Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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5. IL PARADISO*

Abbiamo già detto come il tempo pasquale sia il più adatto a ricordare il cielo, il paradiso. Gesù Cristo risuscitò da morte, Gesù Cristo ascese al cielo, siede alla destra del Padre e verrà a giudicare tutti gli uomini, a dare la sua sentenza finale ai buoni: «Venite, o benedetti dal Padre mio»1. Questo è il fine che Dio ci ha assegnato.
Il tempo pasquale deve quindi portare questi tre frutti: 1) aumento di fede nel paradiso; 2) ordinare di più la nostra vita al paradiso; 3) pregare per ottenere il paradiso, per avere le grazie necessarie per meritarlo.
Perché gli uomini cercano tanto la terra? Perché non pensano che c'è il paradiso. Dimenticano le grandi gioie che Dio ha preparato lassù per i buoni, e quindi: peccatacci, soddisfazioni della carne, dell'ambizione, attaccamento alle cose di questa terra; cercano la felicità qui, mentre si dovrebbe cercare altrove.
Particolarmente il religioso, la religiosa, dovrebbero pensare al paradiso e allora, tanti piagnistei, tante difficoltà scomparirebbero. La religiosa dice al Signore con la professione: Sulla terra non voglio niente, ma voglio te, o Signore, voglio il paradiso. Se una religiosa pensasse di più al paradiso, sarebbe più fervorosa, più virtuosa, più zelante.
E come si fa a trovare buone vocazioni, se non si presenta loro un vantaggio? Si dà facilmente la vita, si dà facilmente tutto, per guadagnare il Tutto, il Signore! Che cos'è poi il tutto di questa terra? Afflizione di spirito e nient'altro.
Pensando al paradiso avere in mente tre cose:
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1. Pensare che Gesù Cristo è asceso al cielo, perché ha compiuto la volontà del Padre. Pensare che il paradiso sarà la visione, il possesso, il gaudio di Dio; pensare che il nostro cuore sarà ripieno di gioia solo in paradiso, tanto ripieno da traboccare, perché Dio è infinito. Chiedere aumento di fede nel paradiso: «Credo, o Signore, ma aumenta la mia fede»2 nel paradiso.
Ci sono dei discorsi che sembrano fatti da pagani e invece sono fatti da suore. Si ha fede nel paradiso, tanto da recitare il Credo, ma poi si vive come se il paradiso non ci fosse, si cercano le piccole soddisfazioni della terra, le comodità.

2. Ordinare la nostra vita al paradiso: essere buoni negoziatori, pensare al premio che ci attende, al fine per cui siamo stati creati e ordinare ad esso tutta la nostra vita. Pensare al centuplo3che ci attende se facciamo quaggiù le rinunce che dobbiamo fare.

3. Pregare per ottenere aumento di fede nel paradiso: la fedeè un «dono di Dio»4. Vi sono due grandi verità da credere, non solo, ma da sentire: che vi è un Dio, da cui noi veniamo e a cui dobbiamo ritornare e questo Dio è rimuneratore5, lui ci darà il premio! Lavoriamo per lui e quindi per noi.
Perché alle volte si è così lente? Perché non si pensa al gran guadagno che possiamo fare, per noi stesse, facendo rendere al massimo ogni momento della nostra vita. Lasciarci dominare dal pensiero del paradiso. La religiosa che ricorda bene il paradiso, sarà sempre religiosa ferma, costante.
La religiosa che ha fede languida nel paradiso, che vi pensa poco, avrà poco fervore, poco zelo; e se anche lavora molto, sarà sicura di godere il frutto delle proprie fatiche? Fa come quei contadini, quei mercanti che lavorano molto, ma che per il cielo guadagnano poco, perché non è ciò che si fa che conta, ma la retta intenzione con cui si fa. Ah, come è saggia e sapiente la buona religiosa! Chiediamo al Signore questa saggezza, questa sapienza.
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* Meditazione stampata in sedicesimo, dopo la predica “Esigenze del nostro apostolato”, pp. 6-8. Non è indicato né il luogo né la data, ma il riferimento al tempo pasquale fa supporre che sia stata tenuta dal Primo Maestro a Roma in aprile, nell'ottava di Pasqua che nel 1953 ricorreva il 5 aprile. Il 13 aprile il Fondatore partì con la Prima Maestra per l'Oriente.

1 Cf Mt 25, 34.

2 Cf Mc 9, 24.

3 Cf Mt 19, 29.

4 Cf Ef 2, 8.

5 Cf Eb 11, 6.