Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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6. SANTIFICARE LA QUARESIMA
Obbedienza, carità, lavoro spirituale
Domenica II di Quaresima, Meditazione, Castel Gandolfo, 22 febbraio 19591

Lettura del Vangelo.

«In quel tempo: Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni suo fratello, li condusse sopra un alto monte, in disparte. E si trasfigurò in loro presenza, e il suo viso risplendé come il sole, e le sue vesti divennero bianche come la neve. Ed ecco, loro apparvero Mosè ed Elia a conversare con lui. E Pietro prese a dire a Gesù: Signore, è un gran piacere per noi lo star qui: se vuoi, ci facciamo tre tende, una per te, una per Mosè ed una per Elia. Mentre egli ancora parlava, ecco una lucida nube avvolgerli: ed ecco dalla nuvola una voce che diceva: Questo è il mio figlio diletto, nel quale mi sono compiaciuto, ascoltatelo. Udito ciò, i discepoli caddero bocconi per terra ed ebbero gran timore. Ma Gesù, accostatosi a loro, li toccò e disse: Levatevi, non temete. Ed essi, alzati gli occhi, non videro altri che Gesù. E mentre scendevano dal monte, Gesù, comandando, disse loro: Non parlate ad alcuno di questa visione, finché il Figlio dell’uomo non sia risuscitato dai morti»2.

Qui è narrata la Trasfigurazione del Signore, sul monte, alla presenza dei tre discepoli prediletti: Pietro, Giacomo e
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Giovanni. La festa della Trasfigurazione si celebra in agosto3, ma qui noi abbiamo da meditarla per ricavarne preziosi insegnamenti, specialmente per la Quaresima.
Gesù sapeva che si avvicinava la sua passione e che egli sarebbe morto sulla croce; e allora, prevedendo che gli apostoli si sarebbero sconfortati, scoraggiati, volle dare un segno della sua divinità. Gli apostoli, quando l’avessero veduto patire e morire, avrebbero dubitato se egli fosse veramente il Messia, se egli fosse Dio fatto uomo per salvare l’umanità. Essi avevano in mente ancora che Gesù avrebbe stabilito un regno temporale. Per prevenirli, Gesù volle dare questo segno della divinità, prendendo a parte i tre discepoli e trasfigurandosi sul monte: E le sue vesti si fecero bianche come la neve e il suo volto risplendente come il sole"; e apparvero, accanto a Gesù, Mosè, che rappresentava la legge antica, ed Elia, che rappresentava i profeti; mentre che Pietro rappresentava la fede in Gesù Cristo, e Giacomo la speranza operosa, e Giovanni rappresentava la carità. Gesù si mostrava così come al centro tra l’Antico Testamento e il Nuovo Testamento, la Chiesa.
Voleva Gesù dire che, se andava a patire e morire, la gloria che lo attendeva in Cielo sarebbe stata proporzionata, una gloria che superava ogni angelo e ogni santo, sì. Così noi abbiamo da considerare che se sulla terra vi sono dei sacrifici da compiere, se dobbiamo imitare Gesù sofferente, paziente, crocifisso, dobbiamo però pensare che dopo lo seguiremo nella gloria, nel premio. Brevi sono le sofferenze, le fatiche sulla terra, ma il premio è eterno. Non sono paragonabili le sofferenze alla grandezza del premio: poco è soffrire, molto è poi il godere, il godere che sarà eterno [cf Rm 8,17-18].
Questo ci serve specialmente, ho detto, per la Quaresima: le mortificazioni che sono riparazione dei peccati; le mortificazioni che ci servono ad una maggiore santità; il compimento dei nostri doveri; le mortificazioni, poi, che il Signore richiede da noi, non sono dei lunghi digiuni da estenuarsi come conducono e fanno le suore di clausura; neppure, le mortificazioni
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[per noi], impongono delle preghiere eccezionalmente lunghe, né flagellazioni4. Non vi sono penitenze straordinarie, però le penitenze che abbiam da compiere, ecco: l’obbedienza, la carità vicendevole, l’operosità, il lavoro, l’apostolato; poi il voler fare qualche passo nella virtù, nella santità, sì.
Santificare la Quaresima prima con l’obbedienza: sottomissione. Voi sapete che cosa dicono le Costituzioni5 e sapete quali disposizioni andiamo ad amare: ecco, l’osservanza di questo che è nostro, che è determinato, che è voluto. L’obbedienza comprende anche l’osservanza dei comandamenti, sì. Poi comprende l’adempimento dei doveri che si hanno: ciascheduna ha i suoi compiti nella giornata... può essere un lavoro più manuale e può essere un lavoro più intellettuale; il compimento esatto dei nostri doveri, questo entra nell’obbedienza.
In secondo luogo, la carità vicendevole, la carità che è fatta di buon esempio vicendevole in primo luogo. Di buon esempio: esempio di umiltà, esempio di pietà, esempio di silenziosità, esempio di applicazione ai doveri, esempio di un retto uso del tempo, un retto uso del tempo...
Poi, tre, penitenza che noi abbiamo da compiere è, ancora, quello che riguarda il progresso nella virtù, il lavoro spirituale. Il tempo di Quaresima è il tempo di correggerci maggiormente: correggerci dalle freddezze, tiepidezze, dalle distrazioni, dalle divagazioni inutili, dalla tiepidezza nel pregare; correggerci da quello che può essere contro l’umiltà, contro le altre virtù, sì, particolarmente quello che può essere contrario all’umiltà. Poi stabilire in Casa come un santuario di virtù: tutte pie, tutte dedicate a mettervi in pace, tutte raccolte nel Signore, poche parole e molti fatti [...].
Voi potete anche dire che siete poche, ma non è il numero, è la santità! Perché potrebbero essere cento [persone] e poco edificanti e che presso Dio contino poco, e possono essere cinque che sono edificanti e che presso Dio hanno un potere
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nel pregare. Oh, se vi faceste sette sante! Altroché andrebber così lente...! Sì, un lavoro spirituale intenso: che il Signore, contemplando questa Casetta, veda che vi è come una gara di virtù, di bontà, di umiltà, di fervore!
Quando il Padre Celeste dal Cielo volgeva il suo sguardo, diciamo così, sopra la casetta di Nazaret, che era più piccola della vostra, c’erano dentro tre Santissime Persone: Gesù, Giuseppe e Maria. Persone sante, piene di piaceri6, di cui7 il Padre Celeste, guardando questa casetta, si compiace.
Siccome però voi siete in condizione8 un po’ particolare, bisogna anche che facciate un passo avanti, che vi correggiate vicendevolmente nei difetti. Qui in questa Casa ci sono due sorelle [e] tre sorelle9: è più difficile tra persone di tale parentela progredire sotto un aspetto, è un po’ più difficile, ma questo sarà anche più meritorio. Avete lasciato la famiglia e non bisogna più ragionare come in famiglia, non bisogna più passare la giornata come in famiglia! Eh no, qui è famiglia religiosa! Magari in famiglia si tardava ad alzarsi, ma qui bisogna che ci sia la prontezza. In famiglia non c’era un orario esatto, qui bisogna che ci sia l’orario esatto nelle cose. Certo, in famiglia potevano essere tanti i modi di parlare, di ragionare umani, ma voi avete impegnato la vostra parola di voler essere generose, di voler esser sante10, a essere religiose; non persone di famiglia, soltanto di famiglia buona, come eravate... ma religiose: di famiglia santa!
Avete da fare dei buoni passi e la Quaresima è il tempo più facile.
Vi benedico: ora che possiate fare così, fare penitenza... Sì, puoi fare questo impegno: la vera vita religiosa... fare il passo, ecco11.
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Per vestire le Figlie di San Paolo, mi pare che ho tardato dieci anni, mi sembra, circa12. E dicevo sempre: Vestitevi delle virtù, non vantatevi suore soltanto di abito; quando avrete le vere virtù, i veri abiti virtuosi... allora la vestizione. Questo è l’impegno: allora siete vere religiose, vita conformata veramente ad una vita di religiose.
Vorrei che faceste voi questo passo, sì, che è molto importante; che non ci sia bisogno che venga un’altra, una suora già formata in mezzo a voi, perché se fate voi questo passo vi rafforzate molto di più; veramente vita religiosa: vi rafforzate molto di più, e poi vi orienterete più presto verso la vostra missione.
E il Signore vi benedica in questo impegno. Quaresima: la vita divenga religiosa. Così otterrete anche più facilmente, più presto, le grazie per la Madre e le grazie per suor Elisabetta13, perché possano ritornare presto nella Casa, nel santuario religioso. Santuario religioso: domicilio di virtù, domicilio di sante.
Sia lodato Gesù Cristo14.
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1 Nastro originale 52/59 (Nastro archivio 53a. Cassetta 53, lato 1. File audio AP 053a). Titolo Cassetta: “La trasfigurazione”.

2 Vangelo: Mt 17,1-9. Il brano viene letto da una Apostolina, e citato liberamente dal PM all’interno della meditazione.

3 La festa liturgica della Trasfigurazione era ed è tuttora celebrata il 6 agosto.

4 Il PM si riferisce alle consuetudini di molti monasteri in cui erano prescritti, durante la Quaresima, digiuni più austeri e penitenze, anche corporali, più rigide.

5 C '58, artt. 178-179.

6 Ossia: che compiono ciò che piace al Padre e si servono vicendevolmente.

7 Il PM dice: che.

8 Il PM dice: condizioni.

9 Delle sette novizie del primo gruppo, due erano sorelle di una stessa famiglia e tre di un’altra.

10 Le parole di questo periodo non sono del tutto chiare, sia per il pessimo audio sia per l’incespicare della voce del PM.

11 Questo paragrafo è incerto in più passaggi.

12 Le Figlie di San Paolo vestono definitivamente l’abito religioso nel 1928. Cf CATERINA A. MARTINI, Le Figlie di San Paolo, Roma 1994, pp. 156-157.

13 Vedi p. 33, nota 4. L'altra novizia menzionata, Elisabetta Mercuri, uscita in seguito dall'Istituto, era ricoverata in ospedale per un'operazione di appendicite.

14 Nel Nastro originale, dopo la risposta al Sia lodato Gesù Cristo, è registrato un breve colloquio tra il PM e le presenti che, per la difficoltà di comprensione dell'audio, per ora abbiamo omesso.