Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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7. ASCOLTARE E METTERE IN PRATICA
LA PAROLA DI DIO
I passi per crescere nella vita religiosa
Domenica III di Quaresima, Meditazione, Castel Gandolfo, 1 marzo 19591

[«In quel tempo: Gesù stava scacciando un demonio ch’era muto. E, cacciato il demonio, il muto parlò, e] ne stupirono le turbe. Ma alcuni dissero: Egli scaccia i demoni in nome di Beelzebub, principe dei demoni. Ed altri, per metterlo alla prova, gli chiedevano un segno dal cielo. Ma egli, conosciuti i loro pensieri, disse loro: Ogni regno in se stesso diviso andrà in rovina e una casa cadrà sull’altra. Or, siccome dite che scaccio i demoni in nome di Beelzebub, se anche Satana è discorde in se stesso, come reggerà il suo regno? E se io scaccio i demoni per Beelzebub, in nome di chi li scacciano i vostri figli? Per questo i medesimi saranno i vostri giudici. Ma se col dito di Dio io scaccio i demoni, certo il regno di Dio è giunto fino a voi. Quando il forte guarda in armi l’atrio, è in sicuro tutto quanto possiede. Ma se viene uno più forte di lui e lo vince, gli toglie tutte le armi nelle quali confidava e ne divide le spoglie. Chi non è con me è contro di me e chi non raccoglie meco disperde. Quando lo spirito immondo è uscito da un uomo, va per luoghi aridi cercando riposo e, non trovandolo, dice: Ritornerò a casa mia da cui sono uscito. Quando vi giunge, la trova spazzata e adorna. Allora va e prende seco altri sette spiriti peggiori di lui, ed entrati, ci si stabiliscono. E l’ultima condizione di quell’uomo è peggiore della prima. Or avvenne che, mentre egli diceva queste cose, una donna, alzando la voce, in mezzo alla folla, gli disse: Beato il seno che
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t’ha portato, e il petto che hai succhiato. Ed egli aggiunse: Beati piuttosto quelli che ascoltano e mettono in pratica la parola di Dio»2.

Il Vangelo richiede una lunga spiegazione a commentarlo passo per passo. Noi raccogliamo, però, le ultime espressioni per farvi sopra la meditazione: Beati coloro che ascoltano la Parola di Dio e la mettono in pratica. Primo: la Parola di Dio bisogna ascoltarla; secondo: bisogna metterla in pratica.
Ascoltarla. Coloro che evitano di sentire la Parola di Dio: non vanno ad ascoltare le prediche, non vanno ai catechismi... commettono il primo errore. Chi invece volentieri ascolta le prediche, volentieri va al catechismo, chi volentieri legge la Scrittura, volentieri legge il Vangelo, legge le spiegazioni... in sostanza, chi vuole istruirsi nella religione, ecco, ama la Parola di Dio, l’ascolta volentieri la Parola di Dio, l’ascolta e la legge: l’ascolta quando è predicata, la legge quando è scritta.
Ma poi, in secondo luogo, si richiede che venga praticata: «Beati qui audiunt verbum Dei et custodiunt illud». Che venga praticata: e cioè che si faccia quello che insegna il Signore nella Sacra Scrittura, quello che insegna la Chiesa per mezzo dei suoi ministri, quello che viene scritto da coloro che vogliono istruirci nelle cose religiose - o sia di dogmatica, o sia di morale, o sia di liturgia -, o riguardino le virtù, riguardino i doveri dello stato, ecco: praticarle.
Questo è cosa che precisamente dobbiamo considerare perché, quanto ad ascoltare la Parola di Dio, non c’è dubbio che si fa volentieri da tutti i religiosi, da tutte le religiose; quanto poi a praticarla, ecco, si tratta di vincere difficoltà. Vi sono difficoltà che vengono da noi stessi, e difficoltà che vengono dal mondo, [e] difficoltà che vengono dal demonio.
Da noi stessi: per esempio la pigrizia, per esempio l’orgoglio, la sensualità, l’invidia... sono difficoltà che nascono da noi stessi; altre vengono dal mondo: i cattivi esempi che si
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vedono, le cattive massime che si sentono, le cattive abitudini di tante persone... l’abbassamento dei costumi, in sostanza. Quando si vede il male, quando si sente il male, quasi senza avvederci rimaniamo impressionati. Le anime delicate, al vedere il male si infervorano, per riparare il male stesso; e il male a loro fa ribrezzo: e allora contrappongono atti di amor di Dio e maggior diligenza nei doveri. Ma quelli che sono deboli sono impressionati, perché «mundus totus in maligno pósitus est»3[1Gv 5,19], lo spirito del mondo è tutto ispirato dal maligno, cioè dal demonio, lo spirito del mondo! Non che tutte le persone che sono nel mondo siano guidate dallo spirito cattivo, ma qui si parla dello spirito del mondo che è cattivo. Poi, vi sono le difficoltà che vengono dal demonio. Il demonio può tentarci e le sue tentazioni possono essere di vario grado, e abbiamo veduto le tentazioni che Gesù stesso ha subito da parte di satana, il demonio [cf Mt 4,1-11]. Il demonio continuamente circola, va in giro cercando chi divorare [1Pt 5,8], come si esprime san Pietro.
Perciò, noi a mettere in pratica la Parola di Dio troviamo difficoltà: difficoltà che vengono da noi, difficoltà che vengono dallo spirito del mondo, difficoltà che vengono dal demonio stesso che vuole la nostra rovina. Perciò ci vuole forza, ma la forza non è che possiamo averla sempre da noi: occorre la preghiera. Perché noi possiamo essere persone di carattere, persone di volontà risoluta - persone volitive, in sostanza -, ma quando si tratta di cose soprannaturali, allora ci vuole la grazia di Dio. Perché? Perché il demonio è forte, è astuto, ingannatore, e noi stessi siamo impastati di fango. Il Signore sa bene di che fango siamo fatti, quanta è cioè la nostra debolezza. Occorre allora molta preghiera.
Venendo poi alla pratica per questo Tempo di Quaresima, notiamo che è un tempo di purificazione, di penitenza. Mettere in pratica la Parola di Gesù: Fate penitenza [Mt 4,17; cf Mc 1,15], è sempre cosa in cui troviamo difficoltà: è ripugnante questa cosa alla nostra natura fragile. Fate penitenza, sì.
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San Giovanni Battista aveva predicato: Fate penitenza [Mt 3,2], e Gesù comincia la sua predicazione con la medesima parola4, quasi continuando la predicazione di Giovanni Battista: Fate penitenza!, ecco. La parola penitenza, dunque, suona dura ai nostri orecchi ma è parola di salute, è parola di santità, è parola di merito, è parola che è uscita dalla bocca di Gesù che ci vuole santi, ci vuole felici in Cielo; e le nostre mortificazioni avranno un premio eterno, sono tutte a nostro vantaggio. Ripugna come ripugna alle volte fare un compito di scuola o studiare una lezione, ma il fare i compiti di scuola e studiare le lezioni assicura la promozione, assicura che si può arrivare ad una posizione - ad una posizione cioè: o una carriera oppure ad uno stato di vita più elevato -. Ecco necessario che noi consideriamo che la mortificazione è tutta a nostro vantaggio.
Ora, parlando a voi: se volete proprio conformare tutto alla vita religiosa, questo è il tempo, perché, quanto a ciò che riguarda la povertà e ciò che riguarda la castità, non c’è dubbio che ci sia non solo la risoluzione ma la pratica, non solo la risoluzione di farlo, ma già si pratica, si compie. Vi sono alle volte tuttavia comportamenti e maniere di fare che non sono conformi alla vita religiosa, perché bisogna capirlo bene: la vita religiosa è vita di perfezione e non possiamo andare avanti con le imperfezioni... se no, non siamo religiose. Bisogna che non facciamo amicizia e l’abitudine alle imperfezioni, bisogna che noi conformiamo tutta la nostra vita allo spirito religioso, sì. Tutto il nostro parlare, tutto il nostro operare, tutto il nostro comportamento e tutto il complesso della giornata che venga uniformato alla vera vita religiosa. Non sono grandi mortificazioni da farsi, sono piccole ma sono tante, si può dire, continuate.
Che cosa allora si richiederà perché si arrivi alla perfezione della vita religiosa? Particolarmente si devono guardare alcune cose.
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Primo. L’obbedienza senza rispondere, senza chiedere il perché; capire l’obbedienza cieca, e cieca vuol dire senza che chiediamo spiegazioni, senza che noi rispondiamo quasi in tono di non accettare, oppure di far notare che chi ha comandato si è sbagliato: no... occorre tacere, magari, e quello che si è detto venga compiuto con cuore, volentieri. Ma non si poteva disporre diversamente?. Sì, forse! Però una volta comandato, quello è più perfetto per la vita eterna; e quello è proprio ciò che devono fare i religiosi, che non devono ragionare, non devono scusarsi, non devono rispondere così alla disposizione: di rispondere mostrando che si disapprova.
Ecco: perfezione. «Si vis perfectus esse» [Mt 19,21]: la vita del religioso, della religiosa, è proprio per essere perfetti, togliere le imperfezioni. In famiglia si poteva parlare a qualunque ora, non è vero? Ma nella vita religiosa si può parlare solamente in quei determinati tempi; ed anche quando si parla, in maniera rispettosa, parlare in modo di portare la serenità, non finire in discussioni. Mettiti d’accordo con il tuo fratello - dice il Vangelo - sollecitamente! [cf Mt 5,23-25]: che non si termini in discussioni amare così che poi magari si offenda la verità! Se il comando o l’osservazione finisce in una discussione, di spirito di obbedienza c’è ben poco, ben poco. Quindi, osservare il silenzio; e anche quando si parla, parlare in quel modo che non porti a discussioni o disgusti, ma in un modo pacifico, anche se si parla con le sorelle e una ha un’opinione, l’altra ne ha un’altra: poi si espongono le ragioni in calma, si sente volentieri quello che dice la sorella e poi ci si adatta quando si vede la ragione, se è una cosa libera - perché se fosse un comando, non si deve aspettare che si veda la ragione, si deve fare anche che uno non veda la ragione -; ma quando si vede la ragione, acconsentire volentieri alla sorella, quando si tratta di cose libere, cose che si possono veramente trattare liberamente.
Quindi la silenziosità, che è custode della carità nelle comunità. Dove si parla molto, si è molto imperfetti; dove si parla meno, si parla giudiziosamente, si parla convenientemente, la perfezione è molto più praticata, molto più vissuta.
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Così l’osservanza degli orari dal mattino, quando è dato il segnale dell’alzata, fino alla sera, quando si va a riposo, ecco: la osservanza degli orari, degli orari. Se si abitua la comunità in questa osservanza, come nella silenziosità, tutta la comunità si compone in un ordine, in un andamento regolare, e si diviene capaci poi di formare delle vocazioni; ma finché non c’è la vita religiosa di perfezione in Casa, il Signore non le manda perché non si educherebbero bene. Voi mettereste in collegio una sorella, in un collegio dove vi siano disordini? No, preferireste un collegio dove tutto sia ordinato. Così il Signore, che è il Padre Celeste, manda le sue figlie dove verrebbero formate santamente, formate santamente.
La vita, dunque, religiosa non è la vita di famiglia naturale, è famiglia sacra, come era sacra la famiglia di Nazaret. È la vita di religione, non è come la vita di casa, in famiglia: è la vita comune, regolare; regolare vuol dire regolata: regolata in tutto, non solamente negli orari, ma nelle cose di pietà, nella distribuzione degli incarichi, nel comportamento vicendevole. Sì. Dev’essere in sostanza una vita di perfezione: che si tende a questa perfezione. Umili l’una con l’altra, premurose l’una dell’altra, cuore che comprende le sorelle, cuore conformato alla bontà; e in tutto l’amore della perfezione, in tutto: si dovesse anche soltanto scrivere una riga, scriverla bene. E come ognuna deve osservare la pulizia personale, così la pulizia personale dello spirito: mai pensieri inutili; la pulizia personale del cuore: mai sentimenti o di invidia o di orgoglio. Si deve osservare la bontà in tutto il dire, in tutto il parlare, sì, tutto conformato a bontà; e poi una grande generosità nelle cose, una grande generosità, sì.
Entrare poi nello spirito della vostra vocazione, vocazionaria, è certamente grazia grandissima; e questa si ha da meritare con la preghiera e con l’osservanza perfetta della vita comune, [l’osservanza] perfetta della vita comune. Già molti passi avete fatto, ma ne rimangono ancora tanti da fare, e allora prendere l’occasione della Quaresima per procedere avanti in questi passi [...].
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1 Nastro originale 52/59 (Nastro archivio 53b. Cassetta 53, lato 2. File audio AP 053b). Titolo Cassetta: “Beati quelli che ascoltano la Parola di Dio”.

2 Vangelo: Lc 11,14-28. Il brano, il cui inizio trascritto tra parentesi non risulta registrato, viene letto da una Apostolina, e citato liberamente dal PM all’interno della meditazione.

3 «Tutto il mondo sta in potere del Maligno».

4 L’espressione latina a cui il PM si riferisce è: «Poenitentiam agite». La traduzione dal greco che ora solitamente si utilizza è: “convertitevi".