Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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31. IL METODO PER L'ESAME DI COSCIENZA
«Progredire un tantino ogni giorno»
Ritiro mensile, Castel Gandolfo, 19591

Per progredire nella virtù, nella santità, è un grande mezzo l’esame di coscienza. L’esame di coscienza che cos’è? L’esame di coscienza è una ricerca sopra di noi: se abbiamo fatto bene
o se abbiamo fatto male. Supponiamo che facciate scuola e date una composizione... e più: supponiamo si dà una traduzione di un tratto di autore dall’italiano in latino; poi si presenta il compito e la maestra fa l’esame, cioè legge proposizione per proposizione quello che è ben fatto e quello che è sbagliato: i diversi casi, supponiamo, i diversi tempi dei verbi, e poi anche la posizione delle parole… voglio dire la sintassi delle parole; e quando una proposizione è ben tradotta, ecco un bel voto, e quando vi sono degli errori si segna. Così è un lavoro di casa, e invece che su una traduzione può essere un componimento; dopo, il maestro, la maestra, leggono il componimento che si presenta e vedono se si è osservata la grammatica, se si è osservata la sintassi, se i pensieri sono buoni, sono giusti, eccetera… e segnano gli errori e vanno avanti in quello che va bene: quello è una specie di esame sul lavoro fatto.
Ora l’esame di coscienza è proprio questo. Noi nella giornata, dal mattino alla sera, facciamo un lavoro: e la levata, e la preparazione a venire in chiesa, e la Messa
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che si sente, la meditazione; e poi si passa ai vari uffici, ai vari impegni che si ha [da fare] da ciascuna; e c’è la ricreazione e c’è la colazione e c’è tutto il complesso delle occupazioni. Si passano in rassegna: ciò che è stato ben fatto e ciò che è invece mancato. L’esame di coscienza vuol dire: passare in rassegna le cose fatte nella mattinata o nella giornata e segnare quello che è andato bene e mettere una crocetta su quel che è andato male, cioè uno sbaglio; e quindi l’esame di coscienza non è solo la ricerca del male… L’esame di coscienza è il passare in esame il lavoro fatto: dalla mattina appena svegliati se si è offerto il cuore a Dio, venire avanti… supponiamo: se si fa l’esame di coscienza nella Visita, venire avanti fino alla Visita… come si è fatto: e se si è fatto bene, ecco, si ringrazia il Signore; e se si è sbagliato, si chiede perdono al Signore.
Quindi l’esame non è solamente per cercare il male. È per vedere come abbiamo fatto: per constatare il bene, ringraziando il Signore per quel che il Signore ci ha dato di grazia di fare; e se c’è stata una nostra mancanza, per chiederne perdono al Signore e conchiudere sempre: Ora farò ancor meglio, ecco, farò ancor meglio. Quello è esame di coscienza! È la ricerca che si fa sopra il lavoro fatto, cioè sulle azioni della giornata: se sono state buone, ben fatte le azioni, o se sono state mal fatte.
Ma non solo un lavoro esterno: non si fa solo l’esame di coscienza se uno, supponiamo, ha fatto bene la pulizia! Ma si fa l’esame di coscienza: i pensieri che ha avuto, le intenzioni che ha avuto… è nell’interno. Se uno avesse dei pensieri buoni, sì, sia benedetto il Signore! Se uno ha avuto dei pensieri che non fossero buoni e li ha acconsentiti, eh!, domandar perdono al Signore!
È una ricerca l’esame di coscienza, l’esame. Come se si dubitasse se uno ha il sangue buono o cattivo: e il medico fa un provino del sangue e poi fa l’analisi, cioè fa l’esame del sangue, se è buono o se è difettoso; oh, se fosse cattivo e se difettasse, supponiamo, di un certo elemento, allora la cura è di metterci in quel sangue, ecco, l’elemento che manca. Così è l’esame di coscienza.
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Vi sono persone che invece si affannano solo a trovare il male: no. Ho studiato bene? Ecco: se mi sono raccolto nello studio e l’ho offerto a Dio, ho chiesto la sua grazia e la sua luce, e poi se mi sono applicato, ecco. E se la cosa è andata bene: Deo gratias2, ti ringrazio, o Signore; e se la cosa non è andata bene: Gesù mio, misericordia3, oppure alla fine si dice l’Atto di dolore4. Quindi l’esame è una ricerca se le nostre cose sono ben fatte, se piacciono a Dio, oppure hanno dei difetti.
E siccome sappiamo già più o meno quali difetti noi commettiamo, perché ci conosciamo già un poco, conosciamo un po’ le nostre tendenze, allora l’esame di coscienza è specialmente per fermarci sopra quei punti. Se... supponiamo che uno avesse la pigrizia, eh, si esamina sopra quello; se invece uno ha la vanità… se uno ha in sostanza uno dei sette vizi capitali, si esamina specialmente su quel punto lì: superbia, avarizia, ira, invidia, lussuria… fino alla pigrizia; e può aggiungere anche altri punti. Sì. Questo è l’esame di coscienza.
Non aver paura di trovare il bene, anzi, proprio lì dovrebbe essere il frutto dell’esame di coscienza: ho migliorato? ho peggiorato? Il confronto fra la giornata di oggi e la giornata di ieri; poi, se vado a confessarmi, fra la settimana passata, adesso, settimana in corso, settimana che finisce rispetto alla settimana antecedente; e nel ritiro mensile confrontare un mese sull’altro, cioè il mese ultimo con il mese antecedente; così in un anno: si confronterà un anno con l’altro negli esercizi spirituali. Allora si vede se si progredisce, se si progredisce, se si va avanti, [si] progredisce almeno un tantino ogni giorno5.
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Questo si può fare a memoria o si può scrivere, si può fare a memoria o si può scrivere. Qui nel libretto6 che avete davanti, vedete che c’è a sinistra: lunedì, martedì, mercoledì, giovedì, venerdì, sabato e domenica; e poi si fa il totale. Al lunedì vi son due spazi, non è vero? Sotto il numero uno. Nel primo si possono mettere le vittorie che si son riportate - supponiamo: cacciato via le distrazioni - e nel secondo, invece, [le sconfitte:] seguito la tentazione. Il primo può essere segnato da una crocetta, e acconsentita la distrazione da un meno", che indichi il meno". Però i segni, perché nessuno, trovando il libretto, possa capire di cosa si tratta, è sempre meglio che ognuno abbia i suoi, in maniera che gli altri non capiscano che cosa ci sia. Oh! Il libro, cioè il libretto, vedete che ha I, II, III… in numeri romani [che indicano] allora: prima settimana, seconda settimana, terza settimana, quarta settimana, quinta settimana - il mese non ha mai cinque settimane proprio intere, ma almeno quattro e un poco -. Poi alla fine si fa il totale che si è al ritiro mensile: in sostanza in questo mese ho riportato, supponiamo, trenta vittorie oppure ho avuto dieci sconfitte. Si fa il totale alla fine della settimana, nella prima colonna alla settimana; e prese tutte le colonne assieme, hai il risultato del mese. Questo [quadernino] però non è fatto come avevo indicato e facevo stampare e ancora stampano. Oh, naturalmente che per segnare ci vuol sempre un matita appresso, eh!
Per che cosa voglio dire che occorre completare? Il nostro progresso dipende da due disposizioni. Dalla preghiera: se preghiamo molto; e dalla volontà: se abbiamo volontà buona. E allora qui in principio facevo mettere sempre, e metterlo
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sopra, un voto: ognuna si desse il voto sulla preghiera. Supponiamo, la preghiera mia stavolta è stata molto buona: dieci; oppure è stata meno buona: otto; o è stata svogliata: sei… darsi il voto! E così della volontà, perché vi sono dei giorni di svogliatezza: ognuna bisogna che si esamini, eh! Per progredire bisogna che io da una parte abbia buona volontà e dall’altra parte che abbia la grazia di Dio. Quindi, segnare con un voto il grado di buona volontà, segnare con un altro voto la qualità o la bontà o minor bontà della mia preghiera. Se uno ha buona volontà, progredirà sempre un poco; se uno ha svogliatezza, non riuscirà. Se uno non prega, non va avanti; se uno prega, va avanti. Quindi, sempre avere presente questo.
E allora che cosa si ha? Lunedì, supponiamo che ci son state vittorie e ci son state sconfitte; così al martedì: ci son i due posti da segnare; mercoledì… giovedì… e alla fine si fa il totale. Allora si può fare il paragone: ieri, supponiamo, è stato sabato, è stato segnato da alcune mancanze; oggi, domenica, come è stata la giornata? Come il dì7? E alla sera ci si può domandare: oggi la mia giornata è stata migliore di ieri? E così: la settimana mia è stata migliore della settimana mia antecedente? Eccetera… Così il mese.
Tanto che, preparandosi poi alla Confessione, ognuno dovrebbe pensare: primo, come è stata la mia volontà? Secondo, come è stata la mia preghiera? Perché, se la preghiera è stata scadente, si sa già che se ne sono commessi di più di difetti. Noi tanto togliamo alla preghiera e tanto togliamo al nostro progresso, e quanto più mettiamo alla preghiera e tanto mettiamo di più di progresso.
Quindi ai nostri ragazzi insegniamo sempre [che] quando vanno a confessarsi prima di tutto devono dire, i ragazzi: Questa settimana ho progredito? Ho sempre avuto buona volontà o meno? Ho pregato bene o meno? Non ho progredito? Sono andato indietro?, secondo i casi.
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Sempre rendersi conto se si va avanti. Supponete che abbiate da studiare la storia, il libro della storia o il libro della geografia: questa settimana è un capitolo, sì, la settimana dopo sarà un altro capitolo, e un altro capitolo… bisogna, [andando] avanti nel libro, alla fine saper di più la storia. Così nella condotta morale, nella condotta spirituale, bisogna che noi non stiamo sempre allo stesso punto: non possiamo, questa settimana, essere stati buoni solo come la settimana antecedente; c’è stato altro tempo, c’è stata altra grazia di Dio, abbiamo avuto altro modo di perfezionarci. Gesù è stato con noi mica per restare solamente con noi… per aiutarci! Abbiamo avuto più aiuti dal Signore.
E il Signore ci dà le giornate per che cosa? Perché progrediamo: Gesù «proficiebat sapientia et aetate et gratia» [Lc 2,52], progrediva in sapienza e in età e in grazia …quindi contemporaneamente. Età: ogni giorno si acquista un po’ di più di tempo della vita, finché dopo 365 giorni abbiamo un anno in più. E se abbiamo un giorno di più, se abbiamo una settimana di più, un mese di più, un anno di più, dobbiamo anche aver acquistato più sapienza e più grazia, cioè più santità; più sapienza per esempio, nel far le cose. Oggi non si può far solamente bene le cose come le facevamo un mese fa: oggi bisogna che abbiamo migliorato un po’ e che abbiamo imparato alcune cose meglio.
Ecco che allora uno si controlla, vede se stesso come opera: «Attende tibi»8[1Tm 4,16] - san Paolo si esprime così -, bada a come fai!
Altrimenti vi sono delle persone che sono sempre svolazzanti, cioè sempre distratte. Cosa fanno? Né badano a quel che pensano - non regolano i loro pensieri -, né badano a quel che dicono - non regolano la loro lingua, non sorvegliano la loro lingua -, né badano se una cosa riesce bene – qualsiasi cosa è male -, se uno fa uno strappo oppure se rispetta le cose. Vi sono persone le quali sono attente, delicate.
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E vedevo, quando ero direttore dei chierici9, [che] alcuni facevano durare lo stesso abito10 due anni e altri sei, ma [era] la stessa roba; eppure quel chierico aveva le occupazioni del suo compagno, un chierico aveva le occupazioni dell’altro chierico. Ma quanto c’è di diversità fra l’essere attenti, l’essere raccolti, badare a quel che si fa, badare - passando alle cose spirituali - a quel che si pensa, a quello che ci sta nel cuore, alle intenzioni che si hanno, all’applicazione che si mette, alle parole che si dicono, al modo di trattare con le sorelle! - fatte religiose, poi non vi direte più consorelle ma sorelle in religione, oh! -11.
Ognuno, chi è attento, a poco a poco progredisce e va avanti, e l’esame di coscienza è un aiuto.
Si fa l’esame di coscienza al mattino: Oggi prevedo che avrò queste difficoltà… ieri son caduto, supponiamo, in qualche atto di superbia; quest’oggi devo star attento su quel punto lì: quello si chiama esame di coscienza… dovrò, prevedo: si chiama preventivo questo esame. Prevenire, prevedere i pericoli: ieri con quella persona non ho ricevuto buon esempio; bisogna che oggi, se la rincontro, che non stia ad ascoltare le sue parole, oppure, se posso, che la schivi; e poi, veduto il bisogno che c’è, allora si fa la Comunione per quello. Se oggi voglio avere più carità, vado da Gesù, perché Gesù mi dia la grazia, mi illumini, mi tenga a posto la mente e a posto la lingua, ecco: e si fa la Comunione per quello, e si fa la meditazione per quello, la Visita, eccetera… Così è l’esame preventivo.
Dopo, nella Visita, si fa l’esame consultivo: come ho fatto? -e a che ora fate la Visita? Non tutte alla stessa ora, no? Fate
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tutte alla stessa ora?12 Sì, bene. E a che ora?13 Va bene -. E ci si esamina fino a quel punto lì. E nella Visita è l’esame principale, nella Visita è l’esame principale della giornata; poi alla sera si dà uno sguardo in genere su tutto il corso della giornata, ma proprio l’esame principale più lungo e che si ha più tempo [di fare], è nella Visita al Santissimo Sacramento: dove si può anche notare14, e poi si può eccitarsi di più al pentimento se si è sbagliato, chieder perdono; e se si è fatto bene, si è progredito, ringraziare proprio il Signore che ci assiste, che ci guida nella santità.
Perché la vita religiosa è per la santificazione… è per la santificazione! La vita religiosa è lo stato di perfezione - non è vero? -, in cui cioè si attende a santificarsi: quello è il primo fine. [Per] le suore, [di] qualunque Ordine siano e qualunque Congregazione, il primo fine è sempre uguale: santificarsi. E il secondo fine invece è particolare: può essere l’insegnamento in scuola e può essere la stampa, può essere che il fine siano le missioni e può essere che il fine della vita di quell’Istituto siano gli ospedali - supponiamo delle suore degli ospedali – eccetera… il secondo fine. Ma il primo è sempre la santificazione, che vuol dire l’ obbligo di farsi sante, di attendere alla perfezione, particolarmente con l’osservanza della povertà, castità, obbedienza, e nella vita comune.
Ecco allora l’esame di coscienza è così.
Ora, se cominciate ad adoperare il libricino... eh, vi provate! [Durante la Visita,] arrivata la fine del rosario, tutti tiravano fuori il librino dell’esame di coscienza con la penna, o meglio la matita, e segnavano15.
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Ma infine: renderci conto, renderci conto! Perché vi son persone che man mano che passano gli anni acquistano più difetti, e altri invece acquistano più virtù. Dipende se uno progredisce giorno per giorno, settimana per settimana, eccetera. Il proposito del nostro primo alunno, che è defunto, Vigolungo Maggiorino16 si chiamava, il suo proposito principale era questo: Progredire un tantino ogni giorno, un tantino, eh!, basta: perché non siamo buoni a far grossi passi, ma piccoli passi, però tutti i giorni un tantino… qualche piccolo passo.
L’esame di coscienza, con la Visita e la meditazione sono le tre pratiche che santificano le religiose; e c’è la Messa che è ancor più importante, c’è la Comunione che è ancor più importante, sì. Però, se uno fa bene l’esame di coscienza, bene la meditazione e bene la Visita, farà anche bene tutte le altre pratiche di pietà, il rosario e la Comunione, l’ascoltare la Messa, eccetera. Ma sopra questo punto, l’esame di coscienza…
Perché tante volte noi non vogliamo esser corretti: se ci dicono uno sbaglio, ci offendiamo, perché dovremmo trovar noi il difetto nell’esame di coscienza. È tuttavia utile che qualche volta ci dicano anche all’esterno, perché noi non ci conosciamo tanto bene, e tante volte commettiamo dei difetti di cui non ci accorgiamo: ma allora ci vuol la correzione. Però, se prima si è abituati a far l’esame di coscienza, il più dei difetti li troviamo noi, e poi il più del progresso, il cammino proprio nella via della santità, del progresso, lo faremo ogni giorno nella santità.
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Domandare sempre al Signore questa grazia di saper fare l’esame di coscienza.
Quando uno si abitua, poi cosa avviene? Talmente è abituato a guardare se stesso, che abitualmente pensa: Cosa dico adesso… va bene? Come dovrei fare adesso… va bene?. Uno è sempre poi attento su se stesso, sia ciò che ha nell’interno e sia ciò che 17fa all’esterno. Allora si dirà: uno raggiunge un alto grado di santità anche in breve tempo [...].
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1 Nastro originale 55/59 (Nastro archivio 61a. Cassetta 61, lato 1. File audio AP 061a). Titolo Cassetta: “L’esame di coscienza”.

2 Vedi AP 1958/1, p. 158, nota 5.

3 È una delle più comuni invocazioni rivolte a Gesù, attribuita a san Leonardo da Porto Maurizio, e pregata anche come giaculatoria (cf Enchiridion Indulgentiarum, ed. 1952, p. 32).

4 Vedi p. 59, nota 3.

5 Vedi p. 179, nota 16.

6 Si tratta di un taccuino apposito che veniva utilizzato nella Famiglia Paolina per l'esame di coscienza quotidiano, in cui venivano annotati i progressi (le vittorie) e le mancanze (le sconfitte). La copia conservata da sr. Nazarena De Luca, che ricorda ricevuta dalle Figlie di San Paolo, in formato 7,5 x 11 cm, contiene un centinaio di pagine, delle quali le prime in bianco; poi, quelle di sinistra sempre vuote e quelle di destra con la tabella che il PM spiega qui. Comunque, più avanti in questa meditazione, egli afferma anche che questo quadernino non corrisponderebbe del tutto a «come avevo indicato e facevo stampare e ancora stampano», poiché mancano gli spazi per mettere “il voto" alle disposizioni che riguardano la preghiera e la buona volontà.

7 Espressione incerta.

8 «Vigila su te stesso».

9 Ricordiamo che Don Alberione è stato direttore spirituale nel Seminario di Alba dall'autunno del 1908 al mese di luglio del 1920 (cf GIUSEPPE BARBERO, Il sacerdote Giacomo Alberione, un uomo - un'idea, Roma 1991

2 , p. 170).

10 Il PM dice: lo stesso abito durare, lo facevano durare.

11 Questo inciso del PM fa pensare che la meditazione sia precedente alla professione religiosa delle prime Apostoline; e quindi da datare certamente prima dell'8 settembre o della fine di giugno, quando 4 delle prime Apostoline furono mandate da Don Alberione a Torino, presso la SAIE.

12 Una voce risponde: sì.

13 Qualcuna sembra rispondere: alle 6 e 15; ma l'audio non è molto chiaro, perché è detto a bassa voce.

14 Equivale a: scrivere delle note, annotare.

15 Forse si riferisce ai “nostri ragazzi", ai quali aveva fatto cenno prima. Poiché la recita del rosario avviene nel terzo momento della Visita, è facile che essi annotassero al termine dell'adorazione i “risultati" dell'esame di coscienza, previsto nel secondo momento della Visita.

16 Maggiorino Vigolungo (Benevello/CN,1904-1918), dichiarato venerabile nel 1988, era entrato a 12 anni nella “Scuola Tipografica” di Alba per divenire un apostolo della buona stampa. Ad un anno dalla sua prematura morte, Don Alberione ne tracciò il profilo in una biografia pubblicata la prima volta nel 1919, che ebbe diverse edizioni e fu poi tradotta in più lingue. Egli scrisse che in Maggiorino la «diligenza negli esami [di coscienza] proveniva da un impegno: quello di voler “ogni giorno progredire un tantino". Questo era il suo proposito. Un compagno ricordava che un giorno gli disse: “Dobbiamo sempre andare innanzi: disgraziato chi si ferma"». GIACOMO ALBERIONE, Maggiorino Vigolungo, Aspirante all'apostolato Buona Stampa, (MVi), Roma 2008, p. 40.

17 Il testo che segue, non passato sul Nastro archivio, è ricavato dal Nastro originale. In qualche punto è incerto.