Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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21. AMARE DIO NEI FRATELLI
E AMARE I FRATELLI IN DIO
Domenica V dopo Pentecoste, Meditazione, Castel Gandolfo, 21 giugno 19591

[…] Quindi Gesù dice2: Avete udito che era vietato uccidere, ma io vi dico che sono anche vietati i pensieri contro la carità, adirarsi contro la carità, il dire parole offensive al prossimo", ecco. È difficile che si arrivi ad uccidere, ma è più facile che invece si arrivi a pensieri contrari alla carità, a giudizi temerari, che si arrivi anche a sospetti infondati; è più facile che si arrivi all’ira interna, al nervoso dispetto, alla gelosia, invidia; è più facile che si arrivi a dire parole contrarie alla carità, parole che possono offendere il prossimo - dice il Vangelo: dire stolto, ad esempio, sciocco -, ecco.
E poi è facile che si arrivi ad offendere la carità in piccole cose, in piccole occasioni, [in] piccoli difetti contrari all’amore al prossimo. Può essere [che] la causa sarà il nostro sentimento interiore, ma intanto questo nostro sentimento interiore può mostrarsi in parole aspre, in risentimenti, come poi può mostrarsi, questo nostro spirito interiore, anche nelle azioni: quando preferiamo costantemente noi agli altri anche in quelle cose in cui potremmo dare, ad esempio, la preferenza agli altri; fare e starci a servizio degli altri, e rispettare gli altri e dar buon esempio agli altri e pregare per gli altri, sì. Questa
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è la perfezione della legge nuova, del Nuovo Testamento oltre all’Antico Testamento.
E vediamo come Gesù voglia ed esiga questa carità verso il prossimo. Dice Gesù: Se tu sei lì per portare un dono al Signore all'altare, fare un’offerta, e ti sei ricordato che qualcheduno, che il tuo fratello ha qualche cosa contro di te, prima di dare il dono a me, va’ a riconciliarti con il fratello. Vuol dire che Gesù [tiene]3 di più alla carità nostra verso i fratelli che non alle offerte materiali. Noi potremmo portare i fiori a Gesù, potremmo aggiustare le candele sull’altare, le tovaglie, potremmo fare anche la pulizia della chiesa - tutti doni a Gesù - e non avere la carità nel cuore; e Gesù vuole che quanto veniamo a fare... che invece [di] questi doni, cioè queste offerte, questi lavori verso di lui, prima abbiamo nel nostro cuore già la pace con tutti.
Quindi la bontà, e quindi il perdono anche delle offese. Se il tuo fratello ha qualche cosa contro di te: vuol dire se tu l’hai offeso, l’hai disgustato, l’hai trattato male, ne hai detto male, ecco… allora, prima riconciliarsi con il fratello, riconciliarsi con il fratello, sì: domandare scusa. Come prima della Comunione bisogna che noi abbiamo il cuore mondo dal peccato, e quindi dobbiamo confessarci se non c’è nel cuore lo stato di grazia, dobbiam domandare perdono a Gesù, così prima della Comunione - se vogliamo che la Comunione abbia i suoi pieni frutti -, domandare scusa al fratello, domandare scusa alla sorella.
Vi sono persone le quali badano troppo a sé e poco agli altri, e quindi possono alle volte passare sopra ai diritti degli altri e far valere soltanto i propri, passare sopra le ragioni degli altri e far valere solamente le proprie ragioni. Guardare solo a noi e non guardare a quello che sono gli altri. No amare [così: è] finto amare Gesù se non si ama il fratello di Gesù, che è pure il nostro fratello4! Non si può amar Dio se non si amano i figli di Dio, che son tutti gli uomini. Amare
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Gesù nei fratelli e amare i fratelli per amore di Gesù. Amare Dio nei fratelli e amare i fratelli in Dio. Questa carità ha da essere ben studiata.
Notiamo bene che la perfezione del Vangelo è designata soprattutto poi in quelle altre parole, quando Gesù ci dà i due precetti della carità: tutto il cuore e tutta la mente e tutte le forze a Dio; il prossimo amarlo come noi stessi, eh sì, per amore di Dio, per amore di Gesù [cf Mt 22,37-39; Mc 12,29-31].
Oh! Vedere quindi come noi pensiamo del prossimo, quello che sta nel nostro cuore riguardo al prossimo, quello che è il nostro comportamento con il prossimo, quello che è il nostro modo di parlare del prossimo, o sia presente o sia assente. Sì, carità.
Se noi perdoniamo le offese, saremo perdonati dei nostri peccati: Rimetti a noi i nostri debiti come noi li rimettiamo ai nostri offensori, ai nostri debitori [cf Mt 6,12]. E se noi perdoniamo anche le offese piccole, anche se noi ci mostriamo più buoni con chi ci avesse disgustati, il Signore perdona anche le pene temporali e il purgatorio a noi, sì.
Quindi delicatezza, oh!, con il fratello, delicatezza. Qualche volta non si bada alle parole che si dicono e non si riflette che possono andare a ferire il cuore del fratello, il cuore della sorella. Ricordare certe cose o sbagli - per esempio - commessi […] da una persona o da un fratello, da una sorella, può essere che le rechi pena, disgusto nell’anima. Noi non sappiamo mai capire e considerare del tutto e capire del tutto il riflesso che ha una parola buona nel fratello, nella sorella, un buon servizio, una parola gentile, una prontezza nell’assecondare qualche suo desiderio che si può assecondare; e non sappiamo sempre capire la pena e la puntura che può cagionare in un’anima una nostra parola, la ferita che può lasciare nel cuore, e [che] a mostrare non può5 per lungo tempo, per lungo tempo. Ricordo che si era parlato poco bene degli antenati ad una persona, dei suoi antenati; antenati che avevano commesso degli sbagli. Quelle parole sono state come
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una ferita profonda nell’anima dei figli ai quali sono stati ricordati gli sbagli, gli errori, le colpe dei genitori: una pena profonda!
Noi abbiamo sempre da riflettere: la mia parola dove va a finire? quale effetto subirà in un’anima? e in chi le sente? Le parole di bontà alle volte incoraggiano tanto le sorelle e i fratelli; le parole di bontà: lo scusare anche i difetti commessi, gli errori che possono essere stati commessi o nel parlare o nell’operare, sì. Bontà, bontà…
Sant’Ambrogio6 era, in questo, tanto progredito che scusava anche i suoi nemici, chi voleva fargli del male e anche chi lo combatteva, e bastava poi che uno si mostrasse [in] un minimo pentimento perché egli lo abbracciasse7, e cioè lo perdonasse8. La sorella una volta gli fece osservare: Guarda che ti criticano in città, dicono male di te. E perché?. Dicono che sei troppo buono: anche che uno che sia stato il nemico più profondo, basta che dica una parola di pentimento e sei subito pronto a perdonargli anche le pene che meriterebbe per il suo male commesso. E sant’Ambrogio rispose: Direte così a coloro che mi accusano di troppa bontà, direte che io mi sono già impegnato tanto per essere molto buono, per imitare la bontà di Gesù: non ci sono ancora riuscito del tutto. Direte che preghino per me, ché stia più buono ancora, ecco. E in questa maniera lui ha convertito sant’Agostino9: con la bontà, con la pazienza. E quanto bene ha fatto ad innumerevoli anime, quante ne ha santificate! Sì, vale più un cucchiaio di miele per attirare le mosche che non un barile d’aceto10. Mettete un cucchiaio di miele… le mosche arrivano subito; mettete un barile di aceto… scappano! E così è riguardo a noi.
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Ah, sapessimo bene i segreti, i segreti e le vie per giungere alle anime, guadagnarle! È una scienza che si chiama pastorale; e ai sacerdoti novelli si impone un anno di pastorale, per capir le anime. Perché uno può essere sapientissimo, e non essere capace a comunicare, e non essere capace a guadagnare le anime.
Dunque, chiediamo sempre il gran dono della carità, della bontà! Poi, dentro, nell’intimità della vita comune, chiediamo di imitare la bontà di Gesù: Nessuno ti ha condannato?. Nessuno. E non ti condannerò neppure io: va’ e non peccare più! [cf Gv 8,10-11]… ecco tutto! Gesù ha perdonato con tanta larghezza e ci perdona ogni settimana, ogni giorno: perdoniamo agli altri come vogliamo essere perdonati noi.
Sia lodato Gesù Cristo.
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1 Nastro originale 48/59 (Nastro archivio 61b. Cassetta 61, lato 2. File audio AP 061b). Titolo Cassetta: “Sulla carità”.

2 Il PM commenta e cita liberamente nella meditazione il Vangelo della Messa del giorno: Mt 5,20-24. Non risulta registrata la prima parte della sua istruzione in cui, probabilmente, sarà stato letto il brano in italiano.

3 Pensiamo d'interpretare così l'espressione usata dal PM, perché l'audio risulta incomprensibile.

4 Il PM dice: che è il nostro pure fratello.

5 Espressione incerta.

6 Ambrogio di Milano (339 ca.-397), Vescovo e Dottore della Chiesa. Nato in Gallia da nobile famiglia e vissuto sin da piccolo a Roma con la madre e con i fratelli Satiro e Marcellina, ancor giovane divenne governatore delle province di Liguria ed Emilia; nel 374 i milanesi lo acclamarono Vescovo, pur non essendo ancora battezzato.

7 Il PM pronuncia all'imperfetto indicativo questo verbo e il successivo.

8 Cf PAOLINO DI MILANO, Vita di Ambrogio, 11-13; 22-24; 39.

9 Cf AGOSTINO D'IPPONA, Le Confessioni, V, 13, 23.

10 Proverbio della sapienza popolare di diversi popoli.