13. EVITARE IL PECCATO VENIALE
Esercizi Spirituali (5-13 maggio 1962) a un gruppo di Pie Discepole del Divin Maestro.
Ariccia, Casa Divin Maestro, 8 maggio 19621
Chiediamo, questa sera, al Signore la grazia di odiare, detestare il peccato veniale; detestare anche le trascuranze, la tiepidezza. Conoscere quanto tutto questo dispiace al Signore e quali sono i danni che ne vengono all'anima nostra in questa vita, e poi nella vita futura.
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Il peccato veniale. Il peccato veniale non merita l'inferno, ma merita il purgatorio: o soddisfare quaggiù o soddisfare al di là. Il peccato veniale non proibisce la comunione, ma diminuisce il frutto della comunione. Il peccato veniale non fa perdere la grazia di Dio, l'amore a Dio, ma rende la nostra carità, il nostro amore di Dio meno caldo, anzi poi, se si ripete volontariamente, si cade nella tiepidezza. Il peccato veniale toglie la pace dell'anima religiosa - quando è delicata e sensibile - : il disgusto, la pena di aver dispiaciuto al Signore.
Il peccato veniale, se diviene abituale, se non lo si combatte, finisce con questa conseguenza: che la vita religiosa non è più serena, non è più lieta. Allora l'anima si disturba: "Eh, ma vien dalla tale ragione, tale causa; non mi han capita ; questo ufficio non è per me; mi hanno poco compresa". E mille ragioni, mille pene. Religiosus tepidus et negligens undequaque patitur angustias1. Perché il religioso tiepido e negligente da ogni parte ha delle pene, delle sofferenze, delle lamentele. Certe persone pare che abbiano proprio la lingua per lamentarsi di tutto e di tutte. Perché non gode la serenità, non intravede là sull'orizzonte aprirsi il paradiso. Quasi, in certi momenti, sentire il canto degli angioli e dei vergini che son lassù, quasi unirsi a loro e pensare al giorno in cui lasceremo questa valle di lacrime, questa valle di esilio e, [«mostraci]dopo questo esilio, Gesù». Mostraci Gesù.
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E' infelice la religiosa che non combatte il veniale. E la religiosa, parlando praticamente, deve temere di più il peccato veniale, perché chi teme il veniale non va al mortale, perché il veniale è fare dei passi su falsa strada; ma se uno non prende neppure la falsa strada, non arriverà al precipizio che sarebbe, il precipizio, il peccato mortale. Quindi la religiosa fervorosa che odia il veniale vivrà nella serenità. Certamente cammina su una via che è quella che conduce al paradiso, quindi ha già con sé la speranza, la certezza.
La vita religiosa, infatti, ha con sé una certezza di paradiso, sì, perché è su un piano diverso da quello che è il piano della vita cristiana, è un piano più elevato. Sì, un piano più elevato, [in] quanto cioè, oltre a ciò che è strettamente comandato o strettamente proibito per non andare nell'inferno - non si è su questo piano qui - che è l'osservanza dei comandamenti soltanto, dei doveri gravi di stato... Il religioso si è messo sopra un piano che si chiama: "stato" di perfezione. Quindi è solo che può guadagnare un po' di più o un po' di meno. Temere il purgatorio, oltre al timore dell'inferno: confige, Domine, carnes meas, a iudiciis enim tuis timui1: Signore, penetra l'anima mia col santo timore. Timore di che cosa? Timore di Dio, timore del peccato. Dio è buono.
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Quante sono le cause per cui si può andare in purgatorio?
Prima causa su cui si può fare l'esame di coscienza, prima causa: mancanza della penitenza, trascuranza della penitenza.
E cioè, quando noi commettiamo il peccato, abbiamo un debito di pena e di colpa. Se ci accostiamo alla confessione pentiti, resta scancellata la colpa. E la pena? La pena a misura del dolore, scancellata. Ma normalmente, o almeno, per lo più, le anime non hanno tanto amore per cui venga scancellata anche la pena. Santa Maria Maddalena, col suo grande amore, allora ha ottenuto: «le son perdonati molti peccati perché molto ha amato»1. Ma, commesso il peccato, il peccato porta con sé una pena. Abbiamo soddisfatto la lingua e bisogna che sia mortificata dopo, che faccia la penitenza; abbiamo usato liberamente degli occhi, bisogna che dopo faccian la penitenza, che non si guardi tutto quel che si vorrebbe guardare, e che gli occhi si adoperino per leggere le cose di Dio, ad esempio, per guardare l'Ostia, per guardare le cose che si devono guardare come ufficio e per la vita quotidiana. E se si è ascoltato la mormorazione di una sorella, e l'orecchio dovrà pur fare la penitenza: cantar le lodi di Dio, non ascoltare più mormorazioni e, d'altra parte, ascoltar la parola di Dio anche quando non si ha voglia; ascoltare anche gli avvisi, le sgridatine e le osservazioni, i consigli delle persone che ci vogliono bene, in particolare di chi guida e del confessore e del predicatore.
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Il peccato è una soddisfazione. Se è una soddisfazione, dopo bisogna fare il contrario, cioè, la mortificazione. Se ha mancato il pensiero in cose inutili, vane, magari contro l'umiltà, contro la carità, contro l'obbedienza, ecc., e dopo è la mente che deve far la penitenza: quando vai in chiesa, concentra la mente in Dio, non vagare, quando puoi; è vero che tutti andiam soggetti alle distrazioni, ma se anche ci accorgiamo della distrazione che non è volontaria, ci rimettiamo a posto. Quindi la penitenza della mente: studia il catechismo, ascolta la predica, gli avvisi; medita le cose divine, fa buone letture, la meditazione sia attenta; ecco si fa la penitenza del peccato che si è commesso con la mente acconsentendo a pensieri inutili, vani, mondani e, forse, contro l'obbedienza, contro la carità, contro lo spirito di fede, ecc.
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E se è il cuore che è andato di qua o di là? Ma quel cuore, adesso, solo a Dio, se vuol far la penitenza, se no: purgatorio e fiamme. Cuore: troppe amicizie, troppe preferenze, attaccamenti. Son già religiose e vivono ancora di pensiero, di sentimento come fossero in famiglia. Ma domando un po', una volta: siamo di Dio o abbiamo ancora altro? Come, di chi siamo? A chi ci siamo donati? Ma, donati propriamente con l'espressione: «Tutto mi dono, offro e consacro?»1. «Chi ama suo padre e sua madre più di me, non è degno di me»2 - dice Gesù -. Persone che non capiranno mai su questo punto. E persone che la Professione la fanno in modo superficiale, e particolarmente superficiale nel corso della vita, perché quel cuore, quel cuore come va?
Il libro: La via della perfezione semplificata3 dice di interrogarci spesso: cuore mio, adesso dove vai? Quali sono i sentimenti che hai? Come un brevissimo esame di coscienza consiglia, quel libro preziosissimo.
Allora, peccato veniale, detestarlo; ma [occorre fare] la penitenza dei peccati commessi. E se la lingua ha parlato troppo, parli di meno, parli a posto, parli a tempo, parli saggiamente: loquetur sapientiam4; il giusto, il savio parla in sapienza.
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Secondo, si [va] al purgatorio per peccati veniali, per peccati ancora da scontare.
Peccati veniali sono quelli che o non sono pienamente consentiti o pienamente avvertiti; è un pensiero che si è avuto nel dormiveglia, mezzo acconsentito, mezzo no; oppure il peccato veniale è perché non c'era lucidità di mente del tutto o non si comprendeva; peccato veniale può essere tale per la materia: una bugia non grave, perché se una bugia è grave... Quanti sono i peccati commessi su questo punto, quando si tratta di cosa che è necessaria a dirsi. E se uno diminuisce il numero: invece di tre, dire due, o dire una volta, e allora son bugie diverse; ma alle volte son bugie che non hanno questa gravità.
Peccati veniali possono essere coi pensieri di superbia, coi pensieri di invidia, coi pensieri contro la carità, contro l'umiltà, ecc.
Possono essere peccati veniali di cuore, quando c'è un piccolo attaccamento che non ha ancora raggiunto la gravità, ma è già un attaccamento a persona; quando c'è l'invidia proprio acconsentita; quando si conserva il rancore, non ci si parla più, qualche volta. E, ricevuto un avviso, con quella madre non si fa più pace. Perché? E perché ha toccato sul vivo. Se avesse toccato sul falso... se ti avesse toccato la mano che è sana, la tua mano, non fa niente, anzi è un atto di gentilezza; ma se, invece, toccandoti la mano, perché tu hai male a un dito, ti fa male... E generalmente ci si risente quando è proprio toccato il punto che duole.
Peccati veniali in parole: e bugie, e mormorazioni, e musi lunghi per cui non si vuol parlare, e lingua sciolta che si vuol parlar troppo. Eh, questa lingua, eh! Cosa dice san Giacomo di questa lingua? Inflammat rotam nativitatis nostrae1. E' un male il quale domina tanto la nostra vita, la lingua, troppo e inconsideratamente avesse a parlare e a parlar di ogni cosa, non importa che [ci] siano le più piccole che sentono. E no! E chi sa che impressione fai? "E ci si confessa". Ma il danno che è avvenuto a quella sorella o a quelle figliuole più giovani? Il danno.
Oh, il peccato veniale, poi, con le opere. E quando ci son piccole mancanze di obbedienza, piccole infrazioni alla povertà, piccole libertà di... magari di occhi, letture. Possono essere peccati veniali le negligenze nel nostro lavoro apostolico, nel nostro lavoro - voglio dire - di apostolato, come è l'ufficio.
Vi sono persone che sono superficiali negli esami di coscienza e allora vanno avanti ciecamente e commettono e tornano a commettere e ci si abituano e, fino a un certo punto, non danno più nessuna importanza a quelle venialità. E' abitudine. "Ebben, se io mi arrabbio, è perché il mio carattere è così". Eh! E bisogna correggerlo. E morire con queste venialità senza averle detestate, che cosa ci aspetta al di là? I debiti sono debiti, paghiamoli di qua che, mentre che paghiamo i debiti di qua, la penitenza che facciamo, per esempio tacere in certi casi, oltre che è pentitenza, aumenta ancora il merito. Ma al di là si soffre senza meritare.
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[Terza] ragione per cui si va nel purgatorio: la tiepidezza.
La tiepidezza si manifesta con la trascuranza nella preghiera e con la negligenza negli uffici, nei doveri che abbiamo, e si manifesta anche con le venialità acconsentite, come già detto. Tiepidezza. «Perché non sei né caldo né freddo, io ti rigetto. Fossi almeno freddo, ma tu sei tiepido»1. Il Signore Gesù ama le vergini, vuole dimorare nei loro cuori. Vuole stabilire la sua dimora nella tua anima e tu, indifferente a quell'amore di Gesù. Tiepidezza. E allora si pretende di entrar subito in paradiso, appena spirati? "Non lasciatemi in purgatorio". Ma se ci vai tu. "Non lasciatemi in purgatorio". Ma non andarci. E cioè: e tu, fa la penitenza; e tu, correggiti e,detesta quelle mancanze che saranno anche mancanze, alle volte, ben piccole, trascuranze, ma intanto evita il purgatorio. Non andarci e poi aspettare i suffragi. Non sappiamo quanto pregheranno gli altri per noi. Se non siamo così zelanti per l'anima nostra, pensiamo che proprio gli altri siano più zelanti di noi, per la nostra anima? Vivere in santo fervore, ecco.
Quindi, chi vive in santo fervore, in buona volontà, in impegni di emendarsi dei difetti e in desiderio vivo con propositi vivi di correggere i difetti - quanto si può, perché moriremo con dei difetti, ma almeno detestarli e combatterli -, allora, se noi abbiamo questo lavoro spirituale vivo, intenso, il male non è mai acconsentito, si cerca Iddio quotidianamente e ogni momento. E allora: Qui venit ad me non eiciam foras2: chi viene a me non sarà cacciato, dice il Signore, e quindi ci accoglierà subito in paradiso.
Questo desiderio di entrar subito in paradiso, sì. Non tanto per il timore delle pene, se siamo già un po' spirituali, eh? Perché, qualche volta, la spiritualità non domina ancor tutto l'essere e si temono più le pene che non il disgusto che si dà a Dio mancando. Ma se vi è il fervore e si teme proprio l'offesa di Dio e si combatte il male, il male non è acconsentito, anche se commettiam degli sbagli, dei difetti, e allora non tanto per il timore delle pene evitare il purgatorio quanto piuttosto il desiderio di arrivar subito ad amarlo perfettamente, il Signore, goderlo subito, ammirarlo, possederlo. Visione eterna subito, dopo questa vita così breve. Sì, aspirare…
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[Quarto.] Poi vi sono anche altre cause che portano al purgatorio: certi attaccamenti alle idee proprie, alle proprie abitudini. Gente incorreggibile. "Su quel punto lì non mi tocchino. Non mi chiedano quello. Là non voglio andare. Questo non è per me". Eh, ma questa volontà nostra, e questo opporsi alla volontà di Dio!
Il Signore, secondo la sua volontà suprema: è la gloria sua; e secondo la volontà suprema sopra di noi: che entriamo in paradiso. Ma se noi non vogliamo entrar subito in paradiso, perché continuiamo a essere attaccati alla terra, eh! Dovremo ben distaccarci, e distaccarci...
Il peccato veniale non condanna all'inferno, ma può portarci ad una lunga aspettazione, una lunga attesa: il purgatorio.
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Il purgatorio vuotarlo pregando per i defunti, specialmente, secondo le Costituzioni, quegli articoli che determinano quali sono i suffragi da farsi alle varie persone dell'Istituto. Sì, vuotarlo. Ma, in primo luogo, [evitarlo per noi]. Sì, in primo luogo.
E allora, questa sera, l'esame di coscienza:
[1.] Abbiam fatto la penitenza dei nostri peccati? e la facciamo?
2. Abbiamo una continua lotta contro il veniale o ci arrendiamo facilmente?
3. Si vive in gran fervore o in tiepidezza?
4. Vi sono ancora attaccamenti al nostro io, alle nostre idee, alla nostra volontà, alle nostre abitudini? e ai nostri comodi? e a tutto quello...
Religiosi che cercan di farsi un nidino tranquillo dove vivacchiano col loro amor proprio: non godono né Dio né il mondo: Undequaque patitur angustias1. Perché? Perché è proibito prendersi le soddisfazioni che si prendono i mondani e, d'altra parte, non godono Dio. E invece le religiose fervorose godono Gesù, la intimità di vita con Gesù. E come sono serene in ogni casa. Ci son delle persone che han delle espressioni che nascono proprio da un intimo amore del cuore.
Quando san Stanislao era accompagnato da un religioso per le vie di Roma, passarono davanti a una chiesa dedicata alla Madonna. E quel suo compagno si ferma un momento, lo guarda in faccia: "Ma senti, Stanislao, tu ami la Madonna?" Allora mise le due mani sul petto, guardò in alto: "Oh, se io amo Maria, è mia madre!" Eh! il cuore, il cuore di Dio.
Sia lodato Gesù Cristo
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1 * Nastro 51/d (= cassetta 109/a). - Per la datazione cf PM: «Chiediamo questa sera la grazia di detestare il peccato veniale». - Cf nostra nota in c93 e anche VV.
1 Imitazione di Cristo, I, 25,7.
1 Sal 118,120.
2 Cf Lc 7,47.
1 Formula della professione religiosa delle PD, Cost. (1960), art. 99.
2 Cf Mt 10,37.
3 Potrebbe essere il libro: La vita interiore semplificata. Parte II. La via, di GIUSEPPE TISSOT, Casa Editrice Marietti, 1928. (Opera già menzionata).
4 Cf Sal 48,4.
1 Gc 3,6.
1 Cf Ap 3,15-16.
2 Gv 6,37.
1 Imitazione di Cristo, I, 25,7.