Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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15. EVANGELIZARE PAUPERIBUS MISIT ME *

Corrispondo io al fine, anzi ai fini per cui ho abbracciato la vita religiosa? Fare due propositi: uno riguardante la santificazione, l'altro riguardante il secondo fine dell'Istituto.
Gli istituti in fondo in fondo sono tutti uguali, tuttavia vi è diversità tra quelli che uniscono l'apostolato alla propria santificazione, e quelli che osservano i consigli evangelici nella vita contemplativa. Vi sono poi diversità accidentali, e cioè la vita attiva impiegata in una maniera o in un'altra: missioni, scuole, ecc. Sempre [però] si tratta di portare l'umanità a Gesù Cristo. Si tratta sempre di portare Gesù, di predicare il Vangelo o direttamente o indirettamente, come i Gesuiti che fanno scuola nell'università di Tokyo.
A voi invece è dato direttamente in mano il Vangelo. Nella scuola le suore devono insegnare le scienze comuni, naturalmente possono sempre far entrare qualcosa della religione, e il loro esempio è già una predica; così quelle che sono negli ospedali qualche cosa possono sempre fare per lo spirito. Voi invece dovete portare direttamente il Vangelo. Gesù vi ha fatte partecipi della sua missione.
Che cosa venne a fare Gesù su questa terra? Lo dichiarò egli stesso. A dodici anni diede un saggio di quello che sarebbe stata la sua missione: parlare di Dio agli uomini, annunziare in se stesso l'adempimento delle Scritture. «Questa profezia oggi si compie, disse un giorno, il Padre celeste mi ha mandato ad evangelizzare i poveri e a riconciliare quelli che sono pentiti dei loro peccati»1. Evangelizzare i poveri significa portare la buona novella. Quale è stata dunque la missione
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che il Padre celeste diede a suo Figlio? «Evangelizare pauperibus misit me Pater».
Qual è la missione che la Chiesa affida alle Figlie di San Paolo? «Evangelizare pauperibus misit me». Andate e predicate secondo la vostra natura, secondo ciò che può fare la donna, la suora. Portare il Vangelo specialmente alle masse, a coloro che sono poveri della sapienza celeste. Del resto Gesù Cristo si è rivolto di preferenza ai poveri perché più ben disposti. Non è facile [infatti] far entrare il desiderio del paradiso in un'anima che sta bene di qua. [Alcuni] si contentano della terra e non pensano che la vita presente e tutto quello che ci è dato su questa terra è per il paradiso.
Avete la stessa missione di Gesù Cristo! La Figlia di San Paolo deve sentirsi piena di gioia, di riconoscenza. Maria diede a leggere al mondo il Libro eterno: Gesù Cristo. Le Figlie di San Paolo possono chiamarsi tutte Maria. Tutte portano Gesù Cristo e il suo Vangelo al mondo qualunque sia l'ufficio che ciascuna compie.
L'Istituto è per il Vangelo. Ciascuna può dire più ancora in particolare: Iddio mi ha mandata ad evangelizzare i poveri. Che cosa di più Gesù poteva fare per voi che darvi il suo ufficio e l'ufficio di Maria? Qualunque ufficio nella Congregazione è nobilissimo, fosse anche quello della sofferenza e del silenzio. Abbiamo tutti lo stesso ufficio: diffondere il Vangelo. Questo è l'ufficio che vi ha affidato la Chiesa e per cui siete state approvate definitivamente. Questo definitivamente vuol dire che la Chiesa vi accoglie e vi dice di andare a lavorare nella vigna del Signore: «Ite et vos in vineam meam»2.
Se tutti i membri del corpo fossero occhio o lingua, che cosa succederebbe? Ogni cosa al suo posto, ogni membro al suo posto! Che gran cosa è questa: togliere l'invidia, lo scoraggiamento che deriva dal pensare di essere in un posto inferiore. Che significa questo? Che abbiamo perso la testa, che non capiamo. È sempre lo stesso, è tutto lo stesso: far la superiora generale
o servire a tavola le vivande, purché si faccia per amor di Dio.
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Perché l'apostolato sia ben fatto, raggiunga il suo fine e sia meritorio, bisogna: 1) farlo con retta intenzione; 2) ci sia sempre un grado intenso di grazia, sempre uniti intimamente a Gesù; 3) compierlo benino anche materialmente; 4) e sia comandato. La superiora deve comandare perché le altre abbiano il merito dell'ubbidienza.

1. La propaganda sia preceduta da retta intenzione: non cercare la stima, l'approvazione, la simpatia altrui. Non andare troppo avanti né tirarsi indietro, essere semplici come la Madonna. Ella non si faceva troppo avanti come Madre di Gesù per averne onori, ma quando Gesù era sulla croce, stette là senza paura di farsi vedere come la Madre del condannato. Alle volte, quando stiamo «iuxta crucem»3 crediamo di fare così poco! Ma non capiamo proprio niente del Vangelo? Andando avanti negli anni, spesso si perde la luce. Pregare perché il Signore illumini la Congregazione: chi guida e le singole suddite.
Avete cercato con sacrificio di andare in Giappone, in India e altrove, ma ciò è cosa esterna, noi dobbiamo cercare di fare in modo che il nostro apostolato si diffonda in tutto il mondo e la sua voce copra quella del male. Consideriamoci tutti con molta umiltà. Siamo ancora tanto, tanto insufficienti nella nostra missione, c'è ancora troppo di umano!
Retta intenzione nel nostro apostolato. Sono mandata a portare il Vangelo nella maniera indicatami dall'ubbidienza. E forse che la Madonna ai piedi della croce fosse meno utile al mondo di quanto lo era, allorché dicevano a Gesù: «Beata colei che fu tua madre»4? Se non mettete le intenzioni di Gesù, che cosa fate? Dovete immedesimarvi in Gesù, il vostro cuore nel suo cuore, come il cuore di Paolo era il cuore di Gesù Cristo. Retta intenzione nell'apostolato! L'avete sempre questa intenzione del cuore di Gesù, in tutti gli uffici?

2. Che ci sia l'unione con Dio, il che vuol dire: ci sia moltagrazia, aumentarla per mezzo dei sacramenti, della obbedienza, della vita comune, ecc. Essere come S. Paolo, essere Paoline.
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Noi dobbiamo ricevere i comandamenti da Dio, ci sono coloro che hanno l'incarico di darli. S. Paolo andò a Damasco a sentire ciò che doveva fare, [poi] si ritirò nel deserto, pur avendo una gran voglia di predicare; e si mise a fare le stuoie. Ci volle in seguito l'ordine del cielo: «Mettetemi a parte Paolo e Barnaba»5. Far molto conto dunque dell'unione con Gesù, unione intima che ci rende efficaci, che dà valore alle opere nostre. Contare sulla grazia.

3. Fare le cose benino, con grazia, mettendovi l'intelligenza, la salute che si ha. Amare proprio ciò che si fa, non sopportarlo. Gesù scelse i patimenti, non li sopportò solamente.

4. Che tutto sia fatto in obbedienza. Non desiderare l'ufficio dell'altra: non sarebbe un desiderio secondo Dio. Non desiderare più una casa che un'altra. Dobbiamo desiderare solo questo, di fare la volontà di Dio, in qualunque forma questa si presenti, in qualunque ufficio. Vedere sempre che in fondo non vi sia un po' di pessimismo, di scoraggiamento: è il nostro io che non finisce di morire! Vedere se non riconosciamo ancora i nostri difetti e le nostre deficienze. Lo scoraggiamento nella vita religiosa è sempre molto dannoso e molto comune; perché le cose non sono andate come si pensava, come si voleva: ecco lo scoraggiamento! Ma no, pensiamo che il nostro buon Padre celeste nella sua sapienza e nel suo amore ha permesso o disposto le cose per il nostro bene.

Soprattutto rimanga ben impresso nella mente questo: «Evangelizare pauperibus misit me Deus!».
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* Predica, tenuta dal Primo Maestro alle superiore, durante gli Esercizi, [Roma] 15 - 24 settembre 1953. Fa parte del plico di quattro meditazioni in dattiloscritto di cui si parla nella nota dell'asterisco, meditazione precedente, n. 14. Nel dattiloscritto, fogli 3 (18x24), il titolo è “Evangelizare pauperibus mist me” (2° fine del nostro Istituto).

1 Cf Lc 4, 18.21.

2 Cf Mt 20, 4: «Andate anche voi nella mia vigna».

3 «Presso la croce».

4 Cf Lc 11, 27.

5 Cf At 13, 2.