Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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20-COME CAMBIARE LA VISITA EUCARISTICA1* IN APOSTOLATO
...come, in secondo luogo, la Visita eucaristica diviene apostolato. Gesù prega perché gli apostoli siano santi, essi si distinguano bene dal mondo, non abbiano, cioè, più i pensieri del mondo, i sentimenti dei mondani, né le parole, né le azioni di coloro che seguono il mondo. Col nome di mondo s'intendono tutte le dottrine false, tutti i sentimenti, i desideri, i vizi che costituiscono peccato e tutte le rivolte contro Dio, contro il Cristo e contro la Chiesa, o siano, queste rivolte, sociali o siano individuali.
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Prima far l'esame di coscienza sopra di noi: abbiamo ricevuto la vocazione. E la seguiamo bene?
Abbiamo portato, venendo qui nell'Istituto, abbiamo portato nel baule, nelle valigie il nostro io o l'abbiamo lasciato a casa? «Sicut [et] ego de mundo non sum» 1.
L'io è una mondanità, è il mondo che vive in noi. Ora, qui si tratta di fare una grande decisione, una decisione che dev'essere non solo fondamentale, ma è stabile, perpetua, perché non varrebbe niente una professione se non arrivassimo a escludere l'io per prender Dio, la professione non sarebbe vera: «tutta mi dono, offro e consacro» 2.
E non sei tutta offerta, non sei tutta consacrata, non sei tutta donata a Dio. E quindi il periodo di preparazione e il periodo di noviziato e il periodo, specialmente, della professione temporanea sono destinati a togliere l'io, metterlo fuori, buttarlo dalla finestra. E vestirci di Dio, il cuore di Dio, cuore di Gesù, mente di Gesù, volontà di Gesù. Allora vi è uno solo in casa pur in molte membra: Gesù che pensa, Gesù che ama, Gesù che vuole. E come si potrebbe vivere, allora, in discordia?
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Ecco, l'esame sulla corrispondenza piena alla vocazione. E' assai meglio una di meno, e anzi, varie di meno, che qualcheduna che porti il suo io, il quale continua a dominare. Quando per un'osservazione si sta male; per una disposizione si sta male, perché sembra che ci abbiano fatto un torto dicendo quello e dicendo quell'altro, le sorelle; o perché si son comportati così. E quando c'è tutto questo, non si è ancora entrati in religione, non si è fatta la professione, realmente, e non si vive da religiose. Occorre escludere questo io. Risentimenti che durano per giornate e che ci vuol tanto tempo a metter l'anima in pace. Ma quello è dar totalmente ragione all'io che è ferito, è come un serpe il quale continua a dimenar la coda. Oh, l'io, l'io! per far posto a Dio, a Dio!
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Allora, nel secondo punto della Visita, l'esame di coscienza, e non soltanto in generale, perché l'esame di coscienza della Visita è anche generale, ma anche in particolare. Gesù dice: «Sicut et ego de mundo non sum». Io non sono un mondano. E uno può essere mondano, per esempio, riguardo alla carità, se vive di egoismo; un altro può essere mondano in quanto alla pietà, è tiepido, trascurato; un altro può essere mondano in quanto alla sensibilità, si concede quanto può al suo corpo, ai suoi sensi, ai suoi occhi, alla sua lingua; un altro può essere mondano perché regna l'invidia, cioè perché si ha disgusto che altri sorpassino; e un altro può esser mondano perché è pieno di orgoglio. Allora l'esame di coscienza vien fatto sul proposito anche principale, vedendo un po' se la mente, se il cuore, se la volontà son diventati, ad esempio, umili, pii, miti, delicati, fervorosi, se tutto l'essere nostro si è conformato a quei propositi scelti. Non uno studio di far dei propositi rari, ma uno studio di fare i propositi necessari individualmente e uno studio di continuamente ricordarli e su essi pregare e su essi sforzarsi. Lavorare l'anima.
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Poi, nello stesso punto della Visita, si chiede la corrispondenza alla nostra vocazione e si chiede che il problema vocazionario sia da tutti considerato e prima da noi stessi: quello che riguarda il conoscere e distinguere le vocazioni; quello che riguarda il reclutamento delle vocazioni; quello che riguarda la formazione nell'aspirandato e nel noviziato e nella professione temporanea; quello che riguarda soprattutto la vita religiosa che vien dopo, perché la principale corrispondenza è dalla professione temporanea alla morte, poiché la vita della religiosa è una preparazione al paradiso, decisamente.
Domandare, quindi, se il problema vocazionario che riguarda noi stessi è pienamente considerato, capito e risolto.
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E poi le preghiere per le vocazioni: che tutto il mondo abbia le vocazioni necessarie poiché il Signore ha voluto salvare gli uomini per mezzo degli uomini, abbiam considerato, e cioè per mezzo dei sacerdoti, per mezzo di religiosi, per mezzo di religiose e tutti insieme, chi più in un apostolato, chi più in un altro, salvare, compiere l'apostolato che, in fondo, in riassunto è unico, quello di Maria: dare Gesù Cristo al mondo. Maria compì il suo apostolato per intiero, noi lo compiamo per parte. Ma ci dev'essere l'umiltà che ci accompagna, ma ci dev'essere insieme la preghiera perché tutti insieme che facciamo un solo corpo in Cristo, nella Chiesa, compiamo l'apostolato che Maria ha compiuto secondo la nostra condizione e secondo la nostra vocazione.
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Pregare che le vocazioni non si spengano quando quasi non hanno ancor cominciato a mostrarsi: bambini che perdono l'innocenza travolti da un ambiente sociale, da un ambiente scolastico, da un ambiente familiare. Travolti. Non sono ancor nate che già son state uccise. Pregare poi che i genitori e l'ambiente scolastico e l'ambiente parrocchiale e l'ambiente sociale siano così disposti da favorire le vocazioni ed entri in tutte le famiglie l'ambizione di dare un figlio, una figlia al Signore, almeno. Vi son famiglie che han dato di più: su nove, sette mi diceva l'arcivescovo di Delhi. «Eravamo nove figli, sette ci siamo consacrati al Signore». Non in tutto il mondo sarà così, ma vi devono essere le famiglie modello che producono dei fiori modello, dei figli modello. Da per tutto si dovrebbe trovare quel che ha trovato san Paolo quando ha incontrato quel giovinetto che godeva buona stima: morigeratezza, pietà: Timoteo. E allora gli si è affezionato e lo ha istruito e ne ha fatto un apostolo, un sacerdote, un vescovo glorioso.
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Inoltre viene il terzo punto. Nel terzo punto Gesù prega per i fedeli, cioè per quelli che seguiranno gli apostoli, crederanno alla loro parola, accetteranno da loro la grazia del battesimo, la grazia di tutti gli altri sacramenti. Pregare che tutti si amino. Che sia una la mente, sia uno il cuore, sia una la lingua, il parlare, e sia uno il modo di operare. Sì, volersi bene.
Il mondo è pieno di discordie. E perché? Perché regnano tanti «io». Se regnasse Dio, Dio sarebbe uno solo, ecco l'unità. E questa unità, quindi, si fonda sopra la carità e si fonda sopra l'obbedienza, un volere solo; pensare ugualmente; desiderare tutti e tutto quello che riguarda la gloria di Dio e volere operare in grande concordia, sì. Chiedere la carità: «Ut unum sint» 1. Questa è la parte, è come l'azione di tante persone che operano per l'unità della Chiesa.
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E questa è anche la collana dei libri che si sta preparando: «Ut unum sint». Pensieri che sono contro i Protestanti o contro gli Scismatici; libri che son diretti a questo fine. Che possano diffondersi, che possano arrivare a tutti, ma che possano anche produrre frutti.
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E tuttavia anche fra quelli che si dicono tutti cattolici, quante discordanze! E si manifestano, tante volte, nelle elezioni e poi nei vari programmi: e perché non si fa così, io mi ritiro. E deve proprio sempre trionfare l'io? Non può essere che qualcheduno abbia da sacrificare i propri voleri? E non può essere che anche i pareri degli altri siano giusti? Eh, se abbiam lo spirito di Dio ci arrenderemo: «rex pacificus» 1, Gesù. Un regno di pace il suo, come è stato detto dal profeta. Metter le discordie, le rovine, le critiche, le maldicenze, trovar tutto fatto male quello che gli altri fanno, tutto disposto male quel che è disposto e troppo scarso o troppo imperfetto quello che fanno gli altri... E non è altro che un lavorare a mettere abbasso gli altri per innalzare l'io.
Innalzarsi nella santità! E allora innalzarsi nella santità non vuol dire abbassare gli altri, vuol dire elevarci noi a Dio nell'umiltà e nella fede e nell'amore.
Abbassare gli altri per elevarci a noi, in fondo è il dominio dell'egoismo, è la invidia portata al sommo e anzi alle più deleterie conseguenze.
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Dunque, pregare che regni la carità: «Et sola regnet caritas» 1. E questa è la preparazione al cielo, perché questo è il gaudio eterno: l'amore a Dio e l'amore al prossimo, come l'avremo in paradiso: «caritas manet in aeternum» 2. Chiedere questo nella terza parte della Visita.
Sia lodato Gesù Cristo.
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1 Ritiro mensile alla comunità delle Pie Discepole del Divin Maestro nella festa dell'Ascensione Roma, Via Portuense 739, 11 maggio 1956 *
* (1) Nastro 26/c (= cassetta 10/b). - Per la datazione, cfr. PM: «Il Signore ha voluto salvare gli uomini per mezzo degli uomini, abbiamo considerato» (cfr. PM in c253). «E questa è anche la collana dei libri che si sta preparando: “Ut unum sint”» . (La collana dei libri, citata dal PM, è poi uscita nel 1957). - dAS (cfr. c266). - dAC (cfr. c253).

1 Gv 17,14.16.

2 Cfr. Formula della professione religiosa delle PD, Cost.(1948), art. 89.

1 Gv 17, 11.21.22.

1 Cfr. Is 9,6.

1 Cfr. inno a san Paolo «Egregie doctor» in Le preghiere della Famiglia Paolina, (1965), p. 368.

2 Cfr. 1 Cor 13,8.