9-LA SPERANZA1* Conoscendo, per mezzo della fede, Dio e il paradiso, noi desideriamo di arrivare alla visione di questo Dio, a conoscerlo «faccia a faccia»2 «come egli è»3; e desideriamo quel paradiso che egli ci ha preparato; desideriamo, finalmente, di contemplare quel volto divino che tante volte noi abbiamo considerato, ci siamo immaginate, quando stiamo davanti all'ostia divina. Il paradiso.
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La speranza ha doppio oggetto e cioè: il premio eterno e le grazie per conseguirlo, questo premio eterno. Il paradiso, Gesù ce lo ha promesso. Le otto beatitudini sono otto promesse di paradiso: «Beati i poveri di spirito, perché di essi è il regno dei cieli. Beati quei che piangono, perché saranno consolati. Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia di Dio, saranno saziati. Beati quelli che soffrono, beati quelli che patiscono persecuzioni, il loro premio in cielo sarà grande»1.
Quando Gesù parlava dei bambini semplici e innocenti diceva: «di questi è il regno dei cieli»2. Quando Gesù stava per conchiudere la sua vita, la sua giornata terrena, si esprimeva così per consolare gli apostoli: «Vado parare vobis locum»3. Vado in cielo a preparare il posto anche per voi. Il paradiso. Sappiamo che questo è veramente l'ultimo articolo del «Credo»: credo la vita eterna. Sappiamo che Gesù, all'ultimo giorno, nel grande giudizio universale, conchiuderà la storia umana col «Venite, o benedetti, nel regno del Padre mio»4. L'invito ai buoni, a quelli che l'avran seguito: «justi, autem, in vitam aeternam»5: e i giusti andranno alla vita eterna.
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La nostra dimora quaggiù è breve; è destinata solamente, questa dimora, a dare una prova di fede, di amore e di fedeltà a Dio. Poi, seguirà il premio.
E quando si emette la professione religiosa il sacerdote dice: «Ed io, a nome del Signore, ti prometto, se sarai fedele, il centuplo e la vita eterna»1. Possederai la vita eterna. E questa promessa Gesù l'ha fatta agli apostoli e risuona per tutti coloro che intendono di dedicarsi all'amore a Gesù, all'imitazione di Gesù.
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Ma per conseguire il paradiso occorrono le grazie; occorre che noi possediamo anzitutto la grazia che giustifica, santifica, la grazia santificante, cioè, che siamo amici di Dio, che siamo suoi figliuoli, perché l'eredità del cielo è data ai figliuoli di Dio.
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Occorre anche che noi abbiamo la grazia attuale, cioè, quell'aiuto divino per cui possiamo praticare le virtù, praticar la vita religiosa, per cui possiamo vincere le tentazioni, il male e stabilire un'unione sempre più stretta col Signore.
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Nessuna nostra azione meriterebbe il paradiso, per sé, in quanto è fatta da noi, ma merita il paradiso perché Gesù ci aggiunge i suoi meriti, sì, dà, cioè, un valore soprannaturale alla nostra azione buona. Se non c'è la sua grazia: «sine me nihil potestis facere»1. Se non c'è questa grazia, cioè: «senza di me non potete far nulla», in riguardo al paradiso. Per questo è necessario che noi pensiamo che la nostra speranza è tutta appoggiata ai meriti di Gesù Cristo. Anche il bambino che muore dopo ricevuto il battesimo e prima di raggiungere l'uso di ragione, si salva per i meriti di Gesù Cristo, mica per i suoi che non ha potuto fare. E anche noi abbiamo sempre bisogno di questa grazia che elevi la nostra opera a merito soprannaturale. E questa grazia ci viene dalla croce, perciò le preghiere si conchiudono sempre: «per Christum Dominum nostrum», «per Dominum nostrum Jesum Christum», ecc.
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Il Signore ha promesso il paradiso ed egli è infinitamente fedele alle sue promesse. Diciamo sempre, fin dal mattino: «ora pro nobis sancta Dei Genitrix, ut digni efficiamur promissionibus Christi»1. Per esser degni delle promesse di Gesù Cristo. Rendiamoci degni. Dio è infinitamente fedele. E non egli ha promesso la grazia a chi lo prega? «Qualunque cosa chiederete al Padre, in nome mio, egli ve lo darà». «In verità, in verità vi dico: che tutto quanto chiederete in nome mio, vi sarà dato»2. «Picchiate, vi sarà aperto; domandate, vi sarà dato; chiedete, riceverete»3. Tante volte Gesù insiste sulla preghiera e promette che la preghiera sarà ascoltata.
Dio è onnipotente; non dubitiamo mai di questa sua bontà e neppure della sua potenza. Dice il salmo che colui che ha creato l'occhio, può anche vedere e può anche risanare l'occhio4.
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Ecco: noi abbiamo da considerare attentamente che cosa sia la vita ordinata all'eternità: «sobrie et juste et pie vivamus in hoc saeculo expectantes beatam spem et adventum Domini nostri Jesu Christi»1. Vivere nella giustizia, nella pietà, nella sobrietà, aspettando quello che ci è stato promesso: la beata speranza, quindi: «adventum Domini nostri Jesu Christi», quando egli verrà a giudicare i vivi e i morti, cioè i buoni ed i cattivi. E verrà a prendere i buoni e condurli al suo beato regno in cielo. Oh, contemplare, allora, già lassù gli apostoli e i martiri, i confessori, i vergini e tutti i santi.
Tutti siamo avviati verso quella città celeste, la celeste Gerusalemme. Camminiamo decisamente, appoggiati alla grazia di Dio, ogni giorno, anche se, qualche volta, quello che dobbiamo fare richiede sacrificio, pena: «Euntes ibant et flebant mittentes semina sua; venientes autem venient cum exultatione portantes manipulos suos»2. Camminando, cioè passando i loro giorni piangevano, cioè gemevano sotto la pena e sotto la fatica, ma alla fine ecco che arrivano portando i meriti che hanno guadagnato e arrivano in letizia: «Laetatus sum in his quae dicta sunt mihi: in domum Domini ibimus»3. Possiamo applicare: mi sono allietato in ciò che mi è stato promesso: andremo nella casa di Dio.
Avanti, - scriveva un superiore ad un suo sacerdote - avanti, ancor 12 o 15 anni di lavoro, poi «laetantes ibimus», poi partiremo lieti per il premio eterno. E non è stata così la sorte di tante suore e di tante vergini? le quali hanno scelto per sé Gesù, il loro sposo divino e finalmente ecco che si apre la porta del grande convito e possono entrare alle nozze eterne.
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La speranza. La speranza bisogna rafforzarla, in primo luogo. Rafforzarla con la preghiera. Che speriamo sempre di più; che la nostra speranza sia sempre più ferma; e che riguardo al paradiso sia certezza.
Naturalmente non dobbiamo pensare che il Signore ascolti ogni domanda che facciamo al Signore, perché alle volte facciamo delle domande che non son di vantaggio alla nostra eterna salvezza, alla nostra santificazione. Ma quando noi, invece, diciamo: «fateci santi» ecco, con la buona volontà il Signore non manca di infonder la grazia e saremo santi, saremo santi. Dire di cuore le preghiere, le domande che sono contenute nel «Padre nostro»1. Quelle sono le preghiere che Iddio esaudisce.
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La nostra speranza sempre più profonda, più sentita. Ma perché faccio questo? Per il paradiso. Perché lavori? Perché fai questo sacrificio? Non sarebbe meglio fare come fanno tanti altri, i quali cercano quaggiù le soddisfazioni, le consolazioni, cercano di evitar la croce? E la risposta sta nelle parole di san Francesco d'Assisi: «Tanto è il bene che aspetto, che ogni pena mi dà diletto». E quante persone tribulate; quante persone infermicce o anche gravemente ammalate; persone calunniate, contraddette, persone incomprese, le quali, pure nelle loro pene o interne o esterne o fisiche o morali, alzano gli occhi al cielo. Il paradiso. Un angolo di paradiso pagherà abbondantemente tutto.
Il pensiero di san Paolo: i sacrifici che facciamo sulla terra, il lavoro, le fatiche, non sono proporzionati al premio1, cioè, il premio sarà immensamente più grande. Un piccolo atto di virtù, una preghierina detta di cuore, un lavoruccio che gli uomini, magari, non considerano quasi per nulla; un'opera buona compiuta senza che alcuno la veda; un pensiero, un desiderio interno, un atto di amor di Dio interno, una battaglia interna vinta, sono, per lo più, cose di momenti e tuttavia il premio è eterno. Che sproporzione! fra il nostro piccolo sacrificio e il premio di durata eterna! Un istante merita un premio eterno. Allora: «aeternum gloriae pondus operatur in coelis»2.
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Per rafforzare questa nostra speranza: la preghiera Perché è infusa da Dio la speranza, e così l'accrescimento della speranza è infuso da Dio. Ma bisogna anche che cooperiamo noi e cioè, ci sforziamo di ricordare il paradiso. Al mattino, appena svegliati: ecco una giornata di lavoro per il paradiso; alla sera, lieti quando si va al riposo: ecco, ho preparato, ho qualche cosa per il paradiso, oggi ho lavorato per il paradiso; nelle fatiche maggiori: ecco, qui è l'occasione dei grandi meriti. Lavoriamo, lavoriamo, ci riposeremo in paradiso. Sì, più si pensa al paradiso e alla bontà di Gesù che ascolta le nostre preghiere e più si rafforza in noi la speranza dei beni eterni, dei beni spirituali.
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Secondo luogo, pregare con fiducia, fermamente, appoggiati all'onnipotenza di Dio, alle promesse di Dio, ai meriti di Gesù Cristo. Chi dubita, non riceve. Occorre questa speranza che noi chiamiamo, qualche volta, fede; ma si può dire con più verità: fiducia in Dio, fiducia in Dio.
Se il Signore ha promesso, se egli ha comandato di pregare, ci vuole esaudire, dunque; ci vuole ascoltare. E se egli stesso ci ha insegnato a domandare, quando ha detto agli apostoli: Allorché pregherete, direte così: Padre nostro che sei nei cieli, sia santificato il tuo nome, ecc.1 è segno che ci vuole ascoltare, che ci ha preparato le grazie, le grazie per tutti. Allora: pregare con ferma fiducia.
«Ma quelle tentazioni sono forti». E' vero. Alle volte son fortissime. Ma pregare e si vince.
«Ma a quella cosa non so sottomettermi». Pregare e si farà il sacrificio. Gesù nel Getsemani pregò, e pregò fino alla terza volta, vigilando per un'ora in orazione e conchiuse: «Non sia fatta la mia volontà, ma la volontà di Dio»2. «Alzatevi, andiamo incontro. Ecco che viene colui che mi tradisce»3. E andò incontro ai suoi nemici e dopo avere accettato pienamente la volontà del Padre, ecco le sue sofferenze dolorosissime in quella notte, in quella mattina del venerdì santo, in quelle tre ore di agonia, sulla croce.
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Ci spaventiamo, alle volte, delle difficoltà, ma questo dipende dal dimenticarci che il Signore non comanda cose impossibili, ma mentre comanda, ordina di fare quel che possiamo e domandare quello che non possiamo. Domandare. Pregare. Perché i santi han progredito tanto? e sono arrivati a quell'altezza di virtù? Pregando. Mica che fossero senza le tentazioni, senza le difficoltà, i sacrifici; mica che ricevere insulti ed essere disprezzati piacesse a loro, secondo la natura. Piaceva loro secondo la grazia, cioè per la grazia che avevano nei loro cuori, perché pregavano. E se pregò Gesù per iniziare la sua passione? Ecco, la stessa via abbiamo da seguire. Egli ci ha dato l'esempio. Pregare.
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E poi viene la terza cosa. Diciamo nell'Atto di speranza: «mediante le buone opere che io debbo e voglio fare». Per il paradiso bisogna lavorare. Il paradiso non è dei pigri. Bisogna pregare; bisogna faticare; bisogna esercitar le virtù: «Regnum Dei vim patitur, et violenti rapiunt illud»1. Il paradiso richiede forza e son quelli che si sforzano, i forti che lo conquistano.
San Paolo, alla fine, diceva: « Bonum certamen certavi»2. Ho combattuto la buona battaglia, ho conservato la fede, ho compiuto la mia missione, ecco, con l'aiuto di Gesù Cristo. Poi, il premio: «Reposita est mihi corona justitiae»3. Mi è stata preparata da Gesù Cristo, una corona di giustizia, la corona del cielo.
Così ogni religioso, si sostenga, si faccia coraggio, trionfi dell'amor proprio. Poi la corona eterna, «corona justitiae». E quante suore potete contemplare in cielo, che popolano il cielo. Vi hanno precedute. Camminiamo dietro i loro esempi. La strada che hanno tenuta è una strada che ha condotto alla eterna beatitudine, quelle suore. Così la strada che avete intrapreso adesso è la strada che conduce all'eterna beatitudine. Fedeltà e generosità mediante le opere buone. E queste, mediante la grazia che domandiamo continuamente al Signore. «Spe salvi facti sunt»4. Sono stati fatti salvi per la speranza.
Sia lodato Gesù Cristo.
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1 Esercizi Spirituali (14-23 marzo 1956) al gruppo formazione Pie Discepole del Divin Maestro in preparazione alla vestizione, entrata in noviziato, emissione dei voti religiosi Roma, Via Portuense 739, 17 marzo 1956 *
* (1)Nastro 3/b (= cassetta 5/a). - Per la datazione, cfr. PM: «La speranza ha doppio oggetto...» (cfr. PM in c125). - dAS (cfr. c96 e c125).
2 1 Cor 13,12.
3 1 Gv 3,2.
1 Cfr. Mt 5,3-12.
2 Mt 19,14.
3 Gv 14,2.
4 Cfr. Mt 25,34.
5 Mt 25,46.
1 Cfr. Mt 19,29.
1 Gv 15,5.
1 Cfr l'«Angelus» in Le preghiere della Famiglia Paolina, ed. 1965, p. 13.
2 Cfr. Gv. 16,23.
3 Cfr. Lc 11,9-10.
4 Cfr. Sal 93,9.
1 Tt 2,12-13.
2 Sal 125,5.
3 Sal 121,1.
1 Mt 6,9-13.
1 Cfr. Rm 8,18.
2 2 Cor 4,17.
1 Cfr. Mt 6,9-13.
2 Cfr. Lc 22,42
3 Cfr. Mc 14,42.
1 Mt 11,12.
2 2 Tm 4,7.
3 2 Tm 4,8.
4 Rm 8, 24.