma se allora era pane e vino semplice, ora nella Messa abbiamo il pane che è il corpo di Gesù Cristo; abbiamo il vino che è il sangue di Gesù Cristo perché avviene la transustanziazione.
Avere pensieri grandi. Leggere attentamente il Vangelo. Quando si arriva alla prima parte di Adorazione e specialmente la prima Messa, sentirla in questo senso: il Verbo eterno, il Verbo incarnato, il Verbo redentore, il Verbo eucaristico, il Verbo che adesso siede alla destra del Padre, perché fatto uomo, umanizzato.
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Secondo, vi è la nascita temporale, la nascita storica quella che è descritta nei due Vangeli che corrispondono alle due Messe. E' narrata la storia della nascita.
Ecco, venne il decreto che tutto il popolo venisse numerato e tutti i capi di casa dessero il nome perché l'imperatore di Roma voleva sapere quanti erano i suoi sudditi. E ciascheduno doveva dare il nome e farsi iscrivere nella città natalizia. E allora Giuseppe partì da Nazaret con Maria. Arrivarono a Betlemme, non c'era posto per loro nell'albergo e dovettero cercarsi un rifugio, e là, nella grotta, ecco, nasce il Figlio di Dio umanizzato. E Maria, con infinito amore e fede, lo avvolge in bianchi panni, e fa la prima esposizione mettendo il Bambino sulla paglia, nella greppia, e ponendosi ella con Giuseppe, ad adorare il Figlio di Dio incarnato1. E' tutto un complesso di miracoli. Perché? «Beata te perché hai creduto; tutte le cose che ti son state rivelate tutte si compiranno»2. Così salutò Elisabetta la sua parente, Maria Santissima Tutto si compirà. Perché Maria ebbe fede.
E se abbiamo fede, fede profonda, seguono tutte le altre virtù, perché non ci può essere carità né ci può essere speranza se non c'è il fondamento della fede.
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Ecco, allora contemplare, più ancora che meditare, contemplare il Bambino là esposto sulla paglia. Ricordare il canto degli angioli, ricordare l'annunzio dell'angelo: Vi annunzio, vi comunico un grande gaudio, perché è nato il Salvatore del mondo. Andate - disse ai pastori - troverete un bambino con la madre, un bambino avvolto in poveri panni1.
Ecco, metterci alla scuola, entrare nella grotta. Che cosa impariamo?
Primo, se abbiamo la fede, la meditazione si sviluppa facilmente e diviene una contemplazione: il Figlio di Dio incarnato. L'uomo aveva peccato di disobbedienza. E lì il Figlio di Dio viene a compiere la più grande obbedienza, e cioè, secondo il volere del Padre, ha preso forma umana ed è là nell'estrema povertà. Fatto uomo, come debole fra di noi, per noi, in noi stessi. La scuola. Il Maestro che apre la sua università, la sua scuola. E' una scuola alla quale si può entrare quando c'è la disposizione, disposizione assolutamente necessaria: la fede, sì, ma per quanto alla disposizione del nostro cuore: l'umiltà. Noi dobbiamo comprendere l'umiliazione di Gesù, ma a questa condizione: che siamo umili noi, e cioè, noi peccatori, noi che abbiam bisogno della salvezza, noi che nella nostra ignoranza non potremmo, non avrem mai potuto conoscere le verità, le verità più sublimi che ci ha rivelate Gesù. L'umiltà.
Lì noi impariamo ad obbedire, allora; impariamo a riconoscere i nostri errori, i nostri falli e impariamo, soprattutto, a sentire la necessità della grazia.
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Come ci salveremo? L'Atto di speranza: per i meriti di Gesù Cristo. Per la sua grazia compìr le opere buone; ma poi occorre che le nostre opere buone divengano meriti perché vi sono aggiunti i meriti di Gesù Cristo, i meriti, non soltanto pensiamo a quelli della croce, ma a quelli del presepio. Non era mica un bambino incosciente. Tutto, il Figlio di Dio incarnato, compiva con somma sapienza. E bastava un vagito per salvar tutta l'umanità, ma egli ha abbondato e sovrabbondato nella grazia1 e volle farci comprendere quello che è la redenzione, quello che è costato al Figlio di Dio incarnato per salvarci. Senza la grazia di Dio non possiamo sperare il paradiso, né sperare di fare il minimo merito, perché è necessaria la grazia, cioè la vita soprannaturale che abbiamo ricevuta nel santo battesimo. Oh, la fiducia.
Quindi, la seconda Messa, è la Messa della speranza; la seconda parte della Visita è un atto di profonda speranza, di piena speranza. Speranza.
Se noi non abbiamo nulla e sentiamo ancora il peso dei nostri peccati, ecco, il Bambino già sta pagando per noi i nostri debiti con Dio. Allora la nascita temporale.
Quel Bambino crescerà; quel Bambino darà saggi della sua divinità; quel Bambino, il quale fatto uomo, predicò la sua dottrina e, soprattutto, ci redense per mezzo della sua vita tutta intiera. Particolarmente noi capiamo di più considerando il Crocifisso.
La speranza. Speranza nei meriti di Gesù Cristo e nella grazia per fare opere buone che dobbiamo fare e vogliamo fare onde conquistare, giorno per giorno, una santità sempre maggiore.
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In terzo luogo, poi, consideriamo la nascita mistica. E' quella che avviene nelle nostre anime quando noi siamo nati per [la] seconda volta: oportet nasci denuo1.
E siamo nati alla vita soprannaturale più perfetta, di un valore infinito, e cioè, la vita della grazia, la vita divina in noi. Partecipazione della vita divina. E' un mistero. Quale grandezza Dio ci comunica dandoci la grazia, la vita stessa divina! Quale mistero di grazia! E quale grandezza è in noi! Tutto per la misericordia, per i meriti di Gesù Cristo.
Ecco la vita spirituale che cresce man mano che noi andiamo, giorno per giorno, compiendo opere buone, esercitando le virtù.
Particolarmente noi sentiamo, poi, che questa vita spirituale viene alimentata dalla Eucaristia. Un pane, il Signore ha dato all'uomo per suo nutrimento vitale, corporale, e un pane celeste Gesù Cristo ha dato alle nostre anime: «Io sono il pane che è disceso dal cielo»2. «La mia carne è veramente cibo»3. Ecco, la vita di Gesù Cristo in noi.
Questa vita in noi produce e accresce, giorno per giorno, le tre virtù teologali: primo, la fede, poi la speranza, e poi la carità. Ecco la vita teologale, allora. Vivere le tre virtù, poggiati sempre nella nostra vita sopra le tre virtù che sono il frutto della grazia divina che è in noi.
Oh, a quale altezza, a quale grandezza Dio ha chiamato noi, comunicandoci questa vita soprannaturale! Ed è la vita eterna che abbiamo già qui. E poi, questa vita eterna sarà glorificata e ciascheduno si troverà nella gloria a misura che avrà nutrito la vita spirituale che è in noi e sarà cresciuta, questa vita spirituale, in noi. Misura, secondo le nostre disposizioni, e secondo cioè, le stesse tre virtù della fede, speranza e carità. La nascita mistica. La comunione, in modo particolare.
Sì, questa grazia va sempre aumentando ogni volta che facciamo un'opera buona, ma particolarmente la sentiamo nella comunicazione liturgica dei sacramenti: [il] battesimo, la confessione, la comunione.
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Oh, ora questa vita spirituale si può anche perdere e si può crescere mediante l'alimento quotidiano: Gesù che abita in noi.
E che cosa fa in noi Gesù? Gesù diviene egli il nost... quando l'anima approfitta della grazia, per mezzo delle opere buone sviluppa la grazia, allora Gesù che è in noi, produce la luce interiore sempre più abbondante; comunica alla volontà, la fermezza, la fortezza; e comunica al cuore nostro una sentimentalità divina, così che si arriva, poco per volta, sempre più perfettamente al Vivo ego, iam non ego, vivit vero in me Christus1: vivo io, ma non son veramente io che vivo.
Ma non viveva più san Paolo, allora? Era già morto? No. Parlava di una vita divina, la vita di Gesù Cristo che viene a sostituire la vita nostra umana, semplicemente naturale, perché la vita divina che ci comunica Iddio, per mezzo della grazia, è di un valore infinitamente superiore.
La terza nascita di Gesù, del Figlio di Dio. E questo può servire assai bene a sentire la terza Messa e particolarmente ci accompagnerà nella terza parte della Visita al Santissimo Sacramento.
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Quale grazia è stata questa, da parte di Dio, egli che ha voluto che voi aveste questo privilegio delle Adorazioni così abbondanti, le due ore di Adorazione. Ed è lì che si possono fare i tre atti, esercitare le tre virtù: la fede, prima parte; la speranza, la seconda parte; la carità, la terza parte. Così che, quello che al mattino già viene comunicato all'anima nostra, Gesù Cristo in noi illumina la mente comunicando una fede sempre viva; riscalda il sentimento, la nostra sentimentalità, la nostra vita interiore e, nello stesso tempo, Gesù Cristo, il quale opera sulla volontà.
E allora, se al mattino noi abbiamo questo aumento di fede, speranza e carità, nella Visita al Santissimo Sacramento quanto viene cresciuta, irrobustita la vita di Gesù Cristo in noi?
Quando arriveremo a esser trasformati in lui? Quando tutto il nostro essere sarà preso da lui?
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Ecco, abbiamo per conseguenza da imparare, in questa notte particolarmente, tutto quello che è contenuto nell'Atto di fede, speranza e carità; non solamente le parole che vengono espresse, ma dietro a quelle semplici parole riassuntive, vi sta un mondo di cose che si possono meditare, e poi le virtù che vengono fortificate.
Oh, che prima di morire noi siamo perfettamente uniti a Gesù Cristo! Allora non ci sta più il male, non c'è neppure più il purgatorio, con la vita divina in noi. La vita divina vissuta secondo i disegni di Dio, ecco, si risolve nella beatitudine eterna.
Le Adorazioni sono l'avvicinamento alla porta del cielo; e se queste Adorazioni vengono fatte sempre meglio, allora l'accrescimento; e quanto più noi facciamo bene l'Adorazione, tanto più in cielo saremo illuminati, e cioè, una maggiore felicità.
Sempre conviene che, in uno di quei punti della coroncina all'Angelo Custode1, sempre conviene che domandiamo all'Angelo Custode la grazia di stare alla presenza di Dio, alla presenza di Gesù, come l'Angelo sta davanti alla Santissima Trinità in cielo. Che ci dia lo spirito della Visita, ce l'ottenga da Dio, sì.
E quanto più noi stiamo volentieri e facciamo bene le Visite, tanto più la luce eterna risplenderà sopra di noi.
Ascoltare, dunque, le tre Messe, se vi sono concesse; ma se non sono celebrate tutte adesso, nella giornata felice del santo Natale2. E vi auguro il Natale che sia veramente lieto in Gesù Cristo, lieto e santo.
Sia lodato Gesù Cristo.
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1 * Nastro 55/f (= casseta 121/a). - Per la datazione, cf PM: «La prima parte della funzione di stanotte: adorazione del Verbo eterno». - dAS (nessun accenno). - VV: «PM. Natale 1962».
2 Gv 1,1.
3 Il PM si richiama ai testi liturgici delle tre Messe di Natale. - Cf Missale Romanum, Die 25 Decembris, In Nativitate Domini...
1 Gv 1,1-2.
2 Cf Gv 1,9.
3 Gv 8,12.
4 Cf Gv 1,9.
5 Gv 1,14.
6 Gv 1,14.
7 Gv 1,17.
1 Fil 2,7.
2 Cf Is 6,8.
3 Sal 109,1.
4 Sal 109,4.
5 Cf Gn 14,18.
1 Cf Lc 2,1ss.
2 Cf Lc 1,45.
1 Cf Lc 2,10-12.
1 Cf Rm 5,20.
1 Gv 3,7.
2 Gv 6,51.
3 Gv 6,55.
1 Gal 2,20.
1 E' la Coroncina all'Angelo Custode che i membri della Famiglia Paolina recitano ogni giovedì. - Cf Le Preghiere della Famiglia Paolina, ed. 1962, pp. 106-110.
2 Allusione all'antica tradizione romana che dava ad ogni sacerdote la facoltà di celebrare, nel giorno di Natale, tre Messe. - Quando non c'erano ancora le motivazioni pastorali di oggi, le tre Messe di Natale venivano celebrate anche senza interruzione di tempo. Don Alberione si adeguava anche a questo uso.